venerdì 16 dicembre 2011

Il Papa: il cielo è aperto sopra Napoli! Camminate con rinnovato entusiasmo e affrontate con fede, speranza e carità i problemi della vita quotidiana

Con una solenne celebrazione in Cattedrale, presieduta dal cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe, si è chiuso questa sera a Napoli lo speciale Anno Giubilare nella Chiesa partenopea, a dieci anni dal Grande Giubileo del Duemila. Per l'occasione Papa Benedetto XVI ha inviato un video-messaggio che è stato proiettato nel corso della solenne Veglia di chiusura. Il Santo Padre ha definito il Giubileo di Napoli “una opportunità di nuova evangelizzazione”, che ha visto “la gioiosa partecipazione e il coinvolgimento cordiale della comunità ecclesiale, come anche di quella civile”, per offrire il proprio “generoso contributo per la crescita spirituale, morale e culturale” del capoluogo partenopeo. Il Papa ha ricordato poi che il tempo giubilare ha costituito per la comunità partenopea ''un tempo di immersione nel mistero di Dio, e percio' un anno di grazia. Si può paragonarlo ad un 'battesimo', perchè, in un certo senso, il Giubileo - ha spiegato - ha aperto il cielo su di voi e ha fatto discendere sulla vostra vita e sulla vostra comunità la forza dello Spirito Santo, similmente a quando discese sui discepoli nel cenacolo, a Pentecoste''. “Il cielo è aperto sopra di voi! E voi potete camminare con rinnovato entusiasmo e affrontare con la forza della fede, della speranza e della carità i molti e complessi problemi che si incontrano nella vita quotidiana”. “Come gli apostoli, dopo la Pentecoste, si misero ad annunciare con coraggio la Buona Novella – ha affermato il Papa - anche voi, dopo questo Giubileo, rinnovate la speranza, lasciatevi guidare dalla forza dello Spirito Santo e collaborate con rinnovato slancio alla missione della Chiesa. Ciascuno mettendo a frutto i doni ricevuti, ponendoli al servizio degli altri e della edificazione dell’intera comunità, senza personalismi né rivalità, ma in spirito di sincera umiltà e in gioiosa fraternità. Abbiate sempre, come già fate, speciale cura dei fratelli più piccoli e fragili, dei più poveri e svantaggiati”. Perseveranza e fedeltà agli impegni assunti è ciò che il Papa augura a tutti i fedeli assicurandoli della sua personale benedizione.

SIR, Asca

VIDEO-MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA CHIUSURA DELL’ANNO GIUBILARE PER NAPOLI

Natale 2011. Acceso l'Albero in Piazza San Pietro. Bertello: ci invita a guardare sempre in alto, a ricordarci di Dio, ad essere luce per gli altri

Accese le centinaia di luci che decorano l'altissimo abete Piazza San Pietro. Quest'anno l'Albero di Natale posto è stato offerto dall'Ucraina e la tradizionale accensione dell'albero è avvenuta nel corso di una cerimonia che ha visto la presenza congiunta di esponenti della Chiesa Cattolica, tra cui il presidente del Governatorato della Città del Vaticano, mons. Giuseppe Bertello, e di quella ortodossa. La tradizione di esporre l'albero in Piazza San Pietro insieme al Presepe fu introdotta nel 1982 da Giovanni Paolo II e anche in quell'occasione l'abete arrivava dall'Ucraina. Quest'anno la maestosa conifera, della specie 'picea abies', viene da una zona di difficile accesso della Transcarpazia, ha 61 anni, un'altezza di 30 metri, oltre 700 rami, per un peso di circa 5 tonnellate. E' decorata con sfere color oro e argento e luci bianche e gialle. Insieme all'abete principale, sono state offerti alla Santa Sede 43 alberi più piccoli per adornare appartamenti pontifici, residenze di cardinali, uffici di Curia e l'Aula Paolo VI. E’ stupore improvviso quello che illumina i volti, mentre l’albero di Natale si accende di bagliori colorati e si mostra al suo pubblico nella più sfavillante delle vesti. E’ luce che si accende ad illuminare la notte e l’animo conduce a quell’umile mangiatoia, dove il Figlio di Dio fatto uomo donò al mondo la luce della Salvezza. Anche quest’anno in Piazza San Pietro, la cerimonia di accensione dell’abete è metafora della venuta di Cristo che illumina di senso la Storia dell’uomo. Lo ricorda mons. Bertello intervendo alla cerimonia: “Qualche giorno fa, illuminando l’Albero di Natale della Città di Gubbio, il Santo Padre ricordava che questo albero ci invita a guardare sempre in alto, a ricordarci di Dio, con le sue luci ci invita ad essere noi stessi luce per gli altri, attraverso il nostro esempio e la nostra testimonianza, e a sentirci uniti, solidali, gli uni verso gli altri per costruire insieme un mondo di giustizia e di pace”.

Ansa, Radio Vaticana

Vian: Benedetto XVI va come sempre alla radice delle questioni, mantenendo con mite e ferma chiarezza uno sguardo di fiducia realista

Benedetto XVI ''va come sempre alla radice delle questioni. Mantenendo, con mite e ferma chiarezza, uno sguardo di fiducia realista''. Così il diretto de L'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian commenta le parole del Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2012 sul tema "Educare i giovani alla giustizia e alla pace". Benedetto XVI, scrive, ''non poteva trascurare la crisi globale che grava su molte società e che viene descritta con singolare efficacia: 'Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno'. A esserne angosciati sono soprattutto i giovani, e non vi è bisogno di troppe analisi per constatare questa realtà inquietante, emersa nell'anno che si conclude anche con manifestazioni e sintomi visibili in diversi Paesi''. Per questo, per la responsabilità nei confronti delle generazioni più giovani, ''smarrite e intimorite di fronte a un futuro che si presenta incerto e senza prospettive da ogni punto di vista'', il Papa, prosegue il quotidiano della Santa Sede, ''guarda alla necessità dell'educazione, che definisce 'l'avventura più affascinante e più difficile della vita'''. ''Colpisce soprattutto nel testo papale'', sottolinea l'editoriale, ''l'appello ai responsabili della vita pubblica: perche' s'interroghino sulle decisioni da prendere in questo tempo di crisi, certo, ma soprattutto perchè offrano ai giovani 'un'immagine limpida della politica'. Con un'esortazione implicita a un nuovo impegno in un ambito, come quello della politica, che in molti Paesi sembra sempre più distante dalle preoccupazioni reali dei cittadini e non attrae, o respinge, le generazioni più giovani. E altrettanto forte è l'appello al mondo dei media, che troppo di frequente dimenticano la loro funzione non soltanto informativa''.

Asca

La fiducia realista di Papa Benedetto

Cristiana Dobner: la sentinella Benedetto si rivolge ai giovani perchè nelle loro mani è l'oggi e il domani. Chiede una 'movida' notturna inedita

“Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2012, si rivolge a tutti i giovani perché nelle loro mani è il nostro oggi e il nostro domani. Chiede una movida notturna inedita, diversa, che non sprechi il vigore giovanile nel passare da un locale ad un altro, da un’anonima folla che si agita dimenandosi ad un’altra folla che fagocita le ore e porta al mattino sfatti, senza energie”. È quanto scrive Cristiana Dobner, carmelitana scalza, in una nota per l'agenzia SIR a commento del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2012, dal titolo “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. “Per Benedetto XVI – osserva Dobner – l’educazione non è questione di libri, di cattedre, di galatei, è questione di un nucleo vitale che passa da una mano all’altra e la rende incandescente, pronta ad allungarsi e aprirsi, consegnando il tesoro ricevuto: la gioia di vivere. L’educazione è progetto di testimoni vivi, di sentinelle che vibrano e captano, che sanno creare quel contatto fra persona e persona che si muove e diventa anello della movida vera, quella sobria e non futilmente distruttiva”. Per Dobner, “fiducia reciproca, capacità di tessere un dialogo costruttivo, carità reciproca, compassione nei confronti dei più deboli, disponibilità al sacrificio”: sono queste le caratteristiche della “movida giovanile 2012 della sentinella Benedetto”.

SIR

Una "movida" esigente: un Papa che trasmette ai giovani la gioia di vivere

Rapporto sugli abusi nella Chiesa in Olanda. Vescovi: vergogna e dolore, giustizia per vittime. Assumere ogni misura della legge ecclesiale e civile

I vescovi dell'Olanda e i leader degli ordini religiosi sono "scioccati" dagli abusi sessuali sui minori compiuti dal 1945 al 2010 dal clero dei Paesi Bassi, rivelati oggi dalla Commissione Deetman, ed esprimono "vergogna e dispiacere" in un comunicato diffuso in contemporanea in Olanda e dalla Sala Stampa vaticana. Sono numerose decine di migliaia i minori che "hanno subito abusi sessuali da ecclesiastici della Chiesa Cattolica olandese tra il 1945 e il 2010: circa 800 presunti responsabili di abusi sono stati identificati, e almeno 105 sono ancora in vita", emerge dalle conclusioni della commissione d'inchiesta indipendente creata ad hoc per fare luce sugli episodi di pedofilia e presieduta dall'ex primo ministro Wim Deetman. Dal 1945 al 1981 sono stati abusati sessualmente nelle istituzioni della Chiesa Cattolica olandese tra i 10mila e i 20mila bambini, con tipologie di abuso che spaziano dai palpeggiamenti a "diverse migliaia" di stupri. Il report peraltro precisa che non è corretta l'idea che la pedofilia sia un problema esclusivo della Chiesa perché "l'abuso sessuale dei minori avviene ampiamente nella società olandese". I vertici della Chiesa, tuttavia, hanno "sottovalutato" il problema sino al 2010. La Conferenza Episcopale olandese e la Conferenza dei religiosi olandesi esprimono inoltre "profondo rammarico" per l'insabbiamento dei casi da parte dei vertici ecclesiastici negli anni passati, condannano la cultura del silenzio che ha circondato gli abusi e sottolineanto che "ancora molto può essere fatto" per aiutare le vittime. "Condanniamo con forza ogni genere di abuso sessuale, perché è diametralmente opposto alla dignità della persona umana e al Vangelo", si legge nella nota. "Non c'è posto per tali pratiche nella nostra Chiesa. Su questo non ci possono essere errori. Per questo assumeremo ogni misura prevista dalla legge ecclesiale e civile quando c'è ogni sospetto di abuso sessuale. I pubblici ministeri verranno informati in base alla legge olandese quando c'è ogni sospetto di un'offesa perseguibile. Ci impegnamo ad agire così in tutti i casi futuri". "Il rapporto di indagine nota che la Chiesa aveva una cultura nella quale nessuno parlava di sessualità o di abusi sessuali", si legge nella nota. "Né i tempi né le circostanze possono giustificare la terribile sofferenza causata ai bambini e alle loro famiglie". In questo senso, i vescovi e i religiosi olandesi promettono di lavorare "per rendere più facile parlare degli abusi sessuali. Verranno preparati inequivocabili codici di comportamento; si darà maggior peso ai programmi preventivi nella preparazione al ministero". I vertici ecclesiastici si impegnano inoltre a "fare giustizia alle vittime, a ricreare il loro rispetto e ad aiutarli a guarire nella misura del possibile", ma sottolineano che le attuali procedure non bastano: "Può essere fatto ancora molto per aiutare le vittime e vogliamo contribuire personalmente a ciò". La nota mette in evidenza, ancora, che gli abusi sono stati tanto più riprovevoli perché "i genitori credevano di aver affidato i loro figli a istituzioni sane e a preti e religiosi onorevoli. Oltre a quel che ha fatto ai bambini, l'infrazione della fiducia ha colpito anche i parenti. Anche a loro offriamo le nostre scuse". Ai sentimenti di rammarico e di profonda vergogna espressi dalla Conferenza Episcopale olandese e dalla Conferenza dei religiosi olandesi si associa completamente il card. Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht: con loro, il cardinale deplora quanto avvenuto che, scrive in una nota, mai sarebbe dovuto accadere e rivolge le sue scuse alle vittime. “Dal punto di vista di governo, afferma poi, risulta che anche sotto la mia responsabilità non si sia agito in modo adeguato in un certo numero di casi. Me ne rammarico moltissimo”. Il cardinale fa riferimento in particolare alle proprie “infelici” parole dette in un’intervista nel marzo 2010 quando alla domanda se i vescovi olandesi erano a conoscenza di casi di abusi negli istituti aveva risposto di no. Dal rapporto risulta invece che nella Conferenza Episcopale se ne era parlato, prima però della sua nomina a vescovo. Inoltre risulta che egli abbia ammesso al sacerdozio o incaricato in ambito pastorale persone che si sono rese colpevoli di abusi sessuali. Il porporato si dice gravemente deluso nella fiducia che aveva riposto in queste persone, ma si chiede anche se egli stesso non sia stato troppo ingenuo. Il card. Simonis si dice pronto a offrire i suoi servizi ai vescovi dell’Olanda per il pieno superamento di una pagina tanto nera nella vita della chiesa locale. “Prego Dio, conclude, perché l’inchiesta aiuti la guarigione delle vittime e spinga gli uomini di Chiesa ad una purificazione interiore”.

TMNews, Radio Vaticana

Testo della dichiarazione dell’Episcopato olandese dopo la pubblicazione del Rapporto Deetman

La deriva olandese, da Chiesa modello allo scandalo pedofilia

Domenica il Papa in visita a Rebibbia. I cappellani: attenzione importante. Rinserimento, risocializzazione e sovraffollamento le sfide da vincere

"Siamo abituati a non aspettarci niente che riguardi i benefici, la libertà, indulti e amnistie. Sappiamo benissimo che quella del carcere è una situazione che non si vuole affrontare". Don Pier Sandro Spriano, da 21 anni cappellano del carcere di Rebibbia, inizia a parlare al plurale: "Mi sento anch’io - spiega subito - come uno dei 1740 detenuti che si trovano qui". Per questo la notizia che Benedetto XVI domenica li andrà a visitare e dialogherà con alcuni di loro è stata accolta con tanta speranza: "Vogliono incontrarlo - prosegue - perché tutti riconoscono che in questo momento di abbandono la sua visita è un’attenzione importante da parte della Chiesa. Chi è governante sappia leggere in questo un senso di clemenza e di misericordia». Benedetto XVI incontrerà i detenuti alle 10.00 nella chiesa centrale; ci sarà posto per 300 persone, tutti gli altri lo potranno seguire in diretta dalle celle. Prima di andare via, alle 11.30, il Papa benedirà un albero che verrà piantato a ricordo della visita. "Purtroppo i detenuti sono tutti molto rassegnati", continua don Spriano riferendosi al sovraffollamento dell’istituto penitenziario romano, che oggi ospita oltre 500 detenuti in più rispetto alla capienza effettiva. "Il fatto di stare prima in 3, adesso in 6 in una stanzetta è diventata una situazione di rassegnazione, per cui si sopravvive lo stesso, ma con una serie di privazioni in più, che abbassano ulteriormente la dignità della persona umana". In realtà, il problema più importante, continua il cappellano, è che "non si riesce a fare nulla per il reinserimento e la risocializzazione". I progetti di recupero, per esempio, ci sono, ma sono assolutamente insufficienti. "Partecipano a queste attività 300 persone. Quindi - rimarca don Sandro - le altre 1.400 fanno 24 ore di cella". Il motivo: mancano le risorse umane e quelle finanziarie. "Mentre 20 anni fa venivano a scontare una condanna per un reato che aveva davvero una pericolosità sociale forte - prosegue don Spriano -, oggi la stragrande maggioranza dei detenuti è composta da tossicodipendenti, da stranieri e italiani che non riescono a mangiare tutti i giorni. Più del 70 per cento provengono dall’emarginazione e dalla povertà". Il carcere è diventato dunque "un manicomio, un affido, un luogo di ricovero per anziani, un ospedale. Un luogo, insomma, di accoglienza degli emarginati". Rebibbia per fortuna può contare sulla solidarietà delle comunità parrocchiali del territorio. "In genere vengono ad animare la Messa la domenica - racconta don Roberto Guernieri, cappellano da 19 anni -. Conoscono i detenuti, parlano con loro. Tante persone cambiano mentalità". E spesso organizzano anche delle iniziative culturali. Come hanno fatto per esempio i ragazzi dell’oratorio della parrocchia di Santa Maria della Fiducia che il 28 novembre scorso si sono esibiti in un musical. A portare un saluto ai detenuti in quell’occasione, anche il vescovo ausiliare Giuseppe Marciante. "Per il periodo di Natale - prosegue don Roberto - da vari anni organizziamo un concorso di presepi. Durante l’anno, ogni tanto, portiamo la statua della Madonna del Divino Amore nel carcere, oppure compiamo un pellegrinaggio per i detenuti che hanno un permesso premio. E poi cerchiamo di sensibilizzare le parrocchie perché promuovano delle raccolte". Qui infatti serve tutto: dalla biancheria ai prodotti di igiene intima. La maggior parte dei detenuti non ha neanche un indumento di ricambio. "Ogni settimana portiamo una settantina di pacchi", spiega Daniela De Robert, presidente dei Volontari in carcere. Sono loro, un centinaio, che si danno da fare quotidianamente per sostenerli e accompagnarli in varie attività di formazione e recupero. Hanno così messo in piedi tra l’altro, centri di ascolto, la cooperativa e-Team, che dà lavoro a più di 20 detenuti che si occupano della ristorazione. Per chi sta fuori e non ha una casa dove andare, hanno messo a disposizione anche un alloggio che può ospitare fino a 14 persone. "Abbiamo anche costituito un grande centro cottura per fare catering - aggiunge De Robert -, ma non riusciamo ad avere le commesse. C’è diffidenza". La stessa che si ritrovano poi a dover affrontare anche quando finiscono di scontare la pena. "In questa fase di transizione vogliamo aiutarli a trovare più facilmente un lavoro. Ma se non cambia l’atteggiamento della società libera - ribadisce -, il nostro lavoro non serve a niente".

Graziella Melina, RomaSette

Il direttore di Rebibbia: i detenuti attendono con gioia la visita del Papa

L'attesa per la visita del Papa a Rebibbia: l'impegno dei volontari. Intervista con una suora canossiana

La visita del Papa a Rebibbia, messaggio di speranza per tutti i detenuti. Angiolo Marroni: ridare dignità alle persone

Presentazione del Messaggio: Benedetto vede i giovani protagonisti, coltiva una formidabile fiducia in loro, li incoraggia, crede fermamente in essi

Questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2012 sul tema "Educare i giovani alla giustizia e alla pace". Sono intervenuti il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e mons. Mario Toso, segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Il Papa “riconosce, comprende a fondo e presenta i problemi, i dilemmi che colpiscono le giovani generazioni e le nostre società (difficoltà nell’accesso alla formazione e al lavoro, nell’inserimento nel mondo della politica, della cultura e dell’economia); ma il suo intento non si ferma alla descrizione dello status quo. Egli, infatti, dall’inizio alla fine incoraggia, offre un orizzonte di forte speranza: e parlare di speranza vuol dire parlare di futuro. Ma tale futuro non è inteso dal Papa come fosse una sorta di chimera utopistica, un’ideologia che promette una vaga salvezza: è, invece, una visione ben radicata nel passato e nel presente”, ha detto il card. Turkson. “Nonostante le difficoltà del presente”, ha sottolineato il cardinale, “il Papa guarda comunque e sempre al futuro, cioè, a Dio; e, così facendo (con l’aiuto di Dio), offre una posizione che contrasta pienamente con il dilagante nichilismo che schiaccia l’essere umano su un presente ignoto, svuotandolo di ogni motivazione e traguardo, inaridendogli ogni fiducia: anche in se stesso”. nella conferenza stampa di presentazione del Messaggio, dove si è parlato pure del movimento degli “indignados” e della “primavera araba”. Il porporato ha ribadito quanto la Chiesa punti sui giovani: “La Chiesa li vede protagonisti, coltiva una formidabile fiducia in loro, li incoraggia, crede fermamente in essi. Vuole che i giovani siano primari interpreti: li invita all’azione pubblica, li vuole determinati, colmi di speranza per il loro futuro, forti e solidali fra di loro”. Un “concetto-chiave” del Messaggio del Papa, ha precisato il card. Turkson, è “quello del protagonismo dei giovani e della contestualizzazione delle questioni che vanno affrontate in comunità, poiché è l’intera comunità ad esserne colpita”. Ed è qui che “s’inserisce il tema dell’educazione”, senza trascurare “che gran parte delle conoscenze che i giovani acquisiscono, le ricevono dai loro coetanei più di quanto in genere non si pensi”. Il Santo Padre propone “il suo progetto di educazione dei giovani scegliendo due pilastri intorno ai quali strutturare e far fiorire tale prospettiva: l’educazione alla giustizia e l’educazione alla pace”. Il Pontefice, prosegue il card. Turkson, dedica “alcuni densi passaggi ai responsabili politici perché ascoltino veramente e seriamente le preoccupazioni che si levano dalle società, offrendo sostegno alle famiglie e alle istituzioni educative, supporto alla maternità e alla paternità, e promuovendo l’accesso all’istruzione e il ricongiungimento delle famiglie divise dalle necessità di trovare mezzi di sussistenza”. “È in gioco il senso della politica come servizio, come ricerca del bene di tutti, nessuno escluso. Solo così si può parlare di dignità della politica e dei politici. Chi si impegna nella politica infatti – ha ribadito il cardinale -, deve offrire un esempio di rettitudine, coerenza tra sfera pubblica e privata, preparazione e competenza”. Il card. Turkson ha quindi ricordato che “occorre tutti insieme costruire un nuovo umanesimo, una nuova alleanza fra gli esseri umani che sia in grado di edificare un mondo dal volto più umano e fraterno, dove non prevalga la tecnica sulla natura dell’essere umano, dove ogni attività professionale, culturale, politica ed economica non sia solo il frutto di un sapere e di una logica tecnicista, ma si nutra appunto di tale umanesimo”. In tal senso, ha concluso in cardinale, occorre che “ogni attività tenga sempre conto, ponga sempre a suo fondamento riconosciuto la dignità dell’essere umano, sempre e comunque, facendo prevalere il dialogo, il diritto sulla prevaricazione, sulla tracotanza, sull’offesa, sull’orrore, sulla guerra tra i popoli e tra le nazioni, sulle persecuzioni, sull’odio, sulle violazioni dei diritti umani, sui peccati contro Dio, contro il creato e contro gli uomini, peccati che uccidono la carità e la civiltà”.
“L’educazione alla giustizia e alla pace coinvolge tutti i soggetti sociali, tutte le istituzioni, l’essere intero dei giovani”, ha affermato mons. Toso. Per il presule, ci sono alcune “condizioni per l’educazione” alla giustizia dalle quali non si può prescindere, soprattutto per le generazioni future. “Per educare i giovani – ha spiegato – occorre: essere attenti ad essi, saperli ascoltare e valorizzarli; comunicare l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene; offrire una formazione non mediocre; aiutarli a formarsi una famiglia e a trovare un lavoro; aiutare le famiglie, perché nell’attuale società post-industriale, i genitori possano non venir meno al loro compito fondamentale di educatori”. E non ultimo, ha sottolineato mons. Toso, si deve rendere i giovani capaci di “contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia” attraverso i vari “ambienti educativi come la scuola, il lavoro, la società politica, i mass media”, che devono aiutarli nella “ricerca della verità” e devono essere luoghi in cui “la persona è rispettata nella sua dignità e mai sia trattata come uno strumento, una ‘cosa’”. Secondo il segretario del Pontificio Consiglio, il Papa nel messaggio richiama l’urgenza che i “giovani siano educati alla verità, alla libertà, alla giustizia e all’amore, i quattro grandi pilastri della casa della pace, secondo la Pacem in terris del beato Giovanni XXIII”. “Con riferimento alla giustizia Benedetto XVI afferma che essa non è una semplice convenzione umana. Essa trova sì il suo fondamento nel consenso sociale ma soprattutto nell’identità profonda dell’essere umano – ha evidenziato mons. Toso -, ossia in qualcosa che supera la legge positiva. Nell’attuale contesto socio-politico, imbevuto di neocontrattualismo e di neoutilitarismo, per superare un concetto relativistico e sociologico della giustizia, occorre riscoprirne le radici trascendenti, tra cui la solidarietà e la carità”. “La città dell’uomo non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri – scrive infatti Benedetto XVI nel messaggio –, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. La carità manifesta sempre anche nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa dà valore teologale e salvifico a ogni impegno di giustizia nel mondo”. Mons. Toso ha infine auspicato l’istituzione di un Fondo, nell’ambito del mondo cattolico italiano, per aiutare i giovani disoccupati. E ancora, rispondendo a una domanda sul recente Vertice europeo per risolvere la crisi, ha affermato che non si sta prendendo la strada giusta giacché serve maggiore collaborazione economica e politica tra gli Stati.

SIR, Radio Vaticana

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XLV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2012)

Il Papa: giovani, siete un dono prezioso per la società. Vivete con fiducia i vostri profondi desideri di felicità, verità, bellezza e amore vero!

E' stato pubblicato questa mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede il Messaggio di Papa Benedetto XVI per la 45° Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2012 sul tema "Educare i giovani alla giustizia e alla pace". “Guardare il 2012 con atteggiamento fiducioso”. “È vero – ammette Benedetto XVI – che nell’anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche”. “Sembra quasi – la suggestiva immagine scelta dal Papa – che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”. Tuttavia, “in questa oscurità il cuore dell’uomo non cessa di attendere l’aurora”. "Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è - sottolinea il Papa - solamente un'opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. Si tratta di comunicare ai giovani l'apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene". Per il Pontefice, si tratta di "un compito in cui tutti siamo impegnati in prima persona". "Il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l'effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell'economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale": questi, secondo Benedetto XVI, alcuni tra i desideri che i giovani "vivono con apprensione". "È importante che questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società", l'appello del Pontefice. La Chiesa, ribadisce, “guarda ai giovani con speranza” e li incoraggia “a ricercare la verità” e a “difendere il bene comune”. "L'educazione è l'avventura più affascinante e difficile della vita". "Educare - dal latino 'educere' - significa condurre fuori da se stessi per introdurre alla realtà, verso una pienezza che fa crescere la persona", scrive il Papa. "Tale processo si nutre dell'incontro di due libertà, quella dell'adulto e quella del giovane. Esso richiede la responsabilità del discepolo, che deve essere aperto a lasciarsi guidare alla conoscenza della realtà, e quella dell'educatore, che deve essere disposto a donare se stesso. Per questo - scrive Benedetto XVI - sono più che mai necessari autentici testimoni, e non meri dispensatori di regole e di informazioni; testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. Il testimone è colui che vive per primo il cammino che propone". Ricorda che la famiglia è "la prima scuola dove si viene educati alla giustizia e alla pace" e chiede ai genitori di "non perdersi d'animo". Si rivolge così ai responsabili politici “chiedendo loro di aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative”. E aggiunge: “non deve mai mancare un adeguato supporto alla maternità e alla paternità”. Del resto, si legge nel Messaggio, bisogna far sì che “le famiglie possano scegliere liberamente le istituzioni educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli”. E ancora, chiede di “favorire il ricongiungimento” delle famiglie che si trovino divise per la “necessità di trovare mezzi di sussistenza” e di offrire "ai giovani un'immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti". Benedetto XVI ha rivolto un appello anche "al mondo dei media, affinché dia il suo contributo educativo" in ordine alla giustizia e alla pace. L'autentica libertà "non è l'assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l'assolutismo dell'io". Così il Papa spiega ai giovani che "l'uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole, finisce per contraddire la verità del proprio essere e per perdere la sua libertà". In altre parole, "la libertà è un valore prezioso, ma delicato: può essere fraintesa e usata male", soprattutto se è confusa con un "orizzonte relativistico" in cui "non è possibile una vera educazione", perché "senza la luce della verità prima o poi ogni persona è condannata a dubitare della bontà della stessa vita". In questa prospettiva, "l'esercizio della libertà è intimamente connesso alla legge morale naturale". Anche i giovani, per il Papa, devono "fare un uso buono e consapevole della libertà". Il Papa parla della pace, ribadendo come essa non sia "la semplice assenza di guerra" e non possa "ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti". La pace "non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza. La pace è frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace è anzitutto dono di Dio. Noi cristiani crediamo che Cristo è la nostra vera pace". "Ma la pace - conclude Papa Ratzinger - non è soltanto dono da ricevere, bensì anche opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di ridistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti". Il Papa invita i giovani "ad avere la pazienza e la tenacia di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è giusto e vero, anche quando ciò può comportare sacrificio e andare controcorrente". Benedetto dice loro "con forza": "Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente". La parte finale del messaggio di Benedetto XVI è un appello diretto ai giovani: “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di amore vero! Vivete intensamente questa stagione della vita così ricca e piena di entusiasmo”. E ancora: “Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti. Non siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi”, “vi segue e vi incoraggia” offrendovi la possibilità di incontrare Gesù Cristo.

SIR, Vatican Insider, TMNews

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2012)

Il Papa: l'abete è un significativo simbolo del Natale di Cristo, perché con i suoi rami sempre verdi richiama il perdurare della vita

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza la delegazione giunta dall’Ucraina per il dono dell’albero di Natale in Piazza San Pietro. La cerimonia di inaugurazione dell’albero di Natale, un abete rosso proveniente dalla regione di Zakarpattya (Transcarpazia), avrà luogo nel pomeriggio in Piazza San Pietro. All'inizio del discorso, il Papa ha ringraziato le autorità religiose e civili presenti: tre arcivescovi, numerosi vescovi e il vice-primo ministro Kolesnikov Borys. “Questo albero resterà accanto al presepe, in allestimento, fino al termine delle festività natalizie per essere ammirato dagli abitanti di Roma e dai pellegrini che giungono qui da ogni parte del mondo. Significativo simbolo del Natale di Cristo, perché con i suoi rami sempre verdi richiama il perdurare della vita, l’abete è anche segno della religiosità popolare della vostra terra e delle radici cristiane della vostra cultura”. “Auspico che queste radici possano rinsaldare sempre più la vostra unità nazionale, favorendo la promozione di valori autentici e condivisi. Nel corso dei secoli, - ha detto tra l’altro - il vostro Paese è stato crocevia di culture diverse, punto di incontro tra ricchezze spirituali d’Oriente e d’Occidente. Nella tenace adesione ai valori della fede, possa continuare a rispondere a questa peculiare vocazione”. Il Papa ha auspicato che l’intera comunità cristiana ucraina, saldamente ancorata alle proprie radici, sia animata da un rinnovato desiderio di testimoniare la fede con gioia per promuovere “i valori della vita, della solidarietà e della pace”. “In questo tempo di Avvento, la Chiesa ci invita a prepararci alla Nascita del Salvatore, intensificando il cammino spirituale e il rapporto con Cristo. La nostra epoca ha bisogno di cristiani santi, entusiasti della propria fede!”. Maria, ha aggiunto il Santo Padre, ci è “modello e guida” e ci suggerisce “un singolare sguardo contemplativo”. La Beata Vergine, ha ricordato, “ascolta, osserva, custodisce, medita, prega”. “Quanto c’è bisogno di recuperare il gusto della preghiera! Come dobbiamo essere attenti a non lasciarci sopraffare dai ritmi incalzanti della vita, che ci impediscono di rientrare in noi stessi e di ritrovarci davanti al mistero stupendo di Dio che abita nel nostro cuore!”. “L’albero e il presepio sono elementi di quel clima tipico del Natale che appartiene al patrimonio spirituale delle nostre comunità”. Favoriscono “un clima soffuso di religiosità e di intimità familiare – ha sottolineato il Papa – che dobbiamo conservare anche nelle odierne società, dove talora sembrano prevalere il consumismo e la ricerca dei beni materiali”. Il Pontefice ha invitato a predisporci ad accogliere con fede il Creatore dell’universo che, facendosi bambino, “è venuto tra noi per condividere il nostro cammino”: “Si è fatto piccolo per entrare nel cuore dell’uomo e così rinnovarlo con il suo amore”. Salutando la delegazione ucraina, il Papa ha rivolto infine, in lingua ucraina, i propri fervidi auguri per il Natale: “Assicuro un ricordo nella preghiera per voi, per le vostre famiglie, per l’Ucraina e per tutti gli Ucraini, mentre imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Buon Natale!”.

SIR, Radio Vaticana

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DALL’UCRAINA PER IL DONO DELL’ALBERO DI NATALE IN PIAZZA SAN PIETRO - il testo integrale del discorso del Papa

Gli universitari di Roma: non dimenticheremo mai la dolcezza dello sguardo di Benedetto XVI, che fa sentire accolti. Ci è vicino, fa il 'tifo' per noi

“Quello che mi ha colpito e che non dimenticherò mai è la dolcezza dello sguardo, mi ha fatto sentire accolta, non estranea e lontana” E’ ancora molto emozionata Altea Severella, studentessa di medicina all'Università "La Sapienza" di Roma, mentre racconta il suo incontro con Benedetto XVI. Infatti Altea ha avuto l’impegnativo compito di portare il saluto di tutti gli universitari romani al Papa, convenuti numerosi ieri sera nella Basilica di San Pietro in Vaticano in occasione del tradizionale incontro natalizio, promosso dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma. "Il Papa - continua Altea - mi ha chiesto quale facoltà frequentassi, e quando gli ho detto che sto studiando medicina mi ha subito spiegato che quella del medico è una professione molto importante che richiede una grande responsabilità. Poi mi ha domandato quanto fosse importante per noi la presenza di una cappella all’interno dell’università, e naturalmente è importantissima, perché è un rifugio dove ti puoi fermare un attimo a pregare e riflettere ed affrontare con maggiore carica le difficoltà quotidiane”. E anche i rettori degli atenei hanno voluto salutare Benedetto XVI, e nell’occasione sono stati rappresentati dal rettore della Luiss - Guido Carli, Massimo Egidi. “La nostra comunità - ha spiegato Egidi - sta attraversando un cambiamento complesso, è necessaria quindi, una profonda riflessione da parte nostra, sulla missione e sul nostro ruolo formativo nei confronti dei giovani. L’attuale crisi finanziaria, ha smentito l’idea di un perseguimento egoistico del proprio interesse, perché questo atteggiamento determina solo un impoverimento economico e morale della società. Santo Padre - ha concluso il rettore - il nostro obiettivo è proprio quello di riscoprire le nostre responsabilità come educatori, e su questo tema rifletteremo accuratamente durante il prossimo IX Simposio Internazionale, promosso dai docenti delle università romane che si svolgerà a giugno 2012, in modo da cominciare a dare un contributo concreto nella giusta direzione”. I giovani presenti hanno subito accolto il suo richiamo di Benedetto XVI: “Non sempre è facile essere costanti - racconta Doris, una giovane suora bengalese che studia all’Antonianum - le difficoltà della vita sono tante e spesso siamo pronti a scoraggiarci. Ma il Papa questa sera ci ha rivolto un invito concreto di essere perseveranti nella preghiera, perché l’esperienza del Cristo vivo non passa, e di portare questa lieta novella anche ai nostri compagni d’università”. E tra le difficoltà che i ragazzi sentono maggiormente c’è quella dell’ attuale crisi non solo economica ma anche di valori: “Io studio al conservatorio - racconta Stefano, 23 anni, ricci ribelli e sorriso aperto - e so che non sarà semplice realizzare i miei sogni di musicista, ma il Papa questa sera ci ha fatto capire che ci è vicino, fa il 'tifo' per noi, e che la preghiera può essere davvero la nostra arma vincente nei momenti di sconforto che potremmo affrontare”. E c’è chi è venuto anche da lontano per ascoltare le parole del Pontefice, come Luca e Andrea che insieme ad una delegazione di 12 studenti sono arrivati da Taranto per partecipare a questo incontro: ”Siamo molto felici di essere qui questa sera - dicono - rappresentiamo un’università del sud Italia collocata in una delle zone più belle della penisola, ai nostri compagni che non sono potuti essere qui con noi, porteremo il messaggio di speranza di Benedetto XVI, invitandoli a vivere il Natale che sta arrivano in maniera più profonda, diversa dal solito, per scoprire davvero in loro stessi la gioia della nascita di Cristo”.

Marina Tomarro, Korazym.org

Cantalamessa: aprire le comunità al soffio dello Spirito che rinnova la preghiera, la vita fraterna, l’amore per Cristo e con esso lo zelo missionario

Questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha tenuto la terza predica di Avvento sul tema "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura" (Marco 16, 15). Padre Cantalamessa ha illustrato le luci e le ombre della prima evangelizzazione del continente Americano, indicando le strade da percorrere per la Nuova Evangelizzazione. Il predicatore della Casa Pontificia ha rilevato che “l’Europa cristiana, insieme con la fede, ha esportato nel nuovo continente anche le proprie divisioni” così che “alla fine della grande ondata missionaria, il continente americano riprodurrà esattamente la situazione in atto in Europa: a un Sud in maggioranza cattolica corrisponderà un Nord a maggioranza protestante”. Molti i problemi legati all’adesione condizionata al regno di Spagna ed alla fede cattolica, ma è indubbio l’eroismo e il sacrificio di tanti frati missionari il cui lavoro è presente nei frutti copiosi delle opere di fede. Padre Cantalamessa ha respinto “energicamente” la tesi di coloro che parlarono della necessità di una “de-colonizzazione” e “de-evangelizzazione”, dando l’impressione di preferire che l’evangelizzazione del continente non avesse avuto luogo affatto, anziché aver avuto luogo nel modo conosciuto. “A un mondo senza peccato ma senza Gesù Cristo, la teologia ha mostrato di preferire un mondo con il peccato, ma con Gesù Cristo” ha affermato il predicatore della casa Pontificia. Alle domande: “A un continente senza “gli sbagli e le ombre” che accompagnarono la sua evangelizzazione, ma anche senza Cristo, chi non preferirebbe un continente con tali ombre, ma con Cristo?” e “Quale cristiano, di destra o di sinistra (specie se sacerdote o religioso) potrebbe dire il contrario senza venir meno, per ciò stesso, alla propria fede?” Padre Cantalamessa ha risposto: “La cosa più grande che avvenne nel 1492 non fu che Cristoforo Colombo scoprì l’America, ma che l’America scoprì Gesù Cristo”. In merito al ruolo svolto dai Frati missionari, Cantalamessa ha precisato: “Non andavano per prendere, ma per dare; volevano conquistare anime a Cristo, non sudditi per il re di Spagna, anche se condividevano l’entusiasmo patriottico dei loro connazionali”. Circa i compiti attuali della Nuova Evangelizzazione il cappuccino ha detto: “più che insistere su ciò che possiamo imparare o disimparare da quel tempo, è utile riflettere sul compito attuale dell’evangelizzazione nel continente latino-americano”. A questo proposito ha proposto di superare l’annosa divisione tra l’anima attiva e l’anima contemplativa, tra la Chiesa dell’impegno sociale per i poveri e la Chiesa dell’annuncio di fede. “La dottrina dei carismi – ha sostenuto - ci risparmia questa lotta. Il dono della Chiesa cattolica è di essere, appunto, cattolica, cioè aperta ad accogliere i doni più diversi che provengono dallo stesso Spirito”. Secondo il predicatore della Casa Pontificia la storia degli ordini religiosi mostra che c’è posto per tutti, non potendo nessuno realizzare il Vangelo integrale e rappresentare Cristo in tutti gli aspetti della sua vita. Ognuno dovrebbe rallegrarsi che altri facciano quello che lui non può fare: chi coltiva la vita spirituale e l’annuncio della Parola che vi sia chi si dedica alla giustizia e alla promozione sociale, e viceversa. È sempre valido l’ammonimento dell’Apostolo: “Cessiamo una buona volta dal giudicarci gli uni gli altri!” (cfr. Rom 14, 13). Per quanto riguarda il problema dell’esodo di cattolici verso altre denominazioni cristiane, Padre Cantalamessa ha voluto ricordare che “non si possono qualificare indistintamente queste diverse denominazioni come “sette”, anche perchè “con alcune di esse, comprese i Pentecostali, la Chiesa cattolica mantiene da anni un dialogo ecumenico ufficiale, cosa che non farebbe se le ritenesse semplicemente delle sette”. In questo contesto “la promozione, anche a livello locale, di questo dialogo è il mezzo migliore per svelenire il clima, isolare le sette più aggressive e scoraggiare la pratica del proselitismo”. Nell’affrontare il ruolo dei religiosi nella nuova evangelizzazione, padre Cantalamessa ha evocato la vivacità e lo zelo dei primi evangelizzatori, chiedendosi “Ma oggi, che ne è di questa loro forza?”. “La secolarizzazione – ha osservato - è, certo, una delle cause del calo delle vocazioni, ma non è la sola. Vi sono comunità religiose di recente fondazione che attirano schiere di giovani”. Secondo Cantalamessa la forza sta in “una profonda esperienza di Dio. È questo che attira le vocazioni e che crea le premesse per una nuova efficace ondata di evangelizzazione”. A questo proposito ha citato la lettera scritta a tutti i frati dal superiore provinciale dei Cappuccini delle Marche, che si conclude così: “Se un giovane venisse a vivere per alcuni giorni o mesi nella tua fraternità, condividendo la preghiera, la vita fraterna, l’apostolato…si innamorerebbe della nostra vita?”. “Lo Spirito Santo – diceva San Bonaventura – va là ‘dove è amato, dove è invitato, dove è atteso’. Per questo – ha aggiunto Padre Cantalamessa - dobbiamo aprire le nostre comunità al soffio dello Spirito che rinnova la preghiera, la vita fraterna, l’amore per Cristo e con esso lo zelo missionario. Guardare indietro, alle proprie origini e al proprio fondatore, certo, ma guardare anche avanti”. La terza Predica di Avvento si è aperta e si è conclusa con l’invocazione di “Nostra Signora di Guadalupe”, “stella dell’evangelizzazione” che “è chiamata a farsi - e vuole farsi - indigena con gli indigeni, creola con i creoli, tutta a tutti”.

Antonio Gaspari, Zenit

"Fino ai confini della terra" - il testo integrale