lunedì 3 ottobre 2011

Il Papa in Germania. Il viaggio al centro dell'Assemblea plenaria d'autunno dei vescovi. La 'demondizzazione' una linea guida per la pastorale

Da domani il viaggio di Benedetto XVI in Germania sarà in agenda per i vescovi tedeschi. Dal 4 al 7 ottobre infatti l’episcopato tedesco si riunisce a Fulda per l'Assembela plenaria autunnale, alla quale partecipano 68 membri della Conferenza Episcopale sotto la guida del presidente, l’arcivescovo di Freiburg mons. Robert Zollitsch. Al centro dei lavori ovviamente il viaggio del Papa e le prime reazioni del mondo cattolico. Uno dei discorso che più saranno al centro del dibattito è quello che Bendetto XVI ha rivolto ai cattolici impegnati nella società che ha tenuto proprio a Friburgo con quella parola “demondanizzazione” della Chiesa che dovrebbe indicare una linea guida per la pastorale in Germania. I vescovi hanno poi un altro grande tema da affrontare ed è lo sviluppo del processo di dialogo della Chiesa Cattolica in Germania avviato da un anno. Tra i temi c’è quello del ruolo della fede e della Chiesa nella società moderna. La Chiesa tedesca promuoverà entro il 2015 una serie di eventi, secondo il programma generale per le riforme. Mons. Zollitsch ha specificato che ogni anno l’attenzione si concentrerà su un argomento particolare relativo ai compiti fondamentali della Chiesa. Il momento culminante del 2011, è stato la due giorni dell’8 e del 9 luglio a Mannheim, dove il processo di dialogo è stato inaugurato, prima del viaggio del Santo Padre. A seguire il Congresso Eucaristico Nazionale a Colonia nel 2013 e le Giornate dei cattolici che si svolgeranno dal 2012 al 2014. In queste occasioni i presuli affronteranno temi come il celibato, la morale sessuale o la situazione dei separati risposati e delle famiglie interconfessionali. Naturalmente con lo sguardo ai testi del Papa. Nella Assemblea che si apre domani tra i temi in agenda c’è l’esame della preparazione del Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione e l’ulteriore sviluppo del lavoro dei media cattolici diocesani; la plenaria ha inoltre il compito di rinnovare i membri, i presidenti e vicepresidenti, nonché i consultori delle diverse commissioni episcopali. Parteciperà all’apertura dei lavori, il 4 ottobre, il Nunzio Apostolico in Germania, arcivescovo Jean-Claude Périsset; come ospite delle Conferenze Episcopali dei Paesi vicini sarà presente mons. Stefan Cichy, vescovo di Legnica, in Polonia. Nel corso della Celebrazione Eucaristica inaugurale, in programma il 5 ottobre nel Duomo di Fulda , sarà eseguita per la prima volta la composizione per coro e organo che i vescovi tedeschi hanno donato al Santo Padre in occasione del viaggio apostolico. La conferenza stampa di chiusura con il presidente dell’episcopato tedesco è prevista venerdì 7 ottobre alle 14.00 presso il seminario di Fulda, sede dell’assemblea.

Angela Ambrogetti, Korazym.org

Joseph Ratzinger: se come cristiani intraprendiamo il cammino verso la pace sull’esempio di Francesco non perdiamo la nostra identità ma la troviamo

di Joseph Ratzinger
30giorni
, n°1-2002

Quando, giovedì 24 gennaio, sotto un cielo gravido di pioggia, si è mosso il treno che doveva condurre ad Assisi (foto) i rappresentanti di un gran numero di Chiese cristiane e comunità ecclesiali assieme ai rappresentanti di molte religioni mondiali per testimoniare e pregare per la pace, questo treno mi è apparso come un simbolo del nostro pellegrinaggio nella storia. Non siamo, infatti, forse tutti passeggeri di uno stesso treno? Il fatto che il treno abbia scelto come sua destinazione la pace e la giustizia, la riconciliazione dei popoli e delle religioni non è forse una grande ambizione e, al contempo, uno splendido segnale di speranza? Ovunque, passando nelle stazioni, è accorsa una gran folla per salutare i pellegrini della pace. Nelle strade di Assisi e nella grande tenda, il luogo della testimonianza comune, siamo stati nuovamente circondati dall’entusiasmo e dalla gioia piena di gratitudine, in particolare di un numeroso drappello di giovani. Il saluto della gente era diretto principalmente all’uomo anziano vestito di bianco che stava sul treno. Uomini e donne, che nella vita quotidiana troppo spesso si fronteggiano l’un l’altro con ostilità e sembrano divisi da barriere insormontabili, salutavano il Papa, che, con la forza della sua personalità, la profondità della sua fede, la passione che ne deriva per la pace e la riconciliazione, ha come tirato fuori l’impossibile dal carisma del suo ufficio: convocare insieme in un pellegrinaggio per la pace rappresentanti della cristianità divisa e rappresentanti di diverse religioni. Ma l’applauso, rivolto innanzitutto al Papa, esprimeva anche un consenso spontaneo per tutti coloro che con lui cercano la pace e la giustizia, ed era un segnale del desiderio profondo di pace che provano gli individui di fronte alle devastazioni che ci circondano provocate dall’odio e dalla violenza. Anche se talvolta l’odio appare invincibile e si moltiplica senza sosta nella spirale della violenza, qui, per un momento, si è percepita la presenza della forza di Dio, della forza della pace. Mi vengono alla mente le parole del Salmo: "Con il mio Dio scavalcherò le mura" (Sal 18, 30). Dio non ci mette gli uni contro gli altri, bensì Egli che è Uno, che è il Padre di tutti, ci ha aiutato, almeno per un momento, a scavalcare le mura che ci separano, facendoci riconoscere che Egli è la pace e che non possiamo essere vicini a Dio se siamo lontani dalla pace. Nel suo discorso il Papa ha citato un altro caposaldo della Bibbia, la frase della Lettera agli Efesini: "Cristo è la nostra pace. Egli ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia" (Ef 2, 14). Pace e giustizia sono nel Nuovo Testamento nomi di Cristo (per "Cristo, nostra giustizia" vedere ad esempio 1Cor 1, 30). Come cristiani non dobbiamo nascondere questa nostra convinzione: da parte del Papa e del Patriarca ecumenico la confessione di Cristo nostra pace è stata chiara e solenne. Ma proprio per questa ragione c’è qualcosa che ci unisce oltre le frontiere: il pellegrinaggio per la pace e la giustizia. Le parole che un cristiano deve dire a colui che si mette in cammino verso tali mete sono le stesse usate dal Signore nella risposta allo scriba che aveva riconosciuto nel duplice comandamento che esorta ad amare Dio e il prossimo la sintesi del messaggio veterotestamentario: "Non sei lontano dal regno di Dio" (Mc 12, 34). Per una giusta comprensione dell’evento di Assisi, mi sembra importante considerare che non si è trattato di un’autorappresentazione di religioni che sarebbero intercambiabili tra di loro. Non si è trattato di affermare una uguaglianza delle religioni, che non esiste. Assisi è stata piuttosto l’espressione di un cammino, di una ricerca, del pellegrinaggio per la pace che è tale solo se unita alla giustizia. Infatti, là dove manca la giustizia, dove agli individui viene negato il loro diritto, l’assenza di guerra può essere solo un velo dietro al quale si nascondono ingiustizia e oppressione. Con la loro testimonianza per la pace, con il loro impegno per la pace nella giustizia, i rappresentanti delle religioni hanno intrapreso, nel limite delle loro possibilità, un cammino che deve essere per tutti un cammino di purificazione. Ciò vale anche per noi cristiani. Siamo giunti veramente a Cristo solo se siamo arrivati alla sua pace e alla sua giustizia. Assisi, la città di San Francesco, può essere la migliore interprete di questo pensiero. Anche prima della sua conversione Francesco era cristiano, così come lo erano i suoi concittadini. E anche il vittorioso esercito di Perugia che lo gettò in carcere prigioniero e sconfitto era formato da cristiani. Fu solo allora, sconfitto, prigioniero, sofferente, che cominciò a pensare al cristianesimo in modo nuovo. E solo dopo questa esperienza gli è stato possibile udire e capire la voce del Crocifisso che gli parlò nella piccola chiesa in rovina di San Damiano la quale, perciò, divenne l’immagine stessa della Chiesa della sua epoca, profondamente guasta e in decadenza. Solo allora vide come la nudità del Crocifisso, la sua povertà e la sua umiliazione estreme fossero in contrasto con il lusso e la violenza che prima gli apparivano normali. E solo allora conobbe veramente Cristo e capì anche che le crociate non erano la via giusta per difendere i diritti dei cristiani in Terra Santa, bensì bisognava prendere alla lettera il messaggio dell’imitazione del Crocifisso. Da quest’uomo, da Francesco, che ha risposto pienamente alla chiamata di Cristo crocifisso, emana ancora oggi lo splendore di una pace che convinse il sultano e può abbattere veramente le mura. Se noi come cristiani intraprendiamo il cammino verso la pace sull’esempio di San Francesco, non dobbiamo temere di perdere la nostra identità: è proprio allora che la troviamo. E se altri si uniscono a noi nella ricerca della pace e della giustizia, né loro né noi dobbiamo temere che la verità possa venir calpestata da belle frasi fatte. No, se noi ci dirigiamo seriamente verso la pace allora siamo sulla via giusta perché siamo sulla via del Dio della pace (Rm 15, 32) il cui volto si è fatto visibile a noi cristiani per la fede in Cristo.

Pellegrini della Verità verso Assisi

Il 9 novembre la consegna a Benedetto XVI della cittadinanza onoraria di Naz Sciaves, il paesino dove nacquero la bisnonna e la nonna

Papa Benedetto XVI riceve la cittadinanza onoraria di Naz Sciaves, comune della provincia autonoma di Bolzano. La bisnonna e la nonna di Joseph Ratzinger erano infatti native del maso Toell nella frazione di Rasa. Il 22 ottobre il paesino festeggerà il suo nuovo cittadino, al quale dedicherà una targa, mentre il 9 novembre l'atto ufficiale sarà consegnato durante l'Udienza generale in Vaticano. Papa Ratzinger è già cittadino onorario di Bressanone, dove ha più volte trascorso un periodo di riposo al seminario vescovile.

Ansa

La solidarietà dei vescovi ausiliari di Roma al card. Vallini: lettera anonima che non coinvolge in nessun modo il clero della diocesi

Solidarietà al cardinale vicario Agostino Vallini (nella foto con Benedetto XVI) è stata espressa dai vescovi ausiliari di Roma in una nota pubblicata ieri sul settimanale diocesano RomaSette e diffusa oggi on line, in merito ad una lettera anonima indirizzata al Papa e firmata ''i sacerdoti di Roma'', di cui ha parlato qualche giorno fa il quotidiano Il Messaggero. Secondo i vescovi ausiliari Armando Brambilla, Paolo Schiavon, Benedetto Tuzia, Guerino Di Tora, Giuseppe Marciante, nella lettera anonima ''si esprimono vere e proprie calunnie sulla persona del cardinale vicario, sul suo comportamento e sulle sue scelte pastorali''. Ciò che viene detto, precisano i vescovi, ''non coinvolge in nessun modo il clero romano'', anche perchè ''le scelte pastorali del cardinale vicario, sottoposte puntualmente all'approvazione del Santo Padre, sono state sempre discusse e condivise da noi vescovi ausiliari''. Allo stesso modo, proseguono, ''la destinazione dei presbiteri ai diversi incarichi diocesani è frutto di un accurato discernimento da parte del Consiglio episcopale''. I vescovi ausiliari prendono perciò le distanze ''dal giudizio negativo sulla situazione della Chiesa di Roma espresso nella lettera'' ed esprimono, al contrario, ''un giudizio positivo sull'operato del cardinale vicario e sui rapporti col clero romano''.

Asca

Solidarietà dei vescovi ausiliari al card. Vallini

Benedetto XVI e gli angeli custodi. Ben quattro volte il suo gli aveva tenuto la mano sopra la testa soccorrendolo in momenti difficili

Invisibili, luminosi, potenti. Gli angeli custodi non vanno in vacanza, non fanno sciopero, non si allontanano. In ogni momento della giornata, in ogni luogo, non importa dove, se al lavoro, per strada o in palestra, vegliano sul cammino di ogni uomo. Ieri Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio e nel giorno dedicato dal calendario alla festa degli Angeli Custodi ha rispolverato un po’ il catechismo alle migliaia di fedeli presenti. La dottrina cattolica a proposito della presenza di queste figure celesti è chiara e affonda le radici nelle Sacre Scritture. Esattamente come esiste il diavolo, allo stesso modo sussistono anche gli angeli impegnati a vegliare su di noi. "Essi manifestano la presenza di Dio che è sempre vicino all’uomo" ha puntualizzato il Pontefice. Lui stesso, per primo, nel corso della sua vita, ha toccato con mano la presenza di un angelo. In una intervista rilasciata diversi anni fa al giornalista tedesco Peter Sewald e pubblicata sulla Bild, il card. Ratzinger rammentava che per ben quattro volte il suo angelo custode gli aveva tenuto la mano sopra la testa soccorrendolo in momenti difficilissimi. La prima volta venne salvato da una brutta forma di difterite contratta a pochissimi anni di vita, tanto che il medico condotto di Marktl am Inn pensava che quel bimbetto dall’aspetto gracile non riuscisse a superare la malattia. Ma non fu così. Pochi anni dopo cadde in uno stagno e anche in quella circostanza l’angelo custode operò per salvarlo. Successivamente avvenne quando ormai era grande e c’era la guerra. Nel febbraio del 1945 contrasse una forma di setticemia e il medico militare del battaglione di difesa antiaerea (dove era stato arruolato a forza) pensava di amputargli un pollice per salvargli la vita. Infine, finito il conflitto, saputo che Hitler era morto, decise di disertare. Aveva 18 anni. Nel viaggio di ritorno la fuga rischiò di finire male se due soldati, stanchi di combattere, non avessero deciso di chiudere un occhio su quel disertore dalla faccia da bambino che tornava a casa.

Franca Giansoldati, Il Messaggero