martedì 22 maggio 2012

VII IMF-Il Papa a Milano. Benedetto XVI nei luoghi simbolo della città ambrosiana: la pubblicazione della Prefettura della Casa Pontificia

Dal Duomo, tempio della fede della Chiesa ambrosiana, al teatro della Scala, santuario internazionale della musica lirica; dallo Stadio di San Siro, arena del calcio cittadino, al Parco di Bresso, polmone verde della metropoli industriale italiana per eccellenza. Passa attraverso i principali luoghi di aggregazione religiosa, culturale, sportiva e sociale di Milano (foto) la visita di Benedetto XVI, che dal 1° al 3 giugno vi si reca per partecipare agli appuntamenti conclusivi del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Come nei precedenti viaggi italiani del Papa, la Prefettura della Casa Pontificia ha preparato una dettagliata pubblicazione di ottanta pagine ricche di testi e fotografie: dal programma delle attività di Benedetto XVI, con nove discorsi previsti, alle mappe dei luoghi interessati, fino alle schede descrittive degli stessi. Duplice il filo conduttore, come duplice è la dimensione di questa visita papale: da una parte c’è il raduno internazionale delle famiglie con il suo logo, il suo inno ufficiale, l’icona a mosaico della Santa Famiglia di Nazaret realizzata per la circostanza dal gesuita Marko Ivan Rupnik, e la sua storia passata con gli appuntamenti di Roma (1994), Rio de Janeiro (1997), ancora Roma (2000), Manila (2003), Valencia (2006) e Città del Messico (2009); dall’altra c’è la visita pastorale a una delle più grandi arcidiocesi cattoliche del mondo con i suoi quasi 5 milioni e mezzo di anime. Ecco allora il ricordo delle due precedenti visite di Giovanni Paolo II a Milano, dal 20 al 22 maggio 1983 e dal 2 al 4 novembre 1984, festa di San Carlo Borromeo e suo onomastico, e della presenza del card. Joseph Ratzinger nel Duomo ambrosiano il 24 febbraio 2005, due mesi prima di essere eletto Papa, per presiedere insieme con il card. Tettamanzi, allora alla guida dell’arcidiocesi ambrosiana, le esequie di mons. Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. Alcune pagine sono poi dedicate alla storia e all’attualità della sede metropolitana, con le sue oltre mille parrocchie e i suoi quasi tremila preti tra diocesani e religiosi. Ampio spazio viene riservato ai pastori di questa Chiesa: dai grandi Santi patroni Ambrogio e Carlo, fino a figure del secolo scorso come quelle dei Beati Andrea Carlo Ferrari (1893-1921) e Ildefonso Schuster (1929-1954). Senza dimenticare quelle di due presuli poi ascesi al Soglio pontificio: Achille Ratti, che fu arcivescovo di Milano per sei mesi tra il 1921 e il 1922 prima di diventare Papa col nome di Pio XI, e Giovanni Battista Montini, che lo fu dal 1955 al 1963 prima dell’elezione alla cattedra di Pietro col nome di Paolo VI. O quelle più recenti dei cardinali Giovanni Colombo (1963-1979), Carlo Maria Martini (1979-2002), Dionigi Tettamanzi (2002-2011) e Angelo Scola, che guida l’arcidiocesi dal 28 giugno dell’anno scorso. Completano la pubblicazione le parole che tre celebri scrittori hanno tributato al Duomo milanese: "A mezzanotte, al chiaro di luna, la folla di bianche figure di pietra scende dall’alto e ti accompagna per la piazza bisbigliandoti all’orecchio antiche e segrete storie" (Heinrich Heine, 1826); "Al centro, la guglia maggiore torreggia orgogliosa come l’albero maestro di un gran vascello in mezzo a una flotta di battelli costieri", (Mark Twain, 1869); "Meraviglia dell’arte gotica, bianca, abbagliante, irta di sottili guglie, come pezzi di ghiaccio caduti dalle Alpi", (Vicente Blasco Ibáñez, 1896).

L'Osservatore Romano

Sabato l'udienza del Papa al Movimento del Rinnovamento dello Spirito. Martinez: uno nuovo slancio testimoniale, un nuovo inizio nella nostra storia

“Noi crediamo ancora, più di ieri, nelle sorprese dello Spirito e ci attendiamo che questo incontro con il Successore di Pietro, nell’Anno della fede e del Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, segni un nuovo slancio testimoniale, un nuovo inizio nella nostra storia. Desideriamo che l’espressione ‘rinnovamento’ non rimanga un ideale astratto da perseguire, ma un cammino, una prassi già in atto da condividere”. Lo afferma Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito, in vista dell’udienza speciale che Benedetto XVI concederà in occasione del 40° anniversario della nascita del Movimento in Italia, sabato 26 maggio. Migliaia di pellegrini provenienti da tutta Italia affluiranno in Piazza San Pietro per l’appuntamento più importante di quest’anno “giubilare”. Alle 9.00 un momento di preghiera, di canto e di testimonianze segnerà l’inizio del grande raduno. Alle 10.00, si svolgerà la concelebrazione eucaristica presieduta dal card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI. Al termine della Messa, il Santo Padre arriverà nella Piazza e incontrerà i fedeli che ascolteranno le parole di indirizzo al Rinnovamento. In questa speciale occasione, Benedetto XVI ha voluto riservare un altro dono al Rinnovamento: l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni, a tutti coloro che parteciperanno all’Udienza in Piazza San Pietro.

SIR

'Africae munus'. A Nairobi seminario dei vescovi dell'Africa orientale: promuovere riconciliazione, giustizia e pace con il documento come guida

Riflettere sulle strategie della comunicazione più idonee all’attuazione dell’"Africae munus", l’Esortazione Apostolica post-sinodale siglata da Benedetto XVI nel novembre 2011: con questo obiettivo, si è aperto oggi a Nairobi, in Kenya, un seminario organizzato dall’Amecea, l’Associazione dei membri delle Conferenze Episcopali dell’Africa orientale. I lavori, che proseguiranno fino a venerdì 25, vedranno la partecipazione di esponenti provenienti dalle Chiese di Kenya, Tanzania, Uganda, Etiopia, Sudan, Zambia, Eritrea, Malawi, Somalia e Gibuti. Al centro dell’incontro, in particolare, i temi della riconciliazione, giustizia e pace, già linee-guida del secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 2009. Come afferma padre Philip Odii, segretario generale delle Comunicazioni sociali per la Chiesa in Uganda, “lo scopo dell’incontro di Nairobi è quello di condividere le idee su come le popolazioni possano promuovere riconciliazione, giustizia e pace nelle proprie regioni, guardando al documento pontificio come ad una guida”. “I delegati al seminario – continua padre Odii – discuteranno apertamente a favore di un’economia regionale che si prenda cura dei poveri e si opponga risolutamente ad un sistema ingiusto che, con il pretesto di ridurre la povertà, ha spesso contribuito ad aggravarla”. Quindi, il segretario generale delle Comunicazioni sociali ugandese ribadisce: “Dio ha dato all’Africa risorse naturali notevoli. Considerata la povertà cronica della popolazione del continente, che subisce gli effetti dello sfruttamento e dell’appropriazione indebita dei fondi a livello sia locale che estero, l’opulenza di alcuni gruppi sconvolge le coscienze”. Per questo, sottolinea padre Odii, “la Chiesa deve parlare contro un sistema ingiusto che impedisce alle popolazioni africane di consolidare l’economia del Paese e di svilupparsi secondo le proprie caratteristiche culturali”. Ricordando che “spetta alla Chiesa battersi affinché ogni persona possa essere protagonista del proprio progresso economico e sociale”, padre Odii punta il dito contro gli uomini d’affari, i governi e i gruppi finanziari che sfruttano le risorse naturali, inquinando l’ambiente e causando la desertificazione. Durante i lavori del seminario, quindi, ampio spazio sarà dato anche alla gestione dell’ecosistema e alla conseguenta sopravvivenza dell’umanità. D’altronde, come si legge nell’"Africae munus", conclude il religioso ugandese, “la Chiesa in Africa è chiamata ad incoraggiare i leader politici a tutelare beni fondamentali come l’acqua e la terra sia per gli uomini di oggi che per le generazioni future”.

Radio Vaticana

Il corvo non è una sola persona ma sarebbero più persone. La 'serpe' non è una figura sconosciuta ai Sacri Palazzi. Ogni Pontificato ha la sua

Si chiama Luigi Martignani ed è un frate cappuccino “minutante” della segreteria di stato vaticana. E’ lui che per volere del sostituto Giovanni Angelo Becciu ricopre il ruolo di segretario della commissione d’inchiesta vaticana incaricata dal Papa di fare chiarezza su Vatileaks, l’uscita di documenti riservati finiti nelle redazioni di alcuni quotidiani e che formano anche il corpo dell’ultimo libro del giornalista Gian Luizi Nuzzi “Sua Santità” (Chiarelettere). Martignani è chiamato a coadiuvare il lavoro dei cardinali Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. Un lavoro non facile: devono scoprire l’identità di colui che Nuzzi chiama col nome in codice “Maria”, in sostanza il “corvo” che da dentro la Santa Sede ha passato le carte fuori. Si tratta di una persona o di più persone?L’inchiesta è appena iniziata e non percorrerà una strada agevole. Per Nuzzi il corvo non è una sola persona ma sarebbero più persone. Di certo c’è un fatto: la “serpe” non è una figura sconosciuta ai Sacri Palazzi. Ogni Pontificato ha la sua. Come ha scritto più volte Benny Lai, vaticanista di lungo corso, nei suoi inarrivabili diari vaticani, è una figura che più volte ritorna nella storia del papato, una persona che riesce a godere sempre di “protezioni importanti” entro le sacre mura tanto che non è detto che una volta scoperta venga rimossa. Lai ha più volte confessato di essere ricorso anch’egli in passato a ogni espediente per raccogliere informazioni e retroscena: “Ci tassavamo e pagavamo diecimila lire al mese a Riccardo Galeazzi Lisi, il medico di Pio XII, affinché ci tenesse informati sulla salute del Papa”. Ma, Pio XII, una volta scoperto che Galeazzi Lisi lo tradiva, non lo rimosse, semplicemente si limitò a non rivolgergli più la parola: “Se vuole stare in Vaticano che stia, ma faccia in modo che io non lo veda”, disse Papa Pacelli. E lui, l’“archiatra corrotto”, arrivò a fotografarlo con una mini polaroid agonizzante sul letto di morte. Certo, non è detto che la storia si ripeta. Ma non è improbabile che anche in questo caso il corvo, una volta scoperto, rimanga al proprio posto. Difficile, comunque, che i gendarmi vaticani non siano in grado di individuare chi riesca ad aver accesso all’archivio della Segreteria di Stato nel quale con ogni probabilità il segretario del Pontefice Georg Gänswein ha depositato le lettere personali inviategli e quelle altrettanto riservate inviate direttamente al Papa. Le ha depositate nell’archivio e qualcuno le ha sottratte e fotocopiate, questo sembra poter essere l’unico dato certo. Benedetto XVI segue la vicenda non senza preoccupazione. Anzi, chi gli sta vicino sostiene che egli sia scosso per la fuga di documenti. E ieri, pranzando riservatamente con i cardinali del Collegio cardinalizio per ricordare il suo ottantacinquesimo compleanno, ha detto non a caso che “è importante avere accanto degli amici”. E ancora: “Nella mia vita ci sono stati splendidi tempi ma anche notti oscure, anche le notti erano necessarie e oggi, circondato dai cardinali i miei amici, mi sento sicuro in questa compagnia. Il male, infatti, vuole dominare il mondo e lo fa con la violenza o travestendosi di bene. In questo modo distrugge le fondamenta morali della società”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Presentate le Linee guida della CEI per i casi di pedofilia: priorità assoluta protezione dei minori e premura per vittime, insieme a formazione preti

“La priorità assoluta rimane la protezione dei minori e la premura verso le vittime degli abusi”, a cui “si accompagna la cura per la formazione dei futuri sacerdoti”. Questo, in sintesi, lo “spirito” delle Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, presentate oggi all’Assemblea della CEI, in corso in Vaticano, a conclusione di “una mattinata di confronto e approfondimento” sulla prolusione di ieri del card. Bagnasco. Le Linee guida erano state approvate dal Consiglio permanente di gennaio e, quindi, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui il testo “traduce” le indicazioni. “Il triste e grave fenomeno degli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di chierici - si legge nella premessa - sollecita un rinnovato impegno da parte della comunità ecclesiale, chiamata ad affrontare la questione con spirito di giustizia”. Il vescovo che riceve la denuncia di un abuso, per la Chiesa italiana, “deve essere sempre disponibile ad ascoltare la vittima e i suoi familiari, assicurando ogni cura nel trattare il caso secondo giustizia e impegnandosi a offrire sostegno spirituale e psicologico, nel rispetto della libertà della vittima di intraprendere le iniziative giudiziarie che riterrà più opportune”. “Una speciale cura - si legge nelle Linee-guida - deve essere posta nel discernimento vocazionale dei candidati al ministero ordinato e delle persone consacrate”, riservando in merito all’ammissione in seminario “una rigorosa attenzione allo scambio d’informazioni in merito a quei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa che si trasferiscono da un seminario all’altro, tra diocesi diverse o tra Istituti religiosi e diocesi”. Il vescovo, da parte sua, è chiamato a trattare i suoi sacerdoti “come un padre e un fratello, curandone la formazione permanente e facendo in modo che essi apprezzino e rispettino la castità e il celibato e approfondiscano la conoscenza della dottrina della Chiesa sull’argomento”. Dopo il “giudizio di verisimiglianza” e l’indagine previa, la procedura canonica in caso di abusi prevede una procedura con misure di restrizione del ministero pubblico “in modo completo o almeno escludendo i contatti con i minori”, oppure “pene ecclesiastiche”, di cui la più grave è la dimissione dallo stato clericale. Il procedimento canonico è “autonomo” da quello dello Stato, in vista del quale è “importante la cooperazione del vescovo con le autorità civili”, anche se il vescovo “non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti” in materia di abusi. "Ferma restando la competenza della Congregazione per la Dottrina della fede, la procedura relativa ai singoli casi è di competenza del vescovo del luogo ove i fatti stessi sono stati commessi". "Nessuna responsabilità, diretta o indiretta, per gli eventuali abusi - prosegue il testo - sussiste in capo alla Santa Sede o alla Conferenza Episcopale italiana. La segreteria generale della Conferenza Episcopale italiana assicura la sua disponibilità per ogni esigenza che sarà rappresentata, in spirito di servizio alle Chiesa che sono in Italia e di condivisa sollecitudine per il bene comune". Entrano in vigore, con la loro pubblicazione odierna, le Linee guida della CEI "per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici" richieste dalla Santa Sede ad ogni episcopato mondiale. Il documento ha già fatto "un passaggio informale ma autorevole" dalla Congregazioneper la Dottrina della Fede, che "ha preso atto che la Conferenza Episcopale italiana ha recepito debitamente" la richiesta avanzata dal Vaticano dopo lo scoppio dello scandalo nel 2010 e il 'giro di vite' della normativa canonica voluta dal Papa, ha riferito in conferenza stampa il segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata. Con una "ricognizione" compiuta presso le diocesi italiane nel corso degli ultimi anni, la Conferenza episcopale italiana ha reso noto oggi, per la prima volta, un dato preciso di abusi sessuali compiuti dai preti sui minori nel decennio che va dal 2000 al 2010. Sono 135 i casi "non solo verificatisi, ma emersi" nel corso del decennio, ha riferito mons. Crociata. La cifra è relativa al numero di sacerdoti accusati, non al numero di abusi compiuti. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il presule ha precisato che 135 sono i sacerdoti segnalati alla Congregazione per la Dottrina della fede, il dicastero vaticano responsabile del 'dossier' pedofilia, mentre alla magistratura italiana sono stati denunciati 77 sacerdoti. Sul complessivo numero di 135, la congregazione della Santa Sede è giunta a 53 condanne e 4 assoluzioni, mentre i restanti 78 casi sono in istruttoria. Sulle 77 denunce giunte alla giustizia italiana, 22 preti sono stati condannati in primo grado, 17 in secondo grado, 21 hanno patteggiato, 5 sono stati assolti, 12 archiviati.

SIR, TMNews

Linee guida

VII IMF-Il Papa a Milano. Presentazione in Vaticano: famiglia continua ad imporsi come la via maestra per la generazione e la crescita della persona

Questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie sul tema "La famiglia: il lavoro e la festa", che si svolgerà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012. Sono intervenuti il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano e Pierpaolo Donati, Ordinario di Sociologia della famiglia all’Università di Bologna, che ha presentato il volume "Famiglia risorsa della società"). Delle tante attività messe in campo dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in vista dell’Incontro Mondiale, il card. Antonelli ha citato in particolar modo le Catechesi preparatorie tradotte in 11 lingue, tra cui romeno, arabo e russo. La conferenza stampa è stata anche l’occasione per presentare ufficialmente l’“Enchiridion della famiglia” che, ha spiegato il cardinale, “raccoglie i più recenti insegnamenti della Sede Apostolica sui temi della famiglia e della vita umana. La documentazione raccolta riguarda gli ultimi anni del Pontificato di Giovanni Paolo II e quelli del Pontificato di Benedetto XVI dal 17 maggio 2005 al 31 dicembre 2011”. Si tratta di “un utile strumento di consultazione” rivolto “agli operatori della pastorale familiare, alle associazioni, ai movimenti pro-familia e pro-life, agli studiosi, ai docenti, ai politici”. Per il card. Antonelli, “amplissimo è il ventaglio delle tematiche toccate”; tra le tante: teologia e antropologia della famiglia, educazione all’amore e preparazione al matrimonio, accompagnamento dei coniugi e spiritualità coniugale, matrimonio interreligioso, regolazione della fertilità. "Il titolo del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, collegando i tre aspetti fondamentali della vita quotidiana di ogni uomo - famiglia, lavoro, riposo (festa) - fa emergere con forza due tratti costitutivi, anche se spesso trascurati, dell’umana esperienza, a tutte le latitudini: l’unità della persona e il suo essere sempre in relazione”, ha detto il card. Scola. “La famiglia fondata sul matrimonio fedele tra un uomo ed una donna ed aperta alla vita, al di là di tutte le evoluzioni culturali che la caratterizzano - ha sottolineato il porporato -, continua ad imporsi come la via maestra per la generazione e la crescita della persona”. Attraverso il lavoro “sviluppiamo relazioni sociali articolate che, nell’attuale civiltà delle reti, investono il mondo intero”. La vita, poi, “ci impone il suo passo, spesso affannoso, e domanda un ordine tra affetti e lavoro. In questo ci aiuta il riposo che ne scandisce il ritmo”. A conferma dell’importanza del VII Incontro, secondo il cardinale, “impressiona la risonanza che esso sta avendo nei mezzi di comunicazione non solo in Italia, ma in tutto il mondo”. Così la famiglia “è al centro dell’attenzione”. A Family 2012 è legata la “singolare iniziativa del Congresso dei ragazzi: Il Giardino. Un migliaio circa di ragazzi, lungo i tre giorni del Congresso (30 maggio-1° giugno), di ogni fascia di età, figli dei congressisti, approfondiranno in vari modi e forme i temi della generazione, dell’identità e della differenza, della reciprocità e della responsabilità sociale”. Il porporato ha ricordato che sono 1.000.000 i fedeli attesi per la Messa con il Pontefice, 300.000 i partecipanti previsti alla
Festa delle testimonianze, 50.000 i visitatori previsti alla Fiera internazionale della famiglia. Più di 100 gli stand, 34.000 i posti letto messi a disposizione da 11.000 famiglie per il periodo dell’evento, 13.000 i posti messi a disposizione dalle parrocchie nelle loro strutture, 5.000 le persone che hanno dato la propria disponibilità a impegnarsi come volontari, 50.000 gli euro raccolti per il Fondo accoglienza famiglie dal mondo. Sono, poi, 1.023 i giornalisti fino ad ora accreditati, di cui un terzo gli stranieri, 2200 gli articoli sulla stampa per l’Incontro dal 1° gennaio 2012 ad oggi, 633.639 le visite al sito ufficiale www.family2012.com, 14.148 gli amici pagina Facebook, 1368 i twitter follower.


SIR

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE (MILANO, 30 MAGGIO - 3 GIUGNO 2012)

Anno della fede. Alla vigilia della Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina, la Lettera Apostolica 'Porta fidei' del Papa anche in cinese

A pochi giorni dalla Giornata mondiale di preghiera per la Cina, la Conferenza Episcopale regionale di Taiwan ha pubblicato il testo integrale della "Porta Fidei", la Lettera Apostolica con cui Benedetto XVI ha indetto l'Anno della fede. Per il Papa l'Anno della fede deve servire a riscoprire "la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo". E questo soprattutto per i cristiani che si danno "maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune", mentre invece "questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato". Per evitare "che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta", il Pontefice propone di re-imparare i testi del Concilio Vaticano II e il catechismo della Chiesa Cattolica. Del resto, l'Anno dovrebbe iniziare proprio l'11 ottobre, "nel cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, il 24 novembre 2013. Nella data dell'11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent'anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica". La riscoperta della fede, per il Papa, ha uno scopo: la testimonianza cristiana, personale e comunitaria, unita attorno alla fede professata dal Papa e dai vescovi. Benedetto XVI augura che la riscoperta dell'incontro con Gesù Cristo porti a una nuova stagione di evangelizzazione del mondo. In questo cammino, i fedeli di oggi sono confortati dalla vivacità di molti testimoni e martiri: "Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell'amore con il perdono dei propri persecutori". L'edizione cinese della Lettera Apostolica, viene quasi a coincidere con la Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina. Lanciata da Benedetto XVI con la sua Lettera del 2007 ai fedeli della Cina, la Giornata coincide con la festa di Maria aiuto dei cristiani, venerata nel santuario nazionale di Sheshan, a circa 40 km a sud-ovest di Shanghai. L''intenzione del Pontefice è che attraverso la preghiera si rafforzi l'unità fra cristiani sotterranei e ufficiali e la comunione col successore di Pietro, chiedendo anche al Signore la forza di perseverare nella testimonianza cristiana, pur fra le sofferenze della persecuzione. Per l'occasione, Benedetto XVI ha anche composto una speciale preghiera. Un sacerdote cinese ha dichiarato ad AsiaNews che "la riscoperta della fede e la testimonianza anche pubblica e il legame col Papa sono fondamentali per ravvivare le comunità in Cina. L'Anno della fede non è solo in funzione del mondo occidentale secolarizzato, ma è anche per noi, che talvolta riduciamo la fede a qualche sentimento pio, senza incidenza nella ragione e nella vita".

AsiaNews

Insofferenti a gerarchie e regole di Roma i praticanti statunitensi sono sempre di meno. Ma per il Papa si deve rispondere senza tradire l'identità

"Sono cristiano senza Chiesa” disse Ignazio Silone in un’intervista all’Express il 23 gennaio 1961. Il medesimo concetto che ripetono oggi molti cattolici nordamericani i quali, secondo un esplosivo sondaggio che monsignor David O’Connell, arcivescovo di Trenton in New Jersey, ha affidato al gesuita William J. Byron, docente di Affari e finanza alla Saint Joseph University di Filadelfia e a Charles Zech, docente di Economia e direttore del Centro studi per il management ecclesiale alla Villanova University della Pennsylvania, hanno deciso negli ultimi mesi di dire addio alla chiesa. “Siamo cattolici – spiegano – ma non ci riconosciamo più nell’istituzione, nella chiesa in quanto tale. Per questo non pratichiamo più”. Lo scopo del sondaggio è uno. Chiedere ai cattolici che hanno lasciato perché l’hanno fatto. Le risposte, rilanciate dalla rivista progressista cattolica America, il magazine del quale fu direttore padre Thomas Reese, il teologo gesuita ribelle che il Vaticano costrinse qualche anno fa a dimettersi per le posizioni troppo liberal sui matrimoni gay, hanno fatto scalpore perché entrano a gamba tesa in quello che è il cuore dei problemi del cattolicesimo oggi, e cioè il rapporto in crescente tensione tra la dottrina tradizionale e le domande della contemporaneità. America ha più volte sostenuto che la rigidità di Roma, le regole che il Vaticano impone ai fedeli sono “il” problema della fuga dei cattolici dalla Chiesa. Una teoria aspramente contestata non soltanto dal Vaticano, ma anche dalle principali gerarchie statunitensi. Una teoria, però, che il sondaggio “O’Connell” viene in qualche modo ad avallare. “Se faccio una domanda a un sacerdote ottengo in risposta una regola da seguire. Mai nessuno che mi dica: ‘Sediamoci e parliamo’”, è la dichiarazione più gettonata che, con parole diverse, i cattolici “fuoriusciti” hanno rilasciato. Una risposta “molto interessante”, sostiene O’Connell commentando il sondaggio. Dice: “Quando sono diventato vescovo di Trenton, nel dicembre del 2010, ho appurato che soltanto il 25% della nostra popolazione che si dice cattolica assiste alla Messa domenicale regolarmente. Questa percentuale si è ulteriormente ridotta nell’ottobre del 2011. Il dato mi ha molto preoccupato e così ho chiesto di investigare. Sapere perché lasciano, “Why they left” è il titolo del sondaggio stesso, può essere utile per prevenire l’emorragia”. E ancora: “Certo, noi non siamo un’azienda. Le aziende quando perdono clienti studiano strategie per cambiare il trend negativo e non c’è scritto da nessuna parte che anche noi dobbiamo arrivare fino questo punto. Ma almeno conoscere il motivo della fuga è un’operazione che possiamo fare e che può rivelarsi utile”. La cosa sorprendente, sostiene il gesuita Byron, è che la stragrande maggioranza dei cattolici che hanno lasciato la Chiesa “si dicono ancora cattolici”. “Dicono di essere cattolici seppure separati dalla gerarchia, seppure non si riconoscono più dipendenti dalla struttura ecclesiastica”. Seppure non più praticanti, insomma. Dice America che c’entra poco con la fuga il relativamente recente scandalo della pedofilia nel clero. Il malessere per l’abito ecclesiale macchiato dagli abusi sessuali commessi su minori c’è, sostiene il sondaggio, ma il problema è più profondo. I cattolici in fuga non sanno più riconoscersi nei dettami della Chiesa sui temi più importanti: ciò che, insomma, la Chiesa sostiene rispetto alla morale sessuale, alla vita coniugale, alle coppie di fatto, agli omosessuali e al matrimonio omosessuale, al divorzio e ai divorziati risposati, fino al celibato ecclesiastico e all’ordinazione sacerdotale femminile. I fronti aperti tra cattolici (fuoriusciti o ancora praticanti che siano) e gerarchie sono negli Stati Uniti molteplici e, a tratti, caratterizzati da non poca asprezza. “In primo luogo – scrive il gesuita Raymond A. Schroth su un’altra rivista altrettanto importante e prestigiosa nel panorama del cattolicesimo progressista americano, il National Catholic Reporter – abbiamo il duro rimprovero mosso da Roma nei confronti delle donne religiose americane. Per il clero maschile, che continua a pagare per lo scandalo ancora non risolto degli abusi sessuali, le religiose non possono sostanzialmente più essere membri rispettati nella Chiesa perché, a loro dire, avrebbero posizioni troppo liberal”. Raymond cita un editoriale del quotidiano Star Ledger del New Jersey, esemplificativo di tutto: “Non si tratta di fede. Si tratta di dogmi e si tratta di politica. Il problema è che le suore americane sono diventate troppo buone. Sanno amministrare le scuole, gli ospedali, gli enti di beneficenza. Sanno accogliere le persone lasciate ai margini della società, coloro che sono discriminati. E sanno anche riconoscere la gerarchia della chiesa per quello che è: tristemente fuori dal mondo. Ma non reagiscono. Soltanto subiscono”. In fondo, si tratta della medesima accusa che i principali giornali laici del paese, New York Times in testa, muovono alle gerarchie non soltanto in merito al commissariamento delle suore e, ma di più, intorno a tutte quelle tematiche che portano molti fedeli a lasciare, a distaccarsi dalla Chiesa pur continuando a dichiararsi cattolici. Per la celebre columnist di formazione cattolica e di origini irlandesi Maureen Dowd, ad esempio, il commissariamento conferma che il Vaticano, “e gli uomini medievali che lo gestiscono”, altro non vuole che “imbavagliare le suore”. Ma, si chiede, “come può il Vaticano sentirsi più offeso dalle suore che appassionatamente lavorano per i poveri piuttosto che dai sacerdoti pedofili?”. Per la Dowd, “è ormai divenuta un’abitudine quella della Santa Sede di andare contro le donne, loro che sono il cuore e l’anima di parrocchie, scuole e ospedali”. E ancora: “I dirigenti della Chiesa si comportano come adolescenti, accecati dal sesso”. Insomma, come scrive lo Star Ledger, “sono fuori dal mondo”. Una teoria che ha fatto sostanzialmente sua ancora il magazine America che attraverso la penna del gesuita James Martin scrive che “le religiose cattoliche mi insegnano cosa significhi perseverare nel ministero senza il beneficio del potere istituzionale”. Anche il settimanale britannico The Tablet è sceso in campo in difesa delle suore, un modo per difendere la base dalla cosiddetta arroganza del centralismo romano. E con una certa spregiudicatezza ha individuato nel vescovo William Lori di Bridgeport (Connecticut) e nel card. Bernard Law, ex arcivescovo di Boston dimessosi nel 2002 per le accuse di insabbiamento di abusi sessuali compiuti da sacerdoti della sua diocesi su minori, gli ispiratori di questa linea dura del Vaticano contro le religiose. Una linea però, condivisa dalla maggioranza dei vescovi americani, Robert Lynch a parte. Il vescovo di Saint Petersburg (Florida), Lynch appunto, è stato uno dei pochi presuli che ha avuto il coraggio di dare voce alle perplessità che lui dice siano diffuse in merito alla decisione vaticana. Non è questa, ha detto, la Chiesa che sa stare vicina alla gente. La realtà è una ed è impietosa: per molti cattolici oggi i vescovi sono “out” rispetto ai loro problemi. Così dice anche il sondaggio “O’Connell”. Le suore americane vengono commissariate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede perché non in linea con la dottrina cattolica? Per molti fedeli a sbagliare è il Vaticano non le suore: “I tempi cambiamo, la Chiesa dovrebbe adeguarsi. E invece non lo fa. Dall’alto, dai giardini dorati d’oltre Tevere, impone i propri dettami” dicono. Mentre il sondaggio veniva rilanciato da America, il vescovo Daniel R. Jenky, di Peoria (diocesi suffraganea della più grande Chicago) convocava i cattolici nella cattedrale e sostanzialmente li invitava a non votare per Obama. “La storia occidentale è la storia di una continua persecuzione contro la Chiesa Cattolica”, ha detto, una persecuzione che oggi si ripete in tanti modi, anche grazie “alla radicale agenda pro aborto del nostro presidente Barack Obama”. E ancora: “Quei cattolici che si rifiutano di votare come dicono i vescovi sono tutti dei Giuda Iscariota”. Né più né meno: dei “Giuda Iscariota”. Parole durissime che il National Catholic Reporter non lascia passare inosservate: “Sono queste condanne – scrive la rivista – che testimoniano la distanza delle gerarchie dalla base, e che giustificano in qualche misura la fuga dei fedeli”. “Cosa direbbe al vescovo se poteste parlargli vis-à-vis?”, hanno chiesto Byron e Zech ai propri intervistati nel sondaggio commissionato loro dal vescovo O’Connell. Risposta: “Diremmo di non condannare i gay, ma accoglierli come figli di Dio, di riconoscere la parità delle donne, di avere una visione meno chiusa sul divorzio, di rinnovare la mentalità arcaica per diventare una religione aperta alla società” e ancora “di far sì che la Messa non diventi fonte di umiliazione per quanti non possono accostarsi alla comunione”. Insomma, il tema di fondo è uno: il rinnovamento, la spinta perché la Chiesa muti se stessa dall’interno delle proprie convinzioni e conquiste. Quello stesso rinnovamento che Benedetto XVI il 22 dicembre del 2005 ha chiesto alla Chiesa nel discorso rivolto alla Curia romana nel quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio. Occorre un “rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-chiesa”, ha detto il Papa. E ancora: “E’ un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del popolo di Dio in cammino”. Per il Papa, è evidente, il rinnovamento non può tradire la dottrina della Chiesa, ma un rinnovamento è comunque necessario. Per i “fuoriusciti” statunitensi, invece, riforma può anche essere rottura, purché riforma sia. E’ qui, su questo rapporto non ancora risolto tra passato e presente, tra tradizione e riforma che il cattolicesimo di oggi gioca la propria sfida più delicata e decisiva. Le nuove leve dell’episcopato statunitense sono prevalentemente di stampo conservatore. Non solo Charles J. Chaput, arcivescovo di Filadelfia, ma anche José H. Gómez, arcivescovo di Los Angeles. Anche Timothy Dolan (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di New York e capo dei vescovi statunitensi, non è certo ascrivibile al filone progressista. Deve l’elezione alla guida dell’episcopato a Chaput che durante l’assemblea dei vescovi incaricata dell’elezione dirottò i propri voti su di lui. Presule prestigioso, energico e combattivo, non lascia passare più di una settimana senza aver polemizzato con l’amministrazione Obama, l’ultima durissima uscita è sulle nozze gay. Per queste sue posizioni che sovente il New York Times definisce “integraliste” guadagna non poche critiche. Eppure, per molti, è lui l’astro nascente, la stella che nonostante la terra d’origine (può essere ipotizzabile un futuro Pontefice proveniente dal paese ancora oggi leader mondiale?) molti vedono capace di dire la sua nel prossimo pur lontano conclave. Dolan ha il sostegno del Vaticano, o almeno di una parte di esso. Ma, si domandano in molti: può essere lui il faro a cui i cattolici scontenti delle gerarchie possono guardare di qui in avanti? Non è un mistero per nessuno che oltre il Tevere un presule statunitense di linea meno dura sia l’arcivescovo Joseph Tobin, segretario dei Religiosi. Redentorista, ha cercato di far valere oltre il Tevere le ragioni delle suore del suo paese. Non ci è riuscito, tanto che l’inchiesta di linea soft sulle suore che la sua Congregazione aveva avviato un paio di anni fa è stata di fatto chiusa per lasciar spazio all’inchiesta ben più invasiva promossa dalla Congregazione della Dottrina della Fede del quasi dimissionario, entro fine giugno dovrebbe lasciare, prefetto statunitense William Joseph Levada. Vaticano a parte, il sondaggio “O’Connell” dice di un cattolicesimo, quello statunitense, variegato e anche in sofferenza. Ancora sul New York Times è Ross Douthat a confermare la cosa. Dice: “Siamo una nazione di eretici in cui la maggior parte delle persone si considera cristiana, rivendicando, però, solo quella parte dottrinaria che considera più congeniale. Nessuno, inoltre, può realmente affermare in cosa consista e come possa essere definita la fede cristiana”. A conti fatti un dato sembra certo: tra i fedeli contrari alle gerarchie e le gerarchie stesse la distanza appare incolmabile. E così è anche negli altri paesi dove fedeli e preti insieme chiamano alla battaglia del dissenso contro il centralismo romano: Austria, Germania, Belgio, Irlanda, Svizzera. Dice ancora Douthat: “La Chiesa Cattolica statunitense è rimasta divisa al suo interno tra le fazioni liberal e conservatrice, distanti anni luce tra loro, un po’ come Rush Limbaugh e Bill Maher”. Di certo c’è un fatto. I vescovi americani, soprattutto le nuove leve, non sono arrivati nelle rispettive diocesi dalle nuvole, sono piuttosto stati scelti dal Papa. E’ stato lui a volere una certa linea. Lui che, in pochi l’hanno notato, ricevendo il 5 maggio scorso proprio un gruppo di vescovi americani, ha ricordato la necessità della fedeltà alla dottrina. Fedeltà in tutti i campi, anche e soprattutto in quello dell’insegnamento. Chi insegna discipline teologiche nelle scuole e università cattoliche deve avere il mandato dell’autorità ecclesiastica, anche per evitare la “confusione” e i “danni” che nascono quando emergono “istanze di apparente dissenso” tra chi sostiene certe posizioni e la guida pastorale della Chiesa. Il richiamo del Papa agli istituti cattolici affinché “riaffermino la loro identità” è un richiamo più vasto a tutto il mondo cattolico statunitense. E’ giusto, anche per lui, domandarsi perché i fedeli fuggano, ma è anche giusto, per lui senz’altro doveroso, rispondere senza tradire la propria identità.

Paolo Rodari, Il Foglio