martedì 27 novembre 2012

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Le testimonianze di due delegati all'incontro in preparazione, dalla Terra Santa e dalla Nigeria, zone dove i cristiani vivono momenti difficili e nelle quali le speranze della Chiesa sono legate a filo doppio al destino dei giovani

“Non temete di proporre ai vostri coetanei l’incontro con Cristo”: è l’esortazione che Benedetto XVI rivolge a tutti i giovani del mondo, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, in programma dal 23 al 28 luglio 2013 sul tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”. Un monito ripreso e riletto, alla luce delle diverse condizioni dei rispettivi paesi di provenienza, dai delegati delle pastorali giovanili di tutto il mondo (200 da 75 nazioni) fino al 29) novembre sono riuniti a Rio De Janeiro per il secondo incontro internazionale in preparazione alla GMG. Padre Jack Nobel Abed, è il parroco dei greco-melchiti di Taybeh, villaggio cristiano palestinese, e sarà il capo gruppo del contingente palestinese alla GMG di Rio. Alle spalle una lunga esperienza di GMG, da Roma, in poi, fino a Madrid ed ora in Brasile. Per arrivare ha effettuato un viaggio di quasi 24 ore, lo stesso che faranno i giovani palestinesi per partecipare alla GMG carioca. “Sono note – spiega - le difficoltà cui sono posti i palestinesi a causa dell’occupazione israeliana. La preparazione per noi, non è solo spirituale ma anche logistica, visto le gravi difficoltà che abbiamo a muoverci sul territorio. Siamo costretti a transitare dalla Giordania per partire da Amman, con un notevole aggravio di denaro. Tuttavia non ci scoraggiamo, a Rio porteremo, questa è la nostra speranza, circa 150 giovani, provenienti da Galilea, Palestina e Giordania e appartenenti ai vari riti presenti in Terra Santa. Voglio sperare che, come accaduto in altre edizioni, potremo anche noi avere catechesi in arabo”. Abbracciare le difficoltà presenti, e forse anche future, è per questi giovani “un primo banco di prova, quotidiano, per la loro fede. Noi cerchiamo di fortificarli. Per la GMG abbiamo preparato un cammino di preparazione che segue quello delle altre edizioni della Giornata alle quali abbiamo sempre partecipato. Abbiamo organizzato, nel corso dell’ultimo anno, diversi incontri necessari anche a far conoscere i giovani tra loro visto che sono di diverse zone, alcuni vengono dalla Galilea, altri da Betlemme, da Gerusalemme e così via”. La riflessione è tutta sul tema della Giornata, ovvero il passo di Matteo (28,19), “Andate e fate discepoli tutti i popoli!” e adesso sul recente Messaggio di Benedetto XVI. “I nostri giovani – racconta il parroco melchita - si stanno preparando molto bene per Rio, sanno cosa verranno a fare, cosa dovranno dire e soprattutto sanno che dovranno tornare in Palestina per testimoniare la bellezza della fede riscoperta e speriamo rinnovata grazie anche alla GMG. Il Pontefice nel suo recente Messaggio invita i giovani a non avere paura di proporre Cristo ai loro amici e quindi di essere loro stessi missionari di amore e accoglienza”. Ma che significa essere evangelizzatore per un giovane palestinese? Per padre Abed si tratta di “una questione di fedeltà. In Palestina non possiamo vivere cristianamente senza essere fedeli. La fede è nata qui e non dobbiamo vacillare nemmeno davanti alle gravi difficoltà politiche, sociali ed economiche che abbiamo. La fede per noi è anche un tema identitario e di appartenenza sociale. I nostri giovani sanno di essere palestinesi cristiani e quindi chiamati a chiedere e a rivendicare il rispetto dei diritti e della dignità della persona umana. Lottiamo per i nostri diritti privilegiando il dialogo, il rispetto, la tolleranza. La nostra fede ci parla di Resurrezione”. “Formare i nostri ragazzi e giovani alla fede, perché siano testimoni fedeli di Cristo – conclude - è il modo previlegiato per far comprendere che la loro vocazione è quella di essere cristiani nella Terra di Gesù. Non possiamo testimoniare altrove, ma in Palestina. Qui siamo chiamati a vivere ed operare”.
Insegnare il perdono e il dialogo come risposta agli attacchi che ormai si susseguono quasi con drammatica regolarità. L’ultimo porta la data del 25 novembre, dopo la Messa domenicale nella chiesa protestante della struttura che si trova a 30 chilometri da Kaduna, la capitale dell'omonimo Stato dove ci sono stati diversi attacchi contro le chiese attribuiti alla formazione qaedista Boko Haram. Almeno 11 persone sono morte e decine rimaste ferite nell'esplosione di un'autobomba. Mons. John E. Ayah, vescovo di Ogoja, diocesi di Cross River (Nigeria) è a Rio de Janeiro per partecipare all’incontro mondiale in preparazione della GMG, dove prevede di portare “almeno 300 giovani da tutto il Paese”. “Ai nostri giovani, così pieni di entusiasmo e di vita, insegniamo a perdonare, cosa non facile quando si ha l’istinto di rispondere alla violenza. Bisogna seguire Gesù anche quando sale sul Calvario. La GMG può servire da ulteriore traino per questo cammini di fede e di conversione per i giovani. Essa rappresenta per loro anche un’occasione privilegiata per uscire dal Paese così scosso dalla violenza e conoscere altri coetanei con cui condividere la propria fede”. Intanto non rallenta il lavoro di formazione e preparazione con incontri e seminari sul tema della Gmg necessari per offrire “la giusta testimonianza di vita, non vendetta ma perdono, non violenza ma accoglienza. Oggi, dopo ogni attacco, notiamo che in chiesa va sempre più gente rafforzata e matura nella propria scelta di fede”.

SIR

Avvento 2012. Sabato il Papa presiede i Primi Vespri della I Domenica nella Basilica Vaticana. La celebrazione coincide con il tradizionale incontro con gli universitari degli Atenei romani

La celebrazione dei Primi Vespri della I Domenica di Avvento nella Basilica Vaticana, con cui tradizionalmente Benedetto XVI apre il nuovo anno liturgico, in questo 2012 coincide con il consueto incontro tra il Papa e gli universitari degli Atenei romani. Lo rende noto l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, comunicando che sabato pomeriggio, 1° dicembre, alle 17.30, Benedetto XVI presiederà la preghiera dei primi Vespri di Avvento con le Pontificie Università e gli Atenei romani. L'accensione di una lampada, in occasione dell’Anno della fede. E il passaggio dell'icona di Maria 'Sedes Sapientiae' dalle mani degli studenti di Roma Tre, che la custodiscono nel ventennale della loro cappellania, a quelle dei loro colleghi brasiliani di Belo Horizonte, dove a luglio 2013 si svolgerà l'incontro mondiale delle università cattoliche in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù. Saranno questi i due gesti più significativi nell’appuntamento di sabato. Quando, a partire dalle 17.00, i ragazzi degli Atenei romani, ne sono attesi più di tremila, prenderanno posto nella Basilica Vaticana. L'incontro, organizzato dall'Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato, sarà aperto dal cardinale vicario Agostino Vallini, che guiderà la preghiera preparatoria, con l’accoglienza dell’icona in Basilica e la consegna della preghiera del Credo ai giovani partecipanti. Quindi verrà accesa la lampada che sarà offerta a tutte le cappellanie universitarie. Poi Benedetto XVI alle 17.30 presiederà i Vespri e al termine, alla sua presenza, l'immagine di Maria 'Sedes Sapientiae' verrà consegnata alla delegazione di studenti brasiliani, che la custodiranno fino alla GMG. L'appuntamento di sabato prossimo sarà preceduto, la sera prima, da una veglia di preghiera a San Paolo fuori le Mura. "Il motto dell'Ufficio diocesano per la pastorale universitaria è 'Nessuno a Roma è fuori sede' - ricorda don Emilio Bettini, segretario del vescovo Lorenzo Leuzzi che guida l’Ufficio del Vicariato - e questo incontro rientra appieno nel nostro spirito: essere accolti dal vescovo di Roma è come essere accolti dal padre di famiglia. Ed è un invito a tutti i giovani a essere accoglienti l'uno con l'altro". Accompagnerà un gruppo di ragazzi padre Mauro Oliva, cappellano all'università di Tor Vergata. "È importante partecipare a questo incontro per due motivi - sottolinea -. Innanzitutto perché i giovani si troveranno di fronte un testimone grandissimo della fede, una persona che si rende autorevole e affidabile per il suo vissuto personale. E, in secondo luogo, si tratta del loro vescovo, perché sono tutti studenti romani o che comunque a Roma stanno spendendo una parte importante della loro vita". Ci sarà anche Nicola Pigna, 20 anni, studente di legge, presidente della Fuci alla Luiss. "Guardo con grande interesse alla catechesi del Papa - spiega -, che in questo Anno della fede non mancherà di dare suggestioni positive a noi giovani, invitandoci ancora una volta a riscoprire il significato della Parola". Quello di sabato prossimo è un appuntamento imperdibile pure per Carolina Fusco, ventottenne originaria del Napoletano, che non perde un incontro con il Papa da ben sette anni. "A un invito del Santo Padre non si può rispondere di no", confessa. Anche adesso che si è laureata, infatti, non mancherà ai Vespri di sabato prossimo. "Si tratta sempre di momenti che trovo molto costruttivi - spiega -. Ascoltare le parole di Benedetto XVI, circondata dai miei coetanei, è davvero coinvolgente".

L'Osservatore Romano - Giulia Rocchi, RomaSette

Mons. Hart: il male degli abusi sessuali è così grave e orribile che l’unico modo per dare pace alle vittime è di portare alla giustizia i colpevoli. Allo studio delle azioni da intraprendere nella Chiesa australiana per aiutare il lavoro della Commissione d'inchiesta nazionale

Sì all’abolizione della prescrizione per i reati di pedofilia e all’introduzione dell’obbligo di denuncia anche per gli esponenti del clero. I vescovi australiani sono nettamente favorevoli a un giro di vite legislativo che permetta di garantire alla giustizia chi si macchia di questo odioso crimine. Lo ha ribadito il presidente della Conferenza episcopale australiana, mons. Denis Hart, arcivescovo di Melbourne, in un comunicato diffuso alla vigilia dell’apertura oggi dell’Assemblea plenaria dei vescovi. La riunione sarà dedicata proprio allo studio delle azioni da intraprendere nella Chiesa australiana per aiutare il lavoro della Royal Commission, la Commissione d’inchiesta nazionale istituita dal Governo federale per fare luce sul fenomeno della pedofilia nel Paese. "Non ci deve essere alcun ostacolo che impedisca alla nostra società di affrontare questo problema", ha dichiarato l’arcivescovo di Melbourne. “Il male degli abusi sessuali è così grave e orribile che l’unico modo per dare pace alle vittime è di portare alla giustizia i colpevoli”. Mons. Hart ha ribadito inoltre il parere favorevole espresso due settimane fa dai vescovi alla Royal Commission: “Sarà un momento di verità”, ha detto. E della necessità di “affrontare la verità”, come riferisce il sito cattolico australiano Cathnews.com, parla anche una relazione presentata alla Commissione parlamentare di inchiesta dello Stato di Victoria dalla Chiesa locale. Nella relazione si richiede di estendere l’obbligo della denuncia anche al personale religioso, “con l’eccezione delle informazioni raccolte durante il sacramento della confessione”. Intanto, un sondaggio indica come la netta maggioranza dei cattolici australiani sia favorevole a che venga fatta chiarezza su tutti i casi di pedofilia, anche nella Chiesa. Anche il Sinodo anglicano in Australia, attraverso il suo segretario generale Martin Dreviskowskim, citato dal “Sydney Morning Herald”, si è espresso a favore dell’abolizione della prescrizione per i reati di pedofilia.

Radio Vaticana

Il ruolo del teologi al Concilio Vaticano II. Joseph Ratzinger: la fedeltà alla tradizione ecclesiale con l’assenso alla scienza critica dischiude in una maniera nuova la strada per la fede nel mondo d’oggi

Si è parlato spesso di Padri conciliari, giustamente qualcuno ha ricordato anche la presenza delle “madri”, cioè le donne uditrici, ma un ruolo determinate sappiamo averlo avuto soprattutto i teologi (e teologhe) che, in qualità di esperti, hanno fornito le basi necessarie per fondare le decisioni e relativi documenti. Del ruolo dei tanti, perlopiù nascosti, ma in febbrile attività in quegli anni, ha parlato giovedì 22 novembre a Trento il teologo Rosino Gibellini, direttore editoriale emerito della casa editrice Queriniana, e direttore della rivista Concilium, nell’ambito del Convegno della Fondazione Bruno Kessler, “Coraggio, coraggio: avanti, avanti!”. A 50 anni dal Concilio Vaticano II (tra i relatori anche Alberto Bondolfi, direttore Centro Scienze Religiose, Paolo Ricca, Armido Rizzi e Sandra Mazzolini). “Non solo i teologi hanno anticipato con la loro riflessione e con le loro opere temi del futuro Concilio, a partire dalla “germinazione degli Anni Trenta” (come la chiama Chenu), ma sono stati presenti ed hanno partecipato al concilio come teologi conciliari”, diceva padre Gibellini. Un “servizio essenzialmente nascosto” come l’ha definito Karl Rahner (nella foto con Joseph Ratzinger) e uno storico parlando del suo contributo scrive: “Se si esplorano gli archivi, cercando apporti scritti durante il Concilio, non si incontra un solo testo redatto da Rahner”. “Essi hanno dato a Concilio un contributo costante, efficace, disinteressato e senza clamore – scrive lo storico Caprile su Civiltà Cattolica nel 1965 – sulle loro spalle gravava il compito faticoso della redazione, revisione, correzione e rielaborazione dei testi”. Ma come si diventava “teologo del Concilio”? “Vi era un regolamento anche se imperfetto, ma si diventava 'periti' per chiamata diretta del Papa o del presidente di commissione, o anche solo per chiamata di un Padre del Concilio, che immetteva il teologo nella sua commissione, con la conferma del Papa. In questo senso, si ricorda il card. di Colonia, Frings, accompagnato dal perito Joseph Ratzinger; il card. di Vienna, König, con il perito Karl Rahner; il card. di Milano, Montini, con il perito Carlo Colombo”. Il loro numero è cresciuto nel corso delle sedute conciliari: all’inizio, nel 1962, erano stai chiamati 201 periti, nell’aprile ’63, prima della seconda sessione, il loro numero era già salito a 348, mentre se si va a scorrere la lista degli Atti, si leggono 480 nomi. Non mancavano già all’epoca alcuni che segnalavano il rischio dell’influenza dei teologi sui vescovi, ma Gibellini preferisce sottolineare come l’entusiasmo del Concilio avesse piuttosto favorito “una collaborazione fattiva tra vescovi e teologi, che non ha avuto bisogno di una teorizzazione”. Sorge ora l’interrogativo circa una “teologia magisteriale” (come sancito dal n. 22 della "Dei Verbum") o una libertà di ricerca (scienza critica) propria della teologia come ogni altra disciplina. Significativo il commento dell’allora perito Joseph Ratzinger a questo riguardo: “Il testo che in quella giornata venne solennemente proclamato dal Papa reca naturalmente le tracce della sua sofferta storia ed è espressione di numerosi compromessi. Eppure il compromesso di fondo che lo sostiene è più che un compromesso, è una sintesi di grande rilievo: il testo collega la fedeltà alla tradizione ecclesiale con l’assenso alla scienza critica e dischiude in tal modo in una maniera nuova la strada per la fede nel mondo d’oggi. Esso non rinuncia a Trento ed al Vaticano I, però nemmeno mummifica ciò che avvenne allora, dato che è consapevole che la fedeltà nelle cose spirituali è realizzabile solo mediante una sempre nuova assimilazione. Guardando all’insieme del risultato raggiunto si può dunque senza riserve affermare che lo sforzo di quella disputa durata quattro anni, non era stato inutile". Qui si constata, spiega Gibellini, che il documento sulla Rivelazione (e in genere i documenti conciliari) sono il frutto di un compromesso, che è sintesi di tre istanze: fedeltà alla tradizione ecclesiale, riconoscimento della teologia come scienza critica, responsabilità per l’annuncio del vangelo nel mondo. Una situazione che il teologo Otto Hermann Pesch, nella sua storia del Concilio, ritiene però andata discostandosi sempre di più dagli anni Novanta in qua da quel commento del collega Joseph Ratzinger: la teologia sarebbe tenuta ad un’obbedienza interiore ed esteriore di fronte all’insegnamento ufficiale, seppure non ancora formalmente dogmatizzato, della Chiesa. Il risultato sarebbe ben al di là del “faticoso compromesso” della "Dei Verbum": il passaggio dalla collaborazione conciliare ad una giustapposizione tra magistero e teologia negli anni seguenti fino al presente. E’ del 2012 un documento ufficiale su “La teologia oggi” a firma della Commissione Teologica Internazionale che si mostra consapevole dei problemi esistenti e si situa sulla linea di una auspicata collaborazione fra vescovi e teologi. “Inevitabilmente – si legge al n. 42 - nel rapporto tra teologi e vescovi possono talvolta prodursi tensioni. Nella sua profonda analisi dell’interazione dinamica, all’interno dell’organismo vivente della Chiesa, […] il Beato John Henry Newman ha riconosciuto la possibilità di tali “contrasti o collisioni croniche” ed è bene ricordare che erano da lui considerati ”. E prosegue citando la Tesi 9 del documento Magistero e Teologia del 1975: "Riguardo alle tensioni tra teologi e Magistero, la Commissione Teologica Internazionale si è così espressa nel 1975: 'Dovunque c’è vera vita lì c’è pure una tensione. Essa non è inimicizia né vera opposizione, ma piuttosto una forza vitale e uno stimolo a svolgere comunitariamente ed in modo dialogico l’ufficio proprio di ciascuno'".

Maria Teresa Pontara Pederiva, Vatican Insider

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Don Falabretti: potrebbero essere circa 7mila i giovani italiani presenti a Rio de Janeiro. La CEI pagherà la quota d'iscrizione dei partecipanti

Potrebbero essere circa 7mila i giovani italiani che parteciperanno alla XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro (foto) dal 23 al 28 luglio 2013. A fare la previsione all'agenzia SIR è don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI, che in questi giorni sta partecipando, nella città carioca, all’incontro mondiale in preparazione alla GMG del prossimo anno. “Si tratta di un numero orientativo che potrebbe anche lievitare ora che la CEI ha deciso di contribuire alle spese di partecipazione alla GMG assumendosi il costo della quota d’iscrizione dei giovani, ai quali resterebbe da pagare solo il volo”. “La CEI - spiega il responsabile - pagherà uno dei quattro pacchetti di iscrizione previsti dall’organizzazione brasiliana, fino ad un massimo di 265 euro, che è il costo previsto per il pacchetto completo. In realtà i giovani pagheranno solo 25 euro, 15 per il kit e 10 per il fondo di solidarietà. Oltre al viaggio in aereo e altre spese personali”.

SIR

Benedetto XVI pronto a sbarcare su Twitter: lunedì 3 dicembre la conferenza stampa con tutti i responsabili dell’informazione della Santa Sede presenterà l'iniziativa

Lunedì prossimo 3 dicembre sarà annunciato ufficialmente il debutto del Papa su Twitter. Allo scopo è stata promossa una conferenza stampa con tutti i responsabili dell’informazione vaticana: mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Paul Tighe, segretario del dicastero, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, della Radio Vaticana e del Centro elevisivo Vaticano, Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano e Greg Burke, media adviser della Segreteria di Stato. Sarà presente, anche per interviste dopo la conferenza stampa, Claire Diaz-Ortiz, direttore di Social Innovation per Twitter.

Quotidiano.net

CONFERENZA STAMPA DEL 3 DICEMBRE 2012

'Why Poverty?'. Il Magistero del Papa: il coraggio della fraternità per vincere la povertà nel mondo. L’umanità necessita di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica

Avere “il coraggio della fraternità” e cambiare stili di vita e modelli di sviluppo: questa la ricetta di Benedetto XVI per vincere la miseria che attanaglia tanta parte del mondo. Proposte molto concrete che il Papa ha fatto in questi anni di Pontificato. Radio Vaticana partecipa all’iniziativa promossa dall'Unione Europea di Radiodiffusione (UER) intitolata “Why Poverty?”, speciale giornata di trasmissioni in Eurovisione dedicata al tema della povertà. Una “rivoluzione pacifica”, non ideologica, ma spirituale, che cambi il mondo e vinca la povertà “in un’epoca nella quale l’ostilità e l’avidità sono diventate superpotenze”: è quanto auspica Benedetto XVI che invita i cristiani a non restare ai margini nella lotta per la giustizia: “I cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona, e di promuovere quelle forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l’umanità diventi sempre più famiglia di Dio” (All'Incontro promosso dalla Fondazione "Centesimus Annus-Pro Pontifice", 15 ottobre 2011).
Sul banco degli imputati, per il Papa, c’è un egoismo globalizzato che pensa solo al profitto: innanzitutto la finanza che “ha danneggiato l’economia reale” con le sue speculazioni, che fanno aumentare anche il prezzo del cibo. A capo delle imprese ci sono manager che spesso “rispondono solo alle indicazioni degli azionisti”, disinteressandosi dei lavoratori. C’è l’accaparramento delle risorse dei Paesi poveri a vantaggio di una “rivendicazione del diritto al superfluo” nelle società opulente. Ora, il giocattolo si è rotto anche in Occidente e di fronte alla crisi economica il Papa esorta a rivedere uno stile di vita che non regge più: “Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo” (1° gennaio 2009: Solennità di Maria Santissima Madre di Dio).
Con dati alla mano, il Papa mostra che nel mondo c’è cibo a sufficienza per tutti, mentre si continua a morire di fame. Quindi avanza una proposta concreta: il rilancio strategico dell’agricoltura “non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro”: “Occorre puntare, allora, in modo veramente concertato, su un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali” (Angelus, 14 novembre 2010).
Il lavoro agricolo, afferma Benedetto XVI, educa alla sobrietà e alla semplicità, “ad un consumo più saggio e responsabile” e promuove “l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro”. E non pochi giovani hanno già scelto questa strada: "Anche diversi laureati tornano a dedicarsi all’impresa agricola, sentendo di rispondere così non solo ad un bisogno personale e familiare, ma anche ad un segno dei tempi, ad una sensibilità concreta per il bene comune” (Angelus, 14 novembre 2010).
Le cause del sottosviluppo, sottolinea Benedetto XVI, sono innanzitutto “nella mancanza di fraternità tra gli uomini”. La globalizzazione “ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”. Un egoismo che diventa internazionale con la questione del debito dei Paesi poveri che il Papa chiede di ridurre o cancellare “senza che questo sia condizionato a misure di aggiustamento strutturale, nefaste per le popolazioni più vulnerabili”. Ci sono poi altri appelli a favore del Sud del mondo: perché abbia “un accesso ampio e senza riserve ai mercati”; perché possa usufruire delle conoscenze tecnologiche e scientifiche in possesso dei Paesi ricchi che le proteggono “mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario”. E appelli per i Paesi industrializzati: per la riduzione del commercio delle armi, del traffico di preziose materie prime e della fuga di capitali dal Sud; perché investano nella ricerca per creare vaccini contro le malattie che colpiscono i Paesi poveri. La preoccupazione di Benedetto XVI è soprattutto per l’Africa. Ma aldilà delle istituzioni internazionali, osserva il Papa, “ogni persona e ogni famiglia può e deve fare qualcosa”, è necessario avere nel proprio piccolo “un cuore che vede” chi è nel bisogno: “L’umanità non necessita solo di benefattori, ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore” (All'Incontro promosso dalla Caritas Italiana, 24 novembre 2011).
E’ l’amore di Dio che cambia il mondo e risveglia la speranza, afferma Benedetto XVI: così, l’impegno dei cristiani per i poveri parte dalla giustizia per arrivare alla carità: “Lo spettacolo dell'uomo sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che è filantropico, certo, ma che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo nel mondo sofferente. Quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come dono, tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà la speranza: una speranza in questo mondo e una speranza che va al di là della morte e solo così è una vera speranza per l’uomo” (All'Incontro promosso dal Pontificio Consiglio "Cor Unum", 23 gennaio 2006).

Radio Vaticana