lunedì 24 settembre 2012

Suscita qualche perplessità la decisione del Vaticano di fare partecipare al processo di Paolo Gabriele solo alcuni operatori dei media attraverso un parziale principio di rotazione

Ci saranno alcuni posti fissi, e altri a rotazione, per un totale di otto. Fra i “fissi” sono presenti Associated Press, Reuters, e Agence France Presse. Un quarto posto è attribuito a un’agenzia italiana. Giustamente il vaticanista dell’Agi, Salvatore Izzo, critica su Il Blog degli amici di Papa Ratzinger il modo in cui si è decisa la composizione del pool di giornalisti che seguirà il processo a Paolo Gabriele, a partire da sabato prossimo. Una premessa. Non vediamo perché un processo che riguarda la persona più importante per un miliardo e duecento milioni di cattolici non possa essere trasmesso a circuito chiuso nell’aula della Sala Stampa vaticana. Ma le ritrosie vaticane su questo punto, condivise da alcuni Stati americani, se non ci sbagliamo, e dalla Gran Bretagna possono essere umanamente comprensibili. Quello che ci sembra più difficilmente comprensibile è questo. La maggioranza dei cattolici nel mondo sono ispanofoni. Anche negli Stati Uniti la Chiesa Cattolica sta assumendo una fisionomia sempre più “latina”. Che senso ha allora non dare un posto di osservazione fisso a un’agenzia di stampa, o a un mezzo di comunicazione nella lingua più parlata dai fedeli del pianeta? Fra l’altro, il “furto” della pepita e dell’assegno dedicato alla carità del Papa erano stati fatti a danno di persone che, appunto, parlano spagnolo. E se ci si dice che assegnare un posto in più fisso ridurrebbe lo spazio per i “volanti”, la soluzione potrebbe essere questa: le due agenzie in lingua inglese si alternerebbero nella presenza. E’ vero che si tratta di un pool, e che di conseguenza i colleghi a esso dedicati dovrebbero comunicare a tutti gli altri ciò che hanno visto, sentito e percepito. Ma sappiamo da lunga esperienza, che anche nel migliore dei casi, anche con tutta la buona volontà possibile, così non è. A chi è lì, di persona, anche se condivide tutto, resta sempre qualche cosa di più in tasca. E dal momento che si tratta di informare, con equilibrio e senza i pregiudizi mostrati nel recente passato da qualcuna delle agenzie prescelte, l’orbe cattolico su qualche cosa che riguarda la persona e la casa del Papa, ci sembra plausibile e ragionevole che vengano rispettati criteri di appartenenza linguistica. Senza discriminazioni, fra l’altro, fra chi è cattolico e chi non lo è. Esistono mezzi di informazione ispanofoni in area cattolica che potrebbero benissimo svolgere questo compito. E sarebbe veramente straordinario che non venissero scelti appunto perché sono cattolici.

Marco Tosatti, Vatican Insider

Il processo a Gabriele, la scelta dei media che assisteranno alle udienze ed il Vaticano che si piega alla logica del più forte. Il commento di Salvatore Izzo