mercoledì 29 febbraio 2012

Intenzione di preghiera del Papa per il mese di marzo: sia adeguatamente riconosciuto nel mondo il contributo delle donne allo sviluppo della società

Nel mese di marzo Papa Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per il riconoscimento del ruolo delle donne nella società e per i cristiani perseguitati nel continente asiatico. È la proposta che il Santo Padre rivolge nelle intenzioni contenute nella lettera pontificia che ha affidato all’Apostolato della Preghiera, iniziativa seguita in tutto il mondo da circa 50 milioni di persone. Il Pontefice affida ogni mese due intenzioni, una generale e una missionaria. Quella generale per il mese di marzo recita: “Perché sia adeguatamente riconosciuto in tutto il mondo il contributo delle donne allo sviluppo della società”. L’intenzione missionaria invece afferma: “Perché lo Spirito Santo conceda perseveranza a quanti, particolarmente in Asia, sono discriminati, perseguitati e messi a morte a causa del nome di Cristo”.

Zenit

Le prime meditazioni durante gli Esercizi spirituali in Vaticano: lasciar trasformare la vita dalla verità attarverso una conversione sempre rinnovata

Dal segno della Croce alla coscienza del peccato, attraverso un percorso di riscoperta della verità della fede che deve coinvolgere la stessa Chiesa, chiamata a vivere le beatitudini evangeliche rigettando ipocrisie e menzogne. È questo l’itinerario di riflessione scelto dal card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, per la prima parte degli Esercizi spirituali quaresimali in corso in questa settimana nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI. Sviluppando il tema "La comunionedel cristiano con Dio", il porporato è partito dal segno della Croce come ideale introduzione per sviluppare i temi che hanno scandito le meditazioni sulla prima lettera di San Giovanni dettate tra domenica e oggi: Dio è vita, Dio è luce, Dio èverità, Dio è misericordia e pietà, Dio è una guida amorevole, la comunione definitiva escatologica, l’amore del mondo, gli “anticristi” o la mancanza di fede in Gesù, il Cristo e il peccato del sacerdote. "Non che opere e azioni abbiano bisogno di una nuova consacrazione, quando il nucleo profondo dell’esistenza è già consacrato dal battesimo - ha ricordato riferendosi appunto al segno di croce - ma con questo atto aggiungiamo a ogni azione lo splendore della coscienza, il dinamismo della libertà". Cosa significa questo gesto? Il cardinale non ha dubbi: vuol dire "sacrificio per amore: è la morte per la risurrezione". Questo implica anche rinunciare alla vanità, al prestigio, alla brama di possedere o di dominare, per consacrare la propria opera a Cristo. Se un’azione, infatti, è compiuta per pura vanità, "non può portare il segno della croce, non è crocifissa, non è santificata cristianamente; un’opera di apostolato, per amore del prossimo, è offerta e consacrata". Il segno della croce è quindi molto più di un’abitudine. Per il porporato, il modo per "annullare il senso egoistico di un’azione è segnarla con la croce; questo vuol dire anche liberarla e renderla disponibile per un dinamismonuovo, trinitario". Alla meditazione sul segno dellaCroce sono seguite tre riflessioni che hanno avuto per tema Dio come via, luce, verità e vita. In questo contesto il cardinale ha fatto riferimento ad alcuni dei fenomeni più drammatici che segnano il nostro tempo, guerre, corsaagli armamenti, genocidi, violenza politica, aborto e ogni forma di strumentalizzazione dell’uomo per ragioni economiche o commerciali, invitando a non restare indifferenti di fronte "alla repressione e allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, a non abbassare la guardia, anche se il mistero del peccato sembra superarci, e a non banalizzare la vita umana". Dal porporato un accenno particolare alla difficile situazione che vive in questi giorni la Siria e all’appello lanciato da Benedetto XVI all’Angelus di domenica 12 febbraio. "Occorre camminare nella luce - ha raccomandato - ossia decidersi ad abbandonare il peccato" e a lasciare trasformare la propria vita dalla verità attraverso un cammino di "conversione sempre rinnovata". Questa comprensione di Dio-verità interpella soprattutto coloro che "non hanno più coscienza dei loro peccati, quelli che hanno perduto il senso del peccato perché non si pongono più il problema di Dio. Sono interpellati anche quanti non hanno più criteri di moralità, che confondono il bene e il male". Una tendenza, questa, che il cardinale ha messo in relazione con l’"indifferentismo religioso che afferma che tutte le religioni sono valide, ma, in realtà, vuole una morale facile". Anche il prete, ha ammesso l’arcivescovo di Kinshasa, "non è al riparo da questi errori nella misura in cui l’aridità spirituale lo conduce spesso agli stessi difetti. Il ministero sacerdotale si trasforma allora in funzionariato, senza un vero senso di Dio: occasione perduta di una vera comunione con il Signore". Riprendendo il tema in una successiva meditazione il cardinale ha esaminato il caso emblematico degli apostoli Giuda e Pietro. Riguardo a quest’ultimo, ha ricordato che "è stato tradito dalla sua generosità e dal suo attaccamento a Cristo, tuttavia è caduto perché è stato temerario e si è esposto da vicino al pericolo. Ma subito, abbandona il luogo della sua caduta e piange amaramente il suo peccato". Da qui, una lezione per tutti i sacerdoti: "La nostra generosità non ci mette al riparo dal peccato. Occorre prendere delle misure di prudenza e devitare la temerarietà esponendosi alle cadute. In ogni situazione, qualunque cosa succeda, il Signore è sempre al nostro fianco. La più grande ingiuria che possiamo fargli è di dubitare della sua misericordia, come Giuda". "Vivere nella verità - ha sottolineato ancora il porporato - è vivere secondo le beatitudini. È ripudiare le menzogne nelle nostre parole e nelle nostre azioni. È rigettare l’ipocrisia che ci spinge ad apparire diversamente da come siamo o agiamo". Ma, ha avvertito, non si tratta solo di una questione individuale. Anche la società in quanto tale deve lottare per la verità. E la stessa Chiesa deve combattere contro la menzogna e l’inganno al suo interno e nel mondo; e "deve soprattutto lottare affinché la verità del Vangelo di Cristo sia conosciuta e vissuta". Ciò che è importante, ha detto il cardinale, è avere fiducia nella misericordia di Dio. "Se noi confessiamo pubblicamente i nostri peccati - ha affermato durante la terza giornata di meditazioni parlando di Dio come luce - Gesù il giusto e fedele li perdonerà e ci purificherà da ogni inquietudine". In Lui infatti abbiamo un difensore, vittima d’espiazione per le nostre colpe. Per orientare il nostro cammino verso di Lui, ci dà i suoi comandamenti, in particolare la carità. "Sarebbe sbagliato - ha sottolineato - considerare l’osservanza dei comandamenti come se fosse ciò che fa la comunione con Dio. È piuttosto un segno o un criterio della nostra comunione con Dio. In effetti, Giovanni considera la comunione come una realtà effettiva che si riconosce dall’osservanza dei comandamenti. Si potrebbe paragonare al gesto di un organista o di un pianista: più commette degli errori, meno la sua esecuzione è perfetta". E proprio al tema del peccato come rottura della comunione con Dio il cardinale ha dedicato le meditazioni di oggi. In questo contesto,il porporato ha parlato della questione delle sette e dei problemi che la loro proliferazione pone alla Chiesa. "Ci sembra - ha detto in proposito - che sola una buona interpretazione della Parola di Dio può far venire a capo delle difficoltà".

L'Osservatore Romano

Concluso il terzo incontro del gruppo di lavoro Vietnam-Santa Sede: sviluppi positivi sulla base della buona volontà e del dialogo costruttivo

“I rapporti tra il Vietnam e la Santa Sede hanno ottenuto sviluppi positivi sulla base della buona volontà e del dialogo costruttivo”: è quanto si legge nel comunicato congiunto al termine del terzo incontro del gruppo di lavoro Vietnam-Santa Sede, svoltosi ieri e oggi ad Hanoi. La delegazione vaticana era guidata da mons. Ettore Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. L’incontro era co-presieduto da Bui Thanh Son, viceministro vietnamita degli Affari esteri. Presente anche l’arcivescovo Leopoldo Girelli, rappresentante della Santa Sede non residente in Vietnam. Mons. Balestrero e mons. Girelli erano accompagnati da due officiali, rispettivamente della Segreteria di Stato, mons. Francesco Cao Minh Dung, e della Congregazione per ’Evangelizzazione dei Popoli, mons. Barnabé Nguyên Van Phuong. Le due parti, si legge nel comunicato congiunto, hanno analizzato “i progressi compiuti nei rapporti
Vietnam-Santa Sede” dall’ultimo incontro svoltosi nel giugno del 2010. La delegazione vietnamita ha incoraggiato la Chiesa cattolica nel Paese “a partecipare attivamente ed effettivamente nel corso attuale dello sviluppo nazionale, economico e sociale”. Da parte sua, la Santa Sede ha espresso l’auspicio che “il suo ruolo e la sua missione siano rafforzati ed estesi, affinché vengano consolidati i legami tra la Santa Sede e la Chiesa Cattolica in Vietnam, come anche l’intenzione del Vietnam e della Santa Sede di sviluppare i loro rapporti”. Al contempo, la Santa Sede ha “espresso apprezzamento” per l’attenzione riservata dalle autorità civili alle attività della Chiesa Cattolica, “in particolare nell’anno 2010, durante la celebrazione dell’anno giubilare”. Le delegazioni hanno richiamato gli insegnamenti del Papa sull’essere un buon cattolico e un buon cittadino, “sottolineando la necessità di una continua collaborazione tra la Chiesa Cattolica e le autorità civili per attuare, concretamente e praticamente, tali insegnamenti
in tutte le attività”. L’incontro, si legge ancora nel comunicato, “si è svolto in un clima di cordialità, franchezza e mutuo rispetto”. Le due parti hanno concordato di ritrovarsi in Vaticano per il quarto incontro. Entrambi le delegazioni hanno convenuto di facilitare il lavoro di mons. Girelli nella sua missione. Rispondendo alle domande dei giornalisti, padre Federico Lombardi ha affermato che un segno del progresso nei rapporti Vietnam-Santa Sede è proprio la maggiore libertà di tempo e la possibilità di movimento che l’arcivescovo Girelli avrà di muoversi nel Paese asiatico.

Radio Vaticana

JOINT COMMUNIQUÉ OF THE THIRD MEETING OF THE VIÊT NAM - HOLY SEE JOINT WORKING GROUP (HÀ NÔI, 27-28 FEBRUARY 2012)

Il Papa in Messico e a Cuba. Perez: porti sull’isola la carità intesa come virtù teologale dell’amore cristiano per favorire pace e riconciliazione

Appuntamento a Plaza de la Revolución. Dove 14 anni fa i cubani hanno salutato Giovanni Paolo II e dove il prossimo 28 marzo Benedetto XVI concluderà il suo viaggio apostolico. "Tutti i cubani attendono con ansia l’omelia e le parole del Santo Padre" racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre mons. José Félix Pérez Riera, segretario aggiunto della Conferenza Episcopale cubana. Il presule spiega che Papa Ratzinger arriva a Cuba in un "momento di grazia", nel quattrocentesimo anniversario della prima apparizione della Vergine della Carità. Secondo la leggenda, infatti, l’immagine de la Virgen è stata avvistata per la prima volta in mare nel 1612. E da allora Cachita, come è affettuosamente chiamata, è rimasta nel cuore dei cubani. "A Cuba e in tutta l’America Latina – continua monsignor Pérez – la Madonna è la stella dell’Evangelizzazione, capace di aprire i cuori e le menti a Cristo prima ancora del Vangelo". Per questo, il motto dell’Anno giubilare mariano convocato dalla Conferenza Episcopale, comprende il noto detto popolare "A Jesus por Maria", a Gesù attraverso Maria. Non sarà però solo la Caridad della Patrona di Cuba a caratterizzare il viaggio di Benedetto XVI. "La nostra speranza – dice il presule – è che il Papa porti sull’isola quella carità intesa come virtù teologale dell’amore cristiano, capace di favorire la pace e la riconciliazione tra i tutti i cubani". A 14 anni dalla celebre esortazione di Wojtyla a L’Avana, mons. Pérez racconta come Cuba si sia sì aperta al mondo, "ma non abbastanza, anche verso gli stessi cubani". Oggi il Paese ha una nuova guida, Raul Castro, ma continua a soffrire per le serie difficoltà economiche, aggravate dalla crisi globale. L’embargo, definito più volte "inaccettabile" dall’episcopato locale, rimane un ostacolo insormontabile e "i salari non permettono ai lavoratori di far fronte ai bisogni quotidiani". E la Chiesa cubana deve combattere la grave crisi dei valori causata dall’influenza negativa di una società "fortemente atea e materialista". Dopo il viaggio, mons. Pérez non si aspetta immediati riflessi sulle relazioni tra Cuba e la Santa Sede, ma è certo che questo viaggio "contribuirà a migliorare i rapporti tra le autorità civili cubane e i pastori della Chiesa locale". E non esclude del tutto il tanto discusso incontro tra Papa Ratzinger e Fidel: "Il programma non lo prevede. Tuttavia nel Palazzo della Rivoluzione, il Papa incontrerà la famiglia del capo di Stato…".

Zenit

Esercizi spirituali in Vaticano. Le meditazioni della terza giornata. Card. Pasinya: riflettiamo su comunione nella Chiesa e comunione con Dio

La terza mattina di Esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano ha toccato il tema delicato della rottura della comunione con Dio, in particolare all’interno della Chiesa. L’autore delle meditazioni, il cardinale arcivescovo di Kinshasa, Laurent Monsengwo Pasinya, ha proposto oggi a Benedetto XVI e ai membri della Curia Romana, riuniti nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, due riflessioni intitolate “l’amore del mondo” e “Gli anticristi o la mancanza di fede in Gesù, il Cristo”. Nel pomeriggio, la terza meditazione in programma ha per titolo “Il peccato del sacerdote”. Le meditazioni sono ispirate a passi della prima Lettera di San Giovanni. . Intervistato da Radio Vaticana, l’arcivescovo di Kinshasa ha precisato che “San Giovanni riserva molta attenzione alla comunione nella Chiesa, sia alla comunione dei fedeli con gli Apostoli, che dei fedeli con Dio e degli Apostoli con Dio”. “È un tema interessante che vale sempre - ha commentato il porporato - perché all’interno di questo tema si parla di tutti i problemi che la Chiesa primitiva ha incontrato e che noi oggi possiamo incontrare”. Il card. Monsengwo Pasinya ha fatto riferimento alla rottura della comunione nella Chiesa: la rottura della comunione per mancanza di fede, la rottura della comunione per mancanza di carità, la rottura della fede perché non si segue l’insegnamento degli Apostoli. A questo proposito l’arcivescovo ha fatto notare che “all’inizio della Chiesa c’erano persone che non credevano in Gesù, come anche oggi ci sono persone che non credono in Gesù: non credono che Gesù sia il Messia, non credono che Gesù si sia incarnato”. Allora Giovanni cominciò a contattare coloro che non credevano che Gesù sia venuto e diceva: “Erano tra di noi, ma sono usciti”. Secondo il porporato “anche oggi abbiamo di quelle comunità che erano con noi e che sono uscite: tutte quelle piccole comunità che da noi si chiamano ‘chiese del risveglio’, oppure i fondamentalisti, eccetera. tutta questa realtà è toccata dal testo di San Giovanni”. “Il quale, alla fine - ha aggiunto il cardinale - incomincia a parlare della fede in Gesù Cristo, della comunione con Dio e, nel frattempo, indica i criteri per essere in comunione con Dio. Quindi, oggi stesso abbiamo interesse a rivedere queste cose”. Alla domanda sul modo in cui le parole della Lettera di San Giovanni si intrecciano con i temi della Quaresima, l’arcivescovo di Kinshasa ha risposto: “La Quaresima è, praticamente, un andare nel deserto con Gesù per essere più vicino a Dio. Dove il Signore ha vinto il demonio, anche noi dobbiamo vincere. Dove Israele, nel deserto, è stato vinto dal demonio, noi pure dobbiamo evitare di essere vinti dal demonio. Quindi, questa è la ragion d’essere della Quaresima: il fatto che ci aiuta a vivere più intensamente la comunione con Dio. La comunione con Dio, allora, è nel cuore della Quaresima, quando nel testo della Lettera si dice: “Voi avete vinto grazie all’unzione dello Spirito, grazie alla Parola di Dio che voi avete ricevuto nel battesimo”. Alla domanda circa il Messaggio per la Quaresima di quest’anno, in cui Benedetto XVI punta molto sull’aspetto della carità concreta, Monsengwo Pasinya ha concluso: “L’appello del Papa, da noi, è profondamente reale: quando si è in Africa e si vede quella povertà, quella miseria, si vedono quelle guerre, tutto il caos che c’è, non si può non pensare a questo. Per questo abbiamo senz’altro accolto il Messaggio del Papa: perché aderiva alla nostra realtà”.

Radio Vaticana, Zenit


Esercizi spirituali in Vaticano. Il card. Pasinya: riflettiamo sul valore della comunione nella Chiesa

Lettera a nome del Papa: intensificare l'impegno per il futuro della Chiesa in Bosnia ed Erzegovina, combattere lo scoraggiamento e la rassegnazione

Lunedì 30 e martedì 31 gennaio, nell'arcivescovado di Sarajevo (foto), si è svolta la quattordicesima riunione congiunta della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina e della Conferenza Episcopale croata. Essa è stata presieduta da mons. Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka, e da mons. Marin Srakic, Aacivescovo di Ðakovo-Osjek. All'assemblea hanno partecipato tutti i vescovi della Bosnia ed Erzegovina e diciannove della Croazia. Mons. Komarica ha salutato in modo particolare i vescovi che partecipavano per la prima volta alla riunione congiunta: mons. Mate Uzinic, vescovo di Dubrovnik; monsignor Tomo Vuksic, ordinario militare di Bosnia ed Erzegovina; e mons. Drazen Kutlesa, vescovo coadiutore di Porec i Pula. Alla riunione ha partecipato anche l'arcivescovo Alessandro D'Errico, nunzio apostolico in Bosnia ed Erzegovina, il quale durante la solenne celebrazione del 30 gennaio nella cattedrale di Sarajevo, tra l'altro ha indirizzato ai vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli le seguenti parole: "In particolare, come sapete, qui in Bosnia ed Erzegovina ci stiamo confrontando con una questione molto delicata, che riguarda il futuro stesso della fede cattolica nel Paese. Com'è stato,ripetuto più volte, purtroppo da un po' di tempo i dati statistici che vengono raccolti ogni anno delle curie diocesane, sono tutt'altro che incoraggianti. E così, nella loro lettera pastorale dell'8 dicembre scorso, i vescovi di Bosnia ed Erzegovina hanno espresso di nuovo la loro preoccupazione per la situazione, pur con tanta fiducia nell'azione dello Spirito di Dio che guida la storia". "In questo contesto, dobbiamo essere molto grati - ha proseguito - al cardinale segretario di Stato per l'importante messaggio che, a nome del Santo Padre, ha inviato ai nostri vescovi qui convenuti. Il cardinale Bertone ha invitato tutti a dare adeguata attenzione a questa 'grave questione'; ha suggerito di programmare comuni linee pastorali al riguardo; e, nella parte conclusiva, ha affermato che il Santo Padre auspica che la riflessione collegiale dei vescovi delle due Conferenze episcopali possa contribuire ad ispirare utili iniziative, per far sì che il popolo croato sia in grado di continuare a svolgere la sua missione ecclesiale in Bosnia ed Erzegovina, e a offrire il suo prezioso contributo per la vita civile del Paese". I lavori della conferenza sono stati caratterizzati dalla riflessione su questa lettera-messaggio, che il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Sua Santità, ha indirizzato ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina e della Croazia, a nome del Santo Padre.I presuli, con grande riconoscenza, hanno visto in questa lettera un ulteriore segno della particolare sollecitudine del Santo Padre per la Chiesa in Bosnia ed Erzegovina. In effetti, anche a una prima lettura si può notare il vivo interesse del Pontefice per i cattolici in Bosnia ed Erzegovina, di cui la stragrande maggioranza è di nazionalità croata, e perciò l'invito ad intraprendere iniziative comuni da parte di entrambi gli episcopati in favore della comunità cattolica in Bosnia ed Erzegovina. "Questa Riunione Congiunta - si legge nella lettera - è un segno ulteriore dell'unità della Chiesa Cattolica in Croazia e in Bosnia ed Erzegovina. Si tratta di un'unità fatta non solo di affectio collegialis, ma anche di comune visione del ruolo, delle responsabilità e delle attività della Chiesa. Essa si alimenta con la medesima devozione al Santo Padre, con il sincero impegno ecclesiale dinanzi alle sfide che il popolo croato si trova ad affrontare nella regione, ed anche con esemplari interventi di solidarietà verso le fasce sociali più povere e bisognose. "In questo contesto di servizio collegiale al popolo di Dio, sono certo - prosegue il cardinale - che nella Riunione sarà data adeguata attenzione alla grave questione del futuro del popolo cattolico in Bosnia ed Erzegovina, al fine di programmare comuni linee pastorali". Il motivo di questo speciale interesse per i cattolici in Bosnia ed Erzegovina è soprattutto la loro tragica realtà demografica: la presenza cattolica in Bosnia ed Erzegovina diminuisce ogni giorno di più, e se non si riesce ad arrestare questo processo, potrebbe scomparire del tutto fra qualche decennio. Nella lettera, vengono presentate le cause di tale situazione. "Purtroppo, come ben sapete, i dati - scrive il Segretario di Stato - sono allarmanti: dai circa 800.000 cattolici del 1991 si è passati ai circa 440.000 di oggi; in parecchie parrocchie sono rimasti solo pochi anziani; secondo le statistiche annuali delle curie diocesane, il numero dei cattolici non cessa di diminuire. Le cause di questo triste fenomeno sono note: la guerra degli anni '90 ha prodotto gravi perdite in vite umane e in strutture ecclesiali; i profughi non sono tornati nel numero sperato; la difficile situazione economica costringe molti giovani a lasciare il Paese, soprattutto per mancanza di lavoro. Ma c'è anche un altro elemento preoccupante, che riguarda il decrescente tasso di natalità e il conseguente calo demografico".Successivamente il cardinale Bertone invita i pastori della Chiesa a intensificare il loro impegno in favore dei cattolici in Bosnia ed Erzegovina, chiedendo anche iniziative concrete per arginare il fenomeno ancora in atto della emigrazione della popolazione cattolica dal Paese. Si fa anche presente che la Chiesa è aperta alla collaborazione non soltanto con le autorità civili, ma con tutte le persone di buona volontà. "La gravità della situazione - si legge ancora - richiede che voi, come Pastori e primi responsabili del popolo di Dio in codesta regione, di comune intesa intensifichiate il vostro impegno per il futuro della Chiesa in Bosnia ed Erzegovina. Si devono combattere lo scoraggiamento e la rassegnazione e si deve incoraggiare il personale coinvolgimento nella questione della sopravvivenza. È necessario anche adoperarsi per migliorare le condizioni di vita di tutti gli abitanti, e in particolare dei giovani, che hanno bisogno di posti di lavoro per poter restare in Bosnia ed Erzegovina. Per realizzare questi importanti scopi, la Chiesa non mancherà di collaborare con le Autorità civili e con tutte le persone di buona volontà". È molto significativo che nel suo auspicio per i croati cattolici di Bosnia ed Erzegovina, il Santo Padre indichi ai vescovi anche il ruolo che essi esercitano per il bene comune di tutto il Paese, ovviamente senza dimenticare la loro missione ecclesiale. E ciò perché i cattolici vogliono impegnarsi non soltanto per la propria comunità, ma per tutta la società in cui vivono. "Il Santo Padre - riferisce la lettera del card. Bertone - auspica che la riflessione collegiale dei vescovi delle due Conferenze Episcopali contribuisca ad ispirare utili iniziative, per far sì che il popolo croato possa continuare a svolgere la sua missione ecclesiale in Bosnia ed Erzegovina e ad offrire il suo prezioso contributo per la vita civile del Paese".In tale contesto, i presuli della Bosnia ed Erzegovina hanno ringraziato i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici della Croazia, per l'aiuto che essi hanno sempre dato ai fedeli cattolici in Bosnia ed Erzegovina. Tutti i presuli radunati a Sarajevo, ispirati dalla lettera-messaggio del segretario di Stato di Sua Santità, hanno riflettuto su come intensificare la loro sollecitudine per il futuro della Chiesa in Bosnia ed Erzegovina. Inoltre, hanno manifestato la necessità di un impegno a tutti i livelli affinché ogni popolo e ogni cittadino, in ogni parte della Bosnia ed Erzegovina, abbiano gli stessi diritti. I vescovi hanno espresso la speranza che in questo spirito possano lavorare anche le autorità della Croazia: Governo, Parlamento e Presidenza; come pure la Presidenza, il Consiglio dei Ministri e l'Assemblea parlamentare della Bosnia ed Erzegovina. Nello spirito del messaggio-lettera del cardinale Bertone, i vescovi hanno assicurato che continueranno a "collaborare con le Autorità civili e con tutte le persone di buona volontà", per migliorare la situazione "allarmante" dei cattolici in Bosnia ed Erzegovina.

L'Osservatore Romano

Ex leader del ramo femminile di Regnum Christi con altre compagne rompe con il movimento e fonda una nuova comunità con il parere favorevole del Papa

"Noi vescovi speriamo che emergano nuovi carismi tra i Legionari di Cristo". Una frase profetica pronunciata nell' agosto 2011 da un chierico spagnolo, di fronte a un gruppo di sacerdoti legati alla congregazione fondata da Marcial Maciel Degollado. Parole che si sono concretizzate negli ultimi giorni: non grazie a quei religiosi, ma per l’iniziativa di Malén Oriol, ex leader del ramo femminile del movimento Regnum Christi. Lei e altre compagne hanno appena fondato una nuova comunità, creando così la prima frattura nella Legione. Il 22 febbraio scorso, l’arcivescovo di Santiago di Chile, Ricardo Ezzati Andrello, ha creato una nuova associazione pubblica di fedeli con personalità canonica. Il suo nome: “Totus Tuus”, (significa “tutto tuo”) e rimanda chiaramente al pontificato di Giovanni Paolo II. Questo nuovo gruppo di vita consacrata femminile è stato riconosciuto con decreto ecclesiastico 67/2012. La sua fondazione si è conclusa con un semplice atto nella cappella privata dell’arcivescovo cileno al quale hanno partecipato, inoltre, l’ex pastore di Santiago e cardinale Francisco Javier Errázuriz e il sacerdote José Antonio Varas. Erano presenti le donne fondatrici, provenienti da otto paesi diversi di Europa e America. Tutte ex consacrate del “Regno”. Non è stata una cerimonia qualsiasi. Lì si è sigillata la prima divisione istituzionale nell’opera cominciata da Maciel. A breve potrebbero arrivarne altre. Un fenomeno prevedibile, se si prende in considerazione la profonda crisi che hanno dovuto affrontare negli ultimi anni i Legionari di Cristo e i membri consacrati del Regnum Christi, dopo il riconoscimento della Santa Sede della vita immorale e lontana da ogni sentimento religioso del suo fondatore. Molte delle nubili consacrate nel “Regno” non sono riuscite a superare lo shock emotivo derivante dagli atti di colui che chiamavano “nostro padre”. Malén Oriol è stata una delle più deluse. Figlia di una nobile famiglia spagnola, ha lavorato per anni insieme a Maciel, Non solo lo ha conosciuto personalmente, ma lo ha anche accompagnato, con un gruppo scelto di persone, durante gli ultimi giorni della sua vita. Fino al 15 febbraio scorso, è stata l’assistente del direttore generale per le consacrate, il massimo incarico al quale può accedere una donna legata alla Legione. Lei aveva presentato le dimissioni nello scorso ottobre. Che cosa è successo in questi quattro mesi? Il vertice attuale dei Legionari, dal quale dipende ancora organicamente il Regnum Christi, ha cercato con tutti i mezzi possibili di convincerla a non andarsene. Lo ha anche confermato il delegato pontificio che si occupa della riforma di entrambe le istituzioni, il card. Velasio De Paolis, in una lettera pubblica. Nonostante il processo di rinnovamento interno voluto da Benedetto XVI per assicurare la sopravvivenza di queste due associazioni, la donna ha deciso di andarsene. E non è stata l’unica: almeno 156 delle sue compagne hanno fatto lo stesso negli ultimi tre anni, ma possono essere di più. Secondo le cifre ufficiali, all’inizio di 2009, il numero di consacrate era di 956, mentre alla fine di 2011 era di 800. Di queste, non si sa quante faranno parte di “Totus Tuus”. L’arcidiocesi di Santiago del Cile non ha specificato il numero di fedeli che apparterranno a questa nuova associazione, anche se, al di fuori dell’ufficialità, si parla di una cifra intorno a trenta. Non si conosce nemmeno il nome della superiora. E’ certo, invece, che il card. Errázuriz avrà l’incarico di accompagnare spiritualmente la nuova comunità durante il suo primo anno di vita. L’iniziativa, questo è un altro elemento sicuro, può contare comunque sul sostegno di Benedetto XVI che ha comunicato il suo "parere favorevole" tramite la Segreteria di Stato del Vaticano. Non è poco se se si pensa che il Regnum Christi è impegnato in questo momento in una riforma autorizzata dal Papa stesso. Nel Palazzo Apostolico c’è coscienza delle difficoltà e delle resistenze al cambiamento, messe in atto anche da una “cupola” che, in maniera sottile, cerca di boicottare il percorso di rinnovamento. Tutto ciò unito all’impressione di un Velasio De Paolis troppo lento nel prendere decisioni che taglino la radice della vecchia struttura (quella che ha permesso gli abusi del fondatore) hanno prodotto altre sbandate tra i sacerdoti legionari. Secondo i dati ufficiali più recenti, 42 presbiteri sono usciti dalla congregazione negli ultimi due anni. Ma, secondo le stime non ufficiali, la cifra potrebbe essere superiore (intorno ai 100).Tra questi, quattro fratelli di Marlén Oriol: Juan Pedro, Santiago, Ignacio e Alfonso. Tutti sacerdoti e tutti hanno lasciato la Legione. Santiago e Alfonso sono stati presenti nel ritiro di alcuni giorni che un gruppo di sacerdoti (alcuni ancora membri della congregazione) hanno organizzato ad agosto a Córdoba (Spagna). In questa riunione hanno pregato, condiviso le loro frustrazioni e hanno concordato sulla necessità di fondare una nuova struttura che possa riunire gli ex Legionari. Non si sono messi d’accordo sui dettagli, anche se alcuni sono sicuri del fatto che la "formula sacerdotale" potrebbe essere adatta. Altri, invece, non erano convinti e hanno preferito aspettare. Ad ogni modo, sembra prevedibile che emergano nuovi carismi nella Legione di Cristo, colpita da una tempesta ben lontana dall’essersi placata.

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider

martedì 28 febbraio 2012

Mons. Georg Ratzinger: a quattro anni Joseph esclamò che un giorno sarebbe stato cardinale, ma gli onori esterni gli sono stati sempre sgraditi

Il Papa raccontato da suo fratello Georg: è questo il contenuto del libro-intervista di mons. Georg Ratzinger, che uscirà negli Stati Uniti il primo marzo con la Ignatius Press intitolato "My Brother the Pope" (Mio fratello il Papa). Sono ricordi personali, piccoli particolari di vita quotidiana, aspetti della biografia meno conosciuti della vita di Benedetto XVI. Fra l’altro si apprende che la sera Georg e Joseph, per rilassarsi, spesso guardavano in tv la serie del commissario Rex, "perchè ci piacciono i cani". Questo come altri particolari sono stati diffusi dall’agenzia cattolica americana Catholic News Service. Si apprende, per esempio, su un piano più serio, che il padre considerava Hitler “l'anticristo”. Raccontando infatti l’ascesa di Hitler al potere nel 1930 in Germania, mons. Ratzinger dice che il loro padre, considerava il dittatore come "Anticristo" e per questo si rifiutò di aderire al partito nazista. "Ma per non mettere la nostra famiglia completamente a rischio - spiega - consigliò la mamma di aderire all’organizzazione delle donne”. Altri aneddoti vengono alla luce: “Quando un cardinale ha visitato la piccola città dove vivevamo, nel 1931, arrivando in una limousine nera, Joseph, che aveva solo quattro anni, esclamò: 'Un giorno sarò cardinale!'". Segni, ironici, del destino. Tuttavia, mons. Ratzinger spiega anche che suo fratello non è mai stato ambizioso, e gli onori esterni gli sono stati "sempre sgraditi". Il libro, di 256 pagine, racconta soprattutto gli anni vissuti da Georg insieme a Joseph Ratzinger, e in particolare, si sofferma nella descrizione dello stretto rapporto umano e religioso che intercorre tra loro da quando erano adolescenti. Mons. Georg Ratzinger risponde a decine di domande del giornalista e storico tedesco, Michael Hesemann, che ha lavorato con lui molte ore. Georg Ratzinger sottolinea diversi momenti della sua vita vissuti insieme al futuro Papa e spiega a lungo le loro sensazioni il giorno in cui, il 29 giugno 1951, furono ordinati sacerdoti insieme. D’allora, racconta, hanno passato insieme sempre una buona parte delle vacanze; e sono stati sempre giorni in cui hanno parlato molto, non solo per fare bilanci ma anche per guardare in avanti. Questo rapporto stretto con suo "fratello Papa" non è mai venuto meno e anche adesso, racconta mons. Georg Ratzinger, si sentono al telefono quasi tutti i giorni. Il Papa, inoltre, è un gran lavoratore: "Si puo concentrare magnificamente durante tutta la giornata e lavora molto velocemente e efficientemente", ma non lavora di notte. Infine, Georg Ratzinger rivela che il fratello non è rimasto indifferenze alle critiche che gli sono piovute addosso sia da Papa che da cardinale. "E' molto sensibile, ma sa anche da quali angoli vengono questi attacchi, e le loro ragioni, cosa c'è di solito dietro". Per questo, "li supera più facilmente". Nella lunga conversazione con Hesemann mons. Ratzinger racconta molti particolari dell’infanzia e della giovinezza del Papa e illustra come e quando è nato nel futuro Papa Benedetto XVI l’amore per Cristo e per la sua Chiesa.

Adnkronos, TMNews

Il Papa raccontato dal fratello: in tv guarda Il commissario Rex

Scambio di missive sulla presidenza dell'Istituto Toniolo. Bertone: il Papa lo solleva dall'incarico. Tettamanzi a Benedetto XVI: parla a suo nome?

Bertone contro Tettamanzi. Non è una vicenda di questi giorni, ma lo si viene a sapere adesso grazie a Il Fatto Quotidiano, che pubblica anche uno scambio di lettere tra i due porporati. Il contendere è la presidenza dell'Istituto Toniolo, l'ente religioso che ha in mano le "chiavi" di importanti istituzioni come l'Università Cattolica e il policlinico Gemelli. Presidente dell'istituto era nel 2011 Dionigi Tettamanzi, allora arcivescovo di Milano. E il 24 marzo il segretario di stato del Vaticano, Tarcisio Bertone, inviava a Tettamanzi una lettera chiara, con alcuni passaggi piuttosto duri, per, di fatto, liquidarlo. Bertone scrive: "L'impegno di Vostra Eminenza a servizio dell'Istituto Toniolo si è protratto ben oltre il tempo originariamente previsto". Ma non solo. Il segretario di stato cita direttamente Papa Benedetto XVI come "ispiratore" della lettera: "Il Santo Padre intende procedere ad un rinnovamento, in connessione col quale Vostra Eminenza è sollevata da questo oneroso incarico". E Bertone fa di più, indica il successore in Giovanni Maria Flick: "Questa Segreteria di Stato - si legge - ha già informato il prof. Flick, ottenendone il consenso". Ma il card. Tettamanzi non fa buon viso a cattivo gioco. Prende carta e penna e due giorni dopo risponde, inviando la lettera direttamente a Benedetto XVI. L'allora arcivescovo di Milano contesta che il tempo della sua presidenza era (secondo Bertone) originariamente di un biennio, "senza alcun riscontro". Ma Tettamanzi fa anche riferimento al passaggio con cui Bertone indicava il successore: "Il candidato, sul cui profilo gravano non poche perplessità, sorprendentemente è già stato avvisato della cosa dalla segreteria di stato". Tettamanzi, nella sua risposta, inviata appunto direttamente al Papa, fa capire chiaramente di non credere che tutto venga dallo scranno più alto di San Pietro: "Tutte sanzioni direttamente ricondotte all'esplicito volere di Vostra Santità. Ben conoscendo la mitezza di carattere e delicatezza di Vostra Santità, sorgono in me motivi di profonda perplessità rispetto all'ultima missiva ricevuta e a quanto viene attribuito direttamente alla Sua persona". Il Fatto Quotidiano non può chiaramente fornire anche l'eventuale risposta di Papa Ratzinger, che chiuderebbe il cerchio. Ma è facilmente intuibile che tipo di risposta sia stata, se si considera che Dionigi Tettamanzi è attualmente ancora presidente del Toniolo. Istituto, il Toniolo, intorno a cui di fatto gravitano molte lotte "politiche" all'interno della Chiesa Cattolica. Quello che si sa è che nel marzo 2011, immediatamente dopo avere ricevuto la lettera di Tettamanzi, Benedetto XVI ricevette Bertone. E poi lo sttesso Tettamanzi ad aprile. Erano mesi "caldi" per il Toniolo, nella bufera per presunti casi di mala-gestione ma anche, nel 2010, perché (secondo alcuni) è dal suo interno che sarebbe uscita la "falsa velina" che diede avvio al caso Boffo: l'ex direttore di Avvenire che fu bersaglio di una campagna stampa da parte di Vittorio Feltri. La lotta interna al Toniolo non è finita: qualche settimana fa, è entrato nel consiglio del Toniolo Angelo Scola, il nuovo arcivescovo di Milano: considerato molto vicino al Papa ma non altrettanto a Tettamanzi.

Milano Today

LA LETTERA DI TARCISIO BERTONE A DIONIGI TETTAMANZI

LA LETTERA DI DIONIGI TETTAMANZI A BENEDETTO XVI

Dottrina della Fede, dopo i risultati della Commissione, aspettarà molto prima di pubblicare un verdetto finale sulle apparizioni di Medjugorje

La Commissione d’inchiesta presieduta dal card. Camillo Ruini sulle apparizioni della Madonna a Medjugorje ha finito nei giorni scorsi di ascoltare i veggenti ed entro il 2012 potrebbe essere pronta a consegnare alla Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto la cui supervisione lavora, un suo parere. Ma, secondo fonti consultate da Il Foglio, aspetterà a pronunciarsi pubblicamente in merito. L’ex Sant’Uffizio, infatti, seppure in procinto di prendere visione dei risultati a cui è arrivata la Commissione, pare sia intenzionato ad aspettare molto prima di pubblicare un proprio verdetto finale: i fenomeni soprannaturali, del resto, sono ancora in corso e c’è la convinzione che sia azzardato dire qualcosa prima che questi finiscano. Oltre il Tevere la parola d’ordine è: prudenza. Che, tradotto in decisioni pratiche, significa “sospensione del giudizio”. E, come fece Tarcisio Bertone nel 1998 quando era ancora segretario dell’ex Sant’Uffizio, dichiarare che “per il momento nihil obstat”. E cioè: anche se non si può ancora affermare con certezza che si tratta di fenomeni soprannaturali (e anche se non si può dire il contrario), si possono fare pellegrinaggi, i fedeli possono continuare a recarsi nella piccola cittadina della Bosnia. A predicare prudenza è anzitutto il Papa. Ma per lui prudenza non è sinonimo di disinteresse, tutt’altro. Nel gennaio 2010 fece scalpore l’iniziativa presa dal cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn (nella foto con Benedetto XVI) il quale, subito dopo il Natale, decise di recarsi a Medjugorje nonostante la Santa Sede chiedesse alle autorità della Chiesa di non arrischiarsi in missioni simili. Il “pellegrinaggio” di Schönborn provocò, infatti, diverse polemiche. In molti in Vaticano s’indispettirono. Ma forse in pochi sapevano che Schönborn era andato a Medjugorje anche, ovviamente non soltanto, col preciso intento di raccogliere informazioni da riferire poi in seguito al Papa. Benedetto XVI, infatti, come prima Giovanni Paolo II, desiderava sapere, dopo cinque anni dall’elezione al Soglio di Pietro, come stava evolvendo la situazione. Schönborn non ha potuto fare altro che annotare ciò che ha visto: un flusso di pellegrini sempre più convinto della veridicità delle apparizioni. E sempre più persuaso sembra sia lo stesso primate d’Austria che poche ore fa ha dichiarato queste parole: “E’ vero che la Madonna è dappertutto, ma è altrettanto vero che in questi luoghi se ne avverte una presenza molto più forte”. Gli hanno chiesto: come si fa a discernere la verità in eventi come quelli di Medjugorje? Ha risposto Schönborn: “L’aspetto fondamentale sono i frutti. I frutti dicono, i frutti parlano, i frutti sono rivelatori”. Già, ma a Medjugorje, oltre ai frutti, ci sono i messaggi che ogni venticinque del mese la Madonna lascia ai fedeli. Messaggi che sempre invitano alla preghiera e che però molto danno da pensare anche in Vaticano. L’ultimo messaggio è di sabato. Parole che, in tempi di Vatileaks, senz’altro non hanno lasciato indifferenti i porporati alla guida del governo della Chiesa: “Cari figli – ha detto la Madonna tra le altre cose – pregate col cuore. Voi parlate tanto ma pregate poco. Leggete, meditate la Sacra Scrittura e le parole scritte in essa siano per voi vita”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Il Papa a Milano per l'Incontro Mondiale delle Famiglie dall'1 al 3 giugno. Assisterà a un concerto alla Scala e incontrerà i cresimandi a San Siro

Dal teatro alla Scala per un concerto diretto dal maestro Daniel Barenboim alla 'scala' del calcio, cioè lo stadio di San Siro. Ci sono anche questi due luoghi 'civili' tra le tappe della visita pastorale a Milano di Benedetto XVI che dall'1 al 3 giugno trascorrerà 2 notti per il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, sul tema: "La famiglia: il lavoro e la festa". È stato reso noto oggi in una conferenza stampa a Milano a cui sono intervenuti il card. Angelo Scola, arcivescovo della diocesi ambrosiana, il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Erminio De Scalzi, presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, e mons. Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il Santo Padre arriverà all'aeroporto di Linate alle 17.00 di venerdì dove sarà accolto dalle autorità civili e subito dopo andrà in auto in piazza del Duomo per un discorso alla cittadinanza. Alle 19.15 andrà nel teatro per un concerto in suo onore e rientrerà in arcivescovado. Il programma di sabato 2 giugno prevede le celebrazioni delle lodi in Duomo con i religiosi della diocesi e alle 11.00 un incontro con i cresimandi allo stadio di San Siro (foto). Nel pomeriggio, alle 17.00, il Papa incontrerà le autorità civili in arcivescovado e alle 20.00 andrà al Parco Nord per la Festa delle Testimonianze che si concluderà alle 21.30. La giornata di domenica 3 giugno è quella dedicata alla Messa, sempre all'aeroporto di Bresso nel Parco Nord, che si concluderà alle 12.00 con l'Angelus. A questo evento è previsto un afflusso di un milione di persone. Alle 16.30 il Santo Padre saluterà i membri della Fondazione Milano Famiglie 2012 e alle 17.00 raggiungerà infine Linate dove la partenza per Roma è prevista alle 17.30. "La venuta del Papa - ha sottolineato il card. Scola - ha un carattere straordinario" dato che raramente le visite del Santo Padre in Italia durano più di un giorno. E questo è dovuto "al carattere internazionale" dell’evento "ma anche - ha sottolineato - per il suo desiderio di venire a Milano". L'incontro nella sua triplice dimensione per Scola può rappresentare un'occasione di "risveglio" per l'uomo in questo "travagliato passaggio al nuovo millennio". Un modo per trovare "speranza per vivere in pace e con giustizia". Un evento internazionale "di grande rilevanza ecclesiale e civile" ha aggiunto, entrambi aspetti della vita "con una loro specifica autonomia, ma interconnessi". Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma dal 30 maggio al 3 giugno, sarà un evento all'insegna della "trasparenza", della "sobrietà", ma sopratutto della "ecosostenibilità". Sono questi gli obiettivi che hanno ispirato il vescovo Erminio De Scalzi, presidente della Fondazione "Milano Famiglie 2012" e principale responsabile della macchina organizzativa. Il sacerdote, ha detto infatti che il legname utilizzato per allestire il palco all'aeroporto di Bresso sul quale Benedetto XVI celebrerà la Messa, sarà lasciato in dotazione al Parco Nord per farne panchine. Ci sarà poi particolare attenzione a "ridurre l'impatto del pattume". "Cerchiamo di fare le cose con stile ecclesiale" ha detto De Scalzi. Per evitare di intasare i mezzi pubblici, tra i quali la prima tratta della M5 che sarà inaugurata per l'occasione, 50mila persone saranno infine ospitate distanti non più di 30 minuti a piedi da Bresso. Gli organizzatori hanno rilevato che nell'ultima settimana si è messa in moto la macchina dell'accoglienza visto che 1280 famiglie hanno già dato la propria disponibilità ad ospitare nuclei analoghi da tutto il mondo. Altre potranno farlo entro marzo, ma intanto anche l'80% ha ufficialmente aderito all'appello della diocesi che ha così nominato un responsabile per l'evento in ciascuna di esse. Il tema dunque non preoccupa più come nelle scorse settimane. Quanto ai volontari, dai 18 ai 70 anni, sono già 2600 e l'obiettivo è di arrivare a 5000.

TMNews, IncrociNews

Presentato il programma dei tre giorni di Papa Benedetto XVI a Milano

Esercizi spirituali in Vaticano predicati dal biblista Pasinya: la comunione degli Apostoli spiegata con la freschezza della Chiesa africana

Non si può certo dire che Benedetto XVI non ami l’Africa solo perché nell’ultimo Concistoro non erano previste berrette per vescovi di quel continente. Nel precedente del resto erano stati quattro i porporati di quella Chiesa giovane ed entusiasta cha ha coinvolto il Papa nei sui due viaggi nel continente. Per questo ha per due volte scelto un cardinale africano per la predicazione degli Esercizi spirituali alla Curia romana. Prima Francis Arinze, nigeriano, uomo di Curia, e oggi nel 2012 il cardinale congolese Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa. Nella Repubblica democratica del Congo Pasinya ha avuto spesso un importante ruolo sociale. Del resto Monsengwo significa nipote di un capo tribù e la sua è una delle famiglie reali di Basakata. Negli anni ’90 ha accompagnato l'ex Zaire nel delicato passaggio politico che ha portato alla caduta della dittatura di Mobutu. Lo scorso dicembre ha messo in dubbio il risultato elettorale in Congo delle presidenziali che vedevano la rielezione del presidente uscente Joseph Kabila: “I risultati proclamati dalla Commissione elettorale lo scorso 9 dicembre non sono conformi né alla verità né alla giustizia”. La situazione è rimasta sospesa tra la decisione di nuove elezioni e la accettazione di Kabila in attesa di cambiare le regole, mentre il paese brucia tra le epidemie di colera e morbillo e la totale instabilità politica si cui soffiano gli interessi internazionali. Pasynia è il vescovo della gente dei Grandi Laghi che soffre da decenni. Ed è stato il primo segretario speciale di un Sinodo dei vescovi, perché è un valente biblista. Il Sinodo sulla Parola di Dio ha messo in luce anche la conoscenza della Bibbia in Africa. “In Africa - ha detto il cardinale in una intervista a Jesus - l’inculturazione è stata quasi naturale, tramite proverbi e racconti, e per l’annuncio del Vangelo il concetto più elaborato è stato quello della Chiesa come famiglia di Dio.” Pasinya non ha mai nascosto i problemi sociali e politici più scottanti e i tentativi di sfruttare e marginalizzare l'Africa: “La pace va di pari passo con la giustizia, la giustizia con il diritto e il diritto con la verità” ha detto al secondo Sinodo africano, nell'ottobre 2009. Allora tenne anche la relazione sull'attuazione delle indicazioni del primo Sinodo continentale del 1994. Ora questo nuovo incarico da parte di Papa Benedetto, e la scelta di un tema che parte dalle parole dell’evangelista Giovanni che nella Prima Lettera presenta la sua intenzione di raccontare “l’esperienza di fede che gli Apostoli hanno fatto del Verbo della Vita, che era presso il Padre, e che si è manifestato a loro facendosi uomo. Infatti l’hanno vissuto, udito, contemplato e toccato con le loro mani. Egli racconta questa esperienza di fede perchè i cristiani, suoi lettori, siano in comunione con gli Apostoli, come essi stessi sono in comunione con il Padre e suo figlio Gesù Cristo”. Il cardinale congolese svilupperà questa idea di comunione, e darà i criteri che permettono ai cristiani di raggiungere questa comunione, di farla crescere e di viverla. Nella introduzione di domenica sera si è partiti dal segno della croce e la “croce uccide il nostro egoismo e ci fa comunicare al piano di salvezza di Dio”. Da questo si parte per arrivare attraverso la misericordia alla fede. La freschezza dell’Africa entra nella Cappella Redemptoris Mater: “Questa freschezza del sì alla vita che c’è in Africa - ha detto il Papa andando in Benin - questa gioventù che esiste, che è piena di entusiasmo e di speranza, anche di umorismo e di allegria, ci mostra che qui c’è una riserva umana, c’è ancora una freschezza del senso religioso e della speranza; c’è ancora una percezione della realtà metafisica, della realtà nella sua totalità con Dio: non questa riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita e la fa un po’ arida, e anche spegne la speranza”.

Angela Ambrogetti, Korazym.org

Benedetto XVI ha deciso di non prendere nessuna decisione fino a dopo Pasqua per il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

Benedetto XVI ha deciso di non prendere nessuna decisione fino a dopo Pasqua per quanto riguarda il “cambio” alla Congregazione più delicata ed importante, Dottrina della Fede. L’attuale titolare, lo statunitense William Levada, ha da tempo offerto al Papa la sua disponibilità, e gli ha espresso il desiderio di essere sostituito. Nelle settimane passate Benedetto XVI ha ricevuto quello che sembrava un candidato più che probabile, mons. Gerhard Müller, vescovo di Ratisbona. Benedetto XVI non gli ha promesso nulla; gli ha detto però che fino a Pasqua non ci sarebbe stata nessuna decisione sul futuro di Dottrina della Fede. Si sa che a mons. Müller non dispiacerebbe essere scelto per questo incarico tanto che, a quanto sembra, l’ipotesi di farlo venire a Roma affidandogli la Biblioteca, il cui titolare card. Farina, potrebbe prima o poi rinunciare l’ha lasciato piuttosto freddo. Non è escluso però che mons. Müller possa essere nominato a Mainz, alla sede che è attualmente del card. Lehmann, e raggiungere così la dignità cardinalizia. Lehmann ha compiuto 76 anni, e ha rinunciato alla presidenza della Conferenza Episcopale tedesca per problemi di salute. Ma a quanto sembra, Benedetto XVI sta cercando un anglofono per guidare la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché pensa, fra l’altro, che il mondo occidentale in generale, e gli Stati Uniti in particolare siano il luogo sociale e culturale in cui sono più forti e pressanti le sfide alla dottrina della Chiesa e alla fede cristiana.

Marco Tosatti, San Pietro e dintorni

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Rylko: il Papa segue da vicino i preparativi. Il 4 marzo parte la campagna per l'accoglienza dei pellegrini

Benedetto XVI sta monitorando da vicino i preparativi per la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù e spera nell‘impegno di tutti i giovani in questa grande avventura della fede che è la GMG. E’ quanto ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici (Pcl), card. Stanislaw Rylko, al suo arrivo, ieri, a Rio de Janeiro, città che ospiterà la Giornata mondiale della Gioventù 2013 (23-28 luglio). Accompagnato, tra gli altri, da padre Eric Jacquinet, responsabile della sezione Giovani del Pcl, il cardinale si fermerà in Brasile fino al 2 marzo per fare il punto sui preparativi della Giornata. A tale riguardo, riferisce l’arcidiocesi di Rio, la delegazione vaticana incontrerà il Comitato organizzatore dell’evento ed i vescovi brasiliani delegati. Oggi il card. Rylko vedrà il governatore di Rio, Sergio Cabral e il sindaco della città, Eduardo Paes insieme ai responsabili dei movimenti e delle nuove comunità. Per domani il programma prevede la visita ad alcuni luoghi deputati ad accogliere le celebrazioni papali. Il 1° marzo, giorno in cui Rio celebra i 447 anni della sua fondazione, il card. Rylko presiederà una Messa nella santuario dell’arcidiocesi del Cristo Redentore del Corcovado, cui farà seguito una veglia notturna dei giovani nella chiesa di Sant’Anna. Ultimo atto della visita sarà una conferenza stampa, il 2 marzo, presso l’arcidiocesi. Sarà lanciata, domenica 4 marzo, nell’arcidiocesi di Rio de Janeiro, la campagna di ospitalità ed accoglienza dei pellegrini per la GMG 2013. Come tradizione consolidata, i giovani che arriveranno a Rio in quei giorni, saranno ospitati presso scuole, palestre, centri sociali, case vacanze ed altri luoghi coperti ed anche in famiglia. Il comitato organizzatore punta molto all’accoglienza delle famiglie, come spiega dall’arcidiocesi, suor Maria Grazia, responsabile della campagna: “Accogliendo un giovane la famiglia sentirà la gioia di condividere la propria fede con un pellegrino di un altro Paese mentre questo potrà sperimentare la virtù cristiana della carità”. Dal 4 marzo verranno raccolte le disponibilità all’accoglienza, da parte sua il Comitato fornirà il vitto agli iscritti alla GMG. Questi ultimi, afferma la religiosa, “saranno smistati nelle famiglie a seconda della provenienza linguistica. Le parrocchie saranno chiamate a formare dei volontari preparati adeguatamente per accogliere nel miglior modo possibile i giovani in arrivo”. Intanto il prossimo 3 marzo scadrà il termine per la presentazione del testo dell’inno ufficiale di Rio 2013. I risultati della selezione saranno resi noti il 1° aprile.

SIR

lunedì 27 febbraio 2012

Sinodo dei vescovi 2012. Settima riunione preparatoria: constatiamo l'infecondità dell'evangelizzazione attuale, Anno della fede occasione propizia

“I lavori del prossimo Sinodo si svolgano fruttuosamente nella memoria del Concilio Vaticano II e nella fedeltà al Vangelo per la trasmissione della fede”. Con questa “invocazione alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, Stella della Evangelizzazione”, si è conclusa la settima riunione del XII Consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo dei vescovi (16 febbraio 2012). A riferire sui lavori un comunicato diffuso oggi dalla sala stampa vaticana. Durante la riunione, si legge nella nota, mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha sottolineato che il tema della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo (7-28 ottobre 2012), “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, “nella storia dei Sinodi ha avuto, in certo senso, un precedente nella III assemblea generale ordinaria” sul tema “L’evangelizzazione nel mondo moderno” (27 settembre - 26 ottobre 1974). “Si tratta - viene sottolineato nel comunicato - non semplicemente di una coincidenza cronologica o tematica, quanto piuttosto di un segno di continuità della sollecitudine della Chiesa nel predicare il Vangelo. Per questo motivo essa trova preziosi suggerimenti anche per la sua missione nel mondo di oggi nella Esortazione Apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ successiva a quella III assemblea”. Al centro della riunione, riferisce il comunicato, c’è stato l’esame della bozza dell’“Instrumentum laboris” con “uno scambio di riflessioni prima in assemblea plenaria poi nei due gruppi inglese e italiano, le cui rispettive conclusioni sono state poi ulteriormente messe a confronto nella successiva e conclusiva discussione plenaria”. Tra le “parti della bozza che hanno destato maggiore attenzione” ci sono “quelle riguardanti la struttura letteraria generale del testo e le integrazioni comprendenti temi quali l’identità dei destinatari della nuova evangelizzazione, l’identità del cristiano nella sua relazione con il Vangelo e con Gesù Cristo che è il Vangelo stesso”. Inoltre, “si è parlato della ‘infecondità dell’evangelizzazione attuale’, anche in presenza di certi influssi della cultura attuale che rendono particolarmente difficile la trasmissione della fede e rappresentano al contempo una sfida per i cristiani e per la Chiesa”. "A tale proposito - si legge nel comunicato finale - l'indizione dell'Anno della fede sarà un'occasione propizia per approfondire il dono della fede ricevuto dal Signore per viverlo e trasmetterlo agli altri.Il luogo originario della trasmissione della fede è stato indicato nella famiglia, dove la fede viene comunicata ai giovani che nella esperienza di famiglia imparano sia il contenuto sia la prassi della fede cristiana". "L'opera insostituibile della famiglia - si legge ancora nel testo - viene prolungata dalla catechesi svolta nelle istituzioni ecclesiali, soprattutto attraverso la liturgia con i sacramenti e l'omelia, oppure dando spazio alle missioni parrocchiali, alla pietà popolare, ai movimenti, alle comunita' ecclesiali".

SIR, Agi

COMUNICATO: SETTIMA RIUNIONE DEL XII CONSIGLIO ORDINARIO DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI (16 FEBBRAIO 2012)

La nota dei vecchi e nuovi dirigenti del Governatorato sul caso Viganò. Uno dei 4 firmatari: siamo stati costretti a firmare a scatola chiusa

I vecchi e i nuovi dirigenti del Governatorato furono "costretti" a firmare la dura nota di condanna contro il vescovo Carlo Maria Viganò, l'ex segretario generale dello stesso Governatorato "esiliato" alla nunziatura della Santa Sede di Washington dopo aver denunziato al Papa e al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone gravi casi di corruzione, malaffare e truffe in Vaticano. Accuse rimbalzate agli onori delle cronache giudiziarie dopo le pubblicazioni di due lettere di protesta nelle quali monsignor Viganò lamentava di essere stato vittima di una sorta di congiura da parte di quanti Oltretevere non hanno mai visto di buon occhio la sua opera di pulizia. La severa presa di posizione dell'ex segretario generale del Governatorato è stata, però, smentita ufficialmente, nel merito, nei contenuti delle lettere e nelle accuse formulate contro i suoi avversari, da una inusuale nota firmata dal nuovo presidente del Governatorato, il card. Giuseppe Bertello e dal vescovo Giuseppe Sciacca, attuale segretario generale, ma anche dall'ex presidente, il card. Giovanni Lajolo, e dall'ex vice segretario generale, il vescovo Giorgio Corbellini. La nota è stata pubblicata il 4 febbraio scorso dalla Sala Stampa della Santa Sede e da L'Osservatore Romano in prima pagina. Ai 4 firmatari, però, il testo era stato fatto recapitare poche ore prima della pubblicazione. Qualcuno dei monsignori che appare in calce al testo non ha avuto nemmeno il tempo di leggerlo con attenzione e, magari, apportare qualche osservazione. "Siamo stati costretti a firmare a scatola chiusa", confida una dei 4 firmatari.Nel comunicato la sconfessione di monsignor Viganò è stata totale. Le sue ''asserzioni'' sugli ammanchi, la corruzione, il presunto sistema di malaffare in appalti e forniture Oltretevere, - si legge nel testo - ''sono frutto di valutazioni erronee, o si basano su timori non suffragati da prove, anzi apertamente contraddetti dalle principali personalità invocate come testimoni''. I vertici, nuovi e vecchi, del Governatorato, però, hanno dovuto praticamente a loro insaputa esprimere ''grande amarezza'' per la pubblicazione delle due lettere di Viganò. Gli autori reali del comunicato sono stati dunque "altri" e non è azzardato immaginare che hanno ubbidito al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Ma questo è un altro episodio che la dice lunga sullo stato dei rapporti all'interno del Vaticano.

La Repubblica.it

domenica 26 febbraio 2012

Emendamento del governo italiano che taglia le esenzioni Ici-Imu al non-profit: dalla Chiesa nessuna chiusura ma perplessità

Non c’è, da parte della Chiesa, una chiusura rispetto all’emendamento del premier Mario Monti che taglia le esenzioni Ici-Imu al non-profit, e quindi ai beni ecclesiastici. Ma è forte l’allarme per gli effetti deleteri che l’aggravio potrebbe avere sul particolare settore delle scuole paritarie, specie quelle per l’infanzia. "Il cambio e il dubbio", "Cambio con incognite", strillavano stamane i vari titoli di Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, per esprimere la fibrillazione in atto nel mondo cattolico, e soprattutto l’esplicita "attesa per l’interpretazione" del provvedimento. Da una parte, il giornale della CEI ha sottolineato che l’atteso e "utile" emendamento arriva a sgombrare il campo dalle ambiguità. "Rispetto al passato sembra cambiare poco. Per gli immobili a uso commerciale si pagherà domani come si pagava ieri. Chi evadeva l’imposta avrà meno scappatoie", ha riconosciuto Avvenire. "Ma soprattutto un ente non profit, quando svolge in un suo immobile un’attività solo parzialmente commerciale, pagherà l’imposta non per l’intero immobile, ma per la parte adibita ad attività commerciale", ha spiegato. A restare "con il fiato sospeso", in attesa che l’applicazione venga chiarira, sono piuttosto "le scuole paritarie, non statali, che svolgono un servizio pubblico", soprattutto, ha rimarcato ancora il giornale dei vescovi, le innumerevoli scuole dell’infanzia, che già oggi vivono di stenti". "Un’imposta in più sarebbe per loro il colpo di grazia", è il drastico allarme, che riguarda anche, più in generale, gli innumerevoli servizi che il non profit, cattolico e di ogni fede, orientamento, colore, svolge in Italia a servizio della collettività. La preoccupazione degli istituti religiosi è stata espressa oggi anche dal salesiano don Alberto Lorenzelli, presidente della Conferenza Italiana Superiori Maggiori, in occasione di un convegno in Campidoglio sulle opere sociali della Chiesa. "Tale nostro stato d’animo - ha dichiarato - non è espressione di malinconica perdita di privilegi, bensì di preoccupato sguardo sulla futura continuazione delle nostre numerose opere, che ricevevano dallo Stato adeguato riconoscimento per l’opera sociale compiuta a beneficio di tutti i cittadini italiani". "Chiediamo pertanto alle nostre istituzioni pubbliche - ha aggiunto - di considerare questo dato nell’adempimento dell’iniziativa legislativa che si vuole intraprendere nell’introdurre la tassazione dell’Imu verso i nostri beni immobili". Nello stesso convegno, cui è intervenuta anche il ministro Elsa Fornero, il segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone, ricordando i circa 15 mila servizi sanitari e socio assistenziali con cui le opere della Chiesa contribuiscono al welfare italiano, ha richiamato la politica a garantire a tutti i cittadini "la giustizia sociale" ciascuno nel rispetto della sussidiarietà. Dell’emendamento sulle esenzioni Ici-Imu, intanto, parla anche L’Osservatore Romano nell’edizione di domani, senza formulare alcuna valutazione, all’interno di un breve testo dal titolo che non si potrebbe più distaccato: Nuove misure del Governo italiano in tema fiscale.

Vatican Insider

Il 10 marzo i Vespri del Papa nella Basilica di San Gregorio al Celio con il primate anglicano nel millenario di fondazione dell’Eremo di Camaldoli

Come annunciato alcune settimane fa dalla Prefettura della Casa Pontifica, sabato 10 marzo alle 17.30 Benedetto XVI si recherà alla Basilica di San Gregorio al Celio (foto) per recitare i Vespri insieme al primate della Comunione Anglicana Rowan Williams. La presenza del Pontefice risponde alla richiesta della Comunità dei monaci Camaldolesi di visitare il monastero romano alla vigilia della festa di San Gregorio Magno, in occasione delle celebrazioni del Millenario di fondazione dell’Eremo di Camaldoli. Celebrazioni iniziate lo scorso 7 febbraio, e che proseguiranno per tutto l’anno per concludersi nell’agosto 2013, con un ricco calendario di eventi religiosi, appuntamenti culturali, mostre e convegni. Fra questi è prevista la giornata di studio di domenica 11 marzo, a cui l’arcivescovo di Canterbury porterà il suo contributo, su “Carisma monastico e dialogo ecumenico”, con interventi sui legami storici che vincolano la comunità di San Gregorio al Celio con la Comunione Anglicana e sulla relazione ecumenica come elemento integrale del carisma monastico camaldolese. Come per la processione del Mercoledì delle Ceneri, in cui Benedetto XVI ha percorso il tragitto da Sant’Anselmo a Santa Sabina in piedi su di una piccola papamobile, per raggiungere la Basilica di San Gregorio il Papa non salirà le scale che dalla piazza portano al monastero, ma entrerà attraverso il giardino retrostante, al quale si accede con la macchina, e da qui passando per una Cappella interna e la Biblioteca, farà ingresso in Chiesa

Ciro Fusco, Korazym.org

Iniziati gli Esercizi spirituali in Vaticano. Il Papa: affido alla vostra preghiera questa settimana con i miei collaboratori della Curia romana

"Supplichiamo con fervore Maria Santissima perché accompagni il nostro cammino quaresimale con la sua protezione e ci aiuti ad imprimere nel nostro cuore e nella nostra vita le parole di Gesù Cristo, per convertirci a Lui. Affido, inoltre, alla vostra preghiera la settimana di Esercizi spirituali che questa sera inizierò con i miei Collaboratori della Curia Romana". Papa Benedetto XVI si è rivolto così ai fedeli in Piazza San Pietro, prima di recitare l'Angelus. Questa sera, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano sono iniziati gli Esercizi Spirituali, ai quali partecipa il Santo Padre Benedetto XVI. Le meditazioni sul tema: "La comunione del cristiano con Dio - ' la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo' (1Gv 1,3)", saranno dettate dal card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo) Gli Esercizi si concluderanno sabato mattina 3 marzo. Nella settimana degli Esercizi spirituali sono sospese tutte le udienze, compresa l'Udienza generale di mercoledì 29 febbraio.

TMNews

INIZIO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO ALLA PRESENZA DEL SANTO PADRE

Benedetto XVI: il tempo di Quaresima è molto impegnativo perché ci invita a ritornare a Dio. Coraggiosamente prendiamo le vie della preghiera

Nei saluti nelle varie lingue, dopo la recita dell'Angelus, il Santo Padre ha continuato a parlare della Quaresima. "Il tempo di Quaresima è molto impegnativo – ha sostenuto in francese - perché ci invita a ritornare a Dio. Gesù dopo il suo battesimo, all'inizio della sua missione, è condotto nel deserto. Con Lui viviamo questo tempo di deserto e di solitudine. Cerchiamo di rifiutare tutto ciò che può portarci lontano da Dio e di approfittare di questa Quaresima per ritornare a Lui. Coraggiosamente prendiamo le vie della preghiera", riscoprendo "l’importanza della nostra relazione con Dio". "In questi primi giorni di Quaresima – ha esortato in inglese -, vi invito a fare vostro lo spirito di questo tempo santo, attraverso la preghiera, il digiuno e l'elemosina. Nel farlo, il Signore ci accompagni, in modo che, alla fine della Quaresima, possiamo degnamente celebrare la sua vittoria sulla croce". Anche in spagnolo Benedetto XVI ha sollecitato i fedeli, "guidati dalla forza di Dio", a "intensificare la preghiera, la penitenza e la pratica della carità, per giungere così vittoriosi e purificati alle celebrazioni pasquali". In polacco ricordando le parole di Gesù: "Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo", il Papa ha sottolineato: "Con tali parole, Cristo ci esorta a fare penitenza e a cambiare vita. Bisogna che diventiamo per il mondo lievito evangelico della verità attraverso i gesti della misericordia, del perdono e della riconciliazione". In italiano saluti ai fedeli venuti da Cento di Ferrara e dalla diocesi di Bologna, da Vicenza, Bari e Modugno, ai ragazzi di alcune parrocchie della diocesi di Milano che si stanno preparando alla professione di fede, come pure alla delegazione dei "Consigli comunali dei ragazzi" della provincia di Catania.

SIR

Il Papa: avere la pazienza e l’umiltà di seguire ogni giorno il Signore, imparando a costruire la nostra vita, in Lui e con Lui, fonte della vera vita

A mezzogiorno di oggi, I Domenica di Quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. "In questa prima domenica di Quaresima, incontriamo Gesù che, dopo aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano da Giovanni il Battista subisce la tentazione nel deserto - ha ricordato il Papa -. La narrazione di san Marco è concisa, priva dei dettagli che leggiamo negli altri due Vangeli di Matteo e di Luca". Il deserto di cui si parla, ha evidenziato il Pontefice, "ha diversi significati. Può indicare lo stato di abbandono e di solitudine, il ‘luogo’ della debolezza dell’uomo dove non vi sono appoggi e sicurezze, dove la tentazione si fa più forte. Ma esso può indicare anche un luogo di rifugio e di riparo, come lo fu per il popolo di Israele scampato alla schiavitù egiziana, dove si può sperimentare in modo particolare la presenza di Dio". Gesù "nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana". Il Santo Padre ha, quindi, rammentato il commento di San Leone Magno all’episodio evangelico delle tentazioni: "Il Signore ha voluto subire l’attacco del tentatore per difenderci con il suo aiuto e per istruirci col suo esempio". Che cosa può insegnarci questo episodio? "Come leggiamo nel Libro dell’Imitazione di Cristo – ha affermato Benedetto XVI -, ‘l’uomo non è mai del tutto esente dalla tentazione finché vive… ma è con la pazienza e con la vera umiltà che diventeremo più forti di ogni nemico’, la pazienza e l’umiltà di seguire ogni giorno il Signore, imparando a costruire la nostra vita non al di fuori di Lui o come se non esistesse, ma in Lui e con Lui, perché è la fonte della vera vita. La tentazione di rimuovere Dio, di mettere ordine da soli in se stessi e nel mondo contando solo sulle proprie capacità, è sempre presente nella storia dell’uomo". Gesù proclama che "il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino", annuncia che "in Lui accade qualcosa di nuovo": "Dio – ha osservato il Papa - si rivolge all’uomo in modo inaspettato, con una vicinanza unica concreta, piena di amore; Dio si incarna ed entra nel mondo dell’uomo per prendere su di sé il peccato, per vincere il male e riportare l’uomo nel mondo di Dio". Ma questo annuncio "è accompagnato dalla richiesta di corrispondere ad un dono così grande. Gesù, infatti, aggiunge: ‘convertitevi e credete nel Vangelo’; è l’invito ad avere fede in Dio e a convertire ogni giorno la nostra vita alla sua volontà, orientando al bene ogni nostra azione e pensiero. Il tempo della Quaresima è il momento propizio per rinnovare e rendere più saldo il nostro rapporto con Dio, attraverso la preghiera quotidiana, i gesti di penitenza, le opere di carità fraterna". Di qui l’invito: "Supplichiamo con fervore Maria Santissima perché accompagni il nostro cammino quaresimale con la sua protezione e ci aiuti ad imprimere nel nostro cuore e nella nostra vita le parole di Gesù Cristo, per convertirci a Lui".

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

sabato 25 febbraio 2012

GMG 2011. Quando la Chiesa fa notizia: all'ambasciata spagnola presso la Santa Sede una tavola rotonda sull'impatto mediatico dell'evento di Madrid

La Giornata Mondiale della Gioventù continua a far parlare di sé. Non solo per la frase gridata all’aerodromo Cuatro Vientos “Questa è la gioventù del Papa!”, che si ode ormai in tutti i raduni del Santo Padre con i giovani, e perfino in ambienti più formali, come l’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Martedì 21 febbraio, l’ambasciatrice Maria Jesus F. Lopez-Palop ha organizzato infatti una tavola rotonda sul tema "La Chiesa fa ancora notizia? L’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid", presieduta da mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il cui compito è anche quello di accompagnare il Papa nella riflessione sui nuovi spazi multimediali e nel miglioramento continuo del rapporto tra la Chiesa e l’opinione pubblica. Non desta sorpresa, dunque, vedere giornalisti con vari punti di vista ed esperienze della GMG, entrare in dialogo con il presidente del dicastero per fare un bilancio a sei mesi di distanza dell’evento, che si è trasformato nel più grande ed importante raduno ecclesiastico e che, a livello mondiale, si svolge, con qualche eccezione, come nel caso di Rio 2013, ogni tre anni. Alla tavola rotonda hanno partecipato, fra gli altri, i vaticanisti italiani Marco Ansaldo (La Repubblica) e Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera) e gli spagnoli Juan Rubio (direttore di Vida Nueva), Enric Juliana (editore aggiunto de La Vanguardia) e Antonio Gallo (coordinatore del social networking alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid). Tutti hanno concordato che il raduno è stato un evento mediatico, che ha catturato l’attenzione di tutto il mondo, nonostante i tentativi per sminuirlo. Hanno raccontato aneddoti e hanno riferito dati e parole del Papa, ma l’elemento più importante è che tutti hanno dovuto ammettere che nella Chiesa c’è fede, c’è mobilitazione attorno ad una persona e c’è gioventù. Emblematica è l’esperienza del cameriere di un bar, raccontata da uno dei partecipanti alla tavola rotonda. “È stata un’esperienza così speciale, che non volevo che se ne andassero”, ha detto l’uomo, non solo perché faceva ottimi affari (anche per una capitale come Madrid) ma perché non aveva mai visto tanta gioia nelle strade, che lo contagiava ogni mattina. Leggendo il titolo di un giornale, “La generazione speranza”, ha poi capito tutto. La GMG 2011 deve in parte il suo successo alla sua presenza nei social network, dove i giovani si incontrano, invitandoli a partecipare, al cui invito hanno risposto, lasciandosi coinvolgere. Stando lì, i giovani, anche i media, hanno capito che nel cristianesimo tutto inizia con una chiamata alla quale si risponde. Nessuno è stato costretto a partecipare, nessuno è stato pagato per andarci e, infine, nessuno voleva tornare a casa. Questi erano dati evidenti che, rispetto alle altre GMG organizzate in Europa e in Spagna, non hanno avuto paragoni, come hanno riferito i vaticanisti che hanno seguito i raduni precedenti. A parte al successo dovuto alle reti sociali, i giornalisti spagnoli hanno attribuito l’esito della GMG 2011 all’unione di due volontà: quella del Papa, con la sua équipe, e lo stesso governo spagnolo, che dopo vari anni di scontro con la Chiesa, era in una fase di pacificazione con l’obiettivo di presentarsi nel modo migliore alle urne.Tornando al ruolo delle reti sociali, secondo le stime degli organizzatori della GMG sulle sue autostrade informatiche hanno viaggiato circa 600 milioni di tweet (messaggini di Twitter), sono stati visionati circa due milioni di video on line, senza contare i 6 milioni di visite alla pagina web ufficiale e gli altri supporti informatici creati spontaneamente. Infatti, come è stato ribadito durante la tavola rotonda, la Chiesa è un “villaggio globale” molto prima ancora della cosiddetta “globalizzazione”. Secondo i partecipanti alla tavola rotonda, ciò che ha attirato molto l’attenzione della stampa accreditata, un numero record di 5.000 mezzi di comunicazione accreditati di tutto il mondo, è stato il fatto che il Papa è venuto a Madrid portando delle proposte e non delle condanne, non con l’intenzione di rimproverare ma per spiegare le cose e far sentire l’orgoglio di essere giovani cattolici. Questa era la notizia e la GMG l’ha messa “sul piatto d'argento”, è stato detto. L’evento presso l’ambasciata spagnola è stata un’occasione per affrontare la “congiuntura” informativa, che sta vivendo la Santa Sede in questi giorni. Mons. Celli ha riconosciuto che al momento ci sono altri temi riguarda la Santa Sede e la stampa, e che la Chiesa ha mostrato il suo desiderio di dialogare correttamente con la stampa, perché aiuta anche loro. E che non c’è nulla da nascondere, perché senza la verità la Chiesa non potrebbe svolgere il suo compito principale, cioè la carità. Per i giornalisti presenti alla tavola rotonda, seguire la Santa Sede come fonte di notizie è un onore, ma è anche un compito molto difficile. Non solo perché bisogna conoscerla e lasciarsi coinvolgere nei suoi contenuti e dinamiche, ma anche perché, a volte, è un partner molto chiuso e non sempre le cose vengono dette chiaramente, il che è fondamentale per dare fiducia o meno alla gente. Dalle lezioni apprese, belle e brutte, perché ci sono anche quelle, gli organizzatori della prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, potranno sfruttare il grande potenziale informativo di questo mega-evento, nel quale la frase comunicativa più forte sarà in lingua portoghese: “Esta é a juventude do Papa!”.

José Antonio Varela Vidal, Zenit

Il 1° marzo Benedetto XVI diventerà il sesto Papa più longevo, il 31 ottobre il quinto, superando rispettivamente Giovanni Paolo II e Innocenzo XII

Il prossimo 1° marzo, Benedetto XVI diventerà il sesto Pontefice più longevo dal 1400, anno da quando esistono dati anagrafici affidabili sull'età dei Papi. Infatti, Papa Joseph Ratzinger che è nato il 16 aprile 1927, il 1° marzo 2012 compierà 84,88 anni; cioè 31.001 giorni, uno in più del Beato Giovanni Paolo II che morì il 2 aprile 2005 dopo 31.000 giorni di vita. Così si legge nel sito Popes and Papacy del blogger statunitense Anura Guruge, fra i pochi specialisti che si occupa con particolare cura di statistiche riguardanti i Papi, la gerarchia episcopale e cardinalizia e la Chiesa in generale. In un recente post, Guruge anticipa anche che il 31 ottobre 2012, Benedetto XVI, 244 giorni dopo il 1° marzo, supererà anche un altro Papa: Innocenzo XII e dunque diventerà il quinto Pontefice più longevo dal 1400. Quel giorno Joseph Ratzinger compierà 31.245 giorni di vita, uno in più di Papa Antonio Pignatelli che, dal 13 marzo 1615 al 27 settembre 1700, visse 31.244 giorni.

Il Sismografo

Popes and Papacy: Benedict XVI Will Be Fifth (5th) Oldest Pope, Since 1400, On October 31, 2012

Il Papa: la vocazione all’amore degli sposi è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, a conclusione dei lavori, i partecipanti alla XVIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, che si è svolta nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano dal 23 al 25 febbraio, sul tema "Diagnosi e terapia dell’infertilità". Nel suo discorso, ricordando “la fiducia che la Chiesa ha sempre riposto nelle possibilità della ragione umana e in un lavoro scientifico rigorosamente condotto, che tengano sempre presente l’aspetto morale”, il Papa ha riflettuto sul tema dell’Assemblea citandone la “rilevanza umana e sociale”, il “peculiare valore scientifico” e l’espressione della “possibilità concreta di un fecondo dialogo tra dimensione etica e ricerca biomedica”. Un incoraggiamento, quello del Pontefice, all’“onestà intellettuale” del lavoro svolto, “espressione di una scienza che mantiene desto il suo spirito di ricerca della verità, a servizio dell’autentico bene dell’uomo, e che evita il rischio di essere una pratica meramente funzionale”. Davanti al problema dell’infertilità della coppia, ha detto il Santo Padre ai partecipanti, “avete scelto di richiamare e considerare attentamente la dimensione morale, ricercando le vie per una corretta valutazione diagnostica ed una terapia che corregga le cause dell’infertilità”: “Questo approccio muove dal desiderio non solo di donare un figlio alla coppia, ma di restituire agli sposi la loro fertilità e tutta la dignità di essere responsabili delle proprie scelte procreative, per essere collaboratori di Dio nella generazione di un nuovo essere umano. La ricerca di una diagnosi e di una terapia rappresenta l’approccio scientificamente più corretto alla questione dell’infertilità, ma anche quello maggiormente rispettoso dell’umanità integrale dei soggetti coinvolti. Infatti, l'unione dell'uomo e della donna in quella comunità di amore e di vita che è il matrimonio, costituisce - ha affermato il Papa - l'unico 'luogo' degno per la chiamata all'esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono". “La dignità umana e cristiana della procreazione, infatti, non consiste in un ‘prodotto’, ma nel suo legame con l’atto coniugale, espressione dell’amore dei coniugi, della loro unione non solo biologica, ma anche spirituale”. Il Papa ha sottolineato che "le legittime aspirazioni genitoriali della coppia che si trova in una condizione di infertilità devono pertanto trovare, con l'aiuto della scienza, una risposta che rispetti pienamente la loro dignità di persone e di sposi". "L'umiltà e la precisione con cui approfondite queste problematiche, ritenute da alcuni vostri colleghi desuete dinanzi al fascino della tecnologia della fecondazione artificiale, merita incoraggiamento e sostegno", ha affermato Papa Ratzinger, che citando un suo precedente intervento ha ribadito che "il facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. E' questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità". A giudizio di Benedetto XVI "lo scientismo e la logica del profitto sembrano oggi dominare il campo dell'infertilità e della procreazione umana, giungendo a limitare anche molte altre aree di ricerca". "La Chiesa presta molta attenzione alla sofferenza delle coppie con infertilità, ha cura di esse e, proprio per questo, incoraggia la ricerca medica. La scienza, tuttavia, non sempre è in grado di rispondere ai desideri di tante coppie. Vorrei allora ricordare agli sposi che vivono la condizione dell'infertilità, che non per questo - ha aggiunto il Papa - la loro vocazione matrimoniale viene frustrata. I coniugi, per la loro stessa vocazione battesimale e matrimoniale, sono sempre chiamati a collaborare con Dio nella creazione di un'umanità nuova. La vocazione all'amore, infatti, è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire. Dove, dunque, la scienza non trova una risposta, la risposta che dona luce viene da Cristo". "Proseguite il cammino intrapreso di una scienza intellettualmente onesta e affascinata dalla ricerca continua del bene dell’uomo", non disdegnando “il dialogo con la fede”, ha esortato i convenuti per queste giornate di studio. Benedetto XVI, nell’Enciclica "Deus caritas est", aveva già spiegato come la fede permetta “alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio”. E oggi ha ricordato che “la matrice culturale creata dal cristianesimo - radicata nell’affermazione dell’esistenza della Verità e dell’intelligibilità del reale alla luce della Somma Verità - ha reso possibile nell’Europa del Medioevo lo sviluppo del sapere scientifico moderno”. L’appello agli “illustri scienziati” e a tutti i membri dell’Accademia “impegnati a promuovere la vita e la dignità della persona umana” è stato dunque quello a tenere “sempre presente anche il fondamentale ruolo culturale” che svolgono nella società e l’influenza che esercitano “nel formare l’opinione pubblica”. Ricordando le esortazioni agli scienziati di Giovanni Paolo II, un’ultima raccomandazione del Papa: “La gente ha fiducia in voi che servite la vita, ha fiducia nel vostro impegno a sostegno di chi ha bisogno di conforto e di speranza. Non cedete mai alla tentazione di trattare il bene delle persone riducendolo ad un mero problema tecnico! L’indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene rappresenta una pericolosa minaccia per un autentico progresso scientifico”.
Mons. Ignacio Carrasco de Paula, ringraziando Benedetto XVI per l’udienza, da parte sua ha ribadito che “sebbene impegnativo, non è poi così utopistico promuovere l’accordo tra una ragione rigorosamente fedele alle proprie leggi e un cuore che aspira sempre ad andare oltre, specie quando l’una e l’altro si lasciano illuminare da quella luce splendida della quale disse Sant’Agostino: ‘chi conosce la verità, la conosce; e chi la conosce, conosce l’eternità, ovvero il Cristo, il Signore della vita’”.

Radio Vaticana, TMNews

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA - il testo integrale del discorso del Papa