giovedì 22 marzo 2012

Il Papa in Messico e a Cuba. Il mancato incontro con vittime del fondatore dei Legionari di Cristo rischia di compromettere la missione di Benedetto

"Non è previsto un incontro con le vittime di Maciel, i vescovi non l’hanno chiesto". Con queste parole, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha escluso la possibilità che il Papa riceva, durante il viaggio in Messico, chi ha subito molestie sessuali dal fondatore dei Legionari di Cristo. Una decisione controversa, anche all’interno della Curia romana. Nel frattempo, le vittime si preparano per colpire di nuovo, e potrebbero appannare il viaggio latinoamericano di Benedetto XVI. "Non è stato chiesto. Negli altri Paesi nei quali questo tipo d’incontri con le vittime degli abusi si è verificato, i vescovi hanno sollecitato il Papa a farlo perché il problema era molto sentito nella società e nella Chiesa. In questo caso non è previsto nel programma e non si dovrebbe realizzare. È escluso", ha dichiarato il religioso gesuita, mentre esponeva le tappe del viaggio pontificio in America Latino alla stampa internazionale. Il vescovo di Roma rimarrà in Messico tre giorni, ma la sua agenda prevede soltanto cinque i momenti pubblici. La maggior parte del tempo riposerà, per riprendersi del viaggio di 14 ore che affronterà venerdì 23 marzo, quando l’aereo del Papa decollerà dalla capitale italiana verso il centrale stato del Guanajuato. Non sarebbe, quindi, difficile trovare un momento libero durante il quale si potrebbe includere un breve incontro con le vittime del fondatore della Legione, opera religiosa che ha goduto per diversi anni di molto prestigio. Ma gli ostacoli per questo gesto del Pontefice sono diversi. Tra coloro che hanno subito abusi da Maciel vi sono diverse posizioni, tutte critiche. Alcuni ex legionari credevano possibile che il Papa ricevesse le vittime, ma le loro illusioni sono crollate in fretta. Altri, invece, hanno rifiutato qualsiasi possibilità sin dall’inizio. "La verità è che era scontato. Io ho interpretato il recente viaggio in Messico del delegato pontificio (per la riforma della Legione, Velasio De Paolis), che non si è riunito con le vittime, come la risposta ufficiale di un non incontro con il Papa", ha detto a Vatican Insider Patricio Cerda, membro della congregazione da 17 anni e, attualmente, uno dei supporti dell’Associazione di Aiuto per le Vittime della Legione di Cristo. "Secondo me, da una parte, è triste, perché da Benedetto XVI ci si aspetta di più del 'politicamente corretto', si aspetta che sia un pastore vero. Dall’altra, ci sono in gioco diversi interessi dei cardinali, compreso il primate del Messico (card. Norberto Rivera Carrera), che ha difeso Maciel sino alla fine. Le vittime dirette del fondatore non vogliono diventare parte di un semplice gioco mediatico", ha aggiunto. Inoltre, ha criticato le parole di Lombardi, secondo il quale, questo problema non sarebbe "sentito dalla società". "I casi riconosciuti di pedofilia clericale, come quello del fondatore dei Legionari, hanno avuto portata mondiale, e continuano a perseguitare la Chiesa e l’istituzione stessa", ha spiegato. In effetti, il caso di Marcial Maciel Degollado è emblematico; uno scandalo enorme, non solo per gli abusi del sacerdote su otto ex-allievi, che (nel 1998) hanno avuto il coraggio di denunciarlo pubblicamente e, in cambio, hanno subìto una feroce campagna mediatica di discredito, ma anche perché durante anni diverse personalità della Chiesa messicana e anche in Vaticano erano a conoscenza delle accuse, ma le hanno semplicemente ignorate. Non è un episodio minimo di pedofilia. Il sacerdote ha avuto una doppia e anche tripla vita. Da una parte, ha costruito una congregazione religiosa modello, guadagnandosi il supporto di alti vertici, mentre, da un’altra, ha commesso diversi abusi sessuali, facendo uso sistematico di droghe. Non solo. Il religioso ha avuto delle amanti dalle quali ha avuto diversi figli. Un vero shock, quando il 1° maggio 2010, il Vaticano ha dichiarato che i "gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti del padre Maciel, confermati da testimoni incontrovertibili, rappresentano, in alcuni casi, autentici reati e manifestano una vita senza scrupoli né autentico senso religioso". Il riconoscimento formale degli abusi del sacerdote messicano è diventato la conclusione simbolica del processo che aveva cominciato nel 1998, quando un giornale del sud degli Stati Uniti aveva pubblicato per la prima volta la testimonianza delle vittime. Da quel momento, e anche negli anni seguenti, il caso di Maciel è stato motivo di divisioni, una vera e propria pietra dello scandalo per la Chiesa del Messico. Un’ombra che è giunta sino alla Santa Sede e fino a Giovanni Paolo II. Oggi, chiama in causa Benedetto XVI in persona, che nel maggio 2006 ha obbligato il sacerdote a ritirarsi a "una vita di preghiera e penitenza, lontano da qualsiasi ministero pubblico". Neanche dopo questa sanzione, né dopo la morte del “Nostro padre” (così lo chiamavano i suoi seguaci), i vescovi messicani hanno pronunciato un chiaro “mea culpa”. Neanche coloro che lo difendevano. Anzi, la sua figura è diventata imbarazzante. Le vittime, invece, sono diventate, lentamente, i principali accusatori, durissimi, della Chiesa. Guidate da José Barba Martín, adesso si preparano a colpire di nuovo, nel mezzo della visita papale in Messico. Sabato 24 marzo, mentre Benedetto XVI riposerà nella residenza del Collegio Miraflores di León, presenteranno nella stessa città il libro “La volontà di non sapere”. Si tratta di una raccolta di 212 documenti, presumibilmente provenienti dalla Congregazione per il clero della Santa Sede e che dimostrerebbero l’insabbiamento istituzionale dei delitti del fondatore dei Legionari. Escludendo dall’agenda papale in Messico il possibile incontro con le vittime di Marcial Maciel, la Chiesa locale lascerà in mano loro il “monopolio” di una vicenda capace di creare molti problemi. E perderà l’opportunità di togliersi definitivamente di dosso il peso dell’indegno fondatore. Perché in un futuro tutti potranno rimproverare il fatto che il Papa ha ignorato le vittime, e avranno ragione.

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider

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