domenica 1 luglio 2012

L'ansia di Giovanni XXIII per il Concilio Vaticano II. Le raccomandazioni in un'Enciclica e nella lettera alle religiose dell'inizio del luglio 1962

Inizio luglio 1962. Mancano quattro mesi e undici giorni all’apertura del Concilio. Papa Giovanni XXIII, sulla scia di sue precedenti simili esortazioni, sente ancora una volta il bisogno di raccomandare ai fedeli preghiere e atti di mortificazione per la buona riuscita della grande assemblea ecumenica. E lo fa con due documenti a date ravvicinate. Il 1° luglio 1962 (ricorreva allora in questo giorno la festa del Preziosissimo Sangue di Gesù) promulga l’Enciclica “Paenitentiam agere” ("Fare penitenza") diretta ai vescovi e, tramite loro, ai cattolici di tutto il mondo. Il giorno seguente 2 luglio, a quel tempo festa della Visitazione di Maria, indirizza segnatamente alle religiose la Lettera “Il tempio massimo” (il riferimento è a Roma sede di Pietro, il tempio massimo della cristianità che si prepara ad accogliere i Padri conciliari) con la quale chiede a tutte le sorelle consacrate speciali preghiere perché il Concilio si trasformi “in una novella Pentecoste”. “Già il clero recita in unione con noi il Breviario di ogni giorno per il felice esito del Concilio”, osserva il Papa, che lo stesso anno, nella Solennità dell’Epifania, aveva indirizzato un’esortazione in tal senso ai sacerdoti. “È naturale”, scrive ora alle religiose Giovanni XXIII, “che in questo clima d’intensa preparazione debbano distinguersi coloro che a Dio hanno fatto totale offerta di sé stesse, e sono divenute familiari all’esercizio della preghiera e della carità più fervida”. La lettera, oltre che l’invito alla preghiera, comprende un’attenta disamina degli aspetti e della missione della vita consacrata che, ricorda il Papa, affinché “corrisponda sempre meglio ai desideri del Cuore divino, è necessario che essa sia in realtà: 1. vita di preghiera; 2. vita di esempio; 3. vita di apostolato”.L’enciclica “Paenitentiam agere” si apre con la premessa che “far penitenza dei propri peccati, secondo l’esplicito insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo, costituisce per l’uomo peccatore il mezzo per ottenere il perdono e per giungere alla salvezza eterna”. Perciò, prosegue Giovanni XXIII rifacendosi alla costituzione apostolica di indizione del Concilio, “abbiamo voluto rivolgere ai fedeli l’invito a prepararsi degnamente al grande avvenimento non solo con la preghiera e con la pratica ordinaria delle virtù cristiane, ma altresì con la volontaria mortificazione”. Il Papa cita i profeti, la cui voce incessante sprona il popolo d’Israele a supplicare Dio con cuore contrito, Gesù Cristo, Giovanni Battista, gli Apostoli Pietro e Paolo, Sant’Agostino, con i loro ripetuti richiami alla penitenza come strumento di purificazione e di rinnovamento spirituale. Passa poi a illustrare il pensiero e la prassi della Chiesa sul tema, ricordando che anche i suoi predecessori, nel preparare la celebrazione dei Concili ecumenici, si preoccupavano di esortare i fedeli alla mortificazione interiore ed esteriore. “Noi pensiamo”, scrive ancora il Papa, “che al prossimo Concilio si possono giustamente applicare le parole dell’apostolo: ‘Ecco ora il tempo favorevole, ecco ora il giorno della salvezza’”. E torna a ribadire l’efficacia della preghiera, soprattutto quella pubblica e collettiva, perché attraverso di essa e con gli atti di penitenza i fedeli “impetrino da Dio che questo straordinario avvenimento produca quei frutti salutari, che sono nell’attesa di tutti; e cioè un tale ravvivamento della fede cattolica, un tale rifiorimento di carità e incremento del costume cristiano, che risvegli anche nei fratelli separati un vivo ed efficace desiderio di unità sincera e operosa, in un unico ovile sotto un solo pastore”. C’è in queste parole, che si concludono con il passo di Giovanni, tutta l’ansia ecumenica di Papa Roncalli, la speranza, da lui coltivata fin dal primo annuncio, che la grande assemblea che sta per aprirsi avvicini l’ora in cui si realizzerà per tutti la preghiera di Gesù nell’ultima cena: “Ut unum sint”. La raccomandazione finale della “Paenitentiam agere” è perché “i venerabili fratelli, i fedeli – e in primo luogo i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i fanciulli, gli ammalati, i sofferenti”, già precedentemente chiamati in causa dal Pontefice, “diligentemente prestino attenzione anche a questo nostro ultimo invito”. L’Enciclica infatti è l’ultima della serie degli appelli generali scritti pro Concilio di Giovanni XXIII. Il grande evento è ormai alle porte. Il prossimo atto “ufficiale” del Papa sarà il 6 agosto di quell’anno di grazia 1962, quando con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Appropinquante Concilio” promulgherà il regolamento del Vaticano II.

SIR


Paenitentiam Agere (1° luglio 1962)

Il tempio massimo, per invitare le religiose a speciali preghiere per il Concilio Ecumenico Vaticano II (2 luglio 1962)