martedì 24 aprile 2012

VII anniversario dell'Elezione di Benedetto XVI. Vallini: incoraggiato dalla sua testimonianza, dalla sua bontà e fiducia. Dio lo conservi a lungo

“Cura, impegno e passione per l’evangelizzazione”. È questo il “filo rosso” che accompagna tutto il Magistero di Benedetto XVI secondo il cardinale vicario, Agostino Vallini (foto), intervistato nel nuovo programma radiofonico "Ecclesia in Urbe", curato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma, in onda ogni giovedì sulla Radio Vaticana. In occasione del settimo anniversario di Pontificato del Santo Padre, celebrato lo scorso 19 aprile, e dell’inizio del Ministero Petrino, di cui oggi ricorre l’anniversario, il vicario di Sua Santità si è soffermato, in particolare, sulla “cura pastorale” che il Papa ha avuto a cuore, in questi anni, per la sua diocesi. Se “Giovanni Paolo II è passato alla storia come il Papa della nuova evangelizzazione, Papa Benedetto non è da meno” ha affermato il card. Vallini. Benedetto XVI, infatti, “ci richiama costantemente a questo impegno, invitandoci anche a una riflessione più profonda, pensando alle ragioni culturali dell’allontanamento di tanta gente dalla fede e dalla vita cristiana” ha soggiunto. Basti pensare, ha proseguito il porporato, a “quando il Papa ebbe a dire che il grande pericolo del nostro tempo è che la fede si spenga nel cuore di tanta gente”; un’espressione molto forte “per indicare quanto è urgente predicare il vangelo”. “Questo certamente è a fondamento di tutto il magistero” ha affermato, spiegando che senza l’annuncio del vangelo, senza suscitare la fede, “tutto il resto perde di valore”. Alla richiesta, poi, di esprimere un suo pensiero nei confronti del proprio vescovo, allo stesso tempo pastore della Chiesa universale, il card. Vallini ha sottolineato una “grande attrazione da parte del popolo verso il Papa”, che emerge soprattutto nelle visite pastorali alle parrocchie, agli ospedali o, recentemente, al carcere di Rebibbia.La gente, avvicinandosi al Pontefice, ha osservato infatti, nota sempre più “quella tenerezza, quella delicatezza, quell’affetto paterno che forse talvolta non viene colto nella lontananza della relazione”. Caratteristiche che il cardinale conosce molto bene, visto il suo ministero “bellissimo ma anche molto impegnativo” continuamente al fianco del Santo Padre. “Un grande onore – ha dichiarato in proposito – incoraggiato dalla sua testimonianza, dalla sua bontà e dalla sua fiducia nei miei confronti, manifestata in tante occasioni, che sono certamente un grande aiuto e una grande forza”. Al termine dell’intervista, il cardinale vicario ha poi espresso un personale augurio per i sette anni di Pontificato di Benedetto XVI, a nome dell’intera Chiesa di Roma e di tutto il popolo di Dio: ovvero l’auspicio “che il Signore conservi a lungo il Papa, con la sicurezza di ricevere da Lui una guida spirituale, pastorale, umana, che costituisce e arricchisce un patrimonio di cui non possiamo fare a meno”.

Zenit

Lettera del Papa ai vescovi tedeschi sulla traduzione di 'pro multis': rimanda alla fedeltà del linguaggio di Gesù, non è modificabile arbitrariamente

Il Papa ha inviato una lettera di cinque cartelle ai vescovi tedeschi per dirimere una annosa diatriba linguistica nata con la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e la connessa traduzione in lingue volgari dei Vangeli. La missiva, firmata da Benedetto XVI il 14 aprile e diffusa oggi dalla Conferenza Episcopale tedesca, si riferisce alla traduzione, teologicamente densa di implicazioni, delle parole pronunciate da Gesù nell'Ultima Cena. Il proprio sacrificio "pro multis", in latino, è stato tradotto in tedesco "fuer alle" (per tutti) e non, più letteralmente, "fuer viele" (per molti). In vista della prossima pubblicazione nel mondo germanofono della nuova traduzione dell'innario (Gotteslob), il Papa, da sempre molto attento alle questioni liturgiche e alla corretta interpretazione del Concilio Vaticano II, sottolinea che questa traduzione "è un'interpretazione" coerente con i "principi che hanno guidato la traduzione in lingua moderne dei libri liturgici". Per Papa Ratzinger, però, oltre una "certa misura" la traduzione interpretativa non è giustificata per le Sacre Scritture e ha portato, in alcuni casi, a "banalizzazioni" che hanno significato "autentiche perdite". "Anche personalmente mi è divenuto sempre più chiaro che il principio della corrispondenza non letterale ma strutturale come linea-guida nella traduzione ha i suoi limiti", spiega il Papa, che sottolinea: "Poiché devo pregare le preghiere liturgiche in diverse lingue, mi accorgo che tra le diverse traduzioni a volte è difficile trovare ciò che le accomuna e che il testo originale è spesso riconoscibile solo da lontano". Come è suo solito, nella lettera ai vescovi tedeschi Papa Ratzinger anticipa le possibili obiezioni degli interlocutori: "Cristo non è morto per tutti? La Chiesa ha cambiato il suo insegnamento? E' capace di farlo e può farlo? Si tratta di una reazione che vuole distruggere l'eredità del Concilio?". La risposta è negativa. Richiamando l'istruzione vaticana "Liturgiam authenticam" del 2001, il Papa spiega che la fedeltà dei testi liturgici contemporanei al "pro multis", per molti, dei Vangeli di Matteo e Marco (mentre nei racconti di Luca e Paolo Gesù si rivolge direttamente ai discepoli che il suo sacrificio è "per voi") rimanda alla fedeltà del linguaggio di Gesù al capitolo 53 del libro biblico di Isaia. E non è modificabile arbitrariamente.

TMNews

Lettera al presidente della Conferenza Episcopale tedesca (14 aprile 2012)

Domenica Benedetto XVI celebrerà la Messa nella Basilica Vaticana e conferirà l'Ordinazione presbiterale ad alcuni diaconi della diocesi di Roma

Domenica prossima, IV Domenica di Pasqua e 49° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, alle 9.00 il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa nella Basilica Vaticana e conferirà l’Ordinazione presbiterale ad alcuni diaconi della diocesi di Roma. Lo rende noto l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Pontefice. Con il Papa concelebreranno il cardinale vicario per Roma Agostino Vallini, i vescovi ausiliari, i superiori dei seminari interessati e i parroci degli ordinandi.

TMNews

Domani a Hunan, in Cina, nuova ordinazione episcopale con l'approvazione del Papa. Il fattore dei vescovi che hanno preso parte ad atti illegittimi

Per la seconda volta durante l'anno, sarà ordinato un vescovo per la Chiesa Cattolica in Cina con l'approvazione di Papa Benedetto XVI e delle autorità cinesi. Prosegue così il miglioramento delle relazioni sino-vaticane rispetto ai rapporti dei sei mesi precedenti, anche se i problemi non sono del tutto assenti. Padre Methodius Qu Ailin sarà ordinato vescovo della diocesi di Hunan domani. La cerimonia avrà luogo nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione della città di Changsha, la capitale della provincia di Hunan. La provincia si trova nella valle del fiume Yangtze, a sud del lago Dongting (il nome Hunan significa “a sud del lago”) e il suo centro è situato a 1000 km da Shanghai, 1200 km da Pechino e 500 km da Guangzhou. Il prete 51enne fu eletto il 19 dicembre 2011 durante l’elezione democratica imposta dalle autorità cinesi per la scelta dei vescovi. Nella votazione, egli ottenne 54 voti su 55. Il vescovo di Pechino Joseph Li Shan presiederà alla cerimonia di ordinazione, hanno riferito le fonti a UCA News. All’evento parteciperanno anche altri vescovi in piena comunione con il Papa. La presenza del vescovo Li Shan rappresenta un difficile fattore di agitazione, dal momento che egli ha già infranto due volte la Legge Canonica partecipando a due ordinazioni illegittime, ossia consacrazioni di candidati vescovi che non hanno ricevuto l’approvazione del Papa. Egli deve ancora formalmente richiedere e ottenere il perdono di Papa Benedetto XVI per aver danneggiato l’unità della Chiesa Cattolica cinese. Il candidato vescovo Qu nacque nel 1961 e fu ordinato prete a Hengyang nel 1995. Al momento è vicedirettore dell’Associazione Patriottica Cattolica della provincia di Hunan, organizzazione non riconosciuta dalla Santa Sede. Inoltre, egli è membro della Conferenza Politica Consultiva della città di Hengyang, ha riferito UCA News. Come altre 40 diocesi circa, la diocesi di Hunan, che conta 65.000 cattolici e una ventina di preti, è stata senza vescovo sin dalla morte del vescovo Simon Qu Tianxi nel 2000. Secondo l’Annuario Pontificio, in origine erano presenti quattro diocesi e cinque prelature apostoliche nella provincia di Hunan, che registra una popolazione di 64 milioni di abitanti. Tuttavia, le entità legittimate dallo Stato istituite dalle autorità comuniste negli anni cinquanta per controllare la Chiesa Cattolica cinese, riorganizzarono i confini della diocesi della provincia nel 1991, e poi nuovamente nel 1999, unendo tutti questi territori ecclesiastici sotto un'unica diocesi, Hunan. Poiché questa riorganizzazione non ha ancora ottenuto l’approvazione della Santa Sede, il nuovo vescovo sarà ufficialmente riconosciuto a Roma come “il vescovo di Changsha”. L’ordinazione di Hunan avverrà durante l’incontro plenario annuale (23-25 aprile) della Commissione papale per la Chiesa in Cina, in Vaticano. La Commissione, istituita da Papa Benedetto nel 2007, riunisce i funzionari vaticani anziani e i vescovi cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan e i rappresentanti degli ordini religiosi particolarmente rilevanti in Cina. All’incontro non è presente nessun rappresentante proveniente dalla Cina continentale. Mentre l'interesse principale di quest'anno riguarda la formazione dei cattolici laici nella Chiesa continentale, è probabile che durante l’incontro si discuteranno altre questioni, tra cui l’ordinazione dei vescovi in Cina e il fattore disgregante per l’unità della Chiesa costituito dall’unione di prelati in comunione con il Papa e di altri che hanno infranto la Legge Canonica partecipando all’ordinazione di candidati vescovi senza l’approvazione del Papa. Benedetto XVI, che ha osservato gli sviluppi in Cina sin dalla sua Elezione, parteciperà ad alcune fasi dell’incontro. Si suppone che subito dopo il Vaticano diffonderà una dichiarazione.

Gerard O'Connell, Vatican Insider

VII anniversario dell'Elezione di Benedetto XVI. Papa Ratzinger visto dai giornalisti: intellettuale gentile e umile che ha imparato a farsi amare

Da una diffidenza iniziale a un grande interesse. Benedetto XVI è un Papa che ha migliorato notevolmente la sua immagine. Da una figura mediatica iniziale di Panzer-Kardinal, di "rottweiller della fede", alla realtà di oggi: un intellettuale gentile e umile che ha imparato a muoversi tra la gente è che si è fatto amare. Un riformatore che non ha mai perso di vista il suo scopo: quello di annunciare Cristo al mondo e avvicinare tutti alla Chiesa. Un Papa che ha affrontato in prima linea e senza nascondersi i problemi veri come quello degli abusi sessuali facendosi così molti nemici. Questa è l'immagine che viene a galla nelle conversazioni che Zenit ha avuto con molti dei corrispondenti e vaticanisti che seguono il Pontificato di Benedetto XVI, sebben alcuni ritengano che la difficoltà di comunicare ancora persiste.
Giovanna Chirri, vaticanista dell'Ansa: "Questo Papa è un teologo che è diventato un riformatore ma non ha mai perso di vista il suo scopo: quello di annunciare Cristo al mondo. Si è trovato con un sacco di grane, basti pensare sulla pedofilia e la riforma finanziaria ma è sempre intervenuto con decisione. Non sono mancate fughe di notizie e su questo è intervenuto in quello che poteva intervenire. In tutta la predicazione di questi ultimi giorni e nella Settimana Santa, mi sembra evidente che il suo scopo principale è diffondere la fede e fare in modo che il mondo sia
capace di annunciare Cristo".
Frédéric Mounier, inviato permanente del quotidiano francese La Croix a Roma: "Ho scoperto qui a Roma una realtà su Benedetto diversa da quella che è la sua immagine in Francia. Questo Papa non è il Panzer-Kardinal, ma un intellettuale umile, molto attento ad ascoltare la gente. Temo però che la sua posizione non sia ben ascoltata oggi perché è fuori delle regole abituale della comunicazione mediatica, poiché parla in profondità ed è un intellettuale. Lui si prende il tempo di pensare, non si basa sulle emozioni. Quindi il suo pensiero è molto interessante ma lontano della capacità di ascolto della gente. Credo sia una grande sfida per il suo Pontificato.
Salvatore Izzo, vaticanista dell'agenzia Agi: "Benedetto XVI sta acquisendo una figura paterna che prima non aveva. E' come nel caso di una persona che non ha figli e abita in un condominio dove le danno fastidio tutti i rumori. Poi con il tempo arrivano i figli e le cose cambiano. Sta facendo un grande sforzo per avvicinare tutti alla Chiesa, non solo i tradizionalisti ma anche altri movimenti più innovatori. Potrebbe sembrare il contrario ma è proprio così".
Juan Lara, dell'agenzia spagnola EFE: "Io ho sempre più o meno avuto la stessa percezione su Benedetto XVI perché ho sempre seguito il Vaticano, ma indubbiamente c'è stato un cambiamento. Nel senso che all'inizio lo si vedeva come una persona troppo seria, ortodossa, conservatrice. Ma con i fatti ha dimostrato di essere una persona amabile, che ha impostato un magistero sociale piuttosto avanzato. Un fatto significativo è venuto a galla durante il suo Pontificato: i casi degli abusi sessuali, la pedofilia. Il Papa ha affrontato il caso, mettendosi anche molta gente contro ma non se ne è curato pur di fare pulizia, e questo è significativo. E' stato uno scandalo che lui ha affrontato in prima linea".

Elisabetta Piqué, corrispondente in Italia del quotidiano argentino La Nación: "Benedetto XVI senza avere quel carisma di Giovanni Paolo II è riuscito a sciogliersi un po' in pubblico, prima non osava toccare nessuno, ora invece per esempio prende i bimbi in braccio e li bacia. Credo abbia imparato a gestirsi dinanzi le masse. Ha imparato a farsi amare in qualsiasi parte dove vada, penso ad esempio all'ultimo viaggio apostolico: sono stata a Cuba, dove quasi nessuno va in chiesa è qui si è fatto voler bene, per non parlare del Messico. Quando è salito al Soglio Pontificio c'era questa immagine mediatica del 'rottweiller', dell'inquisitore. Invece ha dimostrato di essere un Papa con una personalità molto amabile e allo stesso tempo un intellettuale ma molto umile. Ogni volta che si è verificato un errore nella comunicazione lui lo ha sempre riconosciuto".
Andres Beltramo, vaticanista dell'agenzia messicana Notimex: "Credo che lui sia cambiato ma anche la percezione che la gente ha su di lui è cambiata. Iniziando dal fatto che lui è andato in diversi Paesi e ciò ha accelerato questo cambio di percezione. Nell'ultimo viaggio apostolico, ad esempio, all'inizio non lo conoscevano. Particolarmente perché - per così dire - rimaneva all'ombra di Giovanni Paolo II e c'era un grande interrogativo sulla sua persona. Invece quando lo hanno conosciuto personalmente c'è stato un cambio di atteggiamento. Qui i mezzi di comunicazione hanno parlato di lui, forse lo hanno anche criticato o riflettuto sull'entusiasmo popolare, ma è un fatto temporaneo. Invece attecchisce quando le persone lo hanno potuto vedere e quindi rimangono con una percezione diversa da quanto raccontano i mezzi di comunicazione".
Alessando Speciale, corrispondente vaticano di UCA News, Religion news service e Vatican Insider: "Benedetto XVI si è trovato davanti a una sfida, a una crisi, non su ciò che lui avrebbe immaginato di costruire il suo Pontificato. Parlo della pedofilia e gli abusi sessuali e lui, davanti a questa crisi, ha saputo dare un tono di risposta all'altezza delle circostanze, cosa che forse molti uomini all'interno della Chiesa non avrebbero saputo dare, probabilmente rispondendo in modo istintivo: 'il mondo attacca la Chiesa'. Invece questo Papa si è reso conto che era un male che stava dentro la Chiesa e quindi andava estirpato. Forse lui non avrebbe voluto che il suo Pontificato fosse centrato su questo tema e magari non lo pensa, ma agli occhi del mondo questa è la cosa che ha marcato il suo Pontificato. Una sfida che non si aspettava ma alla quale ha risposto in modo adeguato".


H. Sergio Mora, Zenit

Domani all'Udienza generale il Papa incontrerà 700 genitori di vittime di incidenti stradali, da tutta Italia per avere conforto ma anche giustizia

Saranno in settecento davanti a Benedetto XVI, domani, in Sala Nervi. L'udienza riservata ai gruppi vedrà un interlocutore speciale per il Papa. Sono mamme e papà che hanno perso un figlio o una figlia in un incidente stradale. E per loro, solo per loro, la presenza del Papa durerà più a lungo: in via eccezionale si fermerà in aula altri 40 minuti. Arrivano da tutta Italia e vanno a portare al Santo Padre la loro infelicità, a chiedere conforto e speranza. E anche a invocare giustizia, perchè la legislazione italiana prevede per i killer della strada solo il reato di omicidio colposo. Troppo poco per chi ha perso un congiunto, troppo poco se chi guidava era preda dei fumi dell'alcool o della droga o stava facendo, per azzardo, qualche folle corsa. A radunare i settecento è stato un annuncio, su Facebook, di Croce Castiglia, detta Cettina, cinquantenne di Burago. E' la mamma di Matteo La Nasa, morto nel novembre scorso dopo 16 mesi di coma, prima profondo e poi vigile. Lui, proprio, con l'incidente che lo ha menomato e poi ucciso non c'entrava proprio nulla. Era seduto a un tavolino del bar e stava bevendo e chiacchierando con la fidanzata e i genitori di lei, quando un'auto, guidata da un coetaneo gli è piombata addosso da un tornante, schiacciandolo. Quel giovane che era al volante stava probabilmente facendo una gara, e la velocità lo ha tradito. Mamma Cettina ha detto subito che non voleva vendetta, ma giustizia: e lo ha manifestato subito al processo, ancora in corso, davanti al giudice di pace. Sì proprio quello da cui si va per contestare le multe e risolvere le liti condominiali: lei ha portato il figlio in carrozzina per fare vedere a tutti la gravità del male che lo aveva colpito e la sproporzione tra quel che a lui era successo e la possibile pena che sarebbe stata comminata all'autore del disastro. Una vita spezzata, una famiglia nel dolore e poi nel lutto trattate come quattro parolacce urlate al balcone perchè l'inquilino di sopra sporca la biancheria stesa innaffiando i fiori. Inaccettabile. "Oggi, martedì 24 aprile, sono già a Roma - dice Cettina -. Avrò un'intervista negli studi di Canale 5, alle 17.00. Domani ci troviamo alle 10.00 al colonnato di Piazza San Pietro e andiamo tutti all'udienza. Ci accompagna mons. Serafino Spreafico, frate cappuccino e vescovo emerito della diocesi di Grajaú", in Brasile. Da quattro mesi la donna sta organizzando l'iniziativa. Insieme a Saverio, il marito, e alle due figlie. Anche loro saranno a Roma. "E dopo l'udienza dal Papa - annuncia Cettina - ci spostiamo in una vicina piazza per manifestare contro Marco Pannella e la sua proposta di fare uscire dal carcere i delinquenti, tranne gli ergastolani. Non è giusto: chi ha sbagliato deve pagare. Io difendo la vita, e con me ci saranno altre associazioni: le Vittime della strada, il Centro aiuto alla vita, ad esempio, per dire alto e forte che la vita è preziosa, di ciascuno e di tutti. Pannella per me è un portatore di morte: lo è stato promuovendo il divorzio, la liberalizzazione delle droghe e l'aborto. Non si può tacere".

Antonello Sanvito, Il Cittadinomb.it

Il Papa ad Arezzo e Sansepolcro. Gli scout tra i 200 volontari per la visita. Il capo responsabile dei rapporti e della gestione del volontariato

Per la visita pastorale di Papa Benedetto XVI ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro anche il mondo del volontariato giocherà un ruolo di primaria importanza e, tra coloro coinvolti nell'organizzazione dell'evento, ci saranno anche gli scout dell'Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani). Ai ragazzi e ai capi scout della zona di Arezzo la diocesi ha affidato alcuni importanti compiti necessari per il corretto svolgimento dell'intera giornata; tra questi, spicca l'incarico assegnato a Leonardo Nocentini, capo dell'Arezzo 2 (il gruppo di piazza Giotto), a cui il vescovo ha delegato i rapporti e la gestione del volontariato. "Questo incarico mi ha fatto piacere ma, al tempo stesso, quando mi è stato assegnato, mi ha molto spaventato - rivela Nocentini. - Mi è stata affidata un'importante responsabilità, con la gestione di oltre 200 volontari e con gran parte dell'organizzazione del servizio d'ordine. Fin dal primo momento l'idea di fare un servizio per il Papa mi ha affascinato perché mi offrirà la splendida occasione di essere utile alla diocesi e di vivere da vicino un'esperienza impagabile. Mi sono avvicinato a questa opportunità con gioia, con disponibilità e con lo spirito di umile servitore". Al mondo dei volontari, tra cui rientrano anche gli scout, sono stati affidati affidati principalmente tre incarichi: il presidio dei punti di accoglienza dei fedeli (nei vari parcheggi cittadini, alla stazione…); il controllo all'accesso al Prato e l'accoglienza dei pellegrini, dei gruppi parrocchiali, delle personalità, dei sacerdoti, dei vescovi, dei cardinali e di chiunque dovrà accedere all'area della Santa Messa; l'accompagnamento dei disabili e delle categorie protette. "I 200 volontari, rigorosamente tutti maggiorenni, ovviamente non saranno solo scout ma arriveranno anche da altre realtà - conclude Leonardo. - Sto dedicando molto impegno e attenzione all'organizzazione di questo evento: ovviamente ai volontari non sono stati affidati grandi compiti ma operazioni di dettaglio che sono comunque importanti per garantire un buon svolgimento della visita del Santo Padre".

ArezzoWeb.it

Il sediario pontificio Massimo Sansolini racconta in un libro i commoventi incontri di Benedetto XVI con i sofferenti: l'amore del Papa non ha limiti

Al termine di ogni Udienza generale, Benedetto XVI saluta uno ad uno, con grande tenerezza, i malati presenti nelle prime file. Ad assisterli mentre attendono una carezza del Pontefice ci sono i "sediari", gli uomini cioè che fino a 34 anni fa erano addetti a portare i Pontefici sulla sedia gestatoria e che ancora oggi gli sono accanto nelle occasioni pubbliche. Uno di questi, Massimo Sansolini, che aveva dedicato un libro agli incontri tra Giovanni Paolo II e i sofferenti, si è deciso a fare lo stesso con Papa Ratzinger. Nel nuovo libro, intitolato "Io sediario pontificio" e edito dalla Libreria Editrice Vaticana, ci sono raccontati diversi episodi toccanti, tra i quali uno colpisce molto: è la storia di un giovane focomelico presente in Piazza San Pietro al raduno dei giovani ministranti, che vorrebbe avvicinarsi alla Jeep del Papa. Sansolini se ne accorge e invece di allontanarlo lo solleva affinchè Benedetto XVI, che vedendo i malati spesso "si sporge notevolmente e tende le mani", possa abbracciarlo. "D'urgenza - è il racconto del sediario - chiedo l'autorizzazione ad agire al Reggente della Casa Pontificia, quindi mi avvicino di sorpresa al giovane dicendo di togliersi il cappello, lo invito ad alzarsi e sostenendolo per gli avambracci lo dirigo verso l'auto del Papa, che sopraggiunge in quel momento. Il Pontefice lo carezza sui capelli. Il giovane gli tende le braccia che il Papa stringe teneramente. Pochi attimi meravigliosi che in una giovane esistenza vivranno negli anni: quando qualcuno avesse commentato il perchè degli arti mancanti avrebbe potuto rispondere che una tale realtà gli aveva permesso di incontrare il Vicario di Cristo". "L'amore del Papa non ha limiti", testimonia Sansolini che con discrezione descrive gesti, parole e sguardi che Joseph Ratzinger regala ai sofferenti che incontra ogni settimana. Fermandosi davanti ad ognuno, scrive il sediario, "sempre, e mi piace sottolineare sempre, il Pontefice lo benedice e lo bacia". "Umanamente - aggiunge - ricorderò che talvolta l'affezione si presenta in modo poco accettabile alla vista: cisti, ecchimosi, lineamenti del viso irrimediabilmente alterati". Ma nulla di tutto questo scoraggia Papa Ratzinger. "Ogni singolo incontro dei due Papi con i sofferenti - confida il sediario - mi vive nell'animo e cerco di esporlo non nella sua drammaticità, che pure esiste, ma nella sua dimensione di amore e di amore cristiano".

Agi

Diventate legge le nuove norme sulla trasparenza finanziara del Vaticano. Dibattito sui poteri dell’Autorità di vigilanza presieduta dal card. Nicora

Il decreto d’urgenza numero 159 contenente le nuove norme antiriciclaggio pubblicato lo scorso 25 gennaio è già stato confermato dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano il 2 aprile scorso, ed è dunque già divenuto legge ordinaria. Oggi, il giorno che precede la scadenza dei 90 giorni dall’entrata in vigore (dopo i quali, in caso di mancata conferma, sarebbe decaduto), verrà pubblicato ufficialmente. Da quanto si apprende, il testo, che Vatican Insider aveva pubblicato integralmente, non avrebbe subito modifiche significative rispetto alla versione di gennaio. Con questa iniziativa il Vaticano, il cui adeguamento alle normative internazionali viene vagliato in questo periodo dagli esperti di Moneyval (Comitato di esperti del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo), spera che si avvicini la possibilità di essere inserito nella "white list" dei Paesi "virtuosi". Molte erano le novità rispetto alla vecchia legge (la n. 127), riscontrabili nel decreto dello scorso gennaio. Viene chiarita e rafforzata la natura "coercitiva" delle disposizioni dell’AIF, l’Autorità di vigilanza interna presieduta dal card. Attilio Nicora. Ed è introdotta una norma che prevede la registrazione di tutte le persone giuridiche presso il Governatorato, stabilendo così un controllo continuativo su chi è il responsabile legale di ogni ente, sulla natura e sui fini dell’ente che opera sul territorio vaticano. Viene introdotta anche una maggiore precisione delle norme penali in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, come ad esempio misure cautelari prima della condanna e della confisca per riciclaggio. Sono poi precisate le competenze delle varie autorità, a partire da quelle dell’AIF, che ha potere di vigilanza e di supervisione. Questi poteri includono esplicitamente la facoltà di fare ispezioni, come pure i poteri di "Financial Intelligence Unit" e potere di sanzione. Sono resi non opzionali i protocolli d’intesa tra l’AIF e gli enti omologhi negli altri Paesi. Viene riconosciuto il ruolo di altri enti nell’ordinamento giuridico vaticano, come ad esempio quello la Gendarmeria, e quello dei tribunali, che era quasi assente nella vecchia legge. Infine, viene esplicitamente riconosciuta l’indipendenza operativa dell’AIF, che ha poteri di controllo su ogni singola operazione finanziaria dei dicasteri della Curia romana e di tutti gli organismi dipendenti dalla Santa Sede, compresi lo Ior, il Governatorato e la stessa Segreteria di Stato in quanto esercitano le attività che ricadono sotto la legge antiriciclaggio. È stato inoltre specificato che le ispezioni dell’AIF dovranno essere regolamentate dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, l’unico ente abilitato ad emanare le leggi. Ma il potere relativo ai regolamenti attuativi, anche vincolanti, rimane nelle mani dell’Autorità di vigilanza. Senza contare che proprio la nuova legge introduce esplicitamente il potere di ispezione, non presente nella norma precedente. Rispetto alla vecchia legge cresce il ruolo della Segreteria di Stato, e vengono citate anche la Gendarmeria e l’Apsa: mentre la norma del 2010 non indicava i soggetti, ma piuttosto le attività che ricadono sotto la legge, il nuovo decreto elenca invece diversi soggetti. Sarebbe proprio la distribuzione di compiti antiriciclaggio, ripartita tra più enti, ad avvicinare, secondo gli autori del nuovo testo, l’ordinamento giuridico vaticano agli standard internazionali. Con la nuova legge, il Vaticano si avvicinerebbe dunque agli standard internazionali, cioè alle 49 "Raccomandazioni del Gafi" (Gruppo di Azione Finanziaria del Fondo Monetario Internazionale), le coordinate che tutti gli Stati "virtuosi" devono seguire. Come si ricorderà il dibattito interno sulla nuova legge, venuto alla luce grazie alla pubblicazione di appunti e memoriali riservati nei mesi scorsi, è stato piuttosto acceso. La prima legge antiriciclaggio, scritta dall’avvocato Marcello Condemi, che quando collaborava con la Banca d’Italia aveva redatto la normativa in vigore in Italia, aveva istituito l’Autorità di Informazione Finanziaria, alla quale venivano interamente affidati i compiti di vigilanza sulla "finanza vaticana2. Sia gli autori della vecchia legge come gli estensori del nuovo decreto concordavano sulla necessità di adeguare le norme alle leggi internazionali. Il punto più discusso è stato, invece, il ruolo determinante e i poteri dati all’AIF. Dai "Vatileaks" pubblicati, si evinceva infatti che il card. Nicora riteneva le norme poi approvate nel decreto del 25 gennaio un "passo indietro" rispetto alla legge precedente. Due dunque sono le visioni che si sono confrontate. Da una parte, quella rappresentata dalla Segreteria di Stato e del Governatorato, che ritenevano la vecchia legge troppo ricalcata sulle normative italiane, e che intendevano salvaguardare, oltre alla trasparenza, anche l’autonomia e la sovranità dello Stato della Città del Vaticano e della Santa Sede, coinvolgendo nella responsabilità dell’antiriclaggio tutti gli enti d’Oltretevere. Sull’altro fronte, le preoccupazioni del card. Nicora, condivise da alcuni membri dell’Autorità finanziaria e dal presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, meno inclini a rimettere mano alle norme già approvate nel 2010 per quanto riguarda ruolo e poteri dell’Autorità di vigilanza interna. Diversi anche i team che hanno lavorato ai due testi: il primo, che aveva agito avendo tempi molto ristretti, era quello di Condemi. Il secondo, è stato quello predisposto della Segreteria di Stato e del Governatorato. C’è attesa ora per conoscere quale saranno le valutazioni di Moneyval, che nelle prossime settimane, dopo aver esaminato la prima e la seconda legge, preparerà un report da discutere con la Santa Sede, in vista della scadenza di luglio, quando la posizione vaticana sarà presentata all’assemblea generale di Moneyval.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il testo del decreto

Ad Aparecida l'Assemblea Generale della Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile sulla GMG 2013, Anno della fede, ecumenismo e numero di cattolici

Durante la conferenza stampa del terzo giorno di lavori dell’Assemblea Generale della Conferenza Nazionale dei vescovi cattolici del Brasile, ad Aparecida, sono stati sviluppati principalmente quattro grandi temi: la Giornata Mondiale della Gioventù 2013 a Rio de Janeiro, l’Anno della fede, l’ecumenismo e il numero di cattolici in Brasile. Sotto il coordinamento del portavoce della 50° Assemblea Generale, mons. Dimas Lara, secondo quanto riferisce un comunicato dell'Episcopato, sono stati invitati a rispondere durante la conferenza stampa mons. Orani João Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Sérgio da Rocha, arcivescovo di Brasilia, e il vescovo della diocesi di Volta-Redonda/Barra do Piraí, mons. Francesco Biasin. Mons. Tempesta ha annunciato che l’organizzazione della GMG aprirà le iscrizioni nel luglio prossimo. Il presule ha ricordato che solo un terzo dei partecipanti si iscrivono nella GMG e che non è necessario iscriversi per partecipare. Si prevede possa ripetersi quanto è successo a Madrid, la cui GMG ebbe 500.000 iscrizioni e 2 milioni di partecipanti. Da parte sua, mons. Sérgio da Rocha, della Commisione Episcopale per la Dottrina della Fede, ha ricordato l’importanza dell’Anno della fede indetto da Benedetto XVI e la preparazione al Sinodo dei vescovi, in programma nell’ottobre prossimo. Il suo collega della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, mons. Francesco Biasin, ha sottolineato “come la Chiesa intenda consolidare il dialogo con le altre Chiese cristiane e con le altre religioni”. Per quanto riguarda il numero di cattolici in Brasile, mons. Dimas Lara, ha spiegato che i dati presentati non sono definitivi. “I numeri completi non sono ancora disponibili. Se il numero dei senza religione aumenta, non vuol dire che quello degli atei sta crescendo”, ha detto il presule.

Zenit

"Giovani del mondo intero, Rio de Janeiro vi aspetta!"

24 aprile 2005, il solenne inizio del Ministero Petrino di Benedetto XVI: la Chiesa è viva perché Cristo è vivo, perché Egli è veramente risorto

Esattamente sette anni fa, il 24 aprile 2005, Benedetto XVI iniziava il suo Ministero petrino. “Tu es Petrus”, “Tu sei Pietro”: il popolo di Dio accoglie con gioia il nuovo Pontefice, “l’umile lavoratore nella vigna del Signore”. Piazza San Pietro è in festa, ornata da 20mila fiori. Dalla Loggia della Basilica Vaticana, sotto lo stemma del Pontificato, pende l'arazzo della pesca miracolosa che raffigura Gesù in dialogo con San Pietro. Il Papa di fronte a mezzo milione di persone raccolte anche lungo Via della Conciliazione pronunciava un’intensa omelia, interrotta ben 37 volte dagli applausi. Le prime parole del Papa ci ricordano che la fede sconfigge la solitudine. “Chi crede, non è mai solo - non lo è nella vita e neanche nella morte”: con questa convinzione Benedetto XVI inizia il suo Pontificato. “Io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei Santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei Santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano”. Una speranza che nasce dalla certezza nel Risorto. Cristo è vivo e così la sua Chiesa: “Sì, la Chiesa è viva - questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro”. La fede non è un’ideologia: per questo “la Chiesa è viva” ancora oggi dopo 2000 anni, e "la Chiesa è giovane". E’ viva, afferma il Papa “perché Cristo è vivo” perché Gesù “è veramente risorto”. Verità e umiltà sono due dimensioni chiave di tutto il Pontificato. La fede è vera solo se c’è l’umiltà. Benedetto XVI, come tanti, può avere molte idee sul suo programma. Ma altro è ciò che importa: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”. Altra parola del Pontificato è prossimità. Il Vicario di Cristo deve seguire il Maestro alla ricerca della pecorella smarrita: “La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto”. Una prossimità minacciata dall’avidità e dall’ipocrisia del potere che promette la liberazione: “Non è il potere che redime, ma l’amore!”, afferma il Papa. “Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”: “I tesori della terra non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”. Ma per fare questo, non bastano le sole forze umane: “Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”.Benedetto XVI sa che Gesù ha detto a Pietro “Pasci le mie pecore”: “Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici...pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”. L’uomo crede spesso di essere libero. Il Papa ricorda invece che “viviamo alienati” nel buio della sofferenza e della morte. Ecco allora il compito dei cristiani: “Noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui”. “Solo in quest’amicizia – afferma il Papa - noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera”. Le ultime parole dell’omelia sono un appello ai giovani: “Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen”.

Radio Vaticana

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO DEL VESCOVO DI ROMA BENEDETTO XVI