domenica 26 agosto 2012

Pellegrinaggio nazionale dei chierichetti francesi a Roma. Per l'occasione Benedetto XVI terrà l'Udienza generale del 29 agosto in Piazza San Pietro

Più di 50.000 chierichetti prestano il loro servizio liturgico tutte le domeniche nelle parrocchie di Francia. Con la riforma liturgica introdotta dalla Costituzione "Sacrosanctum Concilium" il termine ministrante ha sostituito il termine "chierichetto" (dal greco 'kleros' che significa “parte scelta”) poiché riesce a far capire meglio il suo significato profondo. Esso, infatti, deriva dal latino ministrans, cioè colui che serve, secondo l'esempio di Gesù. A loro, a quanti cioè offrono questo prezioso servizio nella Chiesa, "come amici di Gesù", è dedicato il pellegrinaggio nazionale a Roma che si terrà dal 25 al 31 agosto e vedrà la partecipazione di 2.600 ragazzi. Con loro ci saranno anche gli accompagnatori, una decina di vescovi ed un centinaio di sacerdoti. Tema del Pellegrinaggio, "Servire il Signore, gioia dell'uomo, gioia di Dio". I chierichetti incontreranno Papa Benedetto XVI durante l'Udienza generale di mercoledì 29 agosto che si recherà espressamente in Piazza San Pietro per accoglierli. Il pellegrinaggio, inizialmente previsto per 600 giovani, ha fatto registrare uno straordinario successo di iscrizioni: il programma alternerà visite ai principali luoghi di Roma, celebrazioni, serate di testimonianza, processioni e momenti di convivialità. "Attraverso il tema scelto - si legge in un dossier stampa della Conferenza Episcopale francese - l'obiettivo del pellegrinaggio è di far prendere coscienza ai giovani che con il loro servizio essi partecipano ad un servizio della Chiesa universale e che fanno parte di una fraternità nazionale e non soltanto di una equipe parrocchiale. Questo pellegrinaggio quindi vuole essere per loro occasione per un autentico cammino di fede". Lo conferma anche mons. Philippe Breton, della Commissione episcopale per la liturgia. "I genitori dei giovani chierichetti - dice - constatano i doni che questo servizio dà ai loro figli: una relazione più profonda con Dio e con la liturgia eucaristica, aiutandoli concretamente ad entrare nel mistero della Fede". "Servire Messa" poi può diventare anche un mezzo per scoprire la propria vocazione sacerdotale: "Sono molti i sacerdoti che hanno detto che questa prossimità con l'Eucarestia ha fatto nascere in loro il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio ed essere al servizio dei loro fratelli".

L'Osservatore Romano

Il Papa: la colpa più grave di Giuda fu la falsità, che è il marchio del diavolo. Bisogna prima credere che Gesù è il Figlio di Dio per conoscerlo

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Il Pontefice ha ripreso il Vangelo odierno, che “presenta la reazione dei discepoli” al discorso, meditato nelle scorse domeniche, sul “pane della vita”, “che Gesù pronunciò nella sinagoga di Cafarnao dopo aver sfamato migliaia di persone con cinque pani e due pesci”. “L’evangelista Giovanni – che era presente insieme agli altri Apostoli – riferisce che ‘da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui’”, ha ricordato il Papa, “perché non credettero alle parole di Gesù che diceva: Io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà in eterno”. Parole, ha aggiunto a braccio, “difficilmente accettabili e comprensibili”: infatti “questa rivelazione rimaneva per loro incomprensibile, perché la intendevano in senso solo materiale, mentre in quelle parole era preannunciato il mistero pasquale di Gesù, in cui Egli avrebbe donato se stesso per la salvezza del mondo”. “Vedendo che molti dei suoi discepoli se ne andavano, Gesù – ha riportato Papa Benedetto – si rivolse agli Apostoli dicendo: ‘Volete andarvene anche voi?”. Da qui la risposta di Pietro, “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, ma anche la reazione di Giuda, che “avrebbe potuto andarsene, come fecero molti discepoli; anzi, avrebbe dovuto andarsene, se fosse stato onesto”. Invece Giuda “rimase con Gesù” perché “si sentiva tradito, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito”: egli “era uno zelota, e voleva un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i romani. Ma Gesù aveva deluso queste attese. Il problema è che Giuda non se ne andò, e la sua colpa più grave fu la falsità, che è il marchio del diavolo. Per questo Gesù disse ai Dodici: 'Uno di voi è un diavolo!". Concludendo, Benedetto XVI ha invitato i fedeli, per intercessione di Maria, “a credere in Gesù, come San Pietro, e a essere sempre sinceri con Lui e con tutti”.
Dopo la recita dell’Angelus, i saluti del Papa nelle varie lingue. “Abbiate coscienza che Dio vuole il vostro bene”, ha detto ai pellegrini francofoni e in particolare al gruppo di giovani giunti con i Servi di Gesù e Maria. Mentre ai seminaristi del Pontificio collegio americano del Nord ha chiesto di usare il tempo della loro permanenza a Roma “per conformarsi più pienamente a Cristo”. Tra i saluti pure quello “ai vescovi polacchi e ai pellegrini radunati a Jasna Gora. ‘Maria, con Te sto, ricordo, vigilo’ – ripetendo questa dichiarazione di amore alla Madre di Dio, siamo consapevoli – ha precisato – che essa significa anche l’impegno alla fedeltà e all’obbedienza al suo Figlio”. Infine gli italiani, ricordando in particolare la comunità del Seminario minore di Verona, “Cari ragazzi, il prossimo anno sia per ciascuno ricco di frutti nell’amicizia con il Signore Gesù”, e rivolgendo “fervidi auguri ai religiosi salesiani che celebrano 50 anni di professione perpetua, tra i quali il parroco di Castel Gandolfo”.


SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Don Lorenzi: il problema di Lefebvre era già nei pensieri e nelle preoccupazioni di Papa Luciani, gli stava a cuore immensamente l'unità della Chiesa

Papa Giovanni Paolo I (nella foto con l'allora card. Ratzinger) già pensava ad una ricucitura con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da Mons. Marcel Lefebvre. Lo rivela il segretario personale di Papa Luciani, don Diego Lorenzi, intervistato da Dino Boffo in occasione dello speciale ''Il mio Papa Luciani'' che andrà in onda oggi alle 18.30 su Tv2000. ''Il problema di mons. Marcel Lefebvre - ha detto don Diego Lorenzi rispondendo alle domande del direttore di Tv2000 - che è ancora oggi all'ordine del giorno era gia' nei pensieri e nelle preoccupazioni di Giovanni Paolo I. Per Papa Luciani era un cruccio e me ne rendeva partecipe. Era una situazione già allora emergente. Riferendosi alla vicenda di mons. Lefebvre Papa Luciani mi diceva 'La tunica intonsa della Chiesa Cattolica romana ha uno squarciò' e agognava che questa cucitura venisse ricomposta al più presto. Gli stava a cuore immensamente la compattezza del gregge, l'unità della Chiesa, più di altre cose di cui si interessava la stampa''. Nella recente biografia di Papa Luciani scritta da Marco Roncalli viene ricostruito il pensiero e la preoccupazione del futuro Papa nei confronti dei lefebvriani. Una preoccupazione che risaliva agli anni precedenti l’elezione ed era stata da lui vissuta come una situazione di emergenza già durante il periodo veneziano. A partire, ad esempio, dall’omelia del 16 agosto 1976, quando il Patriarca Luciani partì dalle antiche discordie dentro la Chiesa per arrivare a citare a quelle moderne che trovavano Paolo VI colpito dai casi Lefebvre e Franzoni. Pochi giorni prima, il 22 luglio, Paolo VI aveva infatti aveva sospeso "a divinis" il vescovo tradizionalista. Accomunando i due casi nell’omelia Luciani disse: "Miei fratelli, sono stato amico fraterno di Franzoni cui do del 'tu'; ho sentito molte volte Lefebvre parlare in Concilio. Sono sicuro che anni fa tutti e due accettavano in pieno le seguenti parole del Concilio: 'Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, cioè di vicario di Cristo e pastore di tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale, che può esercitare liberamente'. Come mai ora sia Franzoni che Lefebvre rifiutano espressamente queste parole? Per me è un dramma senza spiegazione… O, forse - continuava - la spiegazione è la conclusione stessa, che Paul Bourget ha dato al suo romanzo 'Le démon du midi': 'Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finisce col pensare come si vive'...Il pericolo può esistere anche per noi...Il Signore, invece, vuole si obbedisca alla gerarchia'.

Asca - Andrea Tornielli, Sacri Palazzi

Il Papa: Dio benedica gli sforzi di coloro che costantemente e generosamente lavorano per l'unità dell'Ucraina e per garantire un futuro di pace

Unità e pace è quanto Benedetto XVI ha augurato venerdì, in un telegramma, alla nazione e al popolo dell'Ucraina in occasione del 21° anniversario dell'indipendenza. Il Papa rivolgendosi al presidente Viktor Yanukovich (foto) scrive: "Chiedo a Dio di benedire gli sforzi di tutti coloro che costantemente e generosamente lavorano per l'unità del Paese e per garantire un futuro di pace a tutti i suoi cittadini. Il Signore doni a Vostra Eccellenza e a tutti i cittadini ucraini la grazia divina". Il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino dichiarò l'indipendenza e indisse il referendum di conferma. Le prime elezioni democratiche della storia dell'Ucraina si svolsero il 1º dicembre 1991. Il primo Presidente dell'Ucraina libera fu Leonid Kravčuk.

Il Sismografo

Il 26 agosto 1978 veniva eletto al Soglio Pontificio Giovanni Paolo I: il Signore prende i piccoli dal fango della strada e ne fa degli apostoli

Il 1978 fu ricordato come l’anno dei due conclavi. Nel giro di pochi mesi il Sacro Collegio dovette riunirsi due volte per eleggere il nuovo vescovo di Roma. Nel pomeriggio del 25 agosto si aprì il primo conclave, chiamato ad eleggere il successore di Paolo VI. Dopo la riforma di Papa Montini, che escludeva dal voto gli ultraottantenni, i cardinali elettori scesero a 112, su un totale di 130, poi ridottisi a 111, a causa dell’improvvisa scomparsa dell’arcivescovo di Nanchino, Yu Pin, deceduto appena giunto a Roma. Quarantotto le nazioni rappresentate all’interno del conclave. Un’altra novità fu introdotta con la rimozione dei tradizionali baldacchini, posizionati sopra ogni scranno. Al momento dell’elezione ogni cardinale abbassava il proprio in segno di rispetto e supremazia nei confronti del nuovo Papa, il cui baldacchino rimaneva alzato. Nonostante la segretezza imposta agli elettori, successivamente si seppe che nella scelta del successore di Paolo VI i cardinali aveva indicato alcuni principi orientativi: la scelta di un italiano, la nomina di un pastore di diocesi, un’età media del candidato. Sulla scelta della nazionalità, però, non tutti concordavano; basti pensare che già nel corso del conclave di agosto l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, poi eletto nel secondo conclave tenutosi ad ottobre, ottenne alcuni voti, così come altri cardinali stranieri. Tra i candidati indicati dalla stampa figuravano gli italiani Sergio Pignedoli, segretario generale della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli o "De propaganda fide", e successivamente responsabile del Pontificio Consiglio per i non credenti, Sebastiano Baggio, arcivescovo di Cagliari e prefetto della Congregazione per i vescovi, Pericle Felici, cardinale protodiacono e segretario generale durante il Concilio Vaticano II, Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, stretto collaboratore di Paolo VI, che lo aveva voluto in Curia come sostituto alla Segreteria di Stato, Antonio Poma, presidente della CEI, Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova e delfino di Pio XII, ed infine Albino Luciani (foto), arcivescovo di Venezia. Tra i non italiani circolavano i nomi del card. Jean Villot, Segretario di Stato di Papa Montini, Franz König, arcivescovo di Vienna, tra i protagonisti del Concilio, Johannes Willebrands, arcivescovo di Utrecht, Eduardo Pironio, argentino di origine italiana, prefetto della Congregazione per i Religiosi e degli Istituti Secolari. I candidati forti si ipotizzò fossero il tradizionalista Siri ed il progressista Benelli. Tra i due, emerse fin da subito un terzo, Albino Luciani, moderato, prelato semplice e di grande umanità, il quale però si riteneva fuori dai giochi. Il giorno prima di entrare in conclave scrisse alla nipote Pia: "Difficile trovare la persona adatta ad andare incontro ai problemi che sono croci pesantissime. Per fortuna, io sono fuori pericolo. È già gravissima responsabilità dare il voto in questa circostanza". La prima votazione, tenuta la mattina del 26 agosto, fu breve. Lo scrutatore Antonio Ribeiro lesse probabilmente i nomi di Siri, Luciani, Felici, Poma, Baggio, Pignedoli, Benelli, Villot, Pironio, Willebrands e Wojtyla. Troppi per il quorum dei 75 voti richiesti. La seconda votazione si tenne subito dopo. L’esito: un’altra fumata nera. Lo scrutinio però delineò chiaramente due candidati: il genovese Siri ed il veneziano Luciani. Dopo pranzo ripresero i lavori. La terza votazione fu ancora nulla, mentre la quarta fu quella buona. Dal comignolo della Sistina uscì però una fumata strana, il colore non era né bianco né nero, ma grigiastro. In Piazza San Pietro i fedeli pensarono ad un’alta fumata nera, ma alle 19.18 si aprirono le vetrate della loggia centrale della Basilica. Comparve la figura del protodiacono Felici, furono sistemati i microfoni. La suspense salì al massimo. Il cardinale annunciò: "Habemus Papam! Eminentissum ac reverendissimun dominum, dominum Albinum. Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Luciani. Qui sibi nomen imposuit Johannis Pauli Primi!". Dietro la croce, apparve Giovanni Paolo I, eletto al Soglio di Pietro si disse con 98 o 101 voti, comunque una delle più alte maggioranze registrate nel corso di un conclave, la cui durata fu di sole 26 ore. L’umanità e la simpatia di Luciani conquistarono fin da subito tutti. Indimenticabili i suoi trentatré giorni di Pontificato. Un giorno per ogni anno di Cristo fu fatto notare. Nel corso delle sue quattro udienze generali, Luciani rivelò due caratteristiche peculiari della sua personalità: l’umiltà e la semplicità. "Humilitas", il suo motto vescovile, significava "non umiltà, bensì impegno ad essere umili". La semplicità fu dimostrata dal dialogo tra il Papa ed i bambini, che egli chiamava a sé per spiegare la dottrina ai fedeli. Concetti chiari e diretti, che gli attirarono alcune critiche da parte di teologi, intellettuali ed esponenti della stampa. In realtà Luciani fu sempre se stesso: da sacerdote montanaro, da vescovo veneto, da Patriarca ed infine da Pontefice di Santa Romana Chiesa. Nel corso di un discorso tenuto a Canale d’Agordo, il paese natale, nel 1959, aveva detto: "Con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango della strada, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, dal lago, e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema: certe cose il Signore non le vuol scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia ben chiaro che tutto sia opera, tutto merito del solo Signore. Io sono la pura e povera polvere; su questa polvere il Signore ha scritto".

Lorenzo Carlesso, Vatican Insider