sabato 28 gennaio 2012

Dopo le osservazioni degli ispettori europei la Santa Sede rivede la sua legge antiriciclaggio con un decreto a modifica del testo di fine 2010

Il Vaticano ha riscritto la sua legge antiriciclaggio risalente a fine 2010, dopo che gli ispettori europei hanno riscontrato che non rispettava a pieno gli standard per combattere il finanziamento al terrorismo e la criminalità finanziaria. La nuova legge, approvata mercoledì per decreto, ma di cui la Santa Sede non ha dato un annuncio ufficiale, prevede che il Vaticano crei una lista delle organizzazioni terroristiche basata su quella stilata dalle Nazioni Unite e che nel contempo entri in accordo con altri Paesi per condividere informazioni finanziarie. Il nuovo testo, una copia del quale è stata ottenuta da Associated Press, specifica inoltre che l'autorità finanziaria del Vaticano possa agire come regolatore e ordinare ispezioni per assicurare le procedure anti-riciclaggio, indica che i proventi delle sanzioni vadano al Papa per le opere di carità e affina la legge originale redatta in tutta fretta per soddisfare un accordo con l'Unione europea. Jeffrey Owens, che dirige la politica fiscale per l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo economico (Ocse) sostiene che il Vaticano stia andando nella giusta direzione. "In questi sviluppi - ha commentato Owens in una mail scritta ad Associated Press - vedo che il Vaticano ha riconosciuto che nel contesto finanziario odierno c'è un premio per la trasparenza e che, per raggiungere questo obiettivo, è necessario essere conformi agli standard internazionali, sia nel campo del riciclaggio di denaro, sia in quello dell'evasione fiscale e della corruzione. Queste ultime decisioni lo portano nella giusta direzione". La Santa Sede lavora da anni per aderire alle norme europee sul riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, nel tentativo di liberarsi dell'immagine di un Paese ossessionato dalla segretezza e unirsi alla cosiddetta "lista bianca" di Paesi che combattono la frode fiscale. Gli sforzi del Vaticano in questa direzione sono aumentati dopo che i procuratori di Roma nel settembre 2010 hanno sequestrato 23 milioni di euro e messo i due principali banchieri del Papa sotto inchiesta per presunto riciclaggio. A dicembre 2010 il Vaticano ha rivelato la sua prima legge in merito per la creazione di un'autorità di informazione finanziaria. A novembre 2011, gli ispettori del Consiglio d'Europa hanno però fatto alcune osservazioni sul testo, sottoponendo raccomandazioni che hanno portato alla modifica della legge, varata mercoledì per decreto. Ieri, su L'Osservatore Romano, l'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha accennato alla modifica della legge, in un articolo in cui annuncia l'adesione del Vaticano a tre trattati internazionali anti-crimine. La ratifica dei trattati e le modifiche della legge, spiega Mamberti, mostrano la determinazione della Santa Sede ad aderire agli alti standard internazionali in materia.

Romagna Noi

Le accuse di mons. Viganò e le verifiche del Vaticano: un'inchiesta interna sugli episodi denunciati affidata a una commissione disciplinare

C’è un episodio non detto nella polemica che da giorni riguarda le accuse rivolte dall’allora segretario del Governatorato, il vescovo Carlo Maria Vigano, nominato nunzio negli Stati Uniti dopo aver scritto drammatiche lettere al Papa e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nelle quali si parla di episodi di "corruzione" in Vaticano. Le lettere riservate del prelato, la cui vicenda venne rivelata da Vatican Insider lo scorso 26 giugno, indirizzate a Benedetto XVI e al suo principale collaboratore, sono state esibite dal giornalista Gianluigi Nuzzi durante la puntata della trasmissione d’inchiesta di La7 "Gli intoccabili". In quelle lettere Viganò, al quale era stato ormai comunicata la decisione del Papa di nominarlo nunzio negli Stati Uniti che lo allontanava (promuovendolo) dal Governatorato dopo neanche due anni e dopo innegabili risultati di moralizzazione e di tagli alle spese, si diceva vittima di un complotto, che era passato anche attraverso alcuni articoli anonimi pubblicati su Il Giornale, e indicava nomi e cognomi degli ispiratori, citando come ispiratore ultimo mons. Paolo Nicolini, delegato per i settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani. In una lettera inviata l’8 maggio 2011 al card. Bertone, Vigano attribuisce alla responsabilità di Nicolini "contraffazioni di fatture" e un ammanchi, una "partecipazione di interessi" in società inadempienti verso il Governatorato "per almeno due milioni duecentomila euro e che, antecedentemente aveva già defraudato L’Osservatore Romano, per oltre novantasettemila Euro e l’Apsa, per altri ottantacinquemila". Inoltre Vigano accusava Nicolini di "arroganza e prepotenza nei confronti dei collaboratori che non mostrano servilismo assoluto nei suoi confronti, preferenze, promozioni e assunzioni arbitrarie fatte a fini personali". Nella replica alla trasmissione di La7 che il giorno successivo padre Federico Lombardi ha reso nota su mandato della Segreteria di Stato, sono state fornite indicazioni dalle quali risulta che l’innegabile opera moralizzatrice e risanatrice della gestione Viganò (il presepe in Piazza San Pietro, ad esempio, è passato da un costo di 550.000 euro a 300.000) è stata un merito non attribuibile soltanto al suo impegno, ma anche a quello del suo superiore diretto, il card. Giovanni Lajolo, come pure alla gestione più oculata dei Musei Vaticani: tutto ciò ha permesso ai conti di tornare in attivo di qualche milione di euro, mentre in precedenza di registrava un pesante deficit. Quello che non è stato rivelato dal comunicato della Santa Sede, è che sulle accuse di Viganò a Nicolini è stata svolta un’inchiesta interna, affidata a una commissione disciplinare, presieduta da un ex uditore della Rota Romana, mons. Egidio Turnaturi. La commissione ha ascoltato i testimoni citati nelle drammatiche lettere del prelato. Per quanto riguarda gli articoli anonimi su Il Giornale, si è concluso con l’"indimostrabilità" delle attribuzioni messe nero su bianco da Viganò, mentre dopo le indagini si sono rivelate non fondate altre accuse relative a mons. Nicolini, anche se la commissione ha ritenuto riscontrati i rilievi riguardanti il suo carattere e ha suggerito di prendere provvedimenti. Questo tassello è importante per ricostruire la vicenda, perché altrimenti si potrebbe essere indotti a pensare che le segnalazioni di irregolarità o di reati rimangano senza seguito Oltretevere. "Ovviamente – spiega a Vatican Insider un’autorevole fonte vaticana – mons. Viganò ha fatto il suo dovere denunciando riservatamente ai superiori ciò che riteneva necessario denunciare. Ma non si deve immaginare che le sue denunce siano state considerate carta straccia o prontamente archiviate". La decisione del Papa, messo a conoscenza degli esiti dell’inchiesta e consultati Bertone e Lajolo, è stata di nominare l’arcivescovo nunzio apostolico negli Stati Uniti: innegabilmente un "promoveatur ut amoveatur", se è vero che al prelato era stata in qualche modo "promessa" la successione ai vertici del Governatorato con annessa porpora cardinalizia. La decisione è stata presa a motivo del clima di tensione che si è venuto a creare nello Stato della Città del Vaticano. E le parole di Lombardi sulla piena fiducia nutrita dal Pontefice verso Viganò, sta a indicare il riconoscimento dei suoi meriti nel processo di risanamento. Certo, ci si potrebbe anche domandare per quale motivo, se si sono considerate tutte infondate le accuse rivolte dal prelato nelle lettere, lo si è considerato poi degno di ricoprire un incarico delicato e di prestigio qual è quello di capo dell’ufficio diplomatico di Washington, responsabile dei rapporti con la Casa Bianca e stretto collaboratore del Papa nella scelta della classe dirigente della Chiesa statunitense. Un incarico che richiede equilibrio, riservatezza e ottime capacità diplomatiche. Un’altra domanda riguarda la continuazione o l’eventuale rallentamento, del processo di risanamento operato da Viganò. E su questo dovrebbe rimanere alta l’attenzione, fuori e dentro le mura, per evitare che si ripetano o continuino episodi oggettivamente scandalosi, tanto più un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo. È stato scioccante apprendere che un presepe composto di una stalla o di una grotta ricostruita in Piazza San Pietro costava tanto quanto una bifamiliare nella campagna romana. Quest’anno, il primo dopo la "cura Viganò", il presepe è costato come l’anno precedente, 300.000 euro, e secondo alcune indiscrezioni si starebbe lavorando per dimezzarne il costo nel 2012. Di certo, anche se nel comunicato padre Lombardi tendeva a stemperare le tensioni affermando come non corrisponda alla realtà quella di presentare il Vaticano come attraversato "da liti, divisioni e lotte di interessi", l’immagine che esce dalle lettere e dal fatto che le lettere siano state divulgate, è invece proprio quella. È innegabile che la vicenda Viganò si inserisca in un panorama più ampio: quello dei persistenti problemi di governo interni alla Segreteria di Stato guidata dal card. Bertone. La diffusione delle lettere scritte appena qualche mese fa, sta a indicare che queste lotte ci sono state, ci sono, e prevedibilmente continueranno.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il Papa in Messico e a Cuba. Bermudez: si creerà una grande sintonia con Benedetto XVI, insieme per problemi e sfide che l’umanità deve affrontare

"Il card. Tarcisio Bertone, nel 2008, è stato il primo dignitario straniero ricevuto dal presidente Raul Castro dopo la sua investitura, un incontro molto importante e significativo: in quell’occasione, il nostro presidente ha formulato l’invito a Benedetto XVI a visitare Cuba in una data di sua scelta". Lo ha affermato l’ambasciatore Eduardo Delgado Bermudez (foto), in una intervista a L’Osservatore Romano, che cita anche il fatto che pochi mesi prima "l’allora presidente Fidel Castro aveva a sua volta espresso lo stesso desiderio al card. Renato Raffaele Martino, nel corso della sua visita a Cuba". Soffermandosi sui rapporti tra il Vaticano e Cuba alla vigilia del viaggio apostolico che Papa Ratzinger compirà in marzo, il diplomatico ha detto di ritenere che "la posizione di Giovanni Paolo II contro l’isolamento di Cuba abbia avuto un valore morale molto grande, come lo ha in questo momento la posizione della Santa Sede, contraria all’embargo economico contro il nostro Paese". "Credo - ha spiegato - che il nostro popolo provi un particolare sentimento di affetto per Giovanni Paolo II e sono certo che lo proverà anche per Benedetto XVI quando si realizzerà l’annunciata visita a marzo, un sentimento che si basa sulle radici cristiane del popolo cubano, sul rispetto per la Chiesa Cattolica e per il Sommo Pontefice". L’auspicio consegnato dal rappresentante del governo de L’Avana a L’Osservatore Romano in vista del viaggio a Cuba di Joseph Ratzinger è "che il Papa possa realizzare una visita apostolica capace di suscitare in lui felicità e di lasciare nel suo cuore un ricordo molto grato del nostro popolo e del Paese". "La visita del Pontefice certamente contribuirà a rafforzare la cooperazione raggiunta fino a oggi tra la Chiesa e le autorità nel nostro Paese". Anche in questa occasone, ha assicurato l’ambasciatore Delgado Bermudez, "si creerà comunque una grande sintonia con il Papa. In primo luogo perchè il Governo cubano e la Santa Sede sono entrambi interessati ai principali temi internazionali, ai problemi e alle sfide che l’umanità deve affrontare. In secondo luogo per i sentimenti di rispetto e di affetto che esistono nel nostro Paese verso il Pontefice e verso la presenza dei cattolici". "E poi - ha concluso il diplomatico - non posso non ricordare le parole del Papa Benedetto XVI rivoltemi in occasione della presentazione delle mie credenziali, quando affermò che il servizio principale della Chiesa ai cubani è l’annuncio di Gesù Cristo e il suo messaggio di amore, di perdono e di riconciliazione nella verità" perchè "un popolo che percorre questo cammino di armonia è un popolo che nutre la speranza di un futuro migliore".

Agi

A colloquio con l’ambasciatore presso la Santa Sede: da Wojtyła a Ratzinger il popolo cubano in sintonia con il Papa

Colloquio in Vaticano tra esponenti dei vescovi austriaci e dei dicasteri romani sulla ribellione dei parroci: apprensione per il pericolo di scisma

Nel pomeriggio di lunedì 23 gennaio in Vaticano si è tenuto un colloquio tra gli esponenti di punta della Conferenza Episcopale austriaca e i rappresentanti dei dicasteri romani sull’iniziativa capeggiata dal sacerdote Hellmut Schüller. Si tratta di un’assemblea di circa trecento chierici che non solo istiga a disobbedire alla Chiesa Cattolica romana facendosi interprete di tesi che rasentano l’eresia, ma che ora vuole pure costituirsi in rete internazionale, aperta ai sacerdoti di altre Nazioni e continenti. Per Papa Benedetto e la Curia romana è giunto il momento di non assistere più inerti a questo movimento che si vuole sganciare da Roma. Come ha asserito frattanto Schüller stesso nelle interviste che ha rilasciato, vi sono formazioni di sacerdoti in varie Nazioni come la Germania, la Francia o l’Australia, in attesa di aderire all’iniziativa. I vescovi austriaci in occasione del colloquio in Vaticano erano rappresentati da Christopher Schönborn (nella foto con Benedetto XVI), cardinale arcivescovo di Vienna, da Alois Kothgasser, arcivescovo di Salisburgo, nonché dai vescovi di Graz e St. Pölten, Egon Kapellari e Klaus Küng. Presenziavano parimenti prelati della Segreteria di Stato, della Congregazione della Dottrina della Fede nonché delle Congregazioni dei vescovi e del clero. L’obiettivo della parte vaticana era tra le altre cose quello di valutare attentamente, tramite quesiti mirati e approfonditi, l’entità dell’apostasia che si profila e che potrebbe sfociare in uno scisma dalla Chiesa. In ogni caso le proposte avanzate dalla “Pfarrer-Initiative” (Iniziativa dei parroci) di Schüller nel giugno 2011 hanno un “potenziale esplosivo”. L’“Appello alla disobbedienza” frattanto tradotto in dieci lingue recita testualmente: “Il rifiuto di Roma di intraprendere una riforma della Chiesa, necessaria da tempo, e l’inattività dei nostri vescovi non solo ci consentono, ma anzi ci obbligano a seguire la nostra coscienza e ad attivarci in maniera autonoma”. Facendo appello alle coscienze, come ormai si usa dire sempre più spesso all’interno della Chiesa, l’“Iniziativa dei Parroci” intende dimostrare non solo di avere posizioni di dissenso rispetto al Papa e ai vescovi, ma probabilmente fare leva su questo slogan ormai di moda e ancor più sulla sua natura di dichiarata dissidenza. Infatti nell’“Appello alla disobbedienza” si legge in merito ai sacerdoti sospesi o che vivono in concubinato: “Inoltre ci sentiamo solidali con quei colleghi che, a causa del loro matrimonio, non possono più esercitare il loro servizio, ma anche con quelli che, nonostante una relazione, continuano a fornire il loro servizio come preti. Entrambi i gruppi con la loro decisione seguono la loro coscienza, come facciamo noi con la nostra protesta”. Per alcune testate austriache Hellmut Schüller, già vicario generale del cardinale arcivescovo Schönborn e presidente della Caritas austriaca, è una star. Inoltre Schüller gode del plauso dei cattolici della Repubblica alpina ostili alla Curia di Roma, cui frattanto si aggiungono vari raggruppamenti di sacerdoti all’estero. L’arcivescovo di Vienna ha esitato a porre in atto misure di diritto canonico nei confronti dei preti in rivolta, temendo che, considerato il successo mediatico di Schüller, un chiarimento ufficiale e pertanto pubblico del conflitto possa degenerare in uno scisma palese e manifesto anziché latente come è stato finora. Questo è quanto ha rappresentato il porporato durante i colloqui al vertice in Vaticano. Tra i vari tentennamenti, la questione ora si profila in tutta la sua concretezza e si pone per il Vaticano. Nella Curia romana ormai si levano voci secondo le quali i prelati della Chiesa non devono continuare ad essere costretti ad accettare che sotto il tetto della Chiesa austriaca si insinui e mascheri sempre più su vasta scala uno scisma quiescente. Tenere il conflitto al di fuori della portata dei media e della pubblica opinione non aiuta la causa, soprattutto in considerazione del fatto che esso sussiste ormai da lungo tempo. I fedeli hanno bisogno di un orientamento preciso, anche per il caso in cui fornire indicazioni ben definite possa comportare la defezione di molti credenti. Papa Benedetto è preoccupato per la ribellione dei parroci in Austria. Il colloquio di lunedì scorso si è svolto in un ambiente circondato dalla massima riservatezza. Né i giornali, né gli uffici stampa del Vaticano hanno riportato la notizia. Si vorrebbe evitare di dare l’impressione che sono sempre Roma e il Vaticano a prendere provvedimenti contro i caporioni. Si auspicherebbe che i Vesvovi competenti ossia i presuli operanti nella Repubblica alpina, provvedessero a definire e chiarire le circostanze con i loro sacerdoti. Ciononostante il card. Schönborn tornando a Vienna si è sentito in qualche modo sollevato. Se l’“Iniziativa dei Parroci” frattanto ha annunciato di volersi internazionalizzare e instaurare collegamenti oltre i confini austriaci, la questione non riguarda più solo l’Austria, a questo punto la palla passa al Vaticano. L’arcivescovo di Vienna finora ha preso chiaramente le distanze dall’appello dell’“Iniziativa dei Parroci” di cui ha criticato tanto la forma quanto il contenuto, difendendo il celibato e ribadendo l’obbedienza dei sacerdoti. Ma non ha posto in essere e neppure annunciato provvedimenti di diritto canonico. In realtà non si tratta solo dell’obbedienza nei confronti del Papa e dei vescovi, bensì di questioni ben sostanziali quali la comprensione dell’Eucaristia, dell’ordinazione sacerdotale e della Chiesa stessa che, a seguito del successo mediatico di Helmut Schüller, attanagliano e confondono i fedeli ormai quasi incessantemente. La ragione dell’allontanamento è costituita dalla “percezione” che i sacerdoti hanno della propria missione e dei principi cardine della Chiesa. Gli autori dell’“Appello alla disobbedienza” non hanno mai negato di volere un’altra Chiesa: “In linea di principio non rifiuteremo la Comunione alle persone di buona volontà, in particolare i divorziati risposati, ai membri di altre Chiese Cristiane e, in alcuni casi, neanche ai cattolici che hanno abbandonato la Chiesa”, recita il testo. Quindi rincarano la dose: “Eviteremo quanto più possibile di celebrare di domenica o nei festivi più di una Messa o di ricorrere all’aiuto di sacerdoti itineranti o di altre parrocchie. Meglio un servizio della parola organizzato da noi, che la performance di ospiti per la liturgia”. La motivazione è a dir poco rocambolesca: “Per il futuro prenderemo in considerazione un servizio della parola in cui viene distribuita la Comunione intesa come 'Eucaristia senza prete' e la chiameremo proprio così. In tal modo assolviamo al nostro obbligo domenicale”. Se non altro questa elucubrazione avrebbe dovuto far accendere l’allarme rosso presso i presuli e in particolare presso un dogmatico profondo quale è Schönborn. Se una Messa con “Eucaristia senza prete” in termini profani è un paradosso, in termini teologici è un’eresia. Da tempo ormai non si tratta più solo dell’“Appello alla disobbedienza”, fattispecie contemplata nel Can. 1373 del Codice di diritto canonico, bensì dello scisma definito ai sensi del Can. 751 come “rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice”. Se le cose stanno così, sarebbe, eccome, preciso obbligo dei vescovi conferire con i membri dell’“Iniziativa dei Parroci” e metterli di fronte alla scelta di optare per le risoluzioni varate o per la dottrina e l’ordinamento della Chiesa. Ma i vescovi austriaci preferiscono astenersi da un tale “showdown” davanti ai riflettori, come lo ha definito una volta il portavoce di Schönborn, da un canto perché, come si dice a Piazza Santo Stefano a Vienna, una battaglia mediatica contro Helmut Schüller non ricondurrebbe all’ovile l’artefice, né i simpatizzanti dell’“Iniziativa dei Parroci”, dall’altra perché la secolarizzazione dell’Austria, un tempo cattolica, è ormai ad uno stadio avanzato, talmente avanzato che un procedimento disciplinare dei vescovi nei confronti di un prete scismatico o eretico, che dir si voglia, non verrebbe compreso dalla maggior parte dei cattolici. In questo scenario lo scisma forse è solo una questione di pretesti o di inezie.

Guido Horst, Vatican Insider

Sul tavolo della riunione della Curia romana ci sarebbe anche il caso di presunta corruzione denunciato dalla trasmissione 'Gli intoccabili'

Si riuniranno tutti attorno a un tavolo nel Palazzo Apostolico, quwsta mattina, per un vertice di Curia il cui contenuto è stato comunicato in lettere riservate recapitate negli scorsi giorni. Al vertice di Curia parteciperanno Papa Benedetto XVI, il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il "sostituto" alla Segreteria di Stato, mons. Giovanni Angelo Becciu, e tutti i vescovi e i cardinali a capo di un dicastero vaticano, ovvero una Congregazione o un Pontificio Consiglio. Le riunioni di Curia sono convocate dal Papa in modo periodico, ma non regolare, due o tre volte l'anno. Sul tavolo, solitamente, i problemi relativi al governo interno della Chiesa. All'ordine del giorno dell'incontro di domani ci sarebbero alcuni problemi di comunicazione interna, sebbene nessuno confermi che verrà affrontato anche il caso di presunta corruzione denunciato dalla trasmissione di La7 "Gli intoccabili" di Gianluigi Nuzzi, che ha provocato giovedì una dura nota di reazione del Vaticano, e dal quotidiano Il Fatto Quotidiano in seguito ad alcune lettere inviate a Bertone e al Papa dall'ex segretario del Governatorato, mons. Carlo Maria Viganò. Nella lettera pubblicata da Il Fatto Quotidiano, dopo quella al Papa resa nota mercoledì sera dalla trasmissione di La7 "Gli intoccabili", che l'ex segretario generale del Governatorato, mons. Carlo Maria Viganò, avrebbe scritto al cardinale segretario di Stato Bertone l'8 maggio 2011 per reagire a quella che definisce una "strategia messa in atto per distruggermi agli occhi di Vostra Eminenza", si legge di contraffazioni di fatture e ammanchi, furti nelle ville pontificie tenuti coperti, interessi di un prelato in una società che fa affari col Vaticano e con esso inadempiente per 2,2 milioni di euro. Come è noto, l'arcivescovo Viganò, che sosteneva gli fosse stato promesso il posto di presidente del Governatorato succedendo così al card. Giovanni Lajolo, il 19 ottobre 2011 è stato invece nominato nunzio negli Stati Uniti. Nella lettera formula gravi accuse in particolare contro mons. Paolo Nicolini, direttore amministrativo dei Musei Vaticani, di cui peraltro si parlò come possibile suo successore come segretario del Governatorato, e che a suo dire sarebbe l'autore di "veline" con lo scopo di danneggiarlo. Viganò, a proposito di Nicolini, parla di "comportamenti gravemente riprovevoli per quanto si riferisce alla correttezza della sua amministrazione", fin da quando era all'Università Lateranense, dove "a testimonianza" dell'allora rettore mons. Rino Fisichella, furono riscontrate "contraffazioni di fatture e un ammanco di almeno settantamila euro". Viganò parla anche di una "partecipazione di interessi" di mons. Nicolini nella società Sri Group, "attualmente inadempiente verso questo Governatorato per almeno due milioni duecentomila euro", mentre altri ammanchi avrebbero colpito altre strutture vaticane. L'ex segretario del Governatorato riferisce al card. Bertone di cattivi comportamenti di Nicolini anche nella gestione dei Musei, puntando poi il dito anche contro altre persone che, a suo dire avrebbero contribuito alla campagna di "denigrazione" ai suoi danni, indicando in particolare Marco Simeon, uomo peraltro molto vicino a Bertone, e il direttore delle Ville Pontificie Saverio Petrillo, parlando persino di un furto avvenuto nelle ville di cui non sarebbe stata data segnalazione né al Governatorato né alla Gendarmeria. Viganò rivendica infine la sua "azione incisiva di ristrutturazione, di contenimento degli sprechi e delle spese", che sarebbe stata all'origine delle numerose critiche sollevate nei suoi confronti.

Il Tempo.it

Lettera di mons. Viganò: carte di credito, fatture false, traffici e complotti