sabato 13 ottobre 2012

Mons. Santoro: sull'Ilva di Taranto non offriamo soluzioni, ma la vicinanza, consapevoli della missione di farci pellegrini accanto a chi soffre, favorendo il dialogo e la concertazione per il bene comune

Il dramma dell’Ilva di Taranto è stato richiamato questa mattina nel corso dei lavori del Sinodo da mons. Filippo Santoro (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Taranto. “La nuova evangelizzazione ha sete di incontrare i cristiani ormai lontani e di dialogare con la cultura attuale del mondo. Ma il mondo molte volte non ha nessuna voglia di dialogare con noi e se lo fa è solo in battaglie da lui fissate secondo lo spirito del tempo”, ha sottolineato il presule. Ma, ha aggiunto, “anche agli inizi dell’evangelizzazione nessuno aveva interesse a dialogare con i cristiani, con quella piccola schiera di uomini strani che credevano che un uomo crocifisso fosse risorto. Ma era proprio a questo mondo che essi si rivolgevano mostrando a chi li ignorava o li perseguitava l’esperienza di una vita cambiata e la proposta di salvezza”. In realtà, “a quel mondo non si rispondeva con un discorso, ma con il miracolo di una umanità trasformata”. Mons. Santoro ha raccontato la sua storia: “Dopo 27 anni di missione e di servizio alla Chiesa in Brasile sono tornato in Italia, in una diocesi di antica evangelizzazione, in un contesto di diffusa e sentita religiosità popolare dove la fedeltà è fortemente provocata dalla secolarizzazione”. E proprio a Taranto l’arcivescovo si è dovuto confrontare con una situazione molto difficile: “Per gli effetti inquinanti della più grande fabbrica siderurgica d’Europa – ha spiegato -, dodicimila persone (ventimila con l’indotto) rischiano di perdere il posto di lavoro, mentre molte altre persone già sono state vittime di tumori e di altre gravi malattie a causa della contaminazione ambientale”. La Chiesa, ha precisato mons. Santoro, “non è stata a guardare, ma ha preso subito partito per la difesa della vita attaccata dalla diossina e da altre sostanze tossiche, ma ha anche difeso il lavoro che permette lo sviluppo della vita. Non avendo a disposizione una ricetta per la soluzione di questo grave problema, abbiamo offerto una presenza solidale e un sostegno concreto a quanti sono toccati dagli effetti disastrosi di questa triste alternativa in questo periodo di recessione economica mondiale”. Il presule ha chiarito: “Non offriamo soluzioni, ma la vicinanza, consapevoli della missione di farci pellegrini accanto a chi soffre, favorendo il dialogo e la concertazione per il bene comune”. Per questo, ha proseguito l’arcivescovo di Taranto, “ho visitato gli operai dell’altoforno 5 che scioperavano a 60 metri d’altezza ed ho incontrato gli ammalati di tumori, ho visitato la lega contro la leucemia, la sclerosi multipla, l’associazione nazionale tumori e altre associazioni, tra cui i bambini contro l’inquinamento”. Ma, ha concluso il presule, “il conflitto rimane aperto e vediamo la profonda crisi umana e sociale di questo modello di sviluppo economico. Gesù ha abbracciato il bisogno, si è messo dal lato dei poveri, dei peccatori, degli esclusi. Li ha amati ed in questo ha rivelato il volto del Padre”.

SIR

Intervento di mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto