lunedì 18 febbraio 2013

Esercizi spirituali. Card. Ravasi: le cose umane bisogna capirle per poterle amare, mentre le cose divine bisogna amarle per capirle. Devi gettarti prima nel mare della fede e poi cominciare a navigare, credere e comprendere si incrociano necessariamente

Benedetto XVI e la Curia romana sono impegnati da ieri sera negli Esercizi Spirituali per la Quaresima. Stamani, nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, sono proseguite le meditazioni predicate dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sul tema “Ars orandi, ars credendi. Il volto di Dio e il volto dell’uomo nella preghiera salmica”. Ad ispirare stamani la riflessione del cardinale Ravasi, il salmo 119, nel quale la Parola è guida all’interno della nebbia, “lampada per i miei piedi è la tua parola”. Una luce che spezza le tenebre in particolare nella cultura di oggi che – afferma il porporato – è in un orizzonte fluido, incerto, dove si celebra l’amoralità, l’assoluta indifferenza per cui “non c’è più distinzione tra dolce e amaro” e dove tutto è genericamente grigio. Pertanto il confronto con la Parola è essenziale, essa ci indica la vera scala dei valori, “spesso calibrata solo sulle cose, sul denaro, sul potere”. Parola che è pure annuncio ma anche principio di fiducia. Nel Salmo 23, c’è poi la condivisione della strada, Dio è pastore che guida il gregge e che è, allo stesso tempo, compagno di viaggio, elementi che rimarcano il valore della grazia: verità da un lato e amore dall’altro. Unica la meta, conclude il cardinale, ovvero il Tempio, la mensa imbandita, il sacrificio di comunione dunque la celebrazione della liturgia: “La Parola come prima grande epifania che è cantata nel Salterio e che io, pregando, scopro. Sento non soltanto le mie parole che risuonano, c’è anche la Parola di Dio che risuona in me”. Al centro della terza meditazione, sempre stamani, la teofania del Creatore che opera proprio attraverso la sua prima epifania, la Parola. Il creato, evidenzia il card. Ravasi, è “una diversa parola di Dio”, “contiene una musica teologica silenziosa” aveva precisato il commentatore tedesco del Salterio Gunkel, “un messaggio che non conosce parole sonore o echi e che però percorre tutto l’universo”. E’ il Salmo 19 a ribadire come gli spazi astrali siano “narratori” dell’opera creatrice di Dio. Necessario quindi tornare a contemplare: “L’assenza dello stupore nell’uomo contemporaneo è segno di superficialità. E’ chino solo sull’opera delle sue mani, è incapace di alzare gli occhi verso il cielo, di ammirare in profondità i due estremi dell’universo e del microcosmo. E questo ha fatto così che l’uomo, privo di contemplazione, ha deturpato la terra, usandola soltanto strumentalmente. Non ha più il senso della terra come sorella”. Parte della meditazione è stata poi dedicata al dialogo tra fede e scienza, tema amato dal teologo Ratzinger, due magisteri non sovrapponibili, distinti ma non totalmente separati. La fede risponde ai perché; la scienza ai come. E’ Pascal, secondo Ravasi, a sintetizzare sugli eccessi da evitare: “escludere la ragione, non ammettere che la ragione”; e allo stesso tempo è il filosofo ad indicare una via: “le cose umane bisogna capirle per poterle amare, mentre le cose divine bisogna amarle per capirle”. “Devi gettarti prima nel mare della fede – aggiunge il porporato – e poi cominciare a navigare, credere e comprendere si incrociano necessariamente”. Via della preghiera quindi e via della teologia che procedono “in contrappunto e non in opposizione”. L’armonia delle due strade è esaltata simbolicamente nel Salmo 19 con il duplice sole: astro che sfolgora nel cielo e la Parola di Dio come sole: “Quindi il sole fiammeggia nel cielo e ci parla della rivelazione cosmica. Ma c’è poi la Parola di Dio che è l’altro sole, che ci illumina in pienezza. Ecco, parola rivelatrice e parola creatrice”.

Radio Vaticana