venerdì 21 ottobre 2011

Reese: chi avrebbe il coraggio, come il Papa, di parlare di 'ridistribuzione della ricchezza' o di organismi internazionali che regolino l'economia?

Per l'autorevole gesuita padre Thomas Reese, ex-direttore del settimanale America, sulle questioni economiche e finanziarie Papa Benedetto XVI ''a sinistra di Barack Obama e persino di Nancy Pelosi'', il leader democratico alla Camera che è sostenitore delle posizioni 'liberal' all'interno del Partito Democratico. In una nota diffusa alla vigilia della pubblicazione da parte della Santa Sede della Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace "Per una riforma del sistema finanziario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale", il gesuita analizza le prese di posizioni del Pontefice sui temi dell'economia e della crisi, in particolare l'Enciclica "Caritas in veritate", per concludere che il nuovo documento ''chiederà la ridistribuzione delle ricchezze e la regolazione dell'economia da parte di agenzie internazionali''. Il Pontefice, nei suoi testi, chiede ''un ripensamento radicale dell'economia in modo che non sia guidato semplicemente dal profitto ma da un''etica che sia centrata sulla persona'''. I temi del prossimo documento vaticano toccheranno molti dei temi caldi della campagna presidenziale Usa, come l'aumento delle tasse sui ricchi per promuovere la crescita, radicalmente avversato da tutti i candidati repubblicani. Le parole del Papa, in alcuni passaggi, ''suonano come quelle di un leader sindacale'', secondo Reese, come quando avverte che ''ridurre il livello di protezione dei diritti dei lavoratori...pregiudica il raggiungimento di uno sviluppo durevole''. ''Il Papa - sottolinea il gesuita - è in disaccordo con coloro che credono che l'economia dovrebbe essere libera da regole imposte dallo Stato''. ''Per concludere - prosegue -, Benedetto XVI è alla sinistra praticamente di tutti i politici americani. Chi avrebbe il coraggio di parlare di 'ridistribuzione della ricchezza' o di organismi internazionali che regolino l'economia? Chi chiedere un aumento della percentuale del Pil destinata all'aiuto allo sviluppo?''.

Asca

Si infittiscono le voci sul nome del nuovo patriarca di Venezia. A tutt’oggi l'iter non è partito, diocesi del Triveneto chiedono di essere consultate

Si infittiscono le voci sui possibili candidati per la successione del card. Angelo Scola, che lo scorso giugno è stato nominato arcivescovo di Milano. Tra i nomi che sembrano emergere c’è quello di Aldo Giordano, 57 anni, rappresentante della Santa Sede a Strasburgo, vicino al movimento dei Focolari. Giordano era stato già inserito nelle terne preparate sia per Torino che per Milano e non è un mistero che a portare avanti la sua candidatura sia il Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Un altro nome forte è quello dell’attuale vescovo di La Spezia, Francesco Moraglia, 58 anni, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione “Comunicazione e Cultura” della CEI, da cui dipende anche Tv2000, stimato dal card. Angelo Bagnasco e dallo stesso Bertone che lo conobbe quando era arcivescovo di Genova. Più defilate appaiono invece le candidature del vescovo di Terni Vincenzo Paglia, 66 anni, già assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, e quella dell’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, 62 anni, teologo. Due infine i possibili "papabili" tra i vescovi del Triveneto: Andrea Bruno Mazzoccato, arcivescovo di Udine, e Gianpaolo Crepaldi, vescovo di Trieste. Per la "provvista" di Venezia non si sarebbe ancora messo in moto il processo, vale a dire la richiesta di pareri richiesti dalla nunziatura in Italia ai vescovi della regione, ai cardinali italiani e a sacerdoti e laici della città lagunare, chiamati a esprimersi sull’identikit del nuovo patriarca e sulle necessità della diocesi, indicando anche possibili candidature. La nomina di Scola a Milano è stata resa nota lo scorso 28 giugno. L’estate è passata senza che nulla si muovesse dalla nunziatura di via Po, anche perché il suo titolare, l’arcivescovo Giuseppe Bertello, era in attesa di essere designato quale nuovo presidente del Governatorato al posto dell’uscente card. Giovanni Lajolo. Una nomina che ha tardato a venire a motivo delle difficoltà legate alla sistemazione per il segretario dello stesso Governatorato, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, appena nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti. Ma neanche alla ripresa di settembre s’è mosso qualcosa. Il motivo è legato certamente alla mancanza del nunzio, dal 1° ottobre Bertello è insediato al Governatorato e la nunziatura presso l’Italia attende il nuovo titolare, Adriano Bernardini, la cui nomina sarà ufficializzata nei prossimi giorni, ma non è escluso che abbiano potuto giocare anche altri fattori. Sembra infatti che vi sia l’intenzione di non far passare la nomina del nuovo patriarca di Venezia, sede molto piccola, ma prestigiosa, il cui titolare viene sempre inserito nel Collegio cardinalizio, attraverso i consueti canali, ma di procedere "per direttissima" o con una mini-plenaria tutta italiana, come altre volte avvenuto per importanti sedi cardinalizie. Benedetto XVI ha voluto, nel caso di Milano, diocesi tra le più grandi e importanti del mondo, procedere seguendo l’iter tradizionale, senza che fosse saltato alcun passaggio. Ha voluto che si promuovesse un’accurata inchiesta sul campo a Milano, che i cardinali e vescovi membri della Congregazione dei vescovi discutessero le candidature e i pro e i contro presenti nel dossier, e alla fine ha voluto sulla scrivania papale l’esito di questo lavoro prima di decidere. La Chiesa del Triveneto, nonostante la crisi e la secolarizzazione, è ancora tra le più importanti e fiorenti d’Italia. Offre un numero elevato di missionari e di sacerdoti impiegati nel servizio diplomatico. È ancora una realtà radicata e ben presente nel tessuto sociale. È una Chiesa di antichissime tradizioni, che già ha vissuto come una ferita l’inusuale trasferimento del suo patriarca. Senza contare che proprio Venezia, nell’ultimo secolo, ha dato ben tre Pontefici alla cristianità, il primo dei quali, Pio X, già santo, il secondo, Giovanni XXIII, è Beato, mentre del terzo, Giovanni Paolo I è in corso il processo di Beatificazione. Sono in molti a sperare che venga applicato il "metodo Milano" anche a Venezia. Non sarebbe meglio consultare le Chiese locali e far esprimere i cardinali e vescovi membri della Congregazione? A meno che il Papa non abbia già in mente un candidato da nominare, l’iter tradizionale non sarebbe preferibile alle "direttissime"? Eviterebbe, tra l’altro, che la designazione di nuovi pastori per diocesi importanti finisca per apparire, all’esterno, come un “risiko” del potere. Il 12 settembre 2009, presiedento ordinazioni di nuovi vescovi in San Pietro, Papa Ratzinger ebbe a dire: "La Chiesa non è la Chiesa nostra, ma la sua Chiesa, la Chiesa di Dio… Non leghiamo gli uomini a noi non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Conduciamo gli uomini verso Gesù Cristo e così verso il Dio vivente". "Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa – aveva aggiunto il Pontefice – soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità, per il bene comune". Parole quanto mai attuali anche a distanza di due anni.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

La sera del 7 dicembre Benedetto XVI dal Vaticano premerà il pulsante che accenderà a Gubbio l’Albero di Natale più grande del mondo

La cerimonia di accensione dell’“Albero di Natale più grande del mondo” (foto) avrà come protagonista Papa Benedetto XVI. Il prossimo 7 dicembre, con l’aiuto della tecnologia più avanzata, direttamente dalla Città del Vaticano, sarà il Sommo Pontefice a “premere” il pulsante ed a sprigionare l’energia elettrica necessaria a rendere visibile la decorazione luminosa che da trent’anni ormai disegna sul versante del monte Ingino che guarda la città la sagoma di un enorme abete. Iniziativa fantasiosa e singolare, non solo espressione di amore e attaccamento alla propria terra ed alle sue tradizioni, ma occasione per rinnovare l’annuale messaggio di solidarietà, pace e riconciliazione che da trent’anni rilancia, in un periodo denso di significati umani e spirituali, gli insegnamenti del patrono Sant’Ubaldo, la cui Basilica corona, completa ed è parte integrante dell’opera, e di San Francesco che proprio a Gubbio ha lasciato impronte e testimonianze fondamentali e significative del suo itinerario terreno e del suo insegnamento. Si è concluso così positivamente quello che era il desiderio del “Comitato degli alberaioli”, una quarantina di volontari che lavorano mesi e mesi per realizzare questa autentica impresa, della città e della Curia vescovile. Ad avviare la richiesta, seguendola poi in tutti i suoi non facili passaggi, è stato il vescovo Mario Ceccobelli, portavoce di un’aspettativa condivisa da una comunità intera. “L’iniziativa è andata a buon fine – ha confermato il Presule – e la sera del 7 dicembre sarà il Sommo Pontefice, dalla Città del Vaticano, ad azionare il pulsante che accende le tanti luci che disegnano l’Albero di Natale più grande del mondo. Per tutti noi è motivo di soddisfazione ed occasione di ulteriore gratitudine ed affetto verso Sua Santità”. Restano da definire i dettagli di una serata destinata fin da ora ad essere storica, pur nel contesto di una cerimonia che ha saputo mettere in fila serate importanti. La “accensione”, è quasi sicuro, sarà trasmessa in diretta televisiva, probabilmente da Rai Uno, preceduta, forse, da un messaggio di Benedetto XVI; sotto questo profilo il programma, pur avviato, è ancora da costruire nei dettagli, compresa l’ora, alle 18.00 o alle 19.00. La certezza per il momento è quella che alla trentesima edizione dell’Albero di Natale “darà luce” il Papa. È il modo migliore per chiudere l’anno caratterizzato ancora dalle celebrazioni per l’850° anniversario della morte di Sant’Ubaldo.

Giampiero Bedini, La Voce

A giorni l’annuncio della nomina di mons. Adriano Bernardini, nunzio apostolico in Argentina, a nuovo rappresentante della Santa Sede in Italia

Sarà reso noto nei prossimi giorni il nome del nuovo nunzio apostolico in Italia. La scelta di Benedetto XVI è caduta sull’attuale ambasciatore della Santa Sede in Argentina, l’arcivescovo Adriano Bernardini (foto). Nato 69 anni fa a Pian di Meleto, nelle Marche, ordinato prete nel 1968 e incardinato nella diocesi di Roma, è stato nominato nunzio in Bangladesh nel 1992. Nel 1996 ha assunto la guida delle rappresentanze diplomatiche in Madagascar, Mauritius, Seyschelles e tre anni dopo è diventato nunzio in Thailandia. Nel 2003 è stato designato quale ambasciatore vaticano in Argentina. Nel febbraio scorso, in occasione della Santa Messa da lui celebrata per la festa della Cattedra di San Pietro, Bernardini aveva pronunciato un’omelia sugli attacchi contro Benedetto XVI provenienti da dentro la Chiesa che era stata tradotta e rilanciata da diversi siti web. "Assistiamo oggi – aveva detto – ad un accanimento molto speciale contro la Chiesa Cattolica in generale e contro il Santo Padre in particolare. Perché tutto questo? Qual è la ragione principale? Si può articolare in poche parole: perché è la Verità che ci dà il messaggio di Cristo! Quando questa Verità non si oppone alle forze del male, tutto va bene. Invece, quando avanza la minima opposizione, insorge una lotta che utilizza la diffamazione, l’odio e persino la persecuzione contro la Chiesa e più specificamente contro la persona del Santo Padre". Il nunzio aveva proposto qualche esempio. "Gli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II – aveva detto – passano in un’euforia generale per la Chiesa e di conseguenza per il Papa. Ma è sufficiente la pubblicazione dell’Humanae vitae, con cui il Santo Padre conferma la dottrina tradizionale per cui l’atto coniugale e l’aspetto procreativo non possono essere lecitamente separati, che esplode la critica più feroce contro Paolo VI, che fino a quel momento era nelle grazie del mondo. Le sue simpatie per Jacques Maritain e per l’Umanesimo integrale avevano aperto le speranze degli ambienti modernisti interni alla Chiesa e al progressismo politico e mondano". Ora, secondo Bernardini, "il bersaglio è diventato Benedetto XVI. Già marcato con disprezzo negli anni precedenti come il “guardiano della fede”, appena eletto, immediatamente è stato accolto da commentatori da tutto il mondo con una miscela di sentimenti, che vanno dalla rabbia alla paura, al vero e proprio terrore". "Una cosa è certa – ha detto il nunzio – Papa Benedetto XVI ha impresso al suo pontificato il sigillo della continuità con la tradizione millenaria della Chiesa e soprattutto della purificazione. Sì, perché all’insicurezza della fede segue sempre l’offuscamento della morale. Infatti, se vogliamo essere onesti, dobbiamo riconoscere che è aumentato anno dopo anno, tra i teologi e religiosi, tra suore e vescovi, il gruppo di quanti sono convinti che l’appartenenza alla Chiesa non comporta il riconoscimento e l'adesione a una dottrina oggettiva. Si è affermato un cattolicesimo 'à la carte', in cui ciascuno sceglie la porzione che preferisce e respinge il piatto che ritiene indigesto". In pratica, è l’analisi del diplomatico della Santa Sede, "un cattolicesimo dominato dalla confusione dei ruoli, con sacerdoti che non si applicano con impegno alla celebrazione della messa e alle confessioni dei penitenti, preferendo fare dell’altro. E con laici e donne che cercano di prendersi un poco per loro il ruolo del sacerdote, per guadagnare un quarto d'ora di celebrità parrocchiale, leggendo la preghiera dei fedeli o distribuendo la comunione". Il Papa, secondo Bernardini, sarebbe stato "abbandonato dagli oppositori alla verità, ma soprattutto da certi sacerdoti e religiosi, non solo dai vescovi; però non dai fedeli. Il clero sta vivendo una certa crisi, prevale nell’episcopato un basso profilo, ma i fedeli di Cristo sono ancora con tutto il loro entusiasmo". Parole che lasciano intendere come l’arcivescovo si adopererà per favorire nomine episcopali di alto profilo e decisamente ratzingeriane nel nostro Paese. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il nunzio apostolico in Italia finisce per avere un potere inferiore a quello esercitato dai diplomatici vaticani in altri Paesi. Nonostante l’incarico di grande prestigio, la vicinanza della Santa Sede e il ruolo della Conferenza Episcopale giocano un ruolo spesso determinante nei processi per la designazione dei nuovi vescovi. Bernardini, che arriva nella sede italiana a coronamento della sua carriera diplomatica, viene descritto come un uomo tranquillo e riservato. Si prevede che possa insediarsi nella storica sede di via Po a Roma – donata al Vaticano da un possidente ebreo come ringraziamento per quanto la Santa Sede aveva fatto in favore degli israeliti durante gli anni della persecuzione nazista – non prima di un mese dall’annuncio ufficiale della nomina. La concessione del necessario agreement da parte del governo italiano dovrebbe avvenire in tempi molto rapidi.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il Papa: la Chiesa esorta tutte le persone, inclusi i suoi membri, a cercare di fare tutto ciò che è in accordo con la giustizia e la retta ragione

Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza Joseph Weterings (foto), ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Libera dai calcoli legati alla conquista del consenso elettorale o dalle sudditanze che il denaro crea nelle relazioni fra Stati poveri e Stati ricchi. L’influenza che la Santa Sede esercita nel mondo vola più alto, sulle ali del messaggio del Vangelo e dei valori cristiani, calati dovunque nel vissuto dell’umanità, specie di quella più debole, ha ricordato il Papa nel suo discorso. La Chiesa ha vissuto e vive così la sua missione, anche se qualcuno per debolezza ogni tanto la tradisce. Con vigore e la consueta trasparenza, il Papa sceglie di impostare il suo discorso al nuovo ambasciatore olandese accreditato in Vaticano partendo da una constatazione spesso sottolineata in queste circostanze. “La Santa Sede – ha affermato – non è una potenza economica o militare”. E ha spiegato: “Il suo contributo alla diplomazia internazionale è costituito in gran parte nell’articolazione di quei principi etici che dovrebbero sostenere l’ordine sociale e politico e nel richiamare l’attenzione sulla necessità di intervenire per rimediare alle violazioni di tali principi...Di qui, il dialogo diplomatico che impegna la Santa Sede viene condotto né in modo confessionale né per ragioni pragmatiche, ma sulla base dei principi universalmente applicabili, reali tanto quanto lo sono gli elementi fisici dell'ambiente naturale”. Quella della Chiesa, e in particolare della Santa Sede, ha proseguito Benedetto XVI, è la voce forte di chi non può farsi udire perché indifeso, povero, ammalato, anziano, in minoranza o perché semplicemente non è ancora nato. “La Chiesa – ha affermato – cerca sempre di promuovere la giustizia naturale come è suo diritto e dovere di fare”. Quindi, con schiettezza, ha aggiunto:“Pur riconoscendo con umiltà che i suoi stessi membri non sono sempre all'altezza degli elevati standard morali che essa propone, la Chiesa non può far altro che continuare a esortare tutte le persone, inclusi i suoi stessi membri, a cercare di fare tutto ciò che è in accordo con la giustizia e la retta ragione e a opporsi a ciò che è loro contrario”. Spostando l’asse del discorso ai Paesi Bassi, Benedetto XVI ha sottolineato con interesse un passaggio del discorso del diplomatico olandese, che poco prima aveva parlato della necessità di promuovere la pace globale attraverso la risoluzione dei conflitti e di opporsi alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. E apprezzamento suscita nel Papa anche l'accento dell'ambasciatore “alla necessità di difendere la dignità umana”. Riferendosi al contrasto messo in campo dal governo olandese nei confronti dell’abuso di droga e della prostituzione, il Pontefice ha osservato che “la libertà degli individui di compiere le proprie scelte”, sempre sostenuta dall’Olanda, venga bilanciata dalla presa di coscienza per cui tali scelte non devono “nuocere a se stessi o agli altri” per il “bene della società”. E un altro motivo di conforto Benedetto XVI lo ha individuato nelle intenzioni del governo olandese “di promuovere la libertà di religione”: “Come sapete, è una questione di particolare interesse per la Santa Sede in questo momento. È minacciata non solo da vincoli di legge in alcune parti del mondo, ma da una mentalità anti-religiosa all'interno di molte società, anche in quelle in cui la libertà di religione gode della protezione del diritto. È quindi vivamente auspicabile che il suo governo vigili in modo che la libertà di religione e la libertà di culto continueranno a essere tutelate e promosse, sia in patria che all'estero”.

Radio Vaticana

All'ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede - il testo integrale del discorso del Papa

Il saluto del vescovo di Assisi al Papa e ai rappresentanti delle religioni. Iniziative in preparazione nelle diocesi italiane e nelle Chiese d'Europa

“Giunga a voi tutti, pellegrini di verità e di pace, il saluto della Chiesa di Assisi”. Con queste parole di benvenuto mons. Domenico Sorrentino, vescovo della diocesi Assisi–Nocera Umbra–Gualdo Tadino, accoglierà i partecipanti alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo il 27 ottobre ad Assisi (foto). Saranno date per iscritto alla stampa e ai delegati religiosi e sono state anticipate dal vescovo al settimanale di informazione dell’Umbria, La Voce. Nel saluto, il vescovo Sorrentino parla dello “Spirito di Assisi” come “invocazione di una umanità che si spogli di ogni guerra, che si vergogni dei suoi terroristi e dei suoi bombardieri, piegata sulla fame dei poveri, rispettosa di ogni vita. Spirito di Assisi – si legge ancora nel messaggio -, ponte gettato tra tutti i credenti e i non credenti dal cuore pensoso, senza svendite della verità, testimoni della verità trovata, pellegrini di una verità che sempre ci supera, in ascolto del Mistero. Benvenuto, Santo Padre Benedetto XVI, in questa terra di Francesco, come il tuo Beato Predecessore. Benvenuti, fratelli e sorelle di tutte le fedi, cercatori del bene. A tutti voi l’abbraccio di questa Chiesa e l’augurio del Poverello: ‘Il Signore vi dia pace’”. La Chiesa che è in Assisi, mercoledì 26 ottobre, vivrà un tempo di riflessione e preghiera. Alle 17.00 presso la Cattedrale di San Rufino, dopo un momento di preghiera introduttiva da parte del vescovo della diocesi di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, il priore di Bose Enzo Bianchi offrirà la sua riflessione sull’evento. A seguire, il presidente dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace, Franco Vaccari, darà la sua testimonianza di oltre 30 anni di impegno per la pace e il dialogo tra i popoli. Al termine si svolgerà un momento simbolico-artistico: si terrà sulla piazza antistante la Cattedrale la stessa performance artistica dal titolo “Table of silence” che è stata eseguita a New York l’11 settembre scorso nell’ambito della celebrazione dell’anniversario dell’attentato al World Trade Center. Alle 21.00, si svolgerà una veglia di preghiera animata dai giovani delle diocesi umbre alla luce dell’espressione “I Have a dream”. Lo “spirito di Assisi” soffierà anche nelle diocesi italiane, in contemporanea o in preparazione alla Giornata di preghiera e riflessione per la pace. In una lettera alla diocesi, il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, ha chiesto all’intera Chiesa di Roma con “la sua varietà di carismi e ministeri, di associazioni e movimenti” di stringersi in preghiera intorno al Santo Padre partecipando all’Udienza generale di mercoledì 26 ottobre che avrà il carattere di una Liturgia della Parola presieduta dal Papa alle 10.30 in Piazza San Pietro. “Desidero – scrive il cardinale - rivolgere a tutte le Comunità parrocchiali un cordiale invito a intervenire numerose per invocare dal Signore abbondanti frutti di bene per l’intera umanità dalla giornata di Assisi”. Nello "Spirito di Assisi", il 27 ottobre all'Angelicum di Milano, si terrà un incontro interreligioso con ebrei, induisti, buddhisti, cristiani e musulmani. In programma una tavola rotonda sul tema "Terra, giardino da abitare e da condividere", una preghiera interreligiosa per la pace e un momento di agape fraterna. Aderiscono alla manifestazione il Forum delle Religioni, il Consiglio delle Chiese Cristiane e di molte istituzioni e comunità religiose presenti a Milano. Diverse sono le iniziative promosse nei vari Paesi d'Europa. In Francia il programma messo a punto dalle diocesi è fitto di appuntamenti: marce per la pace, tavole rotonde sui temi dei diritti umani, spettacoli e addirittura un festival a Cannes sul “vivere insieme”. La Conferenza episcopale francese ha poi pubblicato un dossier storico su Assisi 1986 e un testo dal titolo “Pratica di dialogo interreligioso” in cui sono raccolte una serie di schede pedagogiche rivolte agli operatori pastorali per “facilitare l’incontro con le altri religioni” attraverso una serie di riflessioni e indicazioni pratiche. In Inghilterra i vescovi inglesi hanno inviato una lettera a tutti i fedeli in cui invitano le Chiese a dedicare un momento di preghiera e di silenzio “per il dono della pace” per l’incontro di Assisi suggerendo anche una formula di preghiera da recitare il 27 ottobre e le domenica seguente. A Barcellona infine mercoledì 26 ottobre si terrà un cerimonia in ricordo del primo incontro interreligioso convocato ad Assisi da Giovanni Paolo II. L’iniziativa è organizzata dall'arcivescovo di Barcellona, card. Luis Martinez Sistach e dalla Comunità di Sant'Egidio, ha per titolo: "25 anni dello spirito di Assisi" e si terrà nella Reial Acadèmia de Bones Lletres.

SIR

Vescovi Croazia: senza fondamento la tesi secondo cui il Papa vuole tramite il monastero di Daila italianizzare il Paese. A lui devozione e obbedienza

La Conferenza Episcopale croata, in una nota diffusa sul caso del monastero istriano conteso tra la diocesi di Pola, in Istria, i monaci benedettinidi Praglia, nel Padovano, e lo Stato croato, ha voluto esprimere la sua vicinanza alle posizioni della Santa Sede che a luglio, tra molte polemiche, aveva assegnato l’immobile, del valore di almeno 30 milioni di euro, ai frati italiani. "Sono senza alcun fondamento le tesi espresse da alcuni media croati secondo le quali la Santa Sede, o addirittura lo stesso Santo Padre, volessero tramite il monastero di Daila italianizzare la Croazia", scrivono i vescovi esprimendo la loro "devozione e obbedienza" a Benedetto XVI. Secondo la Conferenza Episcopale le decisioni prese dalla Santa Sede, con lo scopo di "risolvere il contenzioso nell’ambito del diritto canonico, hanno tentato di ristabilire lo stato delle cose quanto più possibile nel rispetto dellaverità e della giustizia". I vescovi croati hanno voluto ricordare i benedettini italiani, "riconoscendo i meriti della loro attività pastorale e sociale nel monastero di Dajla, e le tante sofferenze, maltrattamenti e altre ingiustizie che hanno dovuto patire prima di essere condannati ai lavori forzati e la loro proprietà confiscata". Nei giorni scorsi, Papa Benedetto XVI ha nominato un nuovo presule coadiutore in Istria, mons. Drazen Kutlesa, decisione questa che, secondo la stampa croata, sarebbe un segnale sulla prossima possibile sostituzione del vescovo Ivan Milovan, fiero oppositore della decisione papale. Il caso è intanto nelle mani del tribunale che dovrà decidere sulla richiesta del governo croato di restituirgli l’intero immobile oppure lasciarlo alla Chiesa, che poi potrà con suoi atti interni decidere se assegnarlo ai benedettini padovani o alla diocesi locale.

Vatican Insider