venerdì 28 maggio 2010

Ecco quali sono le donne alla 'conquista' della Chiesa di Benedetto XVI, il Papa che più ha valorizzato la presenza femminile in Vaticano

Il primo fu Antonio Pisano, detto Pisanello, che all’inizio del '400 fece una medaglia dedicata all'imperatore Giovanni VIII Paleologo. Poi vennero artisti importanti come Benvenuto Cellini e Gian Lorenzo Bernini: tutti rigorosamente di sesso maschile. Così fino a Benedetto XVI. E’ lui a cambiare consuetudine. E a chiamare un’artista donna a raffigurare la medaglia papale, quella per i suoi cinque anni di pontificato. La pittrice è italiana e si chiama Simona Weller. Su www.simonaweller.com c’è scritto che “dipinge con le parole”. E forse è anche per questo che Papa Ratzinger l’ha scelta tra i tanti artisti che si sono proposti. Perché doveva raffigurare un tema basato sulla sacra scrittura, le parole di Paolo “Mihi vivere Christus est”. Simona Weller non è l’unica donna che Benedetto XVI ha valorizzato dentro la Curia romana. Del resto, l’aveva detto già nel luglio del 2007 il suo principale collaboratore, il cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone: “Non ci sono molte ragioni per cui la metà dei posti della curia romana non possano essere occupati da donne”. Pochi mesi prima era stata la moglie di Tony Blair, la cattolica Cherie, in Vaticano per una conferenza alla Pontificia Accademia delle Scienze, a chiedere, con un filo di sfrontatezza, che metà dei posti della Curia romana fossero affidati a delle donne. Una richiesta analoga a quella chesempre lei fece nel 2003 a Giovanni Paolo II: “Si dovrebbe eliminare il sessismo che ancora domina in Vaticano” disse. E, più recentemente, è stata una delle firme di punta de L’Osservatore Romano, Lucetta Scaraffia, a esprimersi in questo senso. Lo scorso 11 marzo, mentre i casi di pedofilia nel clero tedesco erano sotto la lente d’ingrandimento dei media, scrisse che in queste “dolorose e vergognose situazioni possiamo ipotizzare che una maggiore presenza femminile non subordinata avrebbe potuto squarciare il velo di omertà maschile che spesso in passato ha coperto con il silenzio la denuncia dei misfatti”. Anche perché la presenza delle donne nella Chiesa “si è mantenuta quasi sempre al di fuori delle sfere decisionali e degli ambiti di elaborazione culturale”. E ancora: “Si può capire, quindi, come la pressione delle escluse, spesso, peraltro, senza ragioni di merito, possa farsi sentire, anche se sommessamente”. Papa Ratzinger ha fatto molto per avere più donne in Curia. E con lui diversi cardinali. Si sa che molti porporati hanno da tempo sostituito i giovani preti che facevo loro da segretari particolari con delle donne. I cardinali Raffaele Farina, Angelo Comastri e Giovanni Lajolo, ad esempio, hanno come principali collaboratrici delle laiche. In curia la donna più alta in grado è una salesiana: suor Enrica Rosanna, sottosegretario della Congregazione per i religiosi. Ma sono tante anche le laiche. Barbara Jatta, ad esempio, è la responsabile del gabinetto delle stampe e disegni della Biblioteca apostolica vaticana. Barbara Frale, invece, lavora all’Archivio segreto vaticano e ha scritto diversi libri sulla Sindone e sui templari. Silvia Guidi è la prima redattrice donna de L’Osservatore Romano. Per certi versi leggendaria è la figura di Birgit Wansing, dell’Istituto di Schönstatt. Oggi lavora in segreteria di stato, ma per anni stava alla Dottrina delle fede dove era l’unica in grado di decifrare la minuta calligrafia del card. Ratzinger. Più conosciuta è invece la professoressa di musica Ingrid Stampa: in passato collaboratrice domestica nell’appartamento di Ratzinger di piazza della Città Leonina, lavora anch’essa alle dipendenze di Bertone. Quest’ultimo si è portato in segreteria di stato dall’ex Sant’Uffizio la focolarina Eurosia Bertolassi. Insieme a lei c’è anche Maria Sebastiana Posati (questioni amministrative) e María Isabel Tellería Tapia (desk europeo). Negli altri “ministeri” romani lavorano molte donne. Tanto che si può dire che Papa Ratzinger, più di altri Pontefici, ha fatto molto per valorizzare la presenza femminile in Vaticano.

Paolo Rodari, Il Foglio

Il Papa a Malta. Benedetto XVI scrive ai detenuti: condividete la condizione di Paolo. Nei media locali ancora spazio al successo del viaggio

"Prego affinché possiate trovar conforto nel sapere che condividete la condizione dello stesso San Paolo, il quale, benché prigioniero, ebbe la libertà di rallegrarsi nel Signore". Sono parole di carità e di speranza che confermano lo stile pastorale di Benedetto XVI. Le aveva indirizzate a un gruppo di detenuti maltesi alla vigilia del suo viaggio nel piccolo arcipelago del Mediterraneo, compiuto il 17 e 18 aprile scorsi. Il messaggio è stata la risposta a una sollecitazione giunta alla Nunziatura apostolica in Malta dal Corradino correctional facility, che si trova a Paola, in cui si confidava che Benedetto XVI potesse auspicare un provvedimento di clemenza da parte del Governo. Firmata da 330 dei 570 reclusi nella struttura, la petizione è stata resa nota dall'associazione From Darkness to Light, "Dal buio alla luce". Nella sua risposta, datata 13 aprile, Papa Ratzinger ha spiegato ai detenuti quanto desiderasse far giungere loro il più profondo apprezzamento per i sentimenti espressi e per il sostegno delle loro preghiere. Quindi ha assicurato di voler ricordare, durante il pellegrinaggio, "quanti, in qualsiasi modo soffrono: i malati, gli anziani, coloro che sono costretti a rimanere in casa e chi è in carcere". Infine, ha invocato su detenuti e familiari l'intercessione di San Paolo, l'apostolo che proprio da prigioniero in viaggio verso Roma per essere processato, in seguito al naufragio dell'imbarcazione che lo conduceva verso la capitale dell'impero, riparò a Malta e la evangelizzò. Nonostante la stampa internazionale abbia parlato del viaggio quasi esclusivamente nell'ottica dell'incontro tra il Papa e le vittime di abusi sessuali da parte del clero, il pellegrinaggio di Benedetto XVI ha avuto un enorme successo, tanto che continua ad avere spazio sui mezzi di comunicazione locali. "Il vero protagonista - ci ha detto l'arcivescovo di Malta, mons. Paul Cremona - è stata la gente. I media, che continuano a parlare della visita del Papa, hanno potuto verificare la realtà del popolo di Malta e di Gozo", cattolico per il 98 per cento. "Ora tutte le persone che erano presenti hanno la responsabilità di attirare altri verso la Chiesa - ha aggiunto il presule - e di offrire loro un'esperienza che li incoraggi a rimanere con noi. Questo compito è anzitutto di noi vescovi e dei sacerdoti - ha concluso - ma si estende all'intera comunità: ognuno può dare il proprio contributo per far sì che lo stesso clima che si respirava durante la visita papale possa essere esteso alla vita quotidiana". Intanto a conferma dell'attenzione del Pontefice verso il mondo delle carceri, ci sarà a breve l'incontro con gli ospiti della Casa circondariale di Sulmona, nel contesto della visita nella cittadina abruzzese, in programma domenica 4 luglio. Un'opera di misericordia, che si aggiunge alla visita al carcere minorile romano di Casal del marmo del 18 marzo 2007.

L'Osservatore Romano

'Pagina nera della comunità cristiana': il dossier del mensile 'Jesus' sullo scandalo pedofilia con interviste a Lombardi, mons. Golser e don De Maio

Jesus, il mensile di cultura e attualità religiosa dei Periodici San Paolo dedica un ampio servizio alla pedofilia nella Chiesa dal titolo “Pagina nera della comunità cristiana”. La testimonianza di vittime e attivisti, ma non solo. Dai fatti all’analisi di tre importanti interlocutori: il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, mons. Karl Golser, vescovo di Bolzano-Bressanone e don Mario De Maio, sacerdote psicoanalista. Dalle interviste, riporta un comunicato stampa, le misure che la Chiesa adotta per affrontare e risolvere il problema nella sua complessità. “A me sembra che una valutazione obiettiva e una conoscenza effettiva del suo ruolo faccia emergere che il Papa ha indicato una linea di rigore morale e di rinnovamento. Mi sembra assolutamente chiaro che egli è un testimone del cammino giusto dell’istituzione della Chiesa per affrontare il problema” dichiara padre Lombardi. Che aggiunge: “La Chiesa, come ha detto anche il Papa soprattutto nelle ultime settimane, ha vissuto una forte esperienza di sofferenza e un forte stimolo a rendersi conto dell’urgenza della purificazione e dell’impegno a evitare in tutti i modi che questi errori si ripetano”. ''La crisi degli abusi sessuali da parte del clero non è superata. Penso a tutte le persone che si stanno rivolgendo ai centri di ascolto che si sono aperti o che hanno intensificato la loro attività. Sono vicende da affrontare con processi molto lunghi di risanamento e di dialogo''. Posizione “attivista” quella di mons. Golser, che ha istituito un ufficio diocesano per la segnalazione di casi di molestie: “Un esame di coscienza. ‘Le vittime hanno la priorità’: questo deve essere il motore e il nucleo del nostro agire. Le vittime non sono nostri nemici, ma coloro per i quali siamo responsabili. Intendiamo assumerci la responsabilità e parlare con le vittime. Occorre esaminare a fondo le accuse”. E ancora: “A proposito dei media vorrei sottolineare che gran parte di essi, con i loro articoli, non hanno fomentato una campagna di odio contro la Chiesa, ma hanno messo a tema i suoi errori. Senza la pressione dei media, questa crisi non sarebbe stata esaminata così a fondo. Ci potranno essere anche dei media che hanno abusato del tema, ma molti servizi d’informazione hanno contribuito a creare un clima costruttivo di dialogo”. Sintetizza: “Dobbiamo chiederci se adesso non sarebbe meglio predicare di meno e dialogare di più”. E conclude: “Auspichiamo che in futuro non si arrivi a una pastorale sterilizzata, in cui ogni contatto e ogni accompagnamento di minori da parte di sacerdoti siano visti con diffidenza. Un’ossessiva paura di abusi sessuali non porterebbe a un sano rapporto con il corpo e la sessualità, ma a nuovi blocchi psicologici”. Infine, l’analisi di don De Maio improntata sulla necessità di una nuova formazione per i giovani sacerdoti: “I recenti scandali ci hanno finalmente costretto a porci un altro problema: quello della formazione e dell’accompagnamento dei giovani sacerdoti, usciti da quella campana di vetro che è ancora il seminario. Quale accompagnamento viene fatto alla vita pastorale? Spesso un giovane prete viene lasciato solo, magari già con la responsabilità di una parrocchia. Servirebbe, per il primo quinquennio almeno, un tutoraggio pastorale e spirituale discreto, amichevole, non certo ispettivo”. Aggiunge: “Bisogna ripensare a tutto il percorso formativo. A partire dalla scansione degli esami. Bisogna creare itinerari più personalizzati, e un ambiente in cui il seminarista adulto si senta accolto e aiutato anzitutto a capire sé stesso. Oserei dire che si dovrebbe pensare a un modello di formazione individuale, su misura per ogni giovane. Ci sono esperienze qua e là che hanno iniziato a considerare questo cambiamento, ma il modello è rimasto in genere ancora quello legato al passato”. Tra i documenti, la ricostruzione dei fatti più noti, dall’attualità ai casi meno recenti, e la “mappa” globale sullo scandalo della pedofilia all’interno della Chiesa. Dagli Stati Uniti, all’Irlanda, alla Germania, Belgio per giungere dei casi italiani.

Il Velino

Il dossier del mensile Jesus:




Bagnasco: possibile che vi siano state coperture di casi di abuso anche in Italia. La preoccupazione dei vescovi è il bene vero delle singole vittime

"E' possibile che vi siano state coperture di abusi sessuali anche in Italia. Nel caso che ciò venga accertato, anche in base ai casi emersi, il giudizio della Chiesa è quello noto: si tratta di una cosa sbagliata che va corretta e superata". E' quanto ha detto oggi, durante la conferenza stampa di chiusura della 61° Assemblea generale della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI). L'arcivescovo di Genova ha risposto in merito al fatto che anche nel nostro Paese vi possano essere stati insabbiamenti di vicende di pedofilia dato il numero di 100 procedimenti canonici negli ultimi dieci anni per abusi sessuali comunicato dalla stessa Conferenza Episcopale italiana. In merito invece all'ipotesi di un incontro con le vittime degli abusi sulla scorta di quanto ha già fatto Benedetto XVI, il card. Bagnasco ha precisato che ciò può avvenire oppure no a seconda della valutazione che verrà data del bene delle vittime. "Non esistono - ha detto - dei modelli di comportemento assoluti, la cosa più importante è quella di rispettare i criteri di fondo che sono quelli dati dal Papa". Ad ogni modo, qualora nella diocesi di Genova, arrivi una segnalazione relativa a casi di abuso sessuale, la persona che ha fatto la denuncia ''viene ricevuta immediatamente, io sono sempre pronto e disponibile, in qualsiasi momento''. ''Poi - ha aggiunto - naturalmente bisogna fare ogni verifica, ma la disponibilità non è in discussione. Poi sarà il vescovo a decidere se la persona deve parlare con il vicario, con il provicario, ecc. Ma non è difficile accedere all'autorità ecclesiastica. Io stesso rispondo a moltissime lettere e richieste, su altre questioni, relative a vicende personali''. “La preoccupazione dei vescovi è il bene vero delle singole vittime. Ed è ciò che presiede al discernimento e agli interventi. Non è un enunciato ovvio o scontato”. “Le Linee-guida della Congregazione per la dottrina della fede – ha spiegato il cardinale – non sono un riferimento nuovo ma una ripresa e precisazione dei documenti della Santa Sede”. Ad oggi, ha aggiunto, “sono il testo più aggiornato, autorevole ed esplicito esistente, al quale i vescovi italiani si riferiscono per il discernimento nelle singole diocesi”. Il presidente della Cei ha precisato che i vescovi italiani “non hanno ritenuto necessario elaborare altri documenti perché le Linee-guida sono il riferimento più concreto per orientarsi dinanzi a questo fenomeno terrificante”. In merito all'eventualità che venga istituito, come in altri Paesi, un referente per le singole diocesi per raccogliere le denunce dei casi di pedofilia, Bagnasco ha spiegato che in Italia ''il referente naturale è il vescovo. A lui può fare riferimento chiunque voglia comunicare qualcosa su questo tema''. Il tutto con ''chiarezza e trasparenza''. Il porporato ha così risposto anche al direttore de L'Osservatore Romano, Gian Maria Vian, che in un'intervista pubblicata questa mattina su un quotidiano italiano, ha avanzato la proposta di osservatori parrocchiali per monitorare il fenomeno.

Adnkronos, SIR

L'inchiesta sugli abusi dei gesuiti tedeschi: 250 minori abusati da religiosi e educatori, casi avvenuti negli anni '70 e '80 insabbiati dai superiori

Un’inchiesta che "ha fatto emergere una realtà scandalosa, che ha coperto di vergogna e disonore il nostro ordine". Così padre Stefan Dartmann, il provinciale dei gesuiti della Germania, ha commentato l’indagine svolta dall’avvocato Ursula Raue su incarico dell’autorità ecclesiastica dopo le notizie di abusi sessuali emerse negli scorsi mesi. Nel rapporto conclusivo dell’inchiesta si parla di almeno 205 minori abusati da religiosi, insegnanti ed educatori nelle scuole gestite dai gesuiti tedeschi. Sarebbe solo una stima prudente, ha sottolineato l’avvocato Raue: forse non tutto è ancora venuto alla luce. Nel rapporto si parla di ulteriori 50 casi di abusi che non riguardano i gesuiti ma "altre istituzioni". Sono dodici i religiosi accusati di abusi, sei dei quali già deceduti, mentre accuse analoghe sono rivolte ad altre 32 persone, in gran parte educatori e docenti. I casi elencati nel rapporto sono avvenuti negli anni ’70 e ’80. L’avvocato Raue ipotizza che i responsabili delle scuole abbiano coperto gli autori degli abusi. Un comportamento riconosciuto pubblicamente da padre Dartmann: "L’atteggiamento non era solo dei singoli ma innegabilmente diffuso in ampie cerchie dell’ordine".

Avvenire

Il Papa: nell'incontro tra i popoli e nel dialogo tra le culture rispettando le identità l'avvenire delle società. Conciliare i diritti e la sicurezza

L’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro dei popoli, per questo gli Stati sono chiamati a condividere le responsabilità del crescente fenomeno immigratorio, riconoscendo la dignità di ogni persona, in un contesto in cui siano rispettati i diritti ma anche i doveri degli stranieri: è quanto ha detto il Papa all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che si sta svolgendo in Vaticano sul tema della corresponsabilità degli Stati e degli organismi internazionali. Il Papa ha espresso il proprio apprezzamento per quelle convenzioni internazionali che regolano la circolazione delle persone mirando “a garantire la protezione dei diritti umani fondamentali e a combattere la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza”. “E’ apprezzabile lo sforzo di costruire un sistema di norme condivise che contemplino i diritti e i doveri dello straniero, come pure quelli delle comunità di accoglienza, tenendo conto, in primo luogo, della dignità di ogni persona umana, creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Ovviamente, l'acquisizione di diritti va di pari passo con l'accoglienza di doveri”. “La responsabilità degli Stati e degli Organismi Internazionali – ha affermato il Pontefice - si esplica specialmente nell'impegno di incidere su questioni che, fatte salve le competenze del legislatore nazionale, coinvolgono l'intera famiglia dei popoli, ed esigono una concertazione tra i Governi e gli Organismi più direttamente interessati” come “l'ingresso o l'allontanamento forzato dello straniero, la fruibilità dei beni della natura, della cultura e dell'arte, della scienza e della tecnica, che a tutti deve essere accessibile”. L’obiettivo è quello di promuovere la pace in una “fase critica che le istituzioni internazionali stanno attraversando, impegnate a risolvere le questioni cruciali della sicurezza e dello sviluppo, a beneficio di tutti”. “È vero che, purtroppo, assistiamo al riemergere di istanze particolaristiche in alcune aree del mondo, ma è pure vero che ci sono latitanze ad assumere responsabilità che dovrebbero essere condivise”. “Inoltre – ha aggiunto - non si è ancora spento l'anelito di molti ad abbattere i muri che dividono e a stabilire ampie intese, anche mediante disposizioni legislative e prassi amministrative che favoriscano l’integrazione, il mutuo scambio e l’arricchimento reciproco”. “In effetti, prospettive di convivenza tra i popoli possono essere offerte tramite linee oculate e concertate per l’accoglienza e l’integrazione, consentendo occasioni di ingresso nella legalità, favorendo il giusto diritto al ricongiungimento familiare, all'asilo e al rifugio, compensando le necessarie misure restrittive e contrastando il deprecabile traffico di persone”. Si tratta di conciliare “il riconoscimento dei diritti della persona e il principio di sovranità nazionale” con il riferimento “alle esigenze della sicurezza, dell'ordine pubblico e del controllo delle frontiere”. Il Papa ha rinnovato quindi il suo “appello agli Stati affinché promuovano politiche in favore della centralità e integrità della famiglia” così come “l’apertura alla vita”: “L’avvenire delle nostre società poggia sull'incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime differenze. In questo scenario la famiglia mantiene il suo ruolo fondamentale. Perciò la Chiesa, con l’annuncio del Vangelo di Cristo in ogni settore dell’esistenza, porta avanti ‘l'impegno… a favore non solo dell'individuo migrante, ma anche della sua famiglia, luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori’”. Benedetto XVI invita infine a lasciarsi ispirare dal Beato Giovanni Battista Scalabrini, definito “Padre dei migranti” da Giovanni Paolo II, e di cui il prossimo 1° giugno si ricorderanno i 105 anni della nascita al cielo.

Radio Vaticana


Il Papa all'ambasciatore del Benin: fraternità e giustizia principi fondamentali per costruire una società illuminata e combattere la corruzione

Promuovere la fraternità vuol dire sviluppare un elemento di stabilità e sviluppo sociale, così come combattere la corruzione in ambito politico significa radicare nelle coscienze il principio dell’equità. Su entrambi i fronti è attivo lo Stato del Benin, ha riconosciuto questa mattina Benedetto XVI, che ha ricevuto il nuovo ambasciatore del Paese africano, Comlanvi Théodore Loko, per la presentazione delle Lettere credenziali. La moneta del Benin ricorda ogni giorno a ciascun abitante i tre valori sui quali il Paese è stato costruito e vuole scrivere la sua storia: “Fraternità, Giustizia, Lavoro”. Benedetto XVI ha trovato in questo “vero compendio” uno spunto per una riflessione sullo stato attuale che vive questa piccola nazione dell’Africa occidentale, stretta tra il Togo e la Nigeria e affacciata sull’Atlantico. Il Papa ha anzitutto messo in risalto il valore della sacralità della vita, “verso la quale – ha chiesto – è necessario trarre le conseguenze di ciò che la riguarda, in particolare in ambito legislativo”. Quindi ha aggiunto: “Espressione concreta della pari dignità di tutti i cittadini, la fraternità è un principio fondamentale e una virtù basilare per costruire una società autenticamente illuminata, perché essa consente di valorizzare tutte le potenzialità umane e spirituali. La fraternità deve anche portare alla ricerca della giustizia la cui assenza è sempre motivo di tensioni sociali e causa di molte conseguenze negative”. “Chiedo a Dio – ha proseguito il Pontefice – di benedire gli sforzi di tutti coloro che lavorano per costruire una società fondata sulla giustizia e la pace, nel riconoscimento dei diritti di tutti i membri della nazione. Il raggiungimento di questo ideale richiede unità fraterna, l'amore di giustizia e la valorizzazione del lavoro”. Al contrario, ha poi proseguito, è “la ricerca di interessi personali a scapito del bene comune” il male da combattere, poiché “corrode le istituzioni pubbliche, impedendo il pieno sviluppo degli esseri umani”. Di qui, l’appello a politici, uomini del mondo economico e sociale: voi, ha affermato il Papa, siete “come la ‘coscienza vigile’ che assicura la trasparenza nelle sue strutture e l’etica che anima la vita di ogni società”. “Costoro devono essere giusti. La giustizia accompagna sempre la fraternità. Si tratta di un fattore di efficienza ed equilibrio sociale, che permette agli abitanti del Benin di rendersi partecipi attraverso le loro risorse umane e naturali, di vivere dignitosamente e garantire il futuro dei propri figli”. Dalla giustizia al lavoro, per il Papa fondamentale per contribuire alla crescita prospera del Benin ma anche per insegnare un altro valore, quello della solidarietà, come dimostrato dalla nazione africana in occasione del terremoto di Haiti. Come esempio, Benedetto XVI ha indicato la figura del card. Bernardin Gantin, scomparso due anni fa. “Questo straordinario uomo della Chiesa non era solo un nobile figlio della sua nazione – ha ricordato il Papa – ma anche un vero costruttore di ponti tra culture e continenti. Sono certo che la sua figura sarà un esempio per molti in Benin, in particolare per i giovani”. Mentre il suo ministero ecclesiale, ha concluso, “stimolerà gli uomini e le donne della Chiesa a un servizio sempre più generoso e responsabile per il bene del vostro amato Paese, che l'anno prossimo festeggia il 150° anniversario della sua evangelizzazione”.

Radio Vaticana

All'Ambasciatore del Benin (28 maggio 2010) - il testo integrale del discorso del Papa