lunedì 12 settembre 2011

Cinque anni fa a Ratisbona la lectio magistralis di Benedetto XVI su fede e ragione. Le reazioni viste dal Papa e l'attuale dialogo con l'islam

Cinque anni fa, il pomeriggio del 12 settembre 2006, Benedetto XVI tornava nella sua università, a Ratisbona, per pronunciare un discorso davanti ai rappresentanti del mondo della scienza. "Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni" era il titolo della sua lectio magistralis. Entrando nel vivo del suo discorso, il parlando del legame che esiste tra religione e ragione, volle spiegare che è ragionevole credere e non si può credere contro la ragione. Un’affermazione che accompagnò da un esempio, citando il dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleoloo ebbe nel 1391 con un colto persiano su cristianesimo e islam. Manuele II Paleologo, spiegò il Papa, "in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: 'Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava'. L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole...L’affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio". Il discorso di Benedetto XVI prosegui, per altre dodici cartelle, tutto incentrato sul concetto di ragione e sul suo legame con la religione. Papa Ratzinger spiegò come una certa mentalità sia penetrata anche nella sfera religiosa, dove la ragione è percepita come un ostacolo alla fede: la fede da sola, senza bisogno d’interrogarsi e di verificarsi con l’aiuto della ragione metafisica, sarebbe più che sufficiente per fondare la vita del singolo credente e della comunità in cui vive. Quel passaggio con la citazione dell’imperatore bizantino venne rilanciato con grande enfasi. La frase fece il giro del mondo, e il messaggio che passò fu il seguente: per il Papa l’islam è una religione violenta, votata alla guerra santa. Tante, tantissime furono le reazioni di parte islamica, accompagnate dalla richiesta di ritirare quelle parole e di scusarsi. Le proteste chiamarono altre proteste. In molti paesi musulmani si riempirono le piazze e si organizzarono manifestazioni. Non mancarono minacce di morte nei confronti di Benedetto XVI da parte di gruppi estremisti. Tra questi: al-Qaida, Iraq al-Jihadiyya, e l’Esercito dei Mujahidin. E a Mogadiscio perse la vita una suora italiana, Leonella Sgorbati, il cui omicidio venne da più parti legato all’indignazione islamica per le parole del Pontefice. Qualcosa non aveva funzionato nell’entourage papale, dato che i giornalisti al seguito, in possesso del testo fin dalla mattina presto, avevano fatto presente che quel passaggio poteva prestarsi a interpretazioni malevole e strumentalizzazioni. Più volte Benedetto XVI e i suoi collaboratori chiariranno il senso di quelle parole, che era, come disse il Papa già il 17 settembre, quello di invitare "al dialogo franco e sincero, con grade rispetto reciproco". La citazione di Manuele II Paleologo non aveva alcun intento offensivo nei confronti dell’islam e soprattutto non esprimeva il pensiero del Pontefice. Una settimana dopo, Papa Ratzinger avrebbe aggiunto: "Questa citazione, purtroppo, ha potuto prestarsi ad essere fraintesa. Per il lettore attento del mio testo, però, risulta chiaro che non volevo in nessun modo far mie le parole negative pronunciate dall'imperatore medievale in questo dialogo e che il loro contenuto polemico non esprime la mia convinzione personale". Il Papa convocherà un incontro con esponenti del mondo islamico a Castel Gandolfo. L’incidente di Ratisbona si potrà dire definitivamente chiuso durante il viaggio in Turchia, avvenuta due mesi dopo, quando Benedetto XVI entrerà nella stupenda Moschea Blu di Istanbul e invitato dall’imam a fermarsi un istante in preghiera, lo farà accanto a lui. C’è chi ritiene, come il gesuita islamologo Samir Khalil Samir, che la lezione di Ratisbona considerata "da cristiani e musulmani come un passo falso" abbia invece rappresentato una base per instaurare un dialogo più vero con l’islam. "Il Papa ha tracciato le basi di un vero dialogo fra cristiani e musulmani, diventando voce di molti musulmani riformisti e suggerendo all’Islam e ai cristiani i passi da fare". Un mese dopo la lezione di Benedetto XVI, 38 personalità musulmane scrissero al Papa una lettera aperta nella quale in parte concordavano e in parte dissentivano con le posizioni da lui sostenute. I 38 divennero un anno dopo 138 e resero pubblica una seconda lettera, in coincidenza con la fine del Ramadan, chiamata "Una parola comune fra noi". Nelle lettere si sostenevanno posizioni molto nette a favore della libertà di professare la fede "senza costrizioni", rivendicando al contempo la razionalità dell’islam pur tenendo ferma l’assoluta trascendenza di Dio. Come visse Papa Benedetto quella crisi? Lo ha raccontato lui stesso al giornalista Peter Seewald, nel libro-intervista "Luce del mondo", pubblicato nel novembre scorso. "Avevo concepito quel discorso – racconta – come una lezione strettamente accademica, senza rendermi conto che il discorso di un Papa non viene considerato dal punto di vista accademico, ma da quello politico. Da una prospettiva politica non si considerò il discorso prestando attenzione ai particolari; fu invece estrapolato un passo e dato ad esso un significato politico, che in realtà non aveva". "Quel passo – continua Benedetto XVI – trattava di un antico dialogo che, ora come allora, considero di grande interesse. L’Imperatore Manuele, di cui si parla, a quel tempo era già vassallo del Regno ottomano. Non poteva quindi scagliarsi contro i musulmani; ma, nell’ambito di un dialogo intellettuale, poteva porre domande vive. Ma l’attuale comunicazione politica è tale da non permettere la comprensione di simili correlazioni". "E tuttavia quell’episodio – dopo tutte le cose terribili accadute e per le quali non posso non addolorami molto – ha sortito effetti positivi. Durante la mia visita in Turchia ho potuto dimostrare di avere rispetto per l’Islam, che lo riconosco come una grande realtà religiosa, con la quale bisogna dialogare. E così da quella controversia è scaturito un dialogo veramente molto intenso. È risultato chiaro che nel dibattito pubblico l’Islam deve chiarire due questioni: quelle del suo rapporto con la violenza e con la ragione". "Ha rappresentato un inizio veramente positivo – conclude Papa Ratzinger – il fatto che, proprio in ambito islamico, si sia ritenuto doveroso e necessario chiarire quelle due questioni e di conseguenza sia stata avviata una riflessione interna fra studiosi dell’Islam, una riflessione che poi è divenuta dialogo".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Incontro con i rappresentanti della scienza nell’Aula Magna dell’Università di Regensburg (12 settembre 2006)

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. Il messaggio finale: abbiamo bisogno di un Dio vivo e partecipe, familiare e quotidiano come il pane

“Resta con noi, Signore”. S’intitola così il messaggio a conclusione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale. “Tu ci sei necessario, o Signore, lungo la via, nella cura degli affetti e delle fragilità, nella salute e nella malattia, nel lavoro e nella festa, nella scuola e nell’educazione, nell’accoglienza e nell’impegno per il bene comune. Tu sei la nostra via e la meta del nostro cammino”, si legge nel messaggio. “Sì – prosegue il testo - abbiamo bisogno di un Dio vivo e partecipe, familiare e quotidiano come il pane. Non un Dio lontano, assente, irraggiungibile, un Dio che non sa, non vede, indifferente al bene e al male”. Il Congresso Eucaristico è stato “una sosta preziosa per metterci di fronte al Mistero da cui la Chiesa è generata, e ritornare senza indugio alla nostra missione di testimoni del grande ‘Sì’, che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e intelligenza”. Perciò, “ritorneremo nelle nostre famiglie e parrocchie, associazioni e movimenti, come testimoni di speranza negli ambiti della vita quotidiana. Ritorneremo nelle nostre Chiese particolari, in comunione con i nostri Pastori, pronti a dare testimonianza della pluralità e ricchezza delle diverse realtà ecclesiali, e insieme dell’unità che le mette in cammino” con il successore dell’apostolo Pietro.

SIR

Non è stata una parentesi. Il messaggio a conclusione dell'evento di Ancona

Il Papa in Germania. La cancelliera Merkel: felici di ricevere Benedetto XVI, ci ricorda che senza la fede in Dio dimenticheremmo il senso della vita

La cancelliera tedesca Angela Merkel (nella foto con Benedetto XVI), intervenendo all'Incontro di preghiera per la pace delle religioni mondiali promosso a Monaco dalla Comunità di Sant’Egidio, ha espresso la "felicità" che si vive in Germania per il prossimo viaggio apostolico del Papa, in programma dal 22 al 25 settembre. "Siamo felici in Germania di ricevere tra poco la visita di Benedetto XVI", ha detto Angela Merkel. "Benedetto XVI ha sempre ricordato che, rispettando prerogative e la divisione tra Stato e Chiesa, senza la fede in Dio come esseri umani noi dimenticheremmo qual è il senso della nostra vita". "Il mondo ha bisogno di un’Europa forte e unita" che "non riduca la sua cattedra a una manciata di sgabellini per i suoi piccoli paesi", ha sottolineato da parte sua il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, in un breve indirizzo di saluto alla cancelliera, ricordando che naturalmente "l’Europa unita è decisiva per la civiltà del vivere insieme su scala mondiale". Secondo Riccardi, dopo i dieci anni difficili scaturiti dall’11 settembre 2001, "ci vuole una svolta. Da anni siamo convinti che bisogna porsi di più il problema della pace: nella politica internazionale come nella vita sociale".

Vatican Insider

Il Papa ad Ancona. Vian: per Benedetto è da ristabilire il primato di Dio, l'uomo ha bisogno del pane quotidiano e soprattutto di quello vero, Cristo

Oggi c’è “il primato di Dio da ristabilire, perché l’uomo ha bisogno del pane per vivere. Del pane di ogni giorno, certo, ma soprattutto di quello vero, che è Cristo stesso”. Così Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, sintetizza la visita pastorale del Papa ad Ancona in occasione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale, conclusosi ieri. “I media italiani, nel dare conto della visita di Benedetto XVI ad Ancona - spiega infatti Vian nel suo corsivo - si sono soffermati sulla preoccupazione del Papa, che è vescovo di Roma e primate d’Italia, per la mancanza e la precarietà del lavoro. Una scelta informativa comprensibile soprattutto in questo tempo di crisi e che ha sottolineato la vicinanza del Pontefice - espressa anche nei momenti d’incontro con alcuni rappresentanti dei lavoratori e di chi vive con più difficoltà - e la partecipazione alla visita papale di esponenti della vita pubblica presenti significativamente senza distinzioni di appartenenza politica. Ma il viaggio di Benedetto XVI e i suoi discorsi hanno un respiro più ampio”. In particolare, scrive Vian, Benedetto XVI “ha esortato a riflettere sulle conseguenze storiche dei tentativi di ordinare la società da parte di ideologie che ‘hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia’ mettendo da parte Dio, perché come risultato si sono avute ‘pietre al posto del pane’”.

SIR

Il vino della festa

Figlio di Maciel, abusato dal padre, denuncia i Legionari per aver coperto i crimini del fondatore, chiamando in causa il Vaticano e i Papi precedenti

Questi sono tempi difficili per i Legionari di Cristo. Oltre a sopportare la vergogna per gli scandali legati al suo fondatore, Marcial Maciel Degollado, e di fronte a un percorso di profonda riforma interna, la Congregazione deve rispondere giustizia statunitense. Sono stati accusati di negligenza davanti ai tribunali del Connecticut, in una causa che cerca di portare davanti alla corte le alte cariche del Vaticano. Si tratta di una denuncia presentata il 27 luglio 2010 da José Raúl González Lara, figlio biologico del defunto fondatore e frutto di una relazione tra questo e la messicana Blanca Gutiérrez Lara. Secondo il testo, di cui il portale Vatican Insider possiede una copia, Gonzalez Lara (nato nel 1980) avrebbe subito ripetuti abusi sessuali tra il 1987 e il 1998 da parte di Raúl Rivas, uno degli alias usati da Maciel. Questi attacchi avrebbero portato "paura" e "gravi disturbi emotivi" nel giovane, il quale esige un risarcimento pecuniario, sanzioni punitive e "qualsiasi altra sanzione che la corte ritenga appropriata". Anche se il presunto abuso avrebbe avuto luogo in un ambiente privato, in un momento in cui l'accusato si celava dietro un'altra identità e non veniva identificato come un prete, la parte querellante sostiene che la Legione si sia resa colpevole di negligenza per non aver impedito che tutto ciò accadesse. Gli avvocati dell'accusa, lo studio di Jeff Anderson, che ha guadagnato milioni di dollari nelle cause contro la Chiesa americana, vogliono inoltre dimostrare che il Vaticano conosceva le tendenze pederaste del prete e che alcuni suoi funzionari, tra cui i Papi, "hanno cospirato" per nasconderla. Ma è possibile che stavolta non riescano a spuntarla. Solo lo scorso 30 agosto il giudice Grant Miller della Corte Superiore di Hartford, ha concesso la sospensione di quattro dei sette capi di imputazione nell’ambito del procedimento contro le istituzioni dei Legionari, sia in Italia che negli Stati Uniti. Gli altri tre sono andati avanti. Infatti, la denuncia originale comprendeva 12 capi d'imputazione, di cui solo sette coinvolgevano direttamente gli organi della Legione. I restanti cinque si riferivano al patrimonio di Maciel, per cui i magistrati non hanno saputo chi chiamare in causa. Ciascuna delle parti ha dato una lettura particolare della decisione di Miller: mentre i rappresentanti dell'istituto religioso hanno espresso la loro soddisfazione per la sospensione dei capi d'imputazione, l'accusa si è detta soddisfatta per il prosieguo del procedimento giudiziario. La parte della denuncia che è stata accolta consiste in tre capi d'imputazione: "negligenza", "trattenuta negligente" e "negligenza nella supervisione". Nell’ambito di queste sezioni, l'accusa sostiene che i Legionari conoscevano le inclinazioni pederaste del loro fondatore e non si attivarono per evitarle, non emanando delle norme contro di esse o rimuovendolo dalla sua carica. I membri della Congregazione sono anche stati accusati di non essersi preoccupati delle vittime di abusi sessuali, tra cui Raúl, per prevenire o ridurre il danno. La pagina sei del preambolo della querela riporta che "i Legionari sapevano o avrebbero dovuto sapere che Maciel aveva un figlio, perché egli stesso utilizzava i fondi dei Legionari per mantenere Raúl e la sua famiglia. I Legionari sapevano o avrebbero dovuto sapere che Maciel utilizzava proprietà o locali dei Legionari per favorire gli abusi su Raúl". In questa sezione viene coinvolto anche il Vaticano e Papa Giovanni Paolo II, affermando che, nel 1989, l'ex legionario Juan Vaca inviò una lettera personale al Papa per chiedere la dispensa dai suoi voti per potersi sposare in Chiesa. Questa lettera avrebbe contenuto anche la storia degli abusi sessuali che egli stesso ed altri membri avrebbero subito da parte del fondatore, mentre nel 1993 la Congregazione per la Dottrina della Fede avrebbe concesso la dispensa, ma senza menzionare gli episodi di pedofilia. "Tra il 1950 e il 2002, padre Maciel, i Papi precedenti, il Vaticano e i suoi funzionari hanno cospirato per nascondere i crimini di Maciel, tra cui ripetuti abusi sessuali su minori," si stabilisce nella querella. Sulla base di questi argomenti e su alcuni altri documenti, lo studio legale che difende Lara, che nel 2010 chiese ai legionari 26 milioni di dollari per non rivelare pubblicamente la sua storia, ha già annunciato che cercherà di citare in giudizio gli alti funzionari della Sede Apostolica. Da parte sua, la strategia dei difensori della Legione consisterà in un silenzio stampa e nel dimostrare che, non essendo a conoscenza dell'esistenza del figlio del sacerdote, non erano in grado di prevenire gli abusi. In ogni caso il percorso giudiziario continuerà, i querellanti potranno ricorrere in giudizio contro la decisione del giudice Miller, e, in caso contrario, si procederà, in vista del processo, alla raccolta di prove su tre capi d'imputazione.

Andres Beltramo Alvarez, Vatican Insider

Il Papa: necessaria la comune testimonianza di tutti coloro che cercano Dio con cuore puro per realizzare la visione di un convivere pacifico di tutti

È in corso a Monaco di Baviera dall’11 al 13 settembre l’Incontro Internazionale di preghiera per la pace "Bound to Live Together - Religioni e Culture in dialogo", organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Papa Benedetto XVI ha inviato un Messaggio all’arcivescovo di München und Freising, il card. Reinhard Marx, letto ieri in apertura dell’incontro.
“Sono lieto – ha sottolineato il Papa – che l`incontro di quest'anno abbia luogo a Monaco, la città di cui sono stato Vescovo, alla vigilia del mio viaggio in Germania e in preparazione alla cerimonia per la memoria del venticinquesimo anniversario della preghiera mondiale per la pace di Assisi che avrà luogo nel prossimo mese di ottobre”. “Il vivere insieme – ha affermato Benedetto XVI a proposito del titolo del meeting, che si può tradurre con “convivere è il nostro destino” - può trasformarsi in un vivere gli uni contro gli altri, può diventare un inferno, se non impariamo ad accoglierci gli uni gli altri, se ognuno non vuole essere altro che se stesso”. Se il vivere insieme è una semplice predisposizione che deriva dalla condizione umana “è nostro compito – spiega il Papa – darle un contenuto positivo” e “intendere la predisposizione a vivere insieme come impegno e dono”. “Incontri come quello che ebbe luogo ad Assisi e quello che si tiene oggi a Monaco rappresentano occasioni in cui le religioni possono interrogare se stesse e chiedersi come diventare forze del convivere”. "Il senso fondamentale di tali incontri - scrive Benedetto XVI - è che noi dobbiamo rivolgerci ai vicini e ai lontani nello stesso spirito di pace che Cristo ci ha mostrato. Dobbiamo imparare a vivere non gli uni accanto agli altri, ma gli uni con gli altri, cioè dobbiamo imparare ad aprire il cuore agli altri, a permettere che i nostri simili prendano parte alle nostre gioie, speranze e preoccupazioni. Il cuore è il luogo in cui il Signore ci si fa vicino. Per questo - spiega il Papa - la religione, che è centrata sull'incontro dell'uomo con il ministero divino, è connessa in maniera essenziale con la questione della pace. Se la religione fallisce l'incontro con Dio, se abbassa Dio a sé, invece di elevare noi verso di lui, se ne fa in un certo senso una nostra proprietà, allora in tal modo può contribuire alla dissoluzione della pace. Se essa invece conduce al divino, al creatore e redentore di tutti gli uomini, allora diventa una forza di pace. Sappiamo - sottolinea Papa Ratzinger - che anche nel cristianesimo ci sono state distorsioni pratiche dell'immagine di Dio, che hanno portato alla distruzione della pace. Tanto più - aggiunge il Papa - tutti noi siamo chiamati a lasciare che il Dio divino ci purifichi, per diventare uomini di pace". "Il campo in cui deve prosperare il frutto della pace deve sempre essere coltivato". "Spesso - scrive Benedetto XVI - non possiamo fare altro che preparare incessantemente e con tanti piccoli passi il terreno per la pace in noi e intorno a noi, anche pensando alle grandi sfide con cui si confronta non il singolo, ma l'intera umanità, come le migrazioni, la globalizzazione, le crisi economiche e la salvaguardia del creato. In conclusione noi sappiamo però che la pace non può semplicemente essere 'fatta', ma che sempre è anche 'donata'. 'La pace è un dono di Dio e al tempo stesso un progetto da realizzare, mai totalmente compiuto'. Proprio per questo è necessaria - scrive Papa Ratzinger - la comune testimonianza di tutti coloro che cercano Dio con cuore puro, per realizzare sempre più la visione di un convivere pacifico tra tutti gli uomini". E ancora: “Dal primo incontro di Assisi 25 anni fa ci sono state e ci sono molte iniziative per la riconciliazione e la pace che riempiono di speranza, purtroppo però anche molte occasioni perdute, molti passi indietro”. “Terribili atti di violenza e terrorismo – ha ricordato il Pontefice - hanno ripetutamente soffocato la speranza della convivenza pacifica della famiglia umana agli albori del terzo millennio, vecchi conflitti covano sotto la cenere o scoppiano nuovamente, e ad essi si aggiungono nuovi scontri e nuovi problemi”. "La pace - conclude Benedetto XVI - è un mandato permanente a noi affidato e contemporaneamente un dono da invocare. In tal senso possano l’incontro per la pace di Monaco e i colloqui che lì avranno luogo contribuire a promuovere la reciproca comprensione e il convivere, preparando così alla pace una via sempre nuova nel nostro tempo".

TMNews, Zenit

Il Papa ad Ancona. Card. Bagnasco: un segnale simbolico della presenza della Chiesa proprio là nel cuore di un problema come quello del lavoro

Ancona è stata scelta per celebrare il XXV Congresso Eucaristico Nazionale che si è chiuso ieri ''appositamente per dare un segnale simbolico della presenza della Chiesa e una presenza positiva, proprio là, nel cuore di un problema come quello del lavoro, in particolare in questo momento per Ancona e la Fincantieri, che tutti conosciamo''. Lo ha spiegato, dopo le parole di ieri di Papa Benedetto XVI nel corso del pranzo con i lavoratori in cassaintegrazione, il presidente della Conferenza Episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco, che ha parlato nel corso della prima puntata del programma ''Prima di tutto'', le morning news di Rai Radio 1. Spiegando le parole del Papa che ha auspicato più tutele per i giovani nel campo lavorativo, il porporato ha aggiunto: ''Ci vuole sempre un grande legame e un grande rapporto di solidarietà tra le generazioni. Certamente i giovani sono nel cuore del Santo Padre perchè sono il futuro, non solo della Chiesa, della società intera. Meritano tutta un attenzione particolare per il loro progetto di vita. Senza il lavoro naturalmente non c'è progetto, - ha quindi spiegato - è difficile che ci sia un progetto di vita, sia per i singoli e sia per la città umana''. ''D'altra parte le generazioni più avanti, - ha concluso il card. Bagnasco - nel cammino della vita, hanno anche di questo bisogno, dell'attenzione della società intera e della Chiesa sicuramente, che vive accanto a loro''.

Asca

Il primate Williams: l’Ordinariato personale per ex anglicani non ha portato problemi al dialogo ecumenico, con mons. Nichols grande collaborazione

L’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, ovvero la struttura pensata dalla Chiesa Cattolica e da quella anglicana per consentire ad alcuni pastori e fedeli di passare a Roma mantenendo forme di liturgia protestanti “non ha portato problemi al dialogo ecumenico”. Lo ha detto il primate anglicano Rowan Williams (nella foto con Benedetto XVI) a margine dell’incontro organizzato dal movimento del Focolare che ha riunito a Londra 31 vescovi di 15 diverse Chiese. Nel corso dell’incontro ci sono stati momenti di preghiera comune e celebrazioni, guidate dal primate Williams e dall’arcivescovo cattolico Vincent Nichols, della messa in latino nella cattedrale londinese di Westminster. Prima dell’incontro con i vescovi il primate anglicano ha spiegato che “esiste una grande collaborazione con l’arcivescovo cattolico Nichols di Londra. Cerchiamo sempre di partecipare insieme alle più importanti conferenze e nelle occasioni pubbliche. Di fatto, l’Ordinariato, non ha avuto nessun effetto sulla nostra amicizia”. Dell’ Anglican communion covenant, il patto che le diverse chiese anglicane dovrebbero approvare come nuovo metodo di comunione, ha detto che “dovrebbe consentire ad ogni Chiesa di seguire lo stesso metodo di discernimento per redimere le situazioni controverse”.

SIR