lunedì 23 gennaio 2012

Anno della fede. Bagnasco: intuizione che può diventare evento spirituale di proporzioni grandiose. Aprite la porta della fede per far entrare la luce

Il card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), presidente della CEI, ha tenuto questo pomeriggio la prolusione d'apertura del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale italiana, che si è aperto oggi a Roma. Il discorso del cardinale ha spaziato su tematiche religiose, civili, politiche e culturali, ma nella sua parte iniziale si è occupato del tema della fede popolare, “che viene espressa in maniera genuina, in forma talora pudica ma autentica, come se il passaggio dalla sicumera e dal clima di abbondanza alla trepidazione e all’incertezza, ci riportasse all’essenziale di noi stessi e della vita, alle cose che veramente contano”, ha detto. “Non si può non ammettere che molto di quello che passa come spirito del tempo o come valori, in realtà è il prodotto delle industrie dell’intrattenimento e del consumismo – ha proseguito -. È appena sufficiente tuttavia entrare in contatto vivo col tessuto delle parrocchie ed immergerci tra la gente cosiddetta comune – che lavora per vivere e ha preoccupazioni che si direbbero prosaiche e invece sono semplicemente normali – per ricavarne l’impressione che ancora ci sono davvero i valori cristiani”. Il card. Bagnasco ha richiamato l’Anno della fede che inizierà l’11 ottobre 2012 e terminerà il 24 novembre 2013. Ha così ringraziato Benedetto XVI per aver voluto questo evento ecclesiale e per aver istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. “A nessuno sfugge - ha ricordato il cardinale - la forza di una simile intuizione che può diventare un evento spirituale di proporzioni grandiose”. Non si può accettare che “la porta della fede” resti deserta, né che “il sale diventi insipido” o “la luce sia tenuta nascosta”. Il presidente della CEI ha spiegato che la soglia di quella porta della fede “è mistero e calamita di ogni esistenza, dilemma e dramma, fascinazione e speranza”. “Davanti a quella porta, - ha aggiunto, riprendendo le parole del Pontefice - ciascuno prima o poi viene a trovarsi: meglio per noi, allora, se non ci faremo trovare avvolti nell’indolenza”. Secondo l’arcivescovo di Genova “il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede” e si detto concorde con le parole del Papa secondo cui “se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”. Per il card. Bagnasco “sembra esistere qua e là una strana reticenza a dire Gesù, una sorta di stanchezza, uno scetticismo talora contagioso”. “Al contrario, - ha precisato - c’è l’entusiasmo riscontrabile nei giovani e nei giovani Continenti, a partire dall’Africa dove si è colta un’impressionante vitalità e una larga passione per il Vangelo”. Il porporato ha spiegato la sfida pastorale e posto la 'quaestio fidei' “come far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e testimoniarlo?”. Sul che fare e come ritrovare le radici del “perchè credo” il card. Bagnasco ha indicato l’esperienza della Giornata mondiale della Gioventù che “si sta rivelando un modo nuovo, ringiovanito, dell’essere cristiani”. Ha invitato la Chiesa tutta a “valorizzare l’esperienza del pellegrinaggio ai Luoghi della Terra Santa come ai grandi Santuari sparsi per il mondo”; ha auspicato “lo scambio culturale tra gli immigrati e gli autoctoni, come tra gli studenti internazionali e i coetanei che incontrano nei Paesi e nelle università in cui transitano”, quasi a formare “laboratori di umanità” in grado di fronteggiare “ideologie prepotenti o anche surrettiziamente deboli”; ha sollecitato di “potenziare le testimonianze e i testimoni che, fin dalle origini, la comunità cristiana ha avuto grazie a persone che, toccate dalla grazia, sono diventate dei campioni di fede vissuta”. “Se tutto questo verrà tentato, - ha concluso - ad integrazione organica e supporto intelligente per la pastorale ordinaria, allora davvero si apriranno sentieri nuovi per il Vangelo”.

SIR, Zenit

Prolusione

Card. Cañizares: l’iniziazione cristiana ha sempre un’unione tra Parola e celebrazioni. Rapporto catechesi-liturgia dei neocatecumenali è esemplare

"Penso che il rapporto tra catechesi e liturgia nel Cammino neocatecumenale sia esemplare". Lo afferma il card. Antonio Cañizares Llovera (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in un'intervista alla Radio Vaticana. "L’approvazione di questo Decreto sulle celebrazioni del Cammino neocatecumenale, contenute nel Direttorio catechetico, è per tutta la Chiesa - spiega - un riconoscimento di come l’iniziazione cristiana deve avere sempre un’unione tra Parola e celebrazioni". Il porporato spagnolo fa riferimento al catecumenato antico dove le diverse tappe erano segnate da celebrazioni specifiche per ciascun momento dell’itinerario e rileva che nel Cammino Neocatecumenale "oggi si fa lo stesso: quindi - osserva - non sono tappe artificiali, non si tratta di una semplice metodologia inventata per gli uomini, ma corrispondono all’itinerario della conversione". "Alcuni - sottolinea Cañizares - vogliono fare l’iniziazione cristiana soltanto sulla base della catechesi, di qualcosa cha fa l’uomo e che sia conosciuto soltanto a livello intellettuale", invece nella fede cristiana "la priorità è di Dio: Dio agisce, l’uomo risponde. L’uomo compie un itinerario che deve essere illuminato dalla Parola di Dio, allo stesso tempo deve essere vissuto come azione di Dio e accoglienza dell’azione di Dio". "Questo - conclude il prefetto del dicastero vaticano - nel Cammino neocatecumenale è chiarissimo e oggi, con l’approvazione del Decreto si sottolinea questo".

Vatican Insider

Il card. Cañizares: l’azione di Dio nelle celebrazioni del Direttorio del Cammino neocatecumenale per l’iniziazione cristiana

Il Papa in Messico e a Cuba. I vescovi messicani: con la sua presenza porterà ai Paesi dell'America Latina la vita, la pace e la speranza di Cristo

Un avvenimento pastorale che sicuramente porterà pace, fede e speranza: è quanto scrive la Conferenza Episcopale messicana in un messaggio pubblicato ieri, a due mesi dal viaggio di Benedetto XVI nel Paese. Dal 23 al 26 marzo, infatti, il Papa si recherà in Messico per il suo 23° viaggio apostolico internazionale, che proseguirà poi a Cuba, fino al 28 marzo. “La visita del Papa in Messico – si legge nel messaggio a firma di mons. Carlos Aguiar Retes e Victor René Rodríguez Gómez, rispettivamente presidente e segretario generale della CEM – è una buona notizia e un tempo di grazia per tutta la Chiesa nel Paese”. Per questo, i presuli invitano “i fedeli cattolici a prepararsi con le proprie famiglie, i gruppi e le comunità parrocchiali, seguendo la guida per la formazione spirituale preparata dall’apposita Commissione episcopale”. I vescovi auspicano poi una massiccia partecipazione di fedeli “ai vari momenti pubblici in cui il Papa offrirà il suo messaggio, soprattutto alla Messa che si terrà ai piedi del Santuario nazionale del Cristo Re domenica 25 marzo alle ore 10.00”. La CEM, inoltre, rende noto che crescono di ora in ora le richieste di accreditamento da parte di giornalisti, volontari ed altri collaboratori che presteranno servizio durante il viaggio di Benedetto XVI, così come si conta sulla presenza di vescovi non solo messicani e latinoamericani, ma anche “degli Stati Uniti, del Canada e dell’Europa”, che sono attesi insieme alle delegazioni di “sacerdoti, istituti religiosi, seminari e fedeli laici di tutte le diocesi”. Intanto, è stato lanciato il sito web informativo sul viaggio papale, www.benedictomexico.mx: attualmente in costruzione, il link offre per ora un’immagine sorridente del Santo Padre, nell’atto di impartire la benedizione apostolica e con accanto la Vergine di Guadalupe ed il Cristo Re. “Preghiamo il Signore – conclude la CEM – perché questa visita di Benedetto XVI in America Latina e nei Caraibi, con la sua presenza in Messico e a Cuba, porti ai nostri Paesi la vita, la pace e la speranza di Cristo”.

Radio Vaticana

Il Papa in Messico e a Cuba. Delgado: desideriamo fortemente che il viaggio sia tanto positivo e bello, che lasci nel suo cuore un ricordo grato

"Desideriamo fortemente che anche questa visita del Santo Padre sia tanto positiva e bella come quella del suo predecessore e poi ci auguriamo che lasci nel cuore del Santo Padre un ricordo grato come è accaduto col Beato Giovanni Paolo II". Lo afferma l'ambasciatore cubano presso la Santa Sede, Eduardo Delgado, in un'intervista concesso alla Radio Vaticana. "Il Papa - afferma - conosce bene il nostro Paese e in Vaticano le più alte autorità sono ugualmente a conoscenza della nostra realtà. Nell'espletamento delle nostre funzioni diplomatiche percepiamo, da parte della Sede Apostolica, affetto e rispetto. Ci capita quotidianamente di ricevere da più parti dimostrazioni di questo affetto verso il nostro Paese e di questa conoscenza di ciò che Cuba è". L'indulto previsto dal governo cubano per tremila carcerati, spiega poi l'ambasciatore cubano presso la Santa Sede, "è una doverosa riposta alle richieste dei familiari dei carcerati e delle Chiese, di quella cattolica e del Consiglio delle Chiese. E poi siamo alla vigilia della visita del Papa e perciò è anche un gesto di buona volontà di carattere umanitario. Non si tratta infatti di un gesto politico" ma di qualcosa di più profondo e umano".

TMNews

L'ambasciatore cubano presso la Santa Sede: la visita di Benedetto XVI sarà indimenticabile

Più che probabile la riconferma del card. Bagnasco a presidente della CEI. Nell'odierna prolusione rinnoverà disponibilità alla discussione sull'Ici

Il Consiglio permanente della CEI, il "parlamentino" dei vescovi, che si apre questo pomeriggio a Roma è il primo dopo il cambio di governo e sarà l’ultimo prima della scadenza del mandato del card. Angelo Bagnasco (foto), che il 7 marzo di cinque anni fa venne nominato dal Papa presidente dell’episcopato italiano. Nell’incontro avvenuto nei giorni scorsi con Benedetto XVI, Bagnasco ha presentato come di consueto i temi della prolusione che si terrà oggi. Il termine di marzo appare ancora lontano, ma la riconferma per un secondo quinquennio dell’arcivescovo di Genova è più che probabile: Papa Ratzinger stima il presidente della CEI e ha instaurato con lui un ottimo rapporto personale di collaborazione. Bagnasco, che è solito includere nella prolusioni riferimenti di cronaca anche dell’ultima ora, se necessario, ha limato attentamente il testo. Il cardinale dovrebbe rinnovare la disponibilità della Chiesa italiana a una soluzione che meglio precisi e definisca il tema del pagamento dell’Ici-Imu. Come si ricorderà, all’inizio di dicembre, dopo il cambio di governo e l’annuncio della manovra che sarebbe costata notevoli sacrifici agli italiani, la polemica era divampata. Il presidente della CEI ricorderà che in linea di principio la normativa in vigore è giusta, perché riconosce il valore sociale delle attività svolte da tutti gli enti non profit. Ribadirà che la Chiesa paga l’Ici, e oltre a ripetere che gli eventuali casi di elusione vanno sanzionati con rigore, perché le tasse non sono un optional, rinnoverà la disponibilità ad approfondire e chiarire le norme esistenti: una disponibilità che trova d’accordo l’intero episcopato italiano e che ha già da qualche settimana messo in modo un lavoro congiunto tra la CEI e il governo. Bagnasco non dovrebbe precisare nulla in proposito, i tempi non sono ancora maturi. Ma si sta cercando di arrivare a una soluzione per il prossimo 16 febbraio, quando si terrà l’annuale ricevimento per i Patti Lateranensi all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Il cardinale si dilungherà sulla crisi, in qualche modo "aggiornerà" il concetto di crisi e oltre a descriverne la portata sempre più internazionale e la necessità che essa venga affrontata e condivisa in ambito europeo, ne parlerà a partire dall’esperienza vissuta dalla Chiesa italiana sul territorio, nell’incontro con le persone più in difficoltà. C’è attesa anche per la parte dedicata alla situazione politica del Paese: lo scorso settembre, all’ultimo Consiglio permanente, dal capo dei vescovi venne quella che è stata definita una "spallata" al premier Berlusconi, con un’implicita richiesta di un gesto di responsabilità: non perché i vertici della Chiesa italiana fossero antiberlusconiani per partito preso, ma perché era evidente che una fase si era ormai chiusa. Bagnasco userà parole di collaborazione e di rispetto istituzionale per il governo Monti, senza sbilanciarsi troppo, ma riconoscendo la finalità prioritaria per cui l’esecutivo del professore è nato e per cui ha ottenuto la fiducia di un amplissima maggioranza parlamentare: il risanamento dei conti pubblici. È possibile che nel toccare il tema delle manovre approvate dal governo Monti il presidente dei vescovi sottolinei l’importanza della concertazione, della coesione sociale e del sostegno alle famiglie. Per quanto riguarda l’impegno politico dei cattolici, la CEI cerca di accompagnare il percorso nato con il convegno di Todi e la collaborazione tra le sigle che caratterizzano la galassia del laicato cattolico, divenuta più assidua, non per indicare soluzioni di strategia partitica o di schieramento, ma per mettere a punto una piattaforma ancorata sui valori e sulla dottrina sociale della Chiesa.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Sarà cardinale l'arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica romena. Barbolovici: riconoscimento alla nostra testimonianza di fedeltà al Vangelo

Un vescovo romeno tra i nuovi cardinali nominati da Benedetto XVI. E' Lucian Muresan (foto), attuale arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica romena. Una nomina molto attesa dalla comunità dei romeni cattolici di rito orientale, come conferma padre Basilio Barbolovici, decano dei romeni greco-cattolici del Nord Italia. "Personalmente confidavo in questa nomina come attestazione e riconoscimento della testimonianza data dalla nostra Chiesa nell'essere fedele al Vangelo e alla sede di Pietro. E' un riconoscimento anche per i nostri fedeli". Chiesa di rito orientale, ma fedele a Roma: quella greco-cattolica ha subito la persecuzione comunista negli anni del regime. ma ha dovuto anche sopportare una non facile convivenza con gli ortodossi. Questo a partire dal 1700, anno in cui con il sinodo di Alba Iulia la Chiesa greco-cattolica romena si separò da quella ortodossa, tornando fedele a Roma pur mantenendo l’originale liturgia bizantina ed i canoni orientali. Ma il periodo più drammatico fu quello del regime comunista: nel 1948 il regime, con l'Atto di abrograzione del 1° dicembre, mise al bando la Chiesa greco-cattolica e impose le conversioni forzose alla confessione ortodossa. Furono espropriate tutte le chiese, i conventi, gli asili, le scuole, che divennero edifici dello Stato o furono concessi in uso alla Chiesa ortodossa. Tra il 27 ed il 28 ottobre del ’48 i vescovi greco-cattolici Valeriu Traina Frentiu, Alexandru Rusu, Ioan Balan, Iuliu Hossu, Ioan Suciu e Vasile Aftenie vennero imprigionati e fu loro richiesto il passaggio coatto all’ortodossia. Nessuno di essi accettò. All’inizio della persecuzione, la Chiesa poteva contare su questi sei vescovi, circa 1800 sacerdoti e 2 milioni di fedeli. Oggi i greco-cattolici sono appena un milione e non mancano le problematiche. "Intanto molte persone non sanno di essere di religione greco-cattolica e dunque – spiega padre Barbolovici – c'è tuttora un forte problema di identità". Ma la questione che rimane tuttora in sospeso e che crea non poche frizioni riguarda il patrimonio che fu confiscato oltre sessant'anni fa e che non è ancora stato restituito, se non in parte. "Chiese e canoniche furono consegnate alla chiesa ortodossa – racconta il sacerdote – mentre gli ospedali, le scuole e gli altri edifici assistenziali furono incamerati dallo Stato. E oggi non si riesce a farseli restituire". Ci sono contenziosi in tribunale tuttora in corso. "Per quanto riguarda gli ortodossi ci sono risposte diverse a seconda della diocesi e del vescovo di riferimento. Ad esempio il metropolita Nicolae Corneanu ha voluto restituire i beni spontaneamente". Tornando alle persecuzioni, oggi è in corso la causa di Beatificazione dei sei vescovi romeni perseguitati dal regime. Anche il futuro cardinale Lucian Muresan conobbe sulla propria pelle la persecuzione comunista. "All'epoca – racconta padre Basilio – Muresan era uno studente che stava seguendo la sua vocazione al sacerdozio. Ma con la legge del 1948 gli fu impedito di proseguire gli studi religiosi". Frequentò una scuola di falegnameria e continuò a studiare teologia in segreto. Fu poi accolto nel seminario di Alba Iulia (in via eccezionale erano stati accolti cinque giovani greco-cattolici), ma al quarto anno venne espulso senza una precisa ragione e gli fu ordinato di lasciare la città. Dovette cercarsi un lavoro e per dieci anni fu impiegato come operaio in una cava di pietra. "Lì lavorò insieme a mio padre", racconta commosso padre Barbolovici ricordando la testimonianza di fede data da entrambi durante quel periodo così duro. "Quando mio padre capì che aveva davanti a sé un sacerdote greco-cattolico, gli chiese: 'Ma lei crede?' e la risposta fu: 'Si, credo'. E poi si dissero: 'Siamo stati greco-cattolici e torneremo ad esserlo'. Muresan lavorò in clandestinità come sacerdote, aiutando i giovani a studiare per diventare preti". Con il crollo del regime, nel 1989, la Chiesa greco-cattolica esce dalla clandestinità e nel 1990 Muresan viene nominato vescovo di Maramures. "Quell'anno – ricorda padre Basilio – mio papà andò a trovarlo e quando si videro, piansero l'uno sulla spalla dell'altro". Poi nel 1994 diventa arcivescovo di Fagaras e Alba Iulia. Il 16 dicembre 2005 è divenuto il primo arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica romena per volontà di Benedetto XVI. Ora la nomina cardinalizia, annunciata il 6 gennaio 2012 dal Papa per il Concistoro previsto il 18 febbraio. "La storia della nostra Chiesa – prosegue il sacerdote – deve moltissimo alla sua azione pastorale. Grazie a lui si apre il seminario, si stampano i primi libri di culto e la prima edizione moderna della Bibbia di Blaj. Intanto, nel 1994, avvia la causa di beatificazione dei vescovi morti in carcere. La sua è una attività pastorale molto intensa, merita questo riconoscimento, per lui e – conclude padre Barbolovici – per la nostra Chiesa".

Serena Spinazzi Lucchesi, Gente Veneta

Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (5). Il Papa: se siamo in disaccordo come potranno gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo?

"E' proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa sperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro? Del resto, come sappiamo, lo stesso Maestro, al termine dell’Ultima Cena, aveva pregato il Padre per i suoi discepoli: 'Che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda' (Gv 17,21). La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è, dunque, condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità ed efficacia della loro testimonianza. (...) In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia. (...) C’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito".

Benedetto XVI, 25 gennaio 2010