mercoledì 29 giugno 2011

In occasione dei 60 anni di sacerdozio del Papa il Collegio cardinalizio ha offerto un pranzo a un migliaio di poveri in San Giovanni in Laterano

In occasione del 60° anniversario di sacerdozio di Benedetto XVI, la Basilica di San Giovanni in Laterano è stata trasformata in una grande sala da "per mostrare a Roma l'amore del Papa nei confronti di coloro che soffrono e che sono soli". Il pranzo, offerto dal Collegio cardinalizio, ad un migliaio di poveri che ha compreso antipasto, primo, secondo con contorno, dolce e brindisi finale, è stato preparato da un servizio di catering e servito dai soci del Circolo San Pietro. Al termine del pranzo il decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano, il presidente del Circolo, Leopoldo Torlonia, e l'assistente ecclesiastico, mons. Franco Camaldo, hanno distribuito a ciascun ospite un pacco dono contenente materiale della Farmacia Vaticana. "Con questa iniziativa siamo sicuri che anche i cuori più duri saranno commossi nello sperimentare la sollecitudine del Santo Padre", ha commentato il presidente Torlonia. Gli assistiti del Circolo San Pietro hanno mostrato una calda riconoscenza per il banchetto offerto. "Si sono presentati – ha raccontato un socio del sodalizio – vestiti con i loro abiti migliori, e hanno gridato “Viva il Papa!” con gioia. Nessuno ci è sembrato che sia arrivato con uno spirito opportunista, ma con il sincero desiderio di vivere un momento di festa". Accogliente e cordiale è stato il card. Sodano che ha tagliato la torta e ha personalmente servito ai tavoli scherzando con gli ospiti.

Agi, RomaSette

60° anniversario di Ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI. Il ricordo di due preti ordinati con lui: da quel 29 giugno è rimasto l'amico di sempre

Provincia tranquilla e città frenetica. Traunstein e Monaco. Sono i luoghi in cui vivono due dei compagni di Messa di Benedetto XVI che giusto sessant’anni dopo l’ordinazione, avvenuta a Frisinga per le mani del cardinale Michael von Faulhaber, ricordano la vita insieme in seminario. E dicono: da quel 29 giugno a oggi è rimasto l’amico di sempre. Poco sopra Traunstein, Alta Baviera, i colli immersi nel verde con i cavalli che pascolano allo stato brado formano un paesaggio idilliaco. Quando, da ragazzo, abitava nella frazione di Hufschlag, che significa "colpo di zoccolo", il Papa ogni giorno attraversava questo spettacolo naturale per recarsi nel ginnasio del Paese. E non mancava mai la sosta per la preghiera nella chiesa di Sant’Osvaldo, proprio quella dove l’8 luglio del 1951 celebrò la sua prima Messa. E dove adesso davanti al portale campeggia un suo busto da Pontefice. Siamo nel cuore della religiosità da cui è scaturita la vocazione dei fratelli Ratzinger. Nume tutelare dei luoghi è Rupert Berger, classe 1926, loro compagno di seminario. Dopo una vita da parroco in un paese vicino e un’apprezzata attività di liturgista e pastoralista, Berger è tornato alle origini e aiuta l’attuale parroco. Che la sua vita sia strettamente intrecciata a quella dei Ratzinger lo si capisce davanti alla sua casa, in un angoletto tranquillo del paese. Sul muro un cartello del Benediktweg, l’itinerario che contrassegna i luoghi ratzingeriani della Baviera, avverte che la Casetta del Parroco, risalente al Settecento, ospitò dal 1958 al 1964 Georg Ratzinger, direttore del coro di Sant’Osvaldo, e i genitori, che qui morirono: nel 1959, il padre Joseph, e nel 1963, la madre Maria. A Traunstein c’è anche il seminario minore che i Ratzinger frequentarono prima della guerra. Poi fu adibito a ospedale, proprio come quello maggiore di Frisinga. Subito dopo il ritorno a casa, alla fine del 1945, i tre, Georg, Joseph e Rupert, si trovarono nella comunità per futuri sacerdoti. La religiosità delle famiglie aveva creato il terreno per il grande passo. Ma anche esempi di preti nella stessa famiglia (Berger ne aveva uno) o giovani cappellani visti come esempio. C’era poi la durezza dei tempi. Il padre di Berger, sindaco di Traunstein ed esponente del partito cattolico bavarese, era stato internato a Dachau per la sua ostilità al regime. "Il nazismo lo rigettavamo al cento per cento. Potrei dire che odiavamo i nazisti, se l’odio non fosse un sentimento poco cristiano", rimemora Berger. E dunque c’era la coscienza di essere dei ricostruttori. Spirituali, non solo materiali. Ristrettezze in seminario a Frisinga c’erano. Chi non poteva pagare la retta riceveva un aiuto. Ma almeno il cibo era garantito dall’annessa azienda agricola, proprietà della diocesi. Tra le camerate, i due fratelli erano ben distinti da un soprannome. Georg era l’Orgel-Ratzi, l’organista, l’altro Bücher-Ratzi, lo studioso. L’amicizia crebbe. E la comunità non si scioglieva neanche in vacanza. Quando c’erano tre mesi di ferie tra i semestri, i seminaristi di Traunstein organizzavano passeggiate di gruppo in montagna, e discutevano l’un con l’altro. Rupert e Joseph furono mandati a studiare anche all’Università di Monaco e vivevano nel Collegio Ducale Georgianum. Lì le condizioni materiali erano peggiori. Ma c’erano teatri di prosa e d’opera, che i due frequentavano assiduamente. Il quartiere di Schwabing era il cuore artistico e letterario della città. Un cuore un po’ "bohemienne", "certo poco adatto a un prete", sorride Berger. Ma quando si trattava di studiare, niente fermava Bücher-Ratzi. Quando lavorava alla disseratazione per il dottorato, niente svaghi. Insomma, già allora uno studioso serissimo, ma anche un amico e un uomo alla mano. Ancora oggi che è sulla cattedra di Pietro. "Sì lui è davvero rimasto così come era", afferma Berger. Anche Friedrich Zimmermann, che invece è di Monaco, dove è stato a lungo parroco, ricorda la vita insieme, fatta di preghiera e amicizia, "Ratzinger è sempre stato una persona amichevole e amabile. Ma anche riservata. I due fratelli facevano parte del gruppo che veniva da Traunstein e noi eravamo di Monaco ed eravamo di più. Ma ci siamo capiti benissimo. Tanto che l’amicizia e la fratellanza sacerdotale sono durate anche dopo l’ordinazione", rievoca l’85enne prete, che è portavoce di quel corso di seminario. A far sentire il gruppo ancora più unito è stata, poi, la "grande gioia con cui abbiamo cominciato insieme nel 1946. Dopo le incertezze sul nostro futuro dovute alla guerra, al nazionalsocialismo, ora potevamo ricominciare, eravamo vicino all’obiettivo della nostra vita". Molti di questi aspiranti sacerdoti, infatti, avevano visto il loro percorso interrotto dalla catastrofe. Ma le radici erano forti, tanto che sessant’anni dopo Zimmermann sottolinea la volontà comune che animava tutti: essere vicini, con l’annuncio del Vangelo e i sacramenti, a chi gioisce e a chi soffre. Loro lo sono stati, come cappellani, in una Monaco distrutta. "Volevamo essere sempre a disposizione delle persone", spiega Zimmermann. Una comunità che si è poi divisa nei vari servizi alla Chiesa. Chi è stato solo parroco. Chi professore di teologia, di pastorale e di liturgia. Chi è diventato vescovo. Oltre a Papa Ratzinger, tra quei 45 consacrati nel 1951 altri due, oggi scomparsi: Franz Schwarzenböck e Heinrich von Soden-Fraunhofen, entrambi ausiliari di Monaco. Tanto che quella nidiata fu chiamata la Drei-Bischöfe-Weihe, l’ordinazione dei tre vescovi. In tutto una dozzina di quei sacerdoti è ancora in vita. E si sono sempre riuniti per celebrare gli anniversari. Così è stato per il 40° e per il 50°, ricorda il loro portavoce. E sia Rupert sia "Fritz" saranno, con il fratello Georg nella delegazione dell’arcidiocesi bavarese che celebrerà a Roma con l’amico Papa. "L’elezione fu una sorpresa – conclude Zimmermann –. Ma per noi è, come un tempo, un confratello. Siamo stati due volte a trovarlo in Vaticano e tra noi parliamo proprio come facevamo allora".

Gianni Santamaria, Avvenire

60° anniversario di Ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI. Gli auguri e l'omaggio al Papa dei quotidiani e dei blog cattolici

IL MOMENTO PIÙ IMPORTANTE DELLA MIA VITA - SESSANT’ANNI FA, IL 29 GIUGNO 1951, JOSEPH RATZINGER VENIVA ORDINATO SACERDOTE (L'Osservatore Romano)

Quel giorno, l’altra storia (Avvenire)

IL GIUBILEO DI DIAMANTE DEL PAPA: 60 ANNI DI SACERDOZIO. AD MULTOS ANNOS, SANTO PADRE (Il blog degli amici di Papa Ratzinger)

Buon anniversario Santo Padre (Messainlatino.it)

AUGURI, SANTO PADRE! Sessant'anni di dono incondizionato al Signore! (Chiamati alla speranza)

Bartolomeo I al Papa: il Signore le conceda forza spirituale e fisica per proseguire il suo impegno al servizio della parola di verità e della Chiesa

“Attraverso il martirio e la testimonianza” degli apostoli Pietro e Paolo, rispettivamente “la pietra della fede” e “la lode dell’universo”, “la Santa Chiesa di Cristo è rimasta unita nel corso di un intero millennio”, stabilita “sulla confessione di Pietro al Signore ‘Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente’” e “sul fondamento del Vangelo di cui Paolo è stato il saggio architetto”. Queste basi costituiscono oggi una “guida sicura” e aprono “la strada al ristabilimento della piena comunione in un dialogo di verità e amore”. Così il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (foto), nel messaggio inviato a Benedetto XVI tramite la delegazione in visita come da tradizione a Roma in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Esprimendo un “ardore” analogo a quello del Papa nell’impegno per ritrovare “la piena comunione”, Bartolomeo I ha affermato che “è necessario preoccuparsi affinché il nostro cammino verso l'unità poggi sulle solide fondamenta della fede e delle confessioni degli Apostoli e dei Padri della Chiesa”. Dal Patriarca gli auguri a Benedetto XVI per il 60° anniversario di sua Ordinazione sacerdotale: "Le trasmettiamo, Santità, i nostri pensieri rispetto a tale comunione tanto desiderata come un segno positivo in questo giorno di festa della Chiesa di Roma e ci rallegriamo anche nel profondo del cuore per i suoi sessant'anni di sacerdozio, Santità", "una tappa importante nella sua vita, come pure nella vita della sua Chiesa". "Rendendo onore al lavoro svolto da Vostra Santità sul piano teologico e per tutta la vita della Chiesa, preghiamo il Signore di concederle la forza spirituale e fisica affinché negli anni a venire possa proseguire il suo impegno al servizio della parola di verità e della santa missione della Chiesa per la gloria del Suo santo nome".

SIR, L'Osservatore Romano

Messaggio di Sua Santità Bartolomeo I a Benedetto XVI in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo e del 60° Anniversario di ordinazione del Santo Padre

Il presidente Napolitano al Papa: alta considerazione mia e dell'Italia per la sua luminosa testimonianza e per l'incessante azione di pace e dialogo

Fra i primi auguri giunti in Vaticano a Benedetto XVI ci sono stati quelli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (foto), del quale ricorre a sua volta l'ottantaseiesimo compleanno. "Mi è gradito rivolgerLe anche a nome del popolo italiano, - ha scritto Napolitano nel messaggio inviato al Papa - il più sentito augurio per la fausta ricorrenza del sessantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, che felicemente coincide con la festa dei Santi Pietro e Paolo. L'occasione mi offre l'opportunità di rinnovarLe l'espressione della mia alta considerazione per la luminosa testimonianza di profondi valori spirituali e morali e per l'incessante azione in favore della pace e del dialogo tra le nazioni che Ella autorevolmente conduce". "Nei molti anni trascorsi a Roma, anche prima dell'elevazione al soglio pontificio - ha ricordato Napolitano di Papa Ratzinger - Vostra Santità ha inoltre sempre manifestato particolare affetto e considerazione per la nazione italiana. E' in questo spirito che la prego di accogliere i miei sentimenti di amicizia e profonda stima".

TMNews

Messaggio del presidente Napolitano a Sua Santità Benedetto XVI in occasione del suo 60° anniversario dell'ordinazione sacerdotale

Georg Ratzinger: Joseph può essere un esempio perchè si è speso tutto per la sua vocazione e non ha mai posto innanzi le proprie preferenze personali

In quella splendida giornata d’estate, il 29 giugno 1951, nel duomo di Frisinga, insieme con il futuro Papa furono ordinati altri 45 sacerdoti, tra i quali anche suo fratello Georg: il "Ratz-musicale", come lo chiamavano in Seminario, per distinguerlo dal minore Joseph, il "Ratz-bibliofilo". La sezione tedesca della Radio Vaticana ha raccolto il ricordo personale di mons. Georg Ratzinger di quella giornata così importante e delle aspirazioni di due giovanissimi sacerdoti fratelli e da quel giorno anche confratelli: “Mio fratello aveva già conseguito una certa esperienza nel campo della scienza teologica. Era chiaro che la sua vita sarebbe stata la teologia; la mia vita mi portò, invece, verso la musica. Però, non era chiaro fin dove le nostre vocazioni ci avrebbero condotto: all’epoca, per noi la cosa più importante era diventare sacerdoti. Ovviamente, le responsabilità e le funzioni sono molto più difficili per un Papa che per un sacerdote. Comunque, l’ordinazione sacerdotale è il fondamento per l’ordinazione episcopale e per l’elezione al Soglio Pontificio”. In un'intervista al quotidiano Avvenire, mons. Georg ha detto che il fratello Joseph ''ha sempre incarnato la figura del pastore, che è per Dio e vuole introdurre gli altri alla sua conoscenza. Penso sempre che mio fratello possa essere un esempio, perchè si è speso tutto per la sua vocazione e non ha mai posto innanzi le proprie preferenze personali. Il suo compito è per lui la vita''. Una fedeltà nell'umiltà che lo ha portato al momento dell'elezione a definirsi un lavoratore nella vigna del Signore "e - assicura il fratello - lo è davvero. Ha voluto esserlo. Per questo ha usato quell'immagine evangelica, in cui la Chiesa viene paragonata a una vigna, nella quale qualcuno deve lavorare affinchè il vino riesca bene. E lui in questa vigna della Chiesa vuole assolvere pienamente il suo compito". Io, racconta ricordando la sua entrata in seminario, ''sono maggiore di tre anni e tre mesi, forse in me la decisione è maturata prima. Essendo più vecchio, ho anticipato mio fratello in tutto''. "I ricordi dell'ordinazione e della Primiz, la prima Messa, sono ancora molto vivi nella mia memoria. Certo - ammette l'ex direttore del coro di voci bianche della cattedrale di Ratisbona, i celebri Regensburger Domspatzen - da allora sono successe tante cose. Le forze vengono meno, la vista anche. Ma sento una grande gratitudine per quello che abbiamo potuto vivere". Allora, dopo il disastro della guerra, "ci spingeva a diventare sacerdoti - ricorda - la coscienza della nostra missione. Del fatto che Dio non ha abbandonato il mondo e che questo vive a partire da Dio. Questo è il compito piu' bello: essere mandati da Dio e annunciare il suo amore alle persone".

Radio Vaticana, Asca, Agi

GEORG: ANNUNCIARE A TUTTI L’AMORE DI DIO MISSIONE CHE LUI SVOLGE IN MODO ESEMPLARE

I più sentiti e affettuosi auguri per il 60° anniversario di Ordinazione sacerdotale anche al fratello del Santo Padre, mons. Georg Ratzinger!
Scenron

Il Papa: il primato di Pietro è predilezione divina, come la vocazione sacerdotale. Grato a Dio per la chiamata e il ministero affidatomi 60 anni fa

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e nella ricorrenza del 60° anniversario della Sua Ordinazione presbiterale il Papa si è affacciat alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico e ha guidato la recita dell’Angelus co n i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
"Scusate il lungo ritardo. La Messa in onore dei Santi Pietro e Paolo è stata lunga e bella", ha esordito Benedetto XVI. "O Roma felix si canta oggi - ha ricordato - nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di questa Città. 'Felice Roma, perché fosti imporporata dal prezioso sangue di così grandi Principi. Non per tua lode, ma per i loro meriti ogni bellezza superi'. Come cantano gli inni della tradizione orientale, i due grandi Apostoli - ha sottolineato il Papa - sono le ali della conoscenza di Dio, che hanno percorso la terra sino ai suoi confini e si sono innalzate al ciel. Sono le 'mani del Vangelo' della grazia, i 'piedi della verità' dell'annuncio, i 'fiumi della sapienza', le 'braccia della croce'". "La testimonianza di amore e di fedeltà dei Santi Pietro e Paolo illumina i Pastori della Chiesa, per condurre gli uomini alla verità, formandoli alla fede in Cristo. San Pietro, in particolare, rappresenta l'unità del collegio apostolico. Per tale motivo, durante la liturgia celebrata questa mattina nella Basilica Vaticana, ho imposto a 40 arcivescovi metropoliti il pallio, che manifesta la comunione con il Vescovo di Roma nella missione di guidare il popolo di Dio alla salvezza". Il Santo Padre ha quindi ricordato le parole di Sant’Ireneo, vescovo di Lione, secondo il quale alla Chiesa di Roma per la sua peculiare principalità “deve convergere ogni altra Chiesa, cioè i fedeli che sono dovunque, perché in essa è stata sempre custodita la tradizione che viene dagli Apostoli”. È la fede professata da Pietro – ha sottolineato Benedetto XVI - a costituire il fondamento della Chiesa: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’ – si legge nel Vangelo di Matteo. Il primato di Pietro è predilezione divina, come lo è anche la vocazione sacerdotale: ‘Né la carne né il sangue te lo hanno rivelato – dice Gesù – ma il Padre mio che è nei cieli’”. Così accade, ha spiegato il Papa, “a chi decide di rispondere alla chiamata di Dio con la totalità della propria vita. Lo ricordo volentieri in questo giorno, nel quale si compie per me il sessantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale”. “Grazie per la vostra presenza e le vostre preghiere”, ha detto. “Sono grato voi, sono grato soprattutto al Signore – ha continuato - per la sua chiamata e per il ministero affidatomi, e ringrazio coloro che, in questa circostanza, mi hanno manifestato la loro vicinanza e sostengono la mia missione con la preghiera, che da ogni comunità ecclesiale sale incessantemente a Dio, traducendosi in adorazione a Cristo Eucaristia per accrescere la forza e la libertà di annunciare il Vangelo”. "In questo clima - ha detto Papa Ratzinger - sono lieto di salutare cordialmente la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, presente oggi a Roma, secondo la significativa consuetudine, per venerare i Santi Pietro e Paolo e condividere con me l`auspicio dell`unità dei cristiani voluta dal Signore. Invochiamo con fiducia la Vergine Maria, Regina degli Apostoli, affinché ogni battezzato diventi sempre più una 'pietra viva' che costruisce il Regno di Dio".
Dopo la recita della preghiera mariana, il Santo Padre ha voluto rivolgere uno speciale augurio alla città di Roma, di cui Pietro e Paolo sono i Patroni: "Desidero rivolgere un saluto speciale ai fedeli della mia diocesi, come pure ai parroci e a tutti i sacerdoti impegnati nel lavoro pastorale. All'intera cittadinanza estendo il mio augurio di pace e bene". In tedesco Benedetto XVI ha salutato in particolare “la delegazione della Baviera, venuta a Roma in occasione del giubileo dei sessant’anni della mia ordinazione sacerdotale. Ringrazio per le preghiere che sono state offerte per me da molti fedeli nei giorni scorsi”.

TMNews, SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Il Papa: Signore, aiutami ad essere una cosa sola con la tua volontà, vivere la vita insieme con Te per gli altri, diventare sempre di più Tuo amico!

'''Non vi chiamo più servi ma amici'. A sessant'anni dal giorno della mia ordinazione sacerdotale sento ancora risuonare nel mio intimo queste parole di Gesù, che il nostro grande arcivescovo, il cardinale Faulhaber, con la voce ormai un po' debole e tuttavia ferma, rivolse a noi sacerdoti novelli al termine della della cerimonia di Ordinazione'': con queste parole il Papa ha iniziato l'omelia della Messa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. “Secondo l’ordinamento liturgico di quel tempo – ha aggiunto il Pontefice -, quest’acclamazione significava allora l’esplicito conferimento ai sacerdoti novelli del mandato di rimettere i peccati”. “'Non più servi ma amici': io sapevo e avvertivo che, in quel momento, questa non era solo una parola 'cerimoniale', ed era anche più di una citazione della Sacra Scrittura". Tuttavia, “ciò che avveniva in quel momento, era ancora qualcosa di più. Egli mi chiama amico. Mi accoglie nella cerchia di coloro ai quali si era rivolto nel Cenacolo. Nella cerchia di coloro che Egli conosce in modo del tutto particolare e che così Lo vengono a conoscere in modo particolare. Mi conferisce la facoltà, che quasi mette paura, di fare ciò che solo Egli, il Figlio di Dio, può dire e fare legittimamente: Io ti perdono i tuoi peccati”. Non solo: “Egli mi affida le parole della consacrazione nell’Eucaristia. Egli mi ritiene capace di annunciare la sua Parola, di spiegarla in modo retto e di portarla agli uomini di oggi. Egli si affida a me”. “Non siete più servi ma amici”: questa è un’affermazione che reca una grande gioia interiore e che, al contempo, nella sua grandezza, può far venire i brividi lungo i decenni, con tutte le esperienze della propria debolezza e della sua inesauribile bontà”. '''Non più servi ma amici' - ha poi detto il Pontefice -: in questa parola è racchiuso l'intero programma di una vita sacerdotale''. Ma cosa è veramente l’amicizia? “L’amicizia – ha osservato il Santo Padre - è una comunione del pensare e del volere”.
''L'amicizia che Egli mi dona può solo significare che anch'io cerchi di conoscere sempre meglio Lui; che io, nella Scrittura, nei Sacramenti, nell'incontro della preghiera, nella comunione dei Santi - ha detto il Papa - nelle persone che si avvicinano a me e che Egli mi manda, cerchi di conoscere sempre di più Lui stesso''. In realtà, “l’amicizia non è soltanto conoscenza, è soprattutto comunione del volere. Significa che la mia volontà cresce verso il ‘sì’ dell’adesione alla sua”. C’è poi un terzo elemento: “Egli dà la sua vita per noi. Signore, aiutami a conoscerti sempre meglio! Aiutami ad essere sempre più una cosa sola con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non per me stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami a diventare sempre di più Tuo amico!”. La parola di Gesù sull’amicizia “sta nel contesto del discorso sulla vite. Il Signore collega l’immagine della vite con un compito dato ai discepoli”. Il primo “è quello di mettersi in cammino, di uscire da se stessi e di andare verso gli altri”. Dunque, “il Signore ci esorta a superare i confini dell’ambiente in cui viviamo, a portare il Vangelo nel mondo degli altri, affinché pervada il tutto e così il mondo si apra per il Regno di Dio”. “Vogliamo seguire il Dio che si mette in cammino, superando la pigrizia di rimanere adagiati su noi stessi, affinché Egli stesso possa entrare nel mondo”. Ma Gesù chiede anche di portare frutto, “un frutto che rimanga!”. Ma qual è il frutto che rimane? “Ebbene – ha affermato Benedetto XVI -, il frutto della vite è l’uva, dalla quale si prepara poi il vino. Fermiamoci per il momento su questa immagine. Perchè possa maturare uva buona, occorre il sole ma anche la pioggia, il giorno e la notte. Perchè maturi un vino pregiato - è stata l'immagine usata dal Pontefice - c'è bisogno della pigiatura, ci vuole la pazienza della fermentazione, la cura attenta che serve ai processi di maturazione''.
Il Papa ha domandato: “Non è forse questa già un’immagine della vita umana, e in modo del tutto particolare della nostra vita da sacerdoti? Abbiamo bisogno del sole e della pioggia, della serenità e della difficoltà, delle fasi di purificazione e di prova come anche dei tempi di cammino gioioso con il Vangelo. Volgendo indietro lo sguardo possiamo ringraziare Dio per entrambe le cose: per le difficoltà e per le gioie, per le ore buie e per quelle felici. In entrambe riconosciamo la continua presenza del suo amore, che sempre di nuovo ci porta e ci sopporta”. Un’ulteriore domanda: di che genere è il frutto che il Signore attende da noi? “Il vino è immagine dell’amore: questo è il vero frutto che rimane, quello che Dio vuole da noi”, ha sostenuto il Pontefice, per il quale “l’autentico contenuto della Legge, la sua summa, è l’amore per Dio e per il prossimo. Questo duplice amore, tuttavia, non è semplicemente qualcosa di dolce. Esso porta in sé il carico della pazienza, dell’umiltà, della maturazione nella formazione ed assimilazione della nostra volontà alla volontà di Dio, alla volontà di Gesù Cristo, l’Amico”. Solo così, “nel diventare l’intero nostro essere vero e retto, anche l’amore è vero, solo così esso è un frutto maturo. La sua esigenza intrinseca, la fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, richiede sempre di essere realizzata anche nella sofferenza. Proprio così cresce la vera gioia. Nel fondo, l’essenza dell’amore, del vero frutto, corrisponde con la parola sul mettersi in cammino, sull’andare: amore significa abbandonarsi, donarsi; reca in sé il segno della croce”. Dopo aver dedicato questa riflessione al ricordo del suo 60° di sacerdozio, il Santo Padre ha rivolto un pensiero agli arcivescovi metropoliti nominati dopo l’ultima Festa dei grandi Apostoli cui oggi è stato imposto il pallio.
"Questo - ha sottolineato il Papa - può ricordarci innanzitutto il 'giogo dolce' di Cristo che ci viene posto sulle spalle. Il giogo di Cristo è identico alla sua amicizia. È un giogo di amicizia e perciò è un 'giogo dolce', ma proprio per questo anche un giogo che esige e che plasma. È il giogo della sua volontà, che è una volontà di verità e di amore. Così è per noi soprattutto anche il giogo di introdurre altri nell'amicizia con Cristo e di essere a disposizione degli altri, di prenderci come Pastori cura di loro. Il pallio - ha inoltre ricordato il Papa - viene intessuto con la lana di agnelli, che vengono benedetti nella festa di Sant'Agnese. Ci ricorda così il Pastore diventato Egli stesso Agnello, per amore nostro. Ci ricorda Cristo che si è incamminato per le montagne e i deserti, in cui il suo agnello, l'umanità, si era smarrito. Ci ricorda Colui che ha preso l'agnello, l'umanità - me - sulle sue spalle, per riportarmi a casa. Ci ricorda in questo modo che, come Pastori al suo servizio, dobbiamo anche noi portare gli altri, prendendoli, per così dire, sulle nostre spalle e portarli a Cristo. Ci ricorda che possiamo essere Pastori del suo gregge che rimane sempre suo e non diventa nostro" . E "infine - ha concluso il Papa - il pallio significa molto concretamente anche la comunione dei Pastori della Chiesa con Pietro e con i suoi successori. Significa che noi dobbiamo essere Pastori per l'unità e nell'unità e che solo nell'unità di cui Pietro è simbolo guidiamo veramente verso Cristo. In quest'ora, dopo sessant'anni di ministero sacerdotale, mi sono sentito spinto a guardare a ciò che ha caratterizzato i decenni. Mi sono sentito spinto a dire a voi - a tutti i sacerdoti e Vescovi come anche ai fedeli della Chiesa - una parola di speranza e di incoraggiamento; una parola, maturata nell'esperienza, sul fatto che il Signore è buono. Soprattutto, però, questa è un'ora di gratitudine: gratitudine al Signore per l'amicizia che mi ha donato e che vuole donare a tutti noi. Gratitudine alle persone che mi hanno formato ed accompagnato".

Asca, SIR, TMNews

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO - il testo integrale dell'omelia del Papa

Benedetto XVI presiede la Messa dei Santi Pietro e Paolo. Gli auguri del card. Sodano: ci stringiamo intorno a Lei, pastori e fedeli di tutto il mondo

E' stata una celebrazione particolare quella odierna per Papa Joseph Ratzinger, nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Benedetto XVI ha infatti ricordato anche il 60° anniversario della Sua Ordinazione presbiterale presiedendo nella Basilica Vaticana la Concelebrazione Eucaristica con 52 cardinali e 41 arcivescovi metropoliti ai quali, nel corso del sacro rito, ha imposto i Palli presi dalla Confessione di San Pietro. Era presente alla Santa Messa la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.
“Padre Santo, in questo momento le sono vicini i pastori e i fedeli di tutto il mondo, come tanti uomini di buona volonta’ che guardano alla Chiesa di Roma come ‘un vessillo sopra le nazioni’, segno della continua presenza divina nelle alterne vicende della storia”. All’inizio, il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano si è rivolto con queste parole a Bendetto XVI per formulargli gli auguri per il 60° anniversario di sacerdozio. “Interpreti di questo immenso coro noi oggi ci stringiamo intorno a Lei, posto dallo Spirito Santo a guidare la Santa Chiesa di Dio all’inizio di questo terzo millennio cristiano. Se l’Eucaristia sempre ci unifica, come Ella sovente ci ricorda, oggi ci unifica ancora di più intorno al Successore di Pietro”.

Quotidiano.net, Radio Vaticana

60° ANNIVERSARIO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE DI BENEDETTO XVI. 'ADSUM', SONO QUI. AUGURI, SANTO PADRE!


"Il Signore ha giurato e non si pente: 'Tu sei sacerdote per sempre'" (Sal 110, 4).
Sessanta anni. Tanti ne sono passati da quel 29 giugno 1951, il momento più importante della tua vita, amato Benedetto XVI, quando hai pronunciato il tuo "Adsum", 'sono qui'. Da quella data, fino ad oggi, lo hai ripetuto a Dio ogni giorno. Lo hai pronunciato il 28 maggio 1977, quando da professore di teologia dogmatica e fondamentale sei diventato arcivescovo di Monaco e Frisinga. Poi di nuovo il 27 giugno dello stesso anno, quando Paolo VI ti ha creato cardinale, principe della Chiesa. Lo hai pronunciato il 25 novembre del 1981, alla nomina di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. E, soprattutto, lo hai ripetuto il 19 aprile 2005, quando sei stato scelto come Successore dell'Apostolo Pietro. Ogni giorno del tuo sacerdozio, nei momenti di gioia e serenità, ancora di più nelle prove, nelle incertezze della vita, nei dolori.
Con il tuo rinnovato "Adsum" in questi 60 anni hai reso la tua una vita sacramentale, al cui centro c'è Cristo, solo e soltanto Lui, fonte inesauribile della tua gioiosa e semplice fede. Hai servito il Signore e la Chiesa con dedizione e con un dispendio di energie continuo, tra ostacoli, calunnie e non di rado tradimenti. Con il tuo "Adsum" hai risvegliato in tanti la fede, prima sopita, stanca o superficiale, spingendoli a manifestarla senza paura ma con coraggio davanti a un mondo che rifiuta Dio.
Santo Padre, ti confidiamo che avremo voluto che questo anniversario fosse celebrato con ancora più solennità, con eventi e celebrazioni che avrebbero mostrato a tutta la Chiesa il modello di sacerdote per questi anni non facili che lei incarna. Molti tra cardinali, vescovi, preti, fedeli laici, hanno ritenuto che non fosse necessario. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo fatto tutto il possibile perchè fossimo in tanti a rendere grazie al Signore per lo straordinario dono del tuo sacerdozio. Accolgi questo nostro regalo e benedici tutti noi!
Tanti auguri, amato Papa Joseph. Il Signore ti conservi, ti doni vita e salute, ti renda felice sulla terra e ti preservi da ogni male. Ad multos annos!
Scenron