lunedì 7 novembre 2011

Mons. Li Suguang: in Cina non vogliamo costruire una Chiesa autocefala. Leggiamo sempre e diffondiamo tutti gli interventi del Papa, pregando per lui

"In Cina nessun prete e nessun vescovo ha intenzione di cambiare la dottrina della Chiesa... Non solo io, ma anche gli altri vescovi della Cina, leggiamo sempre e diffondiamo tutti gli interventi del Papa, le omelie, le Encicliche, i discorsi. Vengono fatte le fotocopie e inviate a tutti i preti e a tutte le parrocchie. Così che tutti possano leggere e seguire il Papa nel suo magistero ordinario...". Lo racconta Giovanni Battista Li Suguang, vescovo coadiutore di Nanchang, 46 anni, in un’intervista appena pubblicata dal mensile 30Giorni. Ordinato vescovo il 31 ottobre 2010 con l’approvazione della Santa Sede e con il riconoscimento delle autorità cinesi, Li Suguang è tra i vescovi chiamati in causa negli ultimi comunicati della Santa Sede perché lo scorso 14 luglio ha partecipato all’ordinazione illegittima di Giuseppe Huang Bingzhuang quale vescovo di Shantou. Lui e agli altri presuli quarantenni che con il salto di una generazione si ritrovano a capo della Chiesa di Cina vengono da più parti tacciati di arrendevolezza rispetto al dirigismo della politica religiosa governativa. Nell’intervista al mensile cattolico, il vescovo coadiutore di Nanchang spiega l’atteggiamento suo e dei suoi confratelli ribadendo con fermezza il legame imprescindibile con il Papa. "Non solo io – racconta – ma anche gli altri vescovi della Cina, leggiamo sempre e diffondiamo non solo la Lettera del Papa ai cattolici cinesi del 2007, ma anche tutti i suoi interventi, le omelie, le Encicliche, i discorsi. Vengono fatte le fotocopie e inviate a tutti i preti e a tutte le parrocchie. Così che tutti possano leggere e seguire il Papa nel suo magistero ordinario, e possano così trovare spunti per la loro vita nelle situazioni che si trovano a vivere. In questo modo condividiamo la fede del successore di Pietro, e questo è davvero il modo più semplice e concreto possibile di vivere la comunione col Papa, che tutti possono vedere. Poi preghiamo per lui. Tutti i vescovi pregano per lui. Io prego per lui, e prego anche per me, che il Signore mi aiuti a essere un buon vescovo". Il vescovo aggiunge che "sarebbe un grande dono se il Papa potesse capire la Cina", cioè "la cultura e la situazione sociale concreta in cui si trova a vivere la Chiesa in Cina. C’è molto da sapere, molto da comprendere. A volte c’è chi trascorre una settimana in Cina e poi torna a casa e comincia ad atteggiarsi come se sapesse tutto delle vicende dei cattolici cinesi. Invece le situazioni complesse vanno riconosciute e rispettate per quello che sono. Io spero davvero che le relazioni tra Cina e Vaticano possano riprendere la giusta direzione. Sarebbe una cosa buona per noi e per tutta la Chiesa". E riferendosi alla tradizione apostolica e alla conservazione della fede cattolica nel grande Paese asiatico, Giovanni Battista Li Suguang aggiunge: "La domanda fondamentale è come anche i vescovi cinesi vivono ed esprimono la propria fede in unione con il successore di Pietro e con tutta la Chiesa universale. Ecco, io credo che dall’inizio fino a ora la nostra Chiesa in Cina non abbia mai cambiato un solo iota della tradizione apostolica che le è stata consegnata. Non abbiamo cambiato una virgola della dottrina che riguarda la fede e la grande disciplina della Chiesa. Siamo uniti intorno agli stessi sacramenti, recitiamo le stesse preghiere, nella continuità della successione apostolica. Questa è la base della autentica comunione. Pur coi nostri limiti e con tutte le nostre mancanze e fragilità, noi facciamo parte, siamo del numero della Santa Chiesa universale, condividiamo con tutti i nostri fratelli in ogni parte del mondo la fedeltà alla stessa tradizione apostolica. Non vogliamo cambiare niente". Infine, il vescovo respinge l’accusa che viene spesso rivolta agli esponenti dell’episcopato più dialoganti con il governo comunista, quella di voler costituire una Chiesa autocefala, nazionale, staccata da Roma. "Questo è il pensiero di altri. Sono opinioni di altri, non le nostre. Nessuna Chiesa è autosufficiente, nessuna Chiesa può vivere senza il dono dello Spirito di Cristo. Lo ripeto, adesso in Cina nessun prete e nessun vescovo ha intenzione di cambiare la dottrina della Chiesa. Anche in Cina, l’amore di Cristo si manifesta come accoglienza e comprensione. Nel mondo di oggi, nonostante i processi della globalizzazione, ci sono ancora tante differenze. Ad esempio, tra Cina ed Europa è difficile comprendersi. Occorre trovare punti di contatto, e il dialogo, giorno dopo giorno, è l’unica via per avvicinare mondi così diversi. Così spero che anche la Chiesa universale accolga e riconosca la Chiesa di Cina per quello che realmente è. Senza isolarla e maltrattarla, affinché cresca la comunione come segno dell’amore di Cristo. Come vescovo, spero solo che lo spirito dell’amore di Cristo si diffonda e rifulga anche in tutta la Cina".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il vescovo di Jos: le parole di Benedetto XVI spronino le autorità della Nigeria a fare con urgenza qualcosa per fermare gli attacchi

Ieri, dopo aver recitato la preghiera mariana dell’Angelus con i pellegrini ed i fedeli riuniti in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha invitato “a porre fine ad ogni violenza” in Nigeria. Queste le sue parole: “Seguo con apprensione i tragici episodi che si sono verificati nei giorni scorsi in Nigeria e, mentre prego per le vittime, invito a porre fine ad ogni violenza, che non risolve i problemi, ma li accresce, seminando odio e divisione anche fra i credenti”. “Siamo veramente felici che il Papa abbia in mente la Nigeria e preghi per la coesistenza pacifica della popolazione nigeriana. Siamo molto rassicurati dalle sue parole, per le quali lo ringraziamo” ha detto all’agenzia Fides mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, in Nigeria, dove negli ultimi giorni in diversi attacchi della setta Boko Haram negli Stati di Yobe e Borno (nord-est) sono morte circa 150 persone. "Pensiamo che l’intervento di Benedetto XVI debba spronare le autorità nigeriane a fare con urgenza qualcosa per fermare questa preoccupante situazione” ha affertmato mons. Kaigama.

Fides

“Le parole di Benedetto XVI spronino le autorità ad agire in fretta” dice l’arcivescovo di Jos

Il Papa in Benin. Missionari comboniani: viaggio che mobilita tutti i cittadini, di qualunque fede, accolto come un riconoscimento e una benedizione

"L’arrivo del Santo Padre in Benin è un evento che sta mobilitando tutti i cittadini, di qualunque fede". Così i missionari comboniani della parrocchia di San Francesco di Assisi a Cotonou, capitale del Paese africano. "C’è un clima di gioia e di grande partecipazione per una visita - hanno riferito all'agenzia Misna i religiosi - accolta come un riconoscimento e una benedizione". Benedetto XVI sarà in Benin dal 18 al 20 novembre per consegnare l’Esortazione apostolica del II Sinodo dell’Africa, tenutosi in Vaticano nell’ottobre 2009 sul tema “La Chiesa africana al servizio della riconciliazione e della pace”. Sarà il secondo viaggio del Papa in Africa dopo quello fatto nel marzo 2009 in Camerun ed Angola. Il viaggio coincide con il 150° anniversario della presenza cattolica nel Paese dell'Africa occidentale e con il 40° dei rapporti diplomatici tra il governo beninese e la Santa Sede. I missionari comboniani, impegnati in un lavoro di sensibilizzazione e informazione per la visita del Papa, operano in un Paese a forte componente musulmana e dominato dalle religioni tradizionali. Il 24% della popolazione è cattolica e la Chiesa è presente con dieci diocesi e 312 parrocchie. “Con la sua scelta di effettuare un viaggio apostolico nel nostro Paese, il Pontefice ha voluto rendere onore alla Chiesa del Benin e riconoscere che rappresenta un punto di riferimento per l’intera regione, ma anche oltre visto che è una chiesa aperta e tesa verso l’esterno”, spiegano i missionari comboniani, precisando che “tra le diverse comunità religiose vige un clima di serena convivenza e di ottima collaborazione”.

Radio Vaticana

Delegazione del Consiglio dei capi religiosi di Israele in Vaticano per promuovere convivenza pacifica tra le comunità. Giovedì l'incontro con il Papa

A pochi giorni dalla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustiza nel mondo ad Assisi, una delegazione del Consiglio dei Capi religiosi di Israele, sarà in visita in Vaticano e sarà ricevuta in udienza privata da Papa Benedetto XVI giovedì 10 novembre. Tra i membri della delegazione saranno presenti il rabbino capo di Israele, Yonah Metzger, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal, il capo degli Imam Musulmani di Israele, Mohamad Kiwan e il capo della comunità Druza, lo sceicco Moufak Tarif. “Questo incontro riflette l’atteggiamento positivo della Santa Sede e di Israele nei confronti del dialogo interreligioso e l’interesse per le relazioni tra le varie comunità religiose presenti in Israele”, si legge in un comunicato dell’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede. Scopo del Consiglio è il coordinamento dell’azione per una convivenza pacifica tra le molte comunità religiose in Israele. Il Consiglio “dichiara il proprio impegno nei confronti della sacralità di ogni vita umana e rigetta ogni forma di violenza, soprattutto quando viene perpetrata nel nome della religione”, prosegue la nota dell’ambasciata d’Israele. “Le religioni insegnano che la pace è un comandamento divino e che e i capi religiosi hanno una particolare responsabilità nel prestare attenzione al grido dei più deboli e hanno il dovere di lavorare per creare una società più giusta”, conclude la nota. La delegazione incontrerà anche il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e un alto rappresentante del Pontificio Consiglio del Dialogo Interreligioso.

Zenit

L'ambasciatore tedesco al Papa: viaggio nella sua patria ha consolidato ulteriormente l’eccellente stato dei rapporti fra la Santa Sede e la Germania

“La sua visita nella sua patria ha potuto consolidare ulteriormente l’eccellente stato dei rapporti fra la Santa Sede e la Repubblica Federale di Germania”. Ad assicurarlo al Papa è stato oggi il nuovo ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, Reinhard Schweppe (foto), nel discorso pronunciato in occasione della presentazione delle lettere credenziali. “Molte persone in Germania sono state felici e grate che lei - sia come capo della Chiesa Cattolica che come loro connazionale – abbia fatto visita alla Germania”, ha proseguito l’ambasciatore, ricordando “il forte interesse dei media nonché dell’opinione pubblica” riguardo al viaggio papale del settembre scorso, le cui riflessioni “riecheggeranno nella discussione pubblica in Germania”. Tra i temi che registrano maggiore consonanza tra Santa Sede e Germania, sulla scorta delle parole di Benedetto XVI, Schweppe ha citato la volontà “di servire la pace nel mondo quale membro a pari diritti di un'Europa unita” e l’appello ad “ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente”, che incontra in Germania “una disponibilità ampiamente condivisa a cercare un nuovo stile nella gestione del creato e dell'ambiente”. I rapporti bilaterali tra Santa Sede e Germania, in sintesi, “sono buoni e fiduciosi, sostenuti da intensi contatti” e dalla “collaborazione fra Chiesa Cattolica e autorità statali”. In Germania “Chiesa e Stato sono separati”, ma “la Chiesa non è una società parallela”, ha ricordato l’ambasciatore, citando il comune impegno della Germania e dalla Santa Sede “a favore dei diritti universali dell'uomo” e verso il “destino delle minoranze cristiane in tutto il mondo, in particolare nel Medio e Vicino Oriente”. In Germania, inoltre, il “dialogo delle religioni e delle culture” rappresenta “un'alta priorità di politica estera”. “L'unità della cristianità continua ad essere per la realtà sociale in Germania, anche in un ambito secolare, di massima importanza”, ha affermato Schweppe, menzionando “i contributi congiunti delle Chiese in merito a questioni etiche fondamentali” e auspicando “ulteriori progressi nell'ambito dell'ecumenismo”. “In un periodo di perdurante crisi finanziaria ed economica”, secondo l’ambasciatore tedesco, in Europa occorre affrontare “grandi sfide che penetrano fino al cuore delle nostre società”. “L'economia di mercato sociale, consolidatasi in Germania per anni, deve molto alla dottrina sociale cattolica”, ha testimoniato Schweppe citando la “Caritas in Veritate” e le parole pronunciate dal Papa davanti al Bundestag tedesco. Da parte sua, la Germania – ha assicurato l’ambasciatore – ribadisce “la sua politica dell'integrazione europea e il suo impegno a favore della pace e dello sviluppo”.

SIR

Il Papa: dovere della Chiesa difendere nella totalità della nostra società le verità e i valori in cui è in gioco la dignità dell'uomo in quanto tale

Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza Reinhard Schweppe (foto), ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Nella viaggio in Germania, abbiamo tutti potuto vedere che la gente è “alla ricerca della verità”, ha sottolineato Benedetto XVI nel suo discorso. Il Papa ha ribadito, dunque, che i cristiani sono chiamati a dare testimonianza alla verità nella vita personale, familiare e comunitaria. “Un gruppo di credenti caratterizza, attraverso il proprio comportamento, determinate forme della vita sociale che poi vengono riprese da altre persone e quindi conferiscono alla società un carattere specifico”, ha spiegato Benedetto XVI, precisando però che “questa concezione non è sbagliata, ma non completa”. “È indubbio – le parole del Santo Padre – che la Chiesa rappresenti anche una comunità culturale”, ma “è convinta di non avere soltanto formato comunità culturali, in diverse forme, nei Paesi, ma di essere stata formata, di rimando, anche dalle tradizioni dei singoli Paesi. Inoltre, essa ha la consapevolezza di conoscere, attraverso la sua fede, la verità sull’uomo e di essere, conseguentemente, tenuta ad impegnarsi per quei valori che sono validi per l’uomo in quanto tale, a prescindere dalle singole culture”. In questa prospettiva, la Chiesa Cattolica “fa un distinguo tra la specificità della sua fede e le verità della ragione, alle quali la fede apre lo sguardo e che sono accessibili all’uomo in quanto uomo indipendentemente da questa stessa fede”. "Fortunatamente”, la constatazione del Papa, “una parte fondamentale di valori umani generali sono diventati diritto positivo nella nostra Costituzione del 1949 e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo dopo la seconda guerra mondiale, perché dopo gli orrori della dittatura gli uomini hanno riconosciuto la valenza generale di questi valori che si fondano sulla verità antropologica e ne hanno fatto un diritto acquisito”, grazie anche all’“influenza” del cristianesimo, “ma anche di altre religioni, nell’imprimere alla società una determinata cultura”. “Oggi - ha affermato Benedetto XVI – alcuni valori fondamentali dell’esistenza umana sono nuovamente messi in discussione, valori che difendono la dignità dell’uomo come tale. Qui la Chiesa considera suo dovere difendere, nella totalità della nostra società, le verità e i valori, nei quali è in gioco la dignità dell'uomo in quanto tale". "non abbiamo diritto di giudicare se un individuo è ‘già persona’ o ‘ancora persona’, e ancor meno ci compete il diritto di manipolare l’uomo e – per così dire – di volere fare l’uomo”. “Solo una società che rispetti e difenda incondizionatamente la dignità di ogni persona, dal concepimento fino alla morte naturale – è il monito del Pontefice – può dirsi una società umana”. Se una società, ha affermato il Papa, “volesse decidere di selezionare i suoi membri maggiormente bisognosi di tutela, di voler escludere le persone dall’essere persona, si comporterebbe in modo profondamente inumano e anche non credibile di fronte all’uguaglianza della dignità di tutte le persone in ogni stadio della vita, evidente per ogni persona di buona volontà”. ''Se la Santa Sede interviene nel processo legislativo su questioni fondamentali che riguardano la dignità dell'uomo che oggi si pongono in molti ambiti dell'esistenza prenatale, essa non lo fa per imporre indirettamente la sua fede ad altri, bensì per difendere valori che sono fondamentalmente evidenti per tutti in quanto verità sull'essere persona, anche se interessi di diverso genere sembrano oscurare in molti modi questa evidenza''. Il Santo Padre ha citato “un aspetto critico che, attraverso tendenze materialistiche ed edonistiche, sembra farsi spazio soprattutto nei Paesi del cosiddetto mondo occidentale, e cioè la discriminazione di genere delle donne”. “Ogni persona, sia uomo o donna, è destinato ad esserci per l’altro. Un rapporto che non tenga in conto il fatto che l'uomo e la donna hanno la stessa dignità, rappresenta una grave mancanza nei riguardi dell'umanità. E' giunto il momento di fermare energicamente la prostituzione come anche la vasta diffusione di materiale a contenuto erotico e pornografico, anche e proprio tramite internet''. ''La Santa Sede - ha concluso - si impegnerà affinchè il necessario intervento da parte della Chiesa Cattolica in Germania contro queste genere di abusi avvenga in maniera più decisa e chiara''. Infine, il Papa ha espresso gratitudine alle istituzioni tedesche per i buoni rapporti con la Santa Sede e la possibilità per la Chiesa cattolica di annunciare liberamente il Vangelo e aiutare le persone bisognose attraverso le sue istituzioni caritative. Tra i “molti aspetti di una lodevole collaborazione positiva tra lo Stato e la Chiesa Cattolica in Germania”, il Papa ha citato “la tutela del diritto ecclesiastico al lavoro per mezzo del diritto dello Stato” e il “sostegno alla scuola cattolica e alle istituzioni ecclesiastiche in ambito caritativo”.

Radio Vaticana, SIR, Asca

All'ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede - il testo integrale del discorso del Papa