domenica 11 marzo 2012

Giuliano Ferrara: un Papa che si dimette perché ritiene spiritualmente un dovere assecondare un rinnovamento e rilancio del suo Magistero

Il direttore del quotidiano italiano Il Foglio ha dedicato un ampio articolo al tema delle dimissioni del Papa. Queste le conclusioni del giornalista, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Joseph Ratzinger. "Un Papa che si dimette – scrive Giuliano Ferrara – perché ritiene spiritualmente un dovere assecondare un rinnovamento e rilancio che non cancelli il suo stesso Magistero, ma anzi lo rilanci, ha indirettamente la possibilità di influenzare con maggiore tempra e fondamento la successione (sceglie i tempi, offre un segno grande e terribile di vita extra-ordinaria della sua Chiesa). Realizza un sogno personale: la cura, lo studio, la produzione di luce teologica senza i panni del pastore universale. Scombussola certezze tradizionali secolari, innova radicalmente, promuove un’età regnante che renda meno ingovernabile il popolo di Dio riunito nella casa ecclesiale, e toglie ogni lentezza, stanchezza o spirito difensivo alla casa romana di Pietro". "L’azzardo è forte – conclude il direttore de Il Foglio – la circostanza anche abbastanza inverosimile, un Pontefice che ha forza spirituale non rinuncia al 'compito assegnatogli', come dice Ratzinger. Chissà che un giorno al Papa non appaia come un raddoppio di quella forza il gesto sovrano e papocentrico delle dimissioni". L’articolo di Ferrara è scritto con garbo e intelligenza: si parla delle dimissioni del Papa non sulla base di notizie e nemmeno di indiscrezioni (la voce sulla rinuncia ipotizzata per il prossimo aprile è già stata più volte smentita), ma a partire dal modo semplice e diretto con cui lo stesso Benedetto XVI ha affrontato il tema nel libro-intervista con Peter Seewald "Luce del mondo" pubblicato nel novembre 2010. Rispondendo a una domanda in proposito, infatti, Joseph Ratzinger ebbe a dire: "Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi". Quello che emerge dall’articolo di Ferrara, che cita en passant, ma senza soffermarsi, il tema dei "Vatileaks" e dei veleni curiali, è la possibilità di un gesto clamoroso e "papocentrico" alla cui origine non vi sia tanto la "chiara consapevolezza" del non essere più in grado di svolgere il proprio compito, quanto piuttosto la decisione di "rilanciare" il "suo stesso Magistero" e di guidare la sua successione. Fatte le debite distinzioni, alla base del ragionamento del direttore de Il Foglio appare esserci una preoccupazione per una debolezza del papato ratzingeriano non molto diversa da quella che ha fatto proporre pochi giorni fa al politologo Ernesto Galli Della Loggia un allargamento della base elettorale del conclave per modificare in senso presidenzialista la designazione del Pontefice al fine di esaltarne ruolo e poteri. È vero che Ferrara dice di non condividere l’analisi di chi afferma la debolezza del papato di Benedetto in questa fase, preferendo invece di gran lunga la constatazione della sua vitalità. Ma la conclusione, con l’ipotesi dimissioni presentata come occasione per un rilancio, finisce per dar ragione a chi auspica uno scossone salutare. Colpisce che personalità e intellettuali che hanno salutato con grande soddisfazione l’elezione di papa Ratzinger, vedendolo come il possibile realizzatore di un grande progetto papale di rafforzamento dell’identità della Chiesa, appaiano quasi delusi dalle strade che ha percorso il Pontificato, definito ora "papato penitenziale". Mentre, secondo altri, proprio in questa linea Benedetto XVI manifesta la sua forza profetica nel tempo presente. Papa Ratzinger ha detto con grande semplicità e franchezza di considerare le dimissioni nell’orizzonte delle possibilità. E lo ha fatto con l’atteggiamento umile che lo contraddistingue, cercando di mostrare, anche in questa circostanza, come l’importante non sia il protagonismo della persona del Papa, o del suo ruolo, quando piuttosto la possibilità di far emergere il vero "protagonista", la vera guida, la vera roccia della Chiesa, che è il suo fondatore, del quale il vescovo di Roma è soltanto vicario. Non c’è da dubitare che Benedetto XVI di fronte a una malattia invalidante o alla consapevolezza dell’incapacità mentale e spirituale di continuare nel suo servizio, rassegnerà le dimissioni: lo ha dichiarato lui stesso. Ipotizzare però che lo faccia pensando così di "rilanciare" il suo stesso Magistero, o magari di influenzare "con maggiore tempra" la sua successione (un accenno a tale proposito – ricordiamo – era contenuto nello strampalato documento anonimo sul presunto "complotto" che un cardinale ha recapitato in Vaticano), e così "realizzare" il sogno personale di tornare ai suoi studi, significa mettere al centro il protagonismo papale. Cioè un gesto, giustamente definito da Ferrara come "papocentrico". Una prospettiva, questa, che appare lontanissima sia dalla sensibilità di Papa Ratzinger sia da quanto la tradizione crede e insegna riguardo al ruolo del vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Papa Ratzinger, ipotesi dimissioni. Come sceglierà il successore

Eijk: se le norme liturgiche saranno ancora violate non esiterò a imporre sanzioni canoniche ai responsabili, anche la revoca della missione pastorale

Il card. Willem Jacobus Eijk (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Utrecht, ha indirizzato nei giorni scorsi una lettera ai sacerdoti, ai diaconi, agli operatori pastorali e a tutti coloro che ricoprono incarichi diocesani di rilievo, informandoli che si dedicherà più attentamente al modo in cui la liturgia, specialmente quella Eucaristica, viene celebrata nell’arcidiocesi di Utrecht. Si tratta di una lettera dai toni abbastanza fermi e decisi, nella quale il porporato ha voluto affrontare una questione sorta dal fatto che in molte parrocchie olandesi non si svolgerebbe una degna celebrazione dell’Eucaristia in unione con la Chiesa universale. Quando era vescovo di Groningen-Leeuwarden, il card. Eijk aveva affrontato lo stesso problema, e sembra chiaro che il porporato intenda utilizzare lo stesso metodo collaudato che ha già adottato in passato. "Per il mio incarico e la mia responsabilità come arcivescovo di Utrecht - scrive il cardinale - esorto tutti i sacerdoti, i diaconi, gli operatori pastorali e gli assistenti spirituali che stanno compiendo una missione pastorale nell’arcidiocesi di Utrecht a conoscere e a seguire attentamente le norme liturgiche che sono in vigore per la Santa Eucaristia, così come per le altre celebrazioni liturgiche (come stabilito nel Codice di Diritto Canonico, nell’ordinamento generale del Messale romano e nell’Istruzione 'Redemptionis sacramentum'). Se dovesse accadere che in futuro io giunga alla conclusione che le norme liturgiche in vigore per la Santa Eucaristia e/o per altre celebrazioni liturgiche sono state ancora una volta violate, non esiterò a imporre, o a fare imporre, sanzioni canoniche ai responsabili, non esclusa la revoca della loro missione pastorale. Auspico vivamente - conclude il porporato - che non si debba arrivare a questo e che voi dai vostri vari incarichi continuiate tutti a contribuire lealmente a una degna e corretta celebrazione della liturgia, specialmente l’Eucaristia, nella nostra arcidiocesi".

L'Osservatore Romano

Don Ignazio La China: eppure Celentano ha ragione! Media che si dicono cattolici ma sono inutili, una religione civile fatta di carità e buone azioni

Confesso di essere consapevole che quanto dirò forse potrà suscitare reazioni contrastanti in qualcuno dei miei lettori, sia per quello che dico, sia perché lo dico da prete: eppure non posso fare a meno di mettervi a parte delle mie riflessioni. Anche per dare, nel mio piccolo, una mano al Papa, nel suo impegno di rinnovamento ecclesiale che gli sta costando tanta sofferenza proprio da parte di chi non vuole stare al passo di Pietro. P emetto che Celentano mi è profondamente antipatico per la sua smania di fare il guru e il profeta a buon mercato e certo Sanremo non è la cornice adatta per prediche a sfondo demagogico… ma giacché la verità può uscire fuori anche dalla bocca dell’asina di Balaam, allora anche nella provocazione di Celentano possiamo scorgere un barlume di verità! Sono parroco: un tempo anche nella mia chiesa facevo vendere Famiglia Cristiana, e io ero abbonato ad Avvenire e a Jesus. Da alcuni anni non ho rinnovato più l’abbonamento né ad Avvenire (che apprezzavo più per la pagina culturale che per l’informazione ecclesiale, di fatto il più delle volte inesistente o reticente) né a Jesus (rimasto all’epoca della sua nascita sessantottina e sempre uguale a se stesso e sempre più acido verso il Magistero…) e non ho più voluto che si distribuisse Famiglia Cristiana in chiesa perché ancora non si è accorta che il Papa è cambiato e non è più Giovanni Paolo II, che la Chiesa cammina, che un giornale che si vanta di essere cristiano qualche parola sulla fede dovrebbe pur dirla, o no? invece di buttare tutto in politica e sociologia. E perciò adesso diffondo Il Timone, un mensile di un gruppo di laici seri e impegnati, così almeno chi lo legge è aiutato a formarsi nella sua identità cattolica. Non temo di scrivere tutto ciò perché le mie osservazioni le ho già esposte agli interessati spiegando perché non rinnovavo più gli abbonamenti. Ma Celentano ha dimenticato Tv2000, che pure è pagata coi soldi dell’8x1000: eppure per capire che è la tv della CEI, se non capiti nell’orario della Messa o del rosario, sei sommerso tutto il giorno da un chiacchiericcio che ti intontisce: ma mai una parola sulla fede! La vita ecclesiale? quasi zero: aspetto ancora che Boffo (ve lo ricordate?) risponda perché il "Tg Ecclesia" che andava in onda alle 14 è scomparso: era troppo essere aggiornati nella televisione di vescovi sulle attività del Papa e della Chiesa ogni giorno? A malappena la meditazione dell’Udienza generale il mercoledì! E le notizie sul Papa date da ultime, perfino dopo lo sport! Vi aspettavate che su Tv2000 in tutti i loro talk show si parlasse di Cristo nostro contemporaneo? Non sia mai! Meno male che c’è Telepace! Ecco, Celentano ha ragione: mass media che si dicono cattolici ma sono inutili; pensano ad una religione civile fatta di carità e buone azioni (che anche un ateo può fare): ma chi parla oggi della meta ultima che è Dio, di vita eterna, di inferno e paradiso? e se non lo facciamo noi chi lo fa? Paradossalmente Il Foglio, dove spesso trovo più cattolicesimo e domande esistenziali che su Avvenire! Prima di stracciarci le vesti, allora forse sarebbe meglio interrogarci se la provocazione di Celentano non sia utile per rivedere uno stile di presenza di Chiesa che brilla per la sua…assenza! In fondo è il grido di tanti che vogliono che la Chiesa ci sia, che ritorni a esserci per rendere presente Dio nel mondo! Anche perché Celentano, nel dire queste cose è in buona compagnia: quella del Papa! Sentite quello che disse nell’omelia per la Santa Messa con la Pontificia Commissione Biblica, il 17 aprile 2010: "Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il Cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma non osiamo dire che la sua meta è la vita eterna e che da tale meta vengono poi i criteri della vita. Dobbiamo capire di nuovo che il Cristianesimo rimane un 'frammento' se non pensiamo a questa meta...e dobbiamo di nuovo riconoscere che solo nella grande prospettiva della vita eterna il Cristianesimo rivela tutto il senso. Dobbiamo avere il coraggio, la gioia, la grande speranza che la vita eterna c’è, è la vera vita e da questa vera vita viene la luce che illumina anche questo mondo". Il Papa ha indetto l’Anno della fede proprio per questo scopo: se lo sono chiesti Famiglia Cristiana e & se loro stanno davvero aiutando a rendere presente la fede nel mondo?

Don Ignazio La China, Radio RTM

In un volume la foto di Benedetto XVI che osserva Piazza San Pietro innevata: tre toni di bianco, l'abito papale, la neve, il marmo. Indimenticabile

"Benedetto XVI, nella veste talare candida, osserva Piazza San Pietro ammantata di neve. Tre toni di bianco: l’abito papale, la neve, il marmo. Indimenticabile". Così scrive Paolo Conti commentando l’immagine del Papa ritratta dal nostro Francesco Sforza e pubblicata in prima pagina su L’Osservatore Romano il 4 febbraio scorso, all’indomani della grande nevicata su Roma. Quella foto appare ora nel volume "Nevicava a Roma. Un racconto per immagini" (pagine 168, euro 7,90) edito dal Corriere della Sera e realizzato con il coordinamento redazionale di Alessio Ribaudo. Una suggestiva fotocronaca di quelle giornate rievocate attraverso "immagini che hanno fatto il giro del mondo - scrive ancora Conti, che del libro ha curato i testi - in un gioco di contrasti tra monumentalità e inconcludenza contemporanea, splendore e sofferenza, allegria e tragedia".

L'Osservatore Romano

Primo anniversario del grande terromoto in Giappone. Le parole del Papa a una bimba: non abbiamo le risposte ma Dio ci ama, sta dalla nostra parte

Ad un anno dal terremoto che ha devastato il Giappone, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nell'editoriale per il settimanale del Centro Televisivo Vaticano "Octava Dies", ricorda le parole pronunciate da Benedetto XVI rispondendo alla domanda di una bimba giapponese che, nella trasmissione televisiva "A Sua Immagine" dello scorso Venerdì Santo, domandava al Papa il senso di quell'immane tragedia. "Anche io - rispose Papa Ratzinger - mi domando perchè. Non abbiamo le risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente. Dio mi ama, sta dalla mia parte, un giorno capirò che questa sofferenza non era vuota. Stai sicura - disse ancora il Pontefice - noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono. Preghiamo insieme perchè per voi venga luce quanto prima". "Di fronte alla tragedia più grande di noi non perdere la speranza e saper ritrovare il senso più profondo e durevole del nostro destino, del nostro essere in cammino insieme su questa terra", esprimendo ammirazione per "il modo coraggioso, dignitoso e solidale con cui il popolo giapponese ha reagito alla tragedia e si è organizzato per portarne le conseguenze".

Agi

Il Giappone del dopo Fukushima tra dignità e nuove speranze: editoriale di padre Lombardi

Il primo anniversario del grande terremoto del Giappone Orientale

Benedetto XVI: auspico e incoraggio il generoso soccorso della comunità internazionale per le popolazioni del Madagascar colpite da calamità naturali

Benedetto XVI ha lanciato un appello alla comunità internazionale per il soccorso alle popolazioni del Madagascar colpite da una tempesta tropicale che ha fatto decine di morti e lasciato sul terreno migliaia di senzatetto. "Cari fratelli e sorelle, il mio pensiero - ha detto Papa Ratzinger dopo la preghiera dell'Angelus in Piazza San Pietro - va anzitutto alle care popolazioni del Madagascar, che recentemente sono state colpite da violente calamità naturali, con gravi danni alle persone, alle strutture e alle coltivazioni". "Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le famiglie maggiormente provate, auspico e incoraggio - ha aggiunto - il generoso soccorso della comunità internazionale". Nei saluti in varie lingue, Benedetto XVI in francese ha ricordato l’importanza della conversione: “Questo tempo di Quaresima è un tempo di grazia che ci è concesso affinché possiamo purificare i nostri cuori e le menti e liberarci dalle nostre paure e dai nostri dubbi. Con fiducia lasciamoci trasformare da Cristo, non dobbiamo avere paura di cambiare le nostre abitudini e i nostri comportamenti”. In tedesco ha sottolineato che “il Vangelo di oggi ci parla della purificazione del tempio da parte di Gesù e del suo riferimento al nuovo tempio, che è Lui stesso. Come dice l’apostolo Paolo, siamo anche noi un vero tempio, se ci lasciamo conformare a Cristo. Nel sacramento della penitenza il Signore ci dà sempre la possibilità di rinnovare sempre la sua immagine in noi. In ogni confessione ci rende nuovamente un tempio in cui Egli abita”. In spagnolo un invito a nutrire una fede autentica “sapendo rinunciare alle opera del male”. “Il Vangelo dell’odierna domenica rivela la premura di Gesù per il tempio come luogo di incontro con Dio”, ha dichiarato in polacco.

TMNews, SIR

Il Papa: zelo di Gesù per il Padre zelo dell’amore che paga di persona, non quello che vorrebbe servire Dio con la violenza che disumanizza l'umanità

A mezzogiorno di oggi, III Domenica di Quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima riferisce – nella redazione di San Giovanni – il celebre episodio di Gesù che scaccia dal tempio di Gerusalemme i venditori di animali e i cambiamonete”, ha ricordato il Papa. Il fatto, riportato da tutti gli evangelisti, “avvenne in prossimità della festa di Pasqua e destò grande impressione sia nella folla, sia nei discepoli”. Ma “come dobbiamo interpretare questo gesto di Gesù?”. Anzitutto, ha spiegato il Pontefice, “va notato che esso non provocò alcuna repressione dei tutori dell’ordine pubblico, perché fu visto come una tipica azione profetica: i profeti infatti, a nome di Dio, denunciavano spesso abusi, e lo facevano a volte con gesti simbolici”. Il problema, semmai, era “la loro autorità”. Ecco perché “i Giudei chiesero a Gesù: ‘Quale segno ci mostri per fare queste cose?’, dimostraci che agisci veramente a nome di Dio”. “La cacciata dei venditori dal tempio – ha ricordato il Santo Padre - è stata anche interpretata in senso politico-rivoluzionario, collocando Gesù nella linea del movimento degli zeloti. Questi erano, appunto, ‘zelanti’ per la legge di Dio e pronti ad usare la violenza per farla rispettare. Ai tempi di Gesù attendevano un Messia che liberasse Israele dal dominio dei Romani. Ma Gesù deluse questa attesa, tanto che alcuni discepoli lo abbandonarono e Giuda Iscariota addirittura lo tradì”. In realtà, ha chiarito Benedetto XVI “è impossibile interpretare Gesù come un violento: la violenza è contraria al Regno di Dio, è uno strumento dell’anticristo. La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza”. Di qui l’invito ad ascoltare le parole che Gesù disse compiendo quel gesto: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I discepoli allora si ricordarono che sta scritto in un Salmo: “Mi divora lo zelo per la tua casa”. “Questo salmo – ha evidenziato il Papa - è un’invocazione di aiuto in una situazione di estremo pericolo a causa dell’odio dei nemici: la situazione che Gesù vivrà nella sua passione. Lo zelo per il Padre e per la sua casa lo porterà fino alla croce: il suo è lo zelo dell’amore che paga di persona, non quello che vorrebbe servire Dio mediante la violenza”. Infatti, “il ‘segno’ che Gesù darà come prova della sua autorità sarà proprio la sua morte e risurrezione. ‘Distruggete questo tempio – disse – e in tre giorni lo farò risorgere’. E San Giovanni annota: ‘Egli parlava del tempio del suo corpo’”. Con la Pasqua di Gesù, ha sostenuto il Pontefice, “inizia un nuovo culto, il culto dell’amore, e un nuovo tempio che è Lui stesso, Cristo risorto, mediante il quale ogni credente può adorare Dio Padre ‘in spirito e verità’”. Il Pontefice ha, quindi, ricordato: “Lo Spirito Santo ha iniziato a costruire questo nuovo tempio nel grembo della Vergine Maria. Per sua intercessione, preghiamo perché ogni cristiano diventi pietra viva di questo edificio spirituale”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS