venerdì 28 settembre 2012

Sinodo dei vescovi 2012. Cervellera: la nuova evangelizzazione interessa la missione 'ad gentes', come pure i nuovi scenari politici, economici, scientifici, religiosi

Dal 7 al 28 ottobre si tiene in Vaticano l'Assemblea generale del Sinodo dei vescovi dal tema "La Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". "Dalla celebrazione del Sinodo - come afferma l'"Instrumentum Laboris" - ci si attende... che la Chiesa moltiplichi il coraggio e le energie a favore di una nuova evangelizzazione che porti a riscoprire la gioia di credere, e aiuti a ritrovare l'entusiasmo nel comunicare la fede". Invece dell'entusiasmo si incontra qua e là un po' di scetticismo e disinteresse: poche riflessioni, pochi dibattiti, pochi contributi. Anche nel mondo missionario vi è un certo scetticismo. Alcuni ritengono che la nuova evangelizzazione riguardi solo il mondo occidentale. Un missionario 'ad gentes', sperduto nelle foreste, o fra popoli molto religiosi dell'Africa o dell'Asia non sente il dramma dell'insensibilità alla fede e il velo di indifferenza del secolarismo. Questa visione un po' rousseauiana, degli indigeni ingenui lontani dai mali e dai veleni dell'occidente, è però falsa. Anzitutto perché la forza della globalizzazione è riuscita a penetrare gli antri più nascosti delle foreste e dei deserti, dove si possono trovare radio, cellulari, coca-cola e denaro, istillando nuove mentalità; in secondo luogo perché la secolarizzazione, nel senso di un vivere come se Dio non esistesse abbraccia molto mondo che la tradizione attribuisce alla missione 'ad gentes'. Basta pensare alla secolarizzazione che si vive in molte città delle Filippine, o all'ateismo scientifico propagato nelle megalopoli indiane, spesso in contrapposizione all'invadenza dell'induismo o di altre religioni, per non parlare dei colossi dell'ateismo statalistico come la Cina, il Vietnam, la Corea del Nord e diversi Paesi dell'Asia centrale, insieme alla Russia. Non sono esenti nemmeno i Paesi del Medio oriente, o quelli dell'Africa. In realtà, il fenomeno del fare a meno di Dio e di un riferimento religioso ha carattere globale, universale e perciò interessa i cristiani di tutte le latitudini. Non per nulla, fra i membri del Sinodo, gli esperti e gli uditori vi sono decine di personalità di spicco nelle culture dell'Africa, dell'Asia e dell'America latina, a conferma che le tematiche del Sinodo interessano il pianeta perché colpiscono tutte le culture del pianeta. Lo stesso si può dire per gli altri orizzonti che l'Assemblea vuole affrontare: le migrazioni, lo scenario economico, politico, la ricerca scientifica e tecnologica, la comunicazione, i fondamentalismi. In realtà è venuto il tempo in cui un missionario deve ritenersi parte di una Chiesa che evangelizza il mondo: non ci può essere missionario all'estero che non abbia a cuore anche il risveglio della fede nel suo Paese di origine; e non ci può essere cristiano italiano o di altra Chiesa antica che non abbia cura dell'evangelizzazione del mondo. Lì dove pulsa un cuore cattolico, in Italia, in India, in Cina, vi è lo slancio alla missione universale. Per questo l'Instrumentum Laboris parla di convergenza e complementarietà fra la missione ad gentes e la nuova evangelizzazione (nn. 76-89). Questo Sinodo ha un'importanza capitale non solo per la missione 'ad gentes', ma soprattutto per i missionari 'ad gentes'. Esso infatti vuole rilanciare la missione intesa come comunicazione personale della fede in Gesù Cristo. Troppo spesso la missione è stata ridotta a un oggetto, a qualcosa da fare. E si è data per scontata l'origine di tutto questo, si è dimenticato che missione è anzitutto fede che si comunica con gioia ed entusiasmo. Il Sinodo vuole mettere al centro della missione la fede. Essa "non è soltanto una dottrina, una sapienza, un insieme di regole morali, una tradizione. La fede cristiana è un incontro reale, una relazione con Gesù Cristo" (n.18). Per comunicare la fede occorre avere ben compreso le ragioni per cui si crede, i motivi per cui si è cristiani, e non buddisti, o musulmani, o atei, offrendo agli altri il "di più" che si è incontrato nel dono fattoci da Gesù Cristo. Perché questo avvenga è fondamentale riscoprire la tradizione viva della Chiesa, il Catechismo e il Concilio Vaticano II, troppo spesso bistrattati e non capiti. E occorre anche trovare nuove forme dell'annuncio anche nei nuovi areopaghi, come i media, divenuti forse il primo ambito della missione universale, anche quella ad gentes (nn. 61-62). Noi di AsiaNews vogliamo servire il Vangelo e il Papa in questo rinnovamento della missione.

Bernardo Cervellera, AsiaNews