lunedì 7 gennaio 2013

Anno della fede. Vicario apostolico di Phnom Penh: Catechismo della Chiesa Cattolica tradotto in cambogiano sarà un valido strumento, per tutte le comunità e associazioni di fedeli, per approfondire i contenuti del Credo e della dottrina cattolica

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è stato tradotto in lingua cambogiana e “sarà un valido strumento, per tutte le comunità e associazioni di fedeli, per approfondire i contenuti del ‘Credo’ e della dottrina cattolica, nell’Anno della fede”: lo dice all’agenzia Fides il vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Olivier Schmitthaeusler, a conclusione del Congresso organizzato dal vicariato apostolico, per l’Anno della fede, sul tema “Il Concilio Vaticano II e la Chiesa”. I partecipanti al Congresso, chiuso oggi, hanno anche ascoltato un videomessaggio inviato dal Santo Padre Benedetto XVI per incoraggiare i cristiani della Cambogia che, in tal modo, “sentono di essere veramente parte della Chiesa universale”. In occasione del Congresso sono stati presentati anche i documenti del Concilio Vaticano II tradotti in lingua khmer: una “risorsa per la meditazione, l’approfondimento e lo studio” che aiuteranno a comprendere come la Chiesa khmer si inserisce nella dinamica post-conciliare. Il vescovo riferisce che la comunità locale ha scelto, in particolare, di riflettere quest’anno sul documento 'Lumen Gentium', per far comprendere ai fedeli “la Chiesa come popolo di Dio, dei credenti chiamati alla santità”. Il Catechismo in lingua khmer, d’altro canto, sarà un prezioso strumento per l’evangelizzazione. Il Vescovo spiega che la Chiesa cambogiana, che rappresenta l’1% della popolazione in un paese al 96% buddista, “sta vivendo nuovamente l’epoca degli Atti degli Apostoli, con un primo annuncio della Buona Novella” e costituisce “un laboratorio di evangelizzazione in un mondo buddista”. Il vicario, durante il Congresso, ha rimarcato i due punti significativi per la nuova evangelizzazione, riferendoli alla situazione della Chiesa cambogiana, perseguitata ai tempi del Khmer rossi: il perdono e l’impegno dei laici. “Il vero incontro con Gesù Cristo – ha detto – apre il cuore alla carità e all’esperienza del perdono, per condurre alla scoperta del dono della vita”, e “i laici sono gli apostoli di questo annuncio”, membri attivi di una Chiesa che si fa apprezzare nella nazione perché “tocca il cuore, è semplice, ospitale, orante e gioiosa”.

Fides

Il Papa: cattolici della Cambogia, siate lievito nella pasta della vostra società, testimoniando l'amore di Cristo per tutti, la costruzione di vincoli di fraternità con i membri di altre tradizioni religiose e camminando lungo le vie della giustizia e della misericordia

Il Congresso nazionale della Chiesa cambogiana sul tema "Il Vaticano II e la Chiesa" si è svolto a Phnom Penh dal 5 al 7 gennaio. Questa mattina, la chiusura del convegno, cui oltre ai delegati eletti dalle tre circoscrizioni ecclesiastiche era invitata tutta la popolazione cattolica, è stata caratterizzata da due grandi eventi: la pubblicazione in cambogiano dei testi del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica e la trasmissione di un video-messaggio del Santo Padre Benedetto XVI. Il volto del Papa appare in un posto e in un giorno che per la storia della Cambogia contemporanea, e soprattutto per la piccola Chiesa che vive nel Paese, significano moltissimo, e cioè il luogo dove sorgerà la nuova cattedrale di Phnom Penh, al posto di quella distrutta nel 1975, durante il sanguinario regime dei Khmer Rossi di Pol Pot, del quale oggi si ricorda il 34° anniversario della caduta. Le parole di Benedetto XVI nel videomessaggio sono fin da subito un inno alla pace ritrovata e al contributo di sangue che, a quella pace, ha dato la Chiesa cambogiana: “Ricordando il periodo di disordini che ha precipitato il vostro Paese nel buio, vorrei sottolineare come il coraggio, la fede e la perseveranza dei vostri pastori e dei tanti vostri fratelli e sorelle cristiani, molti dei quali hanno trovato la morte, rappresenti una nobile testimonianza alla verità del Vangelo”. Il discorso del Papa, affettuoso come un abbraccio a una Chiesa lontana ma vicina ai suoi pensieri, suggella il lavoro di tre giorni degli oltre 400 congressisti, chiamati ad approfondire il Vaticano II a 50 anni dal suo inizio, ma anche il Catechismo della Chiesa cattolica a 20 dalla sua pubblicazione. Significativa in questo senso, al termine della Messa conclusiva di oggi, è stata la distribuzione di centinaia di copie dei testi conciliari e del Catechismo tradotti in cambogiano. Un segno di vitalità di una Chiesa che è si solo l’1% della popolazione – a fronte di un 96% di seguaci del buddismo – ma nella quale Benedetto XVI coglie un “dinamismo” dimostrato – dice – dai “numerosi catecumeni” e dai “battesimi di adulti”, “un segno felice – sottolinea ancora – della presenza attiva di Dio” nei credenti cambogiani: “ Siate certi delle preghiere dei vostri fratelli e sorelle, il cui sangue scorreva nelle risaie! Siate lievito nella pasta della vostra società, testimoniando l'amore di Cristo per tutti, la costruzione di vincoli di fraternità con i membri di altre tradizioni religiose e camminando lungo le vie della giustizia e della misericordia”. Ai seminaristi e ai sacerdoti cambogiani Benedetto XVI chiede che l’offerta della loro vita e preghiera sia “fonte di speranza” e di nuove vocazioni. E insieme, auspica che lo zelo dei missionari, religiosi e laici consacrati, di provenienza straniera “porti molti di coloro” da loro serviti e amati “a incontrare Gesù Cristo”. E intense sono anche le parole rivolte ai giovani nella fede e a coloro che questo dono non l’hanno ancora: “Cari giovani amici, battezzati nel corso degli ultimi anni, non dimenticate che la Chiesa è la vostra famiglia: essa conta su di voi per testimoniare la vita e l'amore che avete trovato in Gesù. Prego per voi e vi invito a essere discepoli generosi di Cristo...E tutti voi che cercate Dio, perseverate e siate certi che Cristo vi ama e vi offre la sua pace”.

Radio Vaticana

Video-messaggio alla Chiesa Cattolica in Cambogia in occasione del Congresso Nazionale sul Concilio Vaticano II [Phnom Penh, 5-7 gennaio 2013] (7 gennaio 2013)

Tre nuovi tweet del Papa: il dialogo in Siria prenda il posto della violenza, la Nigeria ha un posto speciale nel mio cuore, difendere il diritto all'obiezione di coscienza

Tre nuovi tweet del Papa sono apparsi stamane in rete subito dopo l’udienza ai membri del Corpo diplomatico per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Il primo dedicato alla Siria, “affinché – scrive il Papa – il dialogo costruttivo prenda il posto dell’orribile violenza”. Il secondo tweet riguarda i nigeriani, vittime di violenze: “Occupano – ribadisce Benedetto XVI – un posto speciale nel mio cuore”. Il terzo tweet si riferisce, scrive, alla difesa del diritto “all’obiezione di coscienza degli individui e delle istituzioni, promuovendo la libertà e il rispetto per tutti”.

Radio Vaticana

Ambasciatore Jean-Claude Michel: nel rispetto del diritto naturale, nell’ascolto delle altrui e delle proprie convinzioni più intime, nel coraggio necessario per lottare contro tutti i mali da qualunque parte provengano risiede l’avvenire di tutte le nostre civiltà e la speranza di un’umanità riconciliata con se stessa

“Dire a tutti e a ciascuno che nel rispetto del diritto naturale, nell’ascolto delle altrui e delle proprie convinzioni più intime, nel coraggio necessario per lottare contro tutti i mali da qualunque parte provengano risiede l’avvenire di tutte le nostre civiltà e la speranza di un’umanità riconciliata con se stessa”. Questo il compito della Chiesa, secondo il vice-decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Jean-Claude Michel, al quale il decano Alejandro Valladares Lanza ha dato subito la parola, dopo un breve cenno di saluto al Santo Padre. “L’intolleranza e il terrorismo - ha affermato Michel - non avranno mai l’ultima parola se lotteremo con tutte le nostre forze per sradicare le tentazioni oscurantiste dell’umanità”. Di qui l’opportunità di “ogni iniziativa tesa a favorire un dialogo interreligioso e costruttivo che sia il germe di una nuova società umana pluriculturale fondata sui valori comuni ad ogni individuo”. A questo proposito, il vicedecano ha deplorato gli attacchi “portati alla famiglia e al rispetto della vita”, attraverso leggi tese a “imporre alle coscienze una nuova definizione di famiglia, negando a un bambino il diritto ad avere uh padre e una madre, e non solamente dei genitori, incitando i malati a precipitarsi nella morte piuttosto che a battersi per la vita”.

SIR

Il Papa: esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra, così che la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza. Non rassegnarsi allo 'spread del benessere sociale', mentre si combatte quello della finanza

Questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. L'incontro è stato introdotto dalle parole del decano del Corpo diplomatico, Alejandro Emilio Valladares Lanza, ambasciatore di Honduras e l’indirizzo augurale del vice-decano, Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco.
Fin dalla sua origine, è stata la premessa del Papa all'inizio del suo discorso, la Chiesa è orientata ad “ogni popolo”: ecco perché il suo impegno non è “un’ingerenza” nella vita delle società ma un contributo “per il progresso del genere umano”. Il Papa è partito da qui, dalla missione della Chiesa per sviluppare la sua visione sulle grandi sfide che oggi il mondo ha di fronte, a partire dall’urgenza della pace. Il Pontefice ha innanzitutto ricordato i suoi viaggi del 2012 in Messico, Cuba e Libano. Viaggi, ha detto, per “riaffermare l’impegno civico dei cristiani di quei Paesi” come pure “per promuovere la dignità della persona umana e i fondamenti della pace”. “Oggi - ha constatato – si è indotti talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si escludano mutuamene”. Anzi, sembra che gli sforzi per affermare la verità sfocino “spesso nella violenza”. D’altra parte, ha aggiunto, pare che “l’impegno per la pace si riduca alla ricerca di compromessi”. Al contrario, ha detto, “nell’ottica cristiana esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini”. Per questo, è stato il suo monito, “è proprio l’oblio di Dio” a “generare la violenza”. Infatti, ha annotato, “se si cessa di riferirsi a una verità oggettiva trascendente, come è possibile realizzare un autentico dialogo?”. “Come si può evitare che la violenza diventi la regola ultima dei rapporti umani?”, si è chiesto Benedetto XVI, secondo il quale “senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace”. Per il Papa, l’oblio di Dio e l’ignoranza del suo vero volto “è la causa di un pernicioso fanatismo di matrice religiosa, che anche nel 2012 ha mietuto vittime” e che rappresenta “una falsificazione della religione stessa”. 
"E' anzitutto alle Autorità civili e politiche - ha detto Benedetto XVI - che incombe la grave responsabilità di operare per la pace. Esse per prime sono chiamate a risolvere i numerosi conflitti che continuano a insanguinare l'umanità, a cominciare da quella Regione privilegiata nel disegno di Dio, che è il Medio Oriente. Penso anzitutto alla Siria, dilaniata da continui massacri e teatro d'immani sofferenze fra la popolazione civile. Rinnovo il mio appello affinché le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo per porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori, ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine. Permettetemi, Signore e Signori Ambasciatori - ha detto il Papa - di domandarvi di continuare a sensibilizzare le vostre Autorità, affinché siano forniti con urgenza gli aiuti indispensabili per far fronte alla grave situazione umanitaria". Ha così rivolto il pensiero alla Terra Santa: "In seguito al riconoscimento della Palestina quale Stato Osservatore non Membro delle Nazioni Unite, rinnovo l'auspicio che, con il sostegno della comunità internazionale, Israeliani e Palestinesi s'impegnino per una pacifica convivenza nell'ambito di due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni dei due Popoli sia tutelato e garantito. Gerusalemme, diventa ciò che il Tuo nome significa! Città della pace e non della divisione; profezia del Regno di Dio e non messaggio d'instabilità e di contrapposizione!". Per l’Iraq, ha augurato riconciliazione e stabilità, per il Libano l’auspicio che i cristiani diano una testimonianza efficace “per la costruzione di un futuro di pace con tutti gli uomini di buona volontà”. Benedetto XVI ha fatto un rapido accenno anche all'Egitto: "A tutti gli Egiziani assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera, in questo periodo in cui si formano nuove istituzioni". “Anche in Nord Africa - ha affermato - è prioritaria la collaborazione di tutte le componenti della società e a ciascuna deve essere garantita piena cittadinanza, la libertà di professare pubblicamente la propria religione e la possibilità di contribuire al bene comune”. Poi, ha assicurato la sua preghiera agli egiziani, “in questo periodo in cui si formano nuove istituzioni”. Né ha mancato di volgere lo sguardo all’Africa subsahariana, dove tanti Paesi sono feriti dalle guerre. Il Papa ha indicato in particolare il Corno d’Africa, l’Est della Repubblica Democratica del Congo, il Mali e il Centrafrica. Un pensiero particolare lo ha dedicato alla Nigeria, “teatro di attentati terroristici che mietono vittime” soprattutto tra i “cristiani riuniti in preghiera”, quasi che l’odio volesse “trasformare dei templi di preghiera e di pace in altrettanti centri di paura e di divisione”. 
Il Papa ha detto di aver provato grande tristezza nell’apprendere che anche a Natale fedeli cristiani nigeriani sono stati “uccisi barbaramente”. Per Benedetto XVI "la costruzione della pace passa per la tutela dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali. Tale impegno, seppure con modalità e intensità diverse, interpella tutti i Paesi e deve costantemente essere ispirato dalla dignità trascendente della persona umana e dai principi iscritti nella sua natura. Fra questi figura in primo piano il rispetto della vita umana, in ogni sua fase". Il Papa si è detto rallegrato, a tal proposito, per la risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che ha proibito l’eutanasia, “per atto o omissione”. Allo stesso tempo, il Papa ha espresso rammarico per la depenalizzazione e liberalizzazione dell’aborto in molti Stati, anche di tradizione cristiana: “L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo – ha detto – è gravemente contrario alla legge morale”. Nell’affermare ciò, ha soggiunto, la Chiesa cattolica “non intende mancare di comprensione e di benevolenza, anche verso la madre”. Si tratta, piuttosto, di “vigilare affinché la legge non giunga ad alterare ingiustamente l’equilibrio fra l'eguale diritto alla vita della madre e del figlio non nato”. “Preoccupazione”, infine, anche per la decisione della Corte Interamericana dei Diritti umani relativa alla fecondazione in vitro, che “ridefinisce arbitrariamente il momento del concepimento e indebolisce la difesa della vita prenatale”. "Purtroppo, soprattutto nell'Occidente, vi sono numerosi equivoci sul significato dei diritti umani e dei doveri ad essi correlati. Non di rado i diritti sono confusi con esacerbate manifestazioni di autonomia della persona, che diventa autoreferenziale, non più aperta all'incontro con Dio e con gli altri, ma ripiegata su se stessa nel tentativo di soddisfare i propri bisogni", ha detto il Papa. Per essere autentica, ha aggiunto, “la difesa dei diritti” deve considerare l’uomo “nella sua integralità personale e comunitaria”. "L'odierna crisi economica e finanziaria", ha detto il Papa, "si è sviluppata perché troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro, e ci si è avventurati senza freni sulle strade dell'economia finanziaria, piuttosto che di quella reale. Occorre dunque recuperare il senso del lavoro e di un profitto ad esso proporzionato. A tal fine, giova educare a resistere alle tentazioni degli interessi particolari e a breve termine, per orientarsi piuttosto in direzione del bene comune. Inoltre - ha detto Benedetto XVI - è urgente formare i leaders, che, in futuro, guideranno le istituzioni pubbliche nazionali ed internazionali". 
Anche l’Unione Europea, ha avvertito il Papa, ha bisogno di “rappresentanti lungimiranti e qualificati, per compiere le scelte difficili che sono necessarie per risanare la sua economia e porre basi solide per il suo sviluppo”. Ed ha avvertito: “Da soli alcuni Paesi andranno forse più veloci, ma, insieme tutti andranno certamente più lontano”. “Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari – ha affermato – dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze tra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri”. Si tratta, insomma, “di non rassegnarsi allo ‘spread del benessere sociale’, mentre si combatte quello della finanza”. Il Papa ha poi esortato a investire nell’educazione dei Paesi in via di sviluppo per aiutarli a vincere la povertà e le malattie. Ancora, ha aggiunto che la “pace sociale è messa in pericolo anche da alcuni attentati alla libertà religiosa”. Ed ha espresso rammarico perché capita anche che ai cristiani “sia impedito di contribuire al bene comune con le loro istituzioni educative ed assistenziali”. Per salvaguardare l’esercizio della libertà religiosa, è stato il suo richiamo, è essenziale perciò “rispettare il diritto all’obiezione di coscienza”. Nella parte finale del discorso, Benedetto XVI ha ricordato l’impegno a tutto campo della Chiesa per chi è in difficoltà e in particolare per quanti soffrono a causa di calamità naturali. Ha ricordato, così, le vittime delle inondazioni nel Sud Est asiatico, dell’uragano Sandy. Il Papa ha quindi rivolto un pensiero specifico "a coloro che hanno subito il forte terremoto, che ha devastato alcune Regioni dell'Italia settentrionale". "Come sapete, ho voluto recarmi personalmente in questi luoghi, dove ho potuto constatare l'ardente desiderio con cui s'intende ricostruire ciò che è andato distrutto. Auspico che, in questo momento della sua storia - ha aggiunto Benedetto XVI - tale spirito di tenacia e di impegno condiviso animi tutta la diletta Nazione italiana". "Concludendo il nostro incontro, vorrei ricordare che al termine del Concilio Vaticano II – inaugurato proprio cinquant’anni or sono – il Venerabile Papa Paolo VI indirizzò alcuni Messaggi che sono sempre di attualità, uno dei quali destinato a tutti i Governanti. Li esortò in questi termini: 'Tocca a voi essere sulla terra i promotori dell’ordine e della pace tra gli uomini. Ma non lo dimenticate: è Dio (…) il grande artefice dell’ordine e della pace sulla terra'".

Radio Vaticana, SIR, TMNews

UDIENZA AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO - il testo integrale del discorso del Papa
 

Il motto episcopale di Fortunatus Nwachukwu, ordinato vescovo dal Papa e nominato nunzio in Nicaragua: 'Sciogliere i calzari'. Richiama alla missione e al servizio, ambedue si fondano sulla Parola di Dio e trovano compimento nella Croce dell’Incarnazione e dell’abbraccio universale

“'Sciogliere i calzari' richiama alla missione e al servizio. Ambedue si fondano sulla Parola di Dio e trovano compimento nella Croce dell’Incarnazione e dell’abbraccio universale”. Fortunatus Nwachukwu, da ieri arcivescovo e nunzio apostolico in Nicaragua lo ha scritto per spiegare il suo motto episcopale: "Solvere calceamenta". E nel suo stemma ha messo proprio un calzare sotto il Libro con l’Alfa e l’Omega e sotto la Croce. Un motto insolito che dice molto dell’ex capo del protocollo della Santa Sede nigeriano. E del resto quel “togliti i sandali” che Dio dice a Mosé davanti al roveto ardente è anche il tema degli esercizi spirituali che qualche anno Nwachukwu ha tenuto e raccolto in un volume: “Togliti i sandali - Il coraggio di cambiare (Spiritualità del quotidiano)", edizioni Paoline. Uno strumento per rileggere la propria fatica, la sfida che ogni conversione inevitabilmente porta con sé, alla luce delle figure di Mosè, Bartimeo, e il figlio prodigo. Una riflessione per Per tutti coloro che prima o poi si trovano ad affrontare la necessità di un "cambiamento di rotta" nella vita. La Messa di ringraziamento la celebrerà nella Cattedrale di Cristo Re ad Aba, nella sua Nigeria. Anche questo dice molto di mons. Fortunatus. La Nigeria che in questi anni è andata sulle pagine dei giornali per le violenze contro i cristiani, la Nigeria dove Boko Haram ha scatenato uno guerra fatta di attentati ai fedeli che escono dalle Chiese, la Nigeria dove cristiani e musulmani tentano di vivere in buona armonia nonostante le violenze. Negli ultimi venti anni sono state molte le violenze contro le chiese, ma la violenza di Boko Haram è visto da molti solo come un pretesto utilizzato dalla setta per "nascondere i propri atti criminali". Lo dicono i vescovi in Nigeria come Mattew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto. Una storia difficile quella del cristianesimo in Nigeria dove i missionari sono stati visti in epoca coloniale come rappresentanti della religione degli invasori. Una democrazia fiaccata dalla corruzione e dal “dilagare di ogni impunità” spiega il vescovo di Sokoto, uno dei 36 stati nigeriani, sede di uno storico califfato. Eppure i cristiani in Nigeria sono tanti, e la fede è forte, entusiasta. “Non ho paura di morire, io devo andare in Chiesa. Succeda quel che succeda, la gente deve andare in Chiesa” racconta una signora di Abuja, Benedette Nwachukwu, a don Valentine Onwunjiogu, sacerdote nigeriano recentemente intervistato da ACS-Italia. Quest’anno nel Nord del Paese gli attentati hanno segnato una tragica ricorrenza settimanale, dichiara don Valentine. A causa del fondamentalismo, la religione, il conforto e il rifugio dei figli di Dio, è divenuta un “incubo”. Un incubo che il 19 e 20 gennaio troverà tregua e consolazione festeggiando attorno al nuovo arcivescovo. Una storia tutta al servizio della diplomazia della Santa Sede la sua. Sacerdote dal 17 giugno del 1984, laureato in Teologia Dogmatica e in Diritto Canonico dal 1994 ha prestato servizio presso le Nunziature apostoliche in Ghana, Paraguay, Algeria, presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni specializzate a Ginevra e infine nella Sezione rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. È stato nominato Capo del Protocollo della Segreteria di Stato il 4 settembre 2007. Quando nel 2009 ha celebrato i 25 anni di sacerdozio ha voluto festeggiare in Italia a Carsoli, in Abruzzo ma con un po’ della sua Africa, un centinaio di nigeriani che hanno animato la liturgia celebrata da una ventina di sacerdoti. L’omelia la tenne un cardinale amico da sempre amico dell’Africa, Fiorenzo Angelini. Tra i parenti erano presenti alcuni fratelli, come ieri del resto, quando, durante la Messa, uno di loro con la moglie si è inginocchiato davanti al Papa offrendo i doni. Un dono per la Nigeria anche se sarà in giro per il mondo mons. Fortunatus come tutti lo chiamano in Vaticano dove è molto amato e molti sentiranno la sua mancanza. A chi gli chiedeva per il giubileo sacerdotale per cosa pregare diceva: la forza per essere un buon sacerdote. Oggi da vescovo sicuramente quella preghiera deve essere intensificata, ma sempre mantenendo lo spirito della festosità africana. Quella spirituale emotività che ha riunito centinaia di nigeriani nella Basilica di San Pietro. La gioia di una festa di famiglia che il neo arcivescovo ha voluto semplicemente celebrare nella caffetteria dei Musei Vaticani, con i canti della sua gente da una parte e l’affetto di tanti ambasciatori che dal 2007 hanno imparato a conoscerlo, dall’altra perchè è il Capo del protocollo che li riceve per primo quando, dalle più lontane parti del mondo arrivano in Vaticano, per consegnare le loro lettere credenziali al Papa. Era bello oggi vedere questa Africa in Vaticano che celebrava il suo figlio, ma sopratutto che celebrava la gioia della fede nonostante le difficoltà e gli affanni. Giovani madri con i bambini in braccio e uno sorride sempre e si chiama Benedetto e ha tre mesi; suore, anziani, tanti giovani sacerdoti e seminaristi, famiglie intere che con semplicità dicevano il loro si a Cristo. Auguri al nuovo arcivescovo, auguri alla Chiesa Cattolica nigeriana e buona festa a chi sarà nella Parrocchia “St Benedict” a Ntigha domenica 20 gennaio a festeggiare Fortunatus Nwachukwu.

Angela Ambrogetti, Korazym.org 

L'udienza di Benedetto XVI al Corpo diplomatico. Giovagnoli: l'alto numero di Stati che vogliono avere rapporti con il più piccolo Stato del mondo è molto significativo del prestigio morale di cui gode la Santa Sede e naturalmente il Papa, in particolare. Punto di arrivo di una lunga storia

Oggi alle 11.00 nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Papa Benedetto XVI riceve in udienza il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri di inizio anno. Attualmente sono 179 gli Stati con cui la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene, alle quali si aggiunge la presenza in varie Organizzazioni internazionali, a partire dall’Onu, in cui la Città del Vaticano è Stato osservatore. Sul significato della diplomazia vaticana, e sul relativo impegno a favore della pace, è intervenuto Agostino Giovagnoli, professore ordinario e storico dell’Università cattolica, ai microfoni di Radio Vaticana: "Questo alto numero di Stati che vogliono avere rapporti con il più piccolo Stato del mondo è molto significativo del prestigio morale di cui gode la Santa Sede e naturalmente il Papa, in particolare. Mi pare che sia il punto di arrivo di una lunga storia". Storia "che è iniziata in età moderna quando la figura del Papa è stata definita sempre più frequentemente la figura del 'padre comune': padre comune perché interessato alle sorti di tutti i popoli e non a quelli di qualcuno contro altri. E proprio sulla figura del padre comune si è cominciato a sviluppare quella diplomazia della Santa Sede che è stata fin dalle origini una diplomazia di pace. Il Papa cioè interveniva nelle lotte fra gli Stati per cercare di favorire la pace. Questo ruolo si è poi ampliato quando il Papa ha perso il potere temporale e da questo punto di vista è stato un grande vantaggio, perché paradossalmente la perdita del potere temporale ha accresciuto di molto il prestigio morale del Papa". Dunque, la diplomazia vaticana "è del tutto singolare perché non è a difesa di interessi politici ed economici di uno Stato ma in realtà è nell’interesse del mondo intero". Soffermandosi poi sulla presenza dello Stato Vaticano negli enti internazionali, Giovagnoli ha affermato: "La qualifica di osservatore è sembrata inizialmente una qualifica riduttiva. In realtà, oggi, anche dal punto di vista della Santa Sede, la qualifica di osservatore è estremamente vantaggiosa perché permette alla Santa Sede di intervenire su molte questioni importanti negli organismi internazionali senza doversi assumere responsabilità improprie come potrebbero essere e come sono a volte anche le responsabilità, per esempio, delle Nazioni Unite riguardo a interventi militari o simili. In questo si evidenzia ancora di più il ruolo di pace che svolge questa diplomazia". Infine, alcune considerazioni sui rapporti con la Cina e sulle parole augurali rivolte dal Papa nel Messaggio "Urbi et Orbi" di Natale alla nuova leadership cinese: "Si tratta di una novità di grande interesse. Generalmente i Pontefici negli ultimi decenni si sono ovviamente rivolti ai cattolici in Cina, molto spesso si sono rivolti al popolo cinese, ma non si registrano messaggi diretti alla dirigenza, all’autorità della Repubblica popolare cinese, tanto più in un momento così importante come il Messaggio 'Urbi et orbi' di Natale. E non è un fatto isolato – ha sottolineato - Qualche mese fa, infatti, il card. Filoni ha scritto un articolo sulla opportunità di rapporti diretti tra la Santa Sede e il governo cinese, quantomeno in via preliminare. Anche in questo campo si assiste a un’offensiva diplomatica della Santa Sede e del Papa stesso, offensiva naturalmente in senso buono, per sviluppare anche in questa direzione i rapporti di reciproco rispetto e di collaborazione".

Domenico Agasso jr, Vatican Insider