lunedì 20 agosto 2012

Anno della fede. La sfida di credere in Gran Bretagna, non solo per la Chiesa Cattolica. Relativismo all'inglese: guai a dirsi cristiani

Sessant’anni fa alla sua incoronazione la regina Elisabetta II, al pari degli altri sovrani britannici prima di lei, promise di custodire "le leggi di Dio e la vera professione del Vangelo". Ma oggi, ci dice George Hargreaves del Christian Party, "la Gran Bretagna pare scesa in guerra contro il Vangelo, e contro se stessa". I cristiani britannici che mostrano la loro fede sul posto di lavoro rischiano di essere degradati o licenziati. Il governo, prosegue Hargreaves, "continua imperterrito a promuovere l’agenda dei 'nuovi diritti civili' finendo per criminalizzare l’espressione pubblica della fede cristiana. Io stesso ho rischiato la sospensione per aver attaccato nel mio ufficio un poster che diceva 'La Gran Bretagna è un Paese cristiano'. Mi hanno detto di toglierlo perché era offensivo verso gli atei e gli esponenti di altre fedi, e che incitava all’odio religioso. Un’assurdità!". A poche settimane dall’Anno della fede, le sfide che la Chiesa in Gran Bretagna (e non solo quella cattolica) si trova ad affrontare sono decisamente impegnative. "Se i cristiani non fanno qualcosa subito – spiega Andrea Minichiello-Williams, direttore del Centro legale Christian Concern for Our Nation – il Paese imboccherà presto la strada della demonizzazione della pratica religiosa". Negli ultimi anni i casi di discriminazione sul posto di lavoro sono cresciuti a vista d’occhio, con episodi di licenziamento o sospensione tra medici, infermieri e impiegati solo perché indossavano una catenina con la croce, o perché avevano osato pregare in pubblico. Sono più di dieci anni ormai, spiega Paul Diamond, avvocato, che "ai cristiani viene chiesto di non menzionare Dio sul posto di lavoro perché questo potrebbe offendere non solo i musulmani ma anche gli atei e persino i gay. L’islam ha acquisito una sorta di status di 'religione protetta' mentre quella che da sempre è la religione di Stato oggi è sostanzialmente perseguitata". Lo stesso premier David Cameron (nella foto con Benedetto XVI) ha dovuto riconoscere alcuni eccessi e ha esortato i cristiani a "lottare contro la secolarizzazione della Gran Bretagna". In un recente discorso ai leader della Chiesa ha detto di credere che "l’insegnamento cristiano può aiutarci ad avere i forti valori di cui abbiamo bisogno" e che "dovremmo celebrare la nostra fede a voce alta". Un concetto che è stato rimarcato pochi giorni fa anche dal suo predecessore Tony Blair, che peraltro non aveva mai parlato di religione nei suoi anni a Downing Street. Durante un dibattito a Westminster sulla fede nella vita pubblica, accanto al leader della Chiesa anglicana Rowan Williams, Blair ha detto di
credere nella "salvezza attraverso Gesù Cristo" e ha incoraggiato gli altri cristiani a fare lo stesso. "Penso che le persone che stanno spingendo questo secolarismo aggressivo – ha aggiunto l’ex premier, già anglicano e oggi cattolico – abbiano qualcosa in comune con gli estremisti religiosi. Di fronte all’estremismo è facile per un secolarista dire 'sono tutti pazzi, non ascoltateli'". Anche l’ex primate della Chiesa cattolica d’Inghilterra e Galles, Cormac Murphy-O’Connor, ha messo recentemente in guardia contro i pericoli del relativismo affermando che esso «favorisce la violenza e ha aiutato i regimi totalitari che hanno ucciso milioni di persone nel XX secolo". "Nel nome della tolleranza – ha continuato portando come esempio la recente iniziativa del governo Cameron per introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso – mi sembra che la tolleranza sia stata abolita. Nessuno è obbligato a essere cristiano, ma nessuno dovrebbe essere obbligato a vivere secondo la nuova religione secolare". La velocità con cui si è imposto il relativismo, scriveva qualche tempo fa il Daily Telegraph citando una ricerca della House of Commons Library, significa che la Gran Bretagna tra soli vent’anni potrebbe non essere più un Paese cristiano. Se il trend dovesse proseguire, entro il 2030 il numero dei non credenti potrebbe superare quello dei cristiani. Attualmente si stima che il cristianesimo nel Regno Unito perda mezzo milione di credenti l’anno, mentre aumentano quanti si dicono atei o agnostici, e altre religioni sono in ascesa: negli ultimi 6 anni i musulmani sono cresciuti del 37% fino a 2milioni 600mila. Ma "nonostante i numeri – ricorda George Hargreaves – la Gran Bretagna rimane un Paese cristiano. Dobbiamo solo riuscire ad alzare di più la voce e farci sentire".


Elisabetta Del Soldato, Avvenire