martedì 9 ottobre 2012

Le relazioni sui Continenti: anche se indispensabile, l'organizzazione istituzionale della Chiesa non è sufficiente, gran parte dell'umanità non ritrova il Vangelo nell'evangelizzazione permanente. Fare un esame di coscienza

"Anche se indispensabile, l'organizzazione istituzionale della Chiesa non è sufficiente: gran parte dell'umanità di oggi non ritrova il Vangelo nell'evangelizzazione permanente della Chiesa"". Lo ha denunciato al Sinodo il presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano, l'arcivescovo messicano Carlos Aguiar Retes. "La Nuova Evangelizzazione - spiega presentando in aula il rapporto sul Continente americano - esige la comunione ecclesiale. Per raggiungere la Nuova Evangelizzazione e trasmettere la fede alle nuove generazioni, la Chiesa deve farsi in tutta onestà un esame di coscienza sul modo di vivere la fede". "In Africa - rileva da parte sua il card. Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam in Tanzania e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar - vi sono elementi culturali che impediscono una vera evangelizzazione. Tra questi elementi si possono citare i perenni conflitti su base tribale, le malattie, la corruzione, il traffico di esseri umani, l'atrocità degli abusi sui bambini e la violenza nei confronti dei minori e delle donne". Secondo il presidente del SECAM, "un altro ostacolo che la Nuova Evangelizzazione in Africa non deve trascurare è l'attualità del fondamentalismo islamico nel continente. A tale riguardo, gli evangelizzatori devono affrontare la difficoltà di dialogare con la grande maggioranza di bravi musulmani, che però non si esprimono, e con i piccoli gruppi di fondamentalisti, che non sono disposti ad accettare nemmeno la verità oggettiva che viene contrapposta alla loro posizione preconcetta". Il porporato ha messo in guardia dal rischio di impoverire l'Africa "importando" il suo clero in altri Continenti che sofforno della crisi delle vocazioni: "la Chiesa in Africa viene privata degli evangelizzatori più qualificati, mentre la Chiesa occidentale, ricca dal punto di vista materiale, riceve evangelizzatori il cui obiettivo principale è il guadagno materiale"."Tutti i paesi dell'Oceania - ha rilevato invece mons. John Atcherley Dew, arcivescovo di Wellington, presidente della della Federazione delle Conferenze dei vescovi cattolici dell'Oceania - sono ormai decolonizzati da ben 50 anni oppure hanno raggiunto una qualche forma di autogoverno, mentre altri stanno ancora lottando per trovare una modalità di governo che rifletta sia le loro peculiarità culturali, sia le istanze di una moderna democrazia, per esempio Fiji e Tonga". Secondo il presule, l'attuale e costante instabilità politica di tanto in tanto esplode in atti di violenza, talvolta con perdita di vite umane. Molti di questi paesi/diocesi - però - sono seriamente colpiti dal cambiamento climatico, per esempio le isole Kiribati, Tuvalu, Tokelau, Rotuma, le Isole Cook Settentrionali e la Polinesia Orientale, situate a poca altezza sul livello del mare". "Il mare e la terra, l'acqua e il suolo... con il loro splendore e la loro bellezza - ha affermato - sono gravemente minacciati e ancor più lo sono le persone che dipendono dai doni del mare e della terra. La preoccupazione della Chiesa nei confronti dei poveri e dei più fragili deve rivolgersi anche alle particolari esigenze di potenziali profughi ambientali". Sull'Asia ha parlato il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombaye e segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences". "L'India e la Cina, dove vive il 37% della popolazione mondiale - ricorda - stanno emergendo quali protagonisti della scena internazionale in molti settori". "Le sfide che dobbiamo affrontare - ha detto il cardinale indiano - sono immense. Ma le possibilità sono grandi. La giovane Asia è benedetta da un'esplosione di comunicazioni senza precedenti. Ciò non va visto come una minaccia, bensì come un gran dono di Dio, da usare per diffondere la Buona novella" Soffermandosi sul contesto asiatico, il card. Gracias, ha sottolineato che in questa cultura "la religione è più il discepolato di una persona che l'adesione a una dottrina o l'obbedienza a una serie di regole". "L'adesione a una dottrina nasce - fotografa Gracias - come il frutto dell'essere discepolo di un maestro. Inoltre la mentalità asiatica trova maggior significato nella preghiera contemplativa che nella meditazione discorsiva". "Queste - conclude - sono ricchezze su cui possiamo lavorare e condividere col mondo. Le nostre liturgie rappresentano un punto centrale della nostra fede cristiana, ma se la contemplazione viene posta al centro almeno del servizio para liturgico, ciò potrebbe portare una profonda gioia alla nostra gente, che sente la presenza di Dio e da lui si sente rafforzata".

Agi

RELAZIONI SUI CONTINENTI