martedì 2 ottobre 2012

Superiore lefebvriani tedeschi: diremo alla Santa Sede che le sue richieste dovranno essere abbandonate se si vuole arrivare a una normalizzazione. Lettera del Papa risposta a una nostra domanda

Franz Schmidberger, superiore del distretto tedesco della Fraternità San Pio X e primo successore di mons. Lefebvre alla guida dei lefebvriani, in un'intervista dello scorso 18 settembre, ha fatto il punto della situazione dei rapporti con la Santa Sede rivelando nuovi particolari sulla lettera inviata da Benedetto XVI al vescovo Bernard Fellay lo scorso giugno. Schmidberger ribadisce le richieste formulate dalla Fraternità per arrivare alla "normalizzazione" dei rapporti con Roma: "Innanzitutto, che ci sia permesso di continuare a denunciare certi errori del Concilio Vaticano II, vale a dire di parlare apertamente. In secondo luogo, che ci sia accordato di non utilizzare i libri liturgici del 1962, in particolare il messale. In terzo luogo, che ci sia sempre un vescovo nei ranghi della Fraternità, scelto al suo interno". Il superiore del distretto tedesco, notoriamente vicino a Fellay e rappresentante dell’anima più dialogante della Fraternità, nell’intervista parla di un "cambiamento" avvenuto il 13 giugno, in occasione dell’ultimo incontro tra lo stesso Fellay e il card. William Levada, all’epoca Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. "Ci ha presentato un nuovo documento dottrinale che, da una parte, accetta il testo proposto da mons. Fellay, ma da un’altra, contiene dei cambiamenti significativi ce ci pongono un vero problema: questo ha creato una situazione nuova". Franz Schmidberger conferma che la lettera di Benedetto XVI a Fellay è "una risposta a una domanda che abbiamo fatto al Papa". E per la prima volta rivela il contenuto di questa domanda: "Volevamo sapere se questi nuovi requisiti sono stati effettivamente aggiunti con la sua approvazione, se venissero davvero da lui o invece da alcuni dei suoi collaboratori". Dunque i lefebvriani avevano chiesto un’udienza a Papa Ratzinger e chiedevano se davvero il nuovo preambolo dottrinale fosse stato voluto dal Pontefice. Il Papa "ci ha assicurato che era la sua volontà che noi accettassimo queste nuove esigenze". Il superiore del distretto tedesco sintetizza così il contenuto del preambolo: "In particolare, ci viene domandato di riconoscere la 'liceità' della nuova liturgia. Io credo che si intenda la 'legittimità' della nuova liturgia". Si afferma poi che "è possibile proseguire le discussioni su alcune sfumature del Concilio, ma dobbiamo essere disposti ad accettarne semplicemente la continuità, vale a dire considerare il Vaticano II nella linea ininterrotta degli altri Concili e insegnamenti della Chiesa. E questo fa problema. Ci sono delle incoerenze nel Concilio Vaticano II che non possono essere negate. Noi non siamo in grado riconoscere questa ermeneutica della continuità". "Penso che diremo alle autorità romane che noi difficilmente possiamo accettare queste richieste e che queste dovranno essere abbandonate se si vuole arrivare a una normalizzazione. Durante i colloqui che ci sono stati tra l’ottobre 2009 e l’aprile 2011, è apparso evidente che ci sono punti di vista molto diversi sul Concilio, su certi testi del Vaticano II e del magistero postconciliare». Schmidberger nell’intervista critica il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, definendolo "ostile" alla Fraternità. Esprime apprezzamento per il vicepresidente della commissione Ecclesia Dei, l’arcivescovo Augustine Di Noia, con il quale la Fraternità è in contatto. E attacca il nuovo segretario della Congregazione per il Culto Divino, mons. Arthur Roche, definendolo un oppositore del Motu Proprio che ha liberalizzato la Messa antica. Aggiunge anche di non credere possibile una nuova scomunica, nel caso la Fraternità San Pio X risponda negativamente ai due punti – la liceità della nuova messa e la continuità della dottrina – richiesti dal preambolo: "Il Papa nel 2009 ha lui stesso tolto la scomunica che pesava sui quattro vescovi della Fraternità", una nuova scomunica "sarebbe una mancanza di coerenza fra il suo pensiero e i suoi atti… Siccome la Fraternità è, in qualche modo, la colonna vertebrale, il punto di riferimento per tutti coloro che sostengono tradizione nella Chiesa", la nuova scomunica "sarebbe un disastro. Non tanto per la Fraternità ma per la Chiesa".

Andrea Tornielli, Vatican Insider