venerdì 14 dicembre 2012

Attesa per domani la grazia del Papa all'ex aiutante di camera Paolo Gabriele. Il futuro preparato sarà un lavoro ed una casa per lui e per la sua famiglia fuori le Mura vaticane

"Il Signore ha revocato la tua condanna". Questo versetto del profeta Sofonia che fa parte della liturgia delle letture di dopodomani, terza domenica di Avvento, la cosiddetta Dominica "Gaudete" ("Rallegratevi"), accompagnerà, forse, la prima giornata di libertà di Paolo Gabriele, (foto) l'ex maggiordomo di Benedetto XVI protagonista di Vatileaks. Salvo colpi di scena, sempre possibili in casi complessi come quello del Corvo, è attesa per domani la grazia papale, che nell'approssimarsi del Natale assumerà una forte connotazione religiosa, senza andarsi a sovrapporre alla preparazione della celebrazione vera e propria di una delle principali feste della cristianità. La grazia sopravanzerà la giustizia di una condanna a diciotto mesi, pur mite per il solo reato di furto aggravato. Il futuro preparato per Gabriele sarà un lavoro ed una casa per lui e per la sua famiglia fuori le Mura vaticane. Ma "grazia", ha voluto ricordare un comunicato della Segreteria di Stato a fine ottobre, quando Gabriele al passaggio in giudicato della sentenza dovette lasciare gli arresti domiciliari e fu riaccompagnato in cella, non vuol dire buonismo, non vuol dire un atto scontato, persino, in qualche modo dovuto. Il comunicato fu messo nero su bianco per correggere certe interpretazioni e richiamare la gravità di quanto accaduto e di quanto Gabriele ha fatto. Tanto che a fine novembre Gabriele aveva chiesto: "Come faccio ad espiare?". Una domanda che l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI aveva rivolto a un prelato che era andato a trovarlo in carcere. Per evitare ogni indebita pressione si sono fermati nei giorni scorsi i preparativi di una possibile fiaccolata che "Amici di Gabriele" avrebbero voluto organizzare intorno a San Pietro. All'interno della piccola Città-stato qualcuno si è spinto, nelle settimane scorse, fino a chiedere un gesto di perdono in qualche modo pubblico di Bendetto XVI, sulle orme della storica visita di Giovanni Paolo II a Rebibbia al suo attentatore Alì Agca, nel 1983: una visita nella cella della Gendarmeria. Ma il perdono, neppure per Agca, volle dire subito scarcerazione, che arrivò per intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, solo nel 2000, anno del Grande Giubileo. Nella ricordata nota della Segreteria di Stato si sottolineava che la grazia "è un atto sovrano del Santo Padre", e in quanto tale non è detto debba essere legato a pre-condizioni, ma subito dopo si precisava che "essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi", tra i quali c'è anche il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, vero bersaglio dei Vatileaks.

Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera