sabato 13 marzo 2010

Mons. Versaldi: ingeneroso non riconoscere alla Chiesa e specialmente al Papa il merito di una battaglia aperta e decisa agli abusi sessuali dei preti

C'è ''un accanimento nei confronti della Chiesa Cattolica, quasi fosse l'istituzione dove con più frequenza si compiono'' abusi sessuali su minori: lo scrive, in un articolo pubblicato in prima pagina su L'Osservatore Romano, mons. Giuseppe Versaldi, vescovo di Alessandria e in passato stretto collaboratore del segretario di Stato vaticano, card.Tarcisio Bertone. Premesso che ''la Chiesa non intende tollerare alcuna incertezza circa la condanna del delitto e l'allontanamento dal ministero di chi risulta essersi macchiato di tanta infamia, insieme alla giusta riparazione verso le vittime'' e che ''anche un solo caso di abuso da parte di un prete sarebbe inaccettabile'', il presule osserva che ''l'immagine negativa attribuita alla Chiesa Cattolica a causa di questi delitti appare esagerata''. Chi imputa al celibato la causa dei comportamenti devianti sbaglia, per mons. Versaldi, perchè ''è noto che gli abusi sessuali su minori sono più diffusi tra i laici e gli sposati che non tra il clero celibatario''. E' importante sottolineare, prosegue l'articolo sul quotidiano pontificio che la Chiesa Cattolica, ''a dispetto dell'immagine deformata con cui la si vuole rappresentare, è l'istituzione che ha deciso di condurre la battaglia più chiara contro gli abusi sessuali a danno dei minori partendo dal suo interno''. ''E qui - aggiunge mons. Versaldi - bisogna dare atto a Benedetto XVI di avere impresso un impulso decisivo a questa lotta, grazie anche alla sua ultraventennale esperienza come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede''. Anzi, ''come supremo pastore della Chiesa, il Papa mantiene anche in questo campo - ma non solo - uno stile di governo che mira alla purificazione della Chiesa, eliminando la 'sporcizia' che vi si annida'', ed è un ''pastore vigilante sul suo gregge, a dispetto dell'immagine falsata di uno studioso dedito soltanto a scrivere libri il quale delegherebbe ad altri il governo della Chiesa, secondo uno stereotipo che qualcuno, purtroppo anche all'interno della gerarchia cattolica, vorrebbe accreditare''. ''Appare dunque paradossale - conclude mons. Versaldi - rappresentare la Chiesa quasi fosse la responsabile degli abusi sui minori ed è ingeneroso non riconoscere a essa, e specialmente a Benedetto XVI, il merito di una battaglia aperta e decisa ai delitti commessi da suoi preti''.

Asca

Udienza di Benedetto XVI al primo ministro croato. Nei colloqui il cammino della Croazia per entrare nell'Unione europea. Il Papa invitato nel Paese

I negoziati per l'ingresso della Croazia nell'Unione Europea sono stati uno dei temi dell'incontro di questa mattina tra Papa Benedettto XVI e il primo ministro croato, Jadranka Kosor (foto), che, successivamente, ha incontrato anche il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, e mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati. ''Al centro dei cordiali colloqui - si legge in una nota vaticana - c'è stato un fruttuoso scambio di opinioni su alcuni temi di attualità internazionale e sulla situazione della Regione. In particolare, ci si è soffermati sulla situazione della comunità croata in Bosnia ed Erzegovina, uno dei tre popoli costitutivi del medesimo Paese. In seguito, è stata riconfermata la comune volontà di proseguire il dialogo costruttivo sui temi di interesse comune per la Chiesa e per lo Stato croato. Infine - conclude il comunicato - sono state esaminate alcune tematiche per quanto concerne il cammino della Croazia verso la piena integrazione nell'Unione europea''. Kosor ha anche presentato l'invito ufficiale a Papa Benedetto XVI perchè si rechi in Croazia il prossimo anno.

Il Papa ai vescovi del Sudan: la fedeltà a Dio e l'impegno tra difficoltà e sofferenze testimonianza del potere della Croce che illumina limiti umani

Superare “distinzioni di razza o di etnia in un generoso scambio di doni”: è il messaggio che il Papa lancia alla Chiesa e al popolo del Sudan nel suo discorso ai vescovi del Paese africano, ricevuti stamani in visita 'ad Limina apostolorum'. Benedetto XVI ha ringraziato sacerdoti, religiosi e religiose del Sudan per il loro “generoso servizio”. Ha sottolineato l’importanza di testimoniare l’amore di Cristo in ogni aspetto della vita ricordando il contributo che l’Università Saint Mary della città di Juba insieme con movimenti ecclesiali può dare. “La vostra fedeltà al Signore e il vostro impegno tra difficoltà e sofferenze porta eloquente testimonianza del potere della Croce che illumina limiti e debolezze umane”. Così Benedetto XVI ha ringraziato i vescovi del Sudan sottolineando quanto pazientemente lavorino per il bene del loro Paese, per scongiurare un ritorno alla guerra, per promuovere una pace stabile ad ogni livello della vita nazionale”. Il Papa ha invocato “riconciliazione e perdono” per il grande Paese africano, uscito nel 2005 da una ventennale guerra civile e in attesa ancora delle prime consultazioni elettorali dalla fine del conflitto e di un previsto referendum sull’eventuale autonomia del Sud. Un Paese del quale Benedetto XVI ha ricordato mali sociali che potrebbero impedire alla pace di mettere “profonde radici”: iin particolare "la corruzione, le tensioni etniche, l’indifferenza e l’egoismo”. Di fronte a tutto ciò, Benedetto XVI ha chiesto ai vescovi di promuovere “giustizia, responsabilità e carità”. “Trattati e accordi – ha detto il Papa – sono indispensabili pilastri nei processi di pace ma portano frutto se sono accompagnati dall’esercizio di una leadership matura e moralmente alta”. Dunque, ha invitato i vescovi a “suscitare nella popolazione un senso di responsabilità verso le generazioni presenti e future, incoraggiando perdono, accettazione reciproca e rispetto degli impegni assunti”. “Come araldi del Vangelo, voi vescovi – ha raccomandato il Papa – siate “segno e strumento di un’umanità rinnovata e riconciliata” sperimentando così la pace della comunione con Cristo. E Benedetto XVI ha citato l’esperienza della recente Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, come occasione di preghiera per la riconciliazione e il perdono. Il Papa ha chiamato a “un generoso scambio di doni senza distinzioni di razza o etnia” e poi loda l’impegno dei vescovi del Sudan nel mantenere buoni rapporti con i fedeli dell’Islam”. “Stessa apertura e stesso amore” ha chiesto Benedetto XVI per chi crede in religioni tradizionali.

Intervista ad 'Avvenire' di mons. Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, sui casi di pedofilia dei sacerdoti

"Solo col Motu Proprio del 2001 il delitto di pedofilia è ritornato alla nostra competenza esclusiva. E da quel momento il cardinale Ratzinger ha mostrato saggezza e fermezza nel gestire questi casi. Di più. Ha mostrato anche grande coraggio nell’affrontare alcuni casi molto difficili e spinosi, si­ne acceptione personarum (senza riguardi per nessuno). Quindi accusare l’attuale Pontefice di occulta­mento è, ripeto, falso e calunnioso". Ad affermarlo, in un'intervista ad Avvenire, mons. Charles J. Scicluna, Promotore di giustizia del dicastero vaticano, che guida il gruppo di lavoro ed è quindi il 'pubblico ministero' del tribunale dell'ex Sant'Uffizio che ha il compito di indagare proprio sui delicta graviora. L'intervista, tradotta in cinque lingue, è stata significativamente distribuita questa mattina dalla Sala Stampa vaticana, che la segnala ''perchè risponde a molte delle domande poste recentemente dai giornalisti''. Quando in una diocesi arriva una segnalazione di abuso, spiega il vescovo illustrando la 'procedura penale' del Vaticano, ''se l'accusa è verosimile il vescovo ha l'obbligo di investigare sia l'attendibilità della denuncia che l'oggetto stesso della medesima. E se l'esito di questa indagine previa è attendibile non ha più potere di disporre della materia e deve riferire il caso alla nostra Congregazione, dove viene trattato dall'ufficio disciplinare''. ''Oltre al sottoscritto - prosegue mons. Scicluna -, che essendo uno dei superiori del dicastero, si occupa anche di altre questioni, c'è un capo ufficio, padre Pedro Miguel Funes Diaz, sette ecclesiastici ed un penalista laico che seguono queste pratiche. Altri officiali della Congregazione prestano il loro prezioso contributo secondo le esigenze di lingua e di competenza''. In Italia, il fenomeno della pedofilia dei preti ''non sembra abbia dimensioni drammatiche'', anche se ''preoccupa'' una ''certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola''. La CEI, precisa il vescovo, offre comunque ''un ottimo servizio di consulenza tecnico-giuridica per i vescovi che devono trattare questi casi. Noto con grande soddisfazione un impegno sempre maggiore da parte dei vescovi italiani di fare chiarezza sui casi segnalati loro''. Il procuratore vaticano risponde poi alle accuse, arrivate negli anni passati dagli Stati Uniti e riemerse recentemente anche in Germania, che il Vaticano avrebbe costruito un ''muro di silenzio'' per proteggere i preti pedofili, vietando la loro denuncia alla giustizia civile, con la ''ormai celebre istruzione Crimen Sollicitationis''. Mons. Scicluna ne ricostruisce la genesi, che risale al 1922 e non, come generalmente ritenuto, al 1962. ''La prima edizione - spiega il vescovo - risale al pontificato di Pio XI. Poi con il beato Giovanni XXIII il Sant'Uffizio ne curò una nuova edizione per i padri Conciliari, ma ne vennero fatte solo duemila copie e non bastarono per la distribuzione che fu rinviata sine die. Si trattava comunque di norme procedurali da seguire nei casi di sollecitazione in confessione e di altri delitti più gravi a sfondo sessuale come l'abuso sessuale di minori...''. Per mons. Scicluna, ''una cattiva traduzione in inglese di questo testo ha fatto pensare che la Santa Sede imponesse il segreto per occultare i fatti. Ma non era così. Il segreto istruttorio serviva per proteggere la buona fama di tutte le persone coinvolte, prima di tutto le stesse vittime, e poi i chierici accusati, che hanno diritto - come chiunque - alla presunzione di innocenza fino a prova contraria. Alla Chiesa non piace la giustizia spettacolo. La normativa sugli abusi sessuali non è stata mai intesa come divieto di denuncia alle autorità civili''. Dal 2001 al 2010 sono state complessivamente 3000 le segnalazioni di 'delicta graviora' commessi negli ultimi 50 anni da preti arrivate alla Congregezione per la Dottrina della Fede. Dei 3000 casi segnalati, mons. Scicluna sottolinea che solo per una minoranza del 10% si tratta di casi di ''vera e propria pedofilia, cioè determinati da una attrazione sessuale per bambini impuberi''. C'è poi un 60% di casi di efebofilia, ''cioè dovuti ad attrazione sessuale per adolescenti dello stesso sesso'', e un 30% di rapporti eterosessuali. ''I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni - sottolinea il procuratore vaticano -. Si tratta sempre di troppi casi - per carità! - ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere''. Di questi casi, ''un processo vero e proprio, penale o amministrativo, si è svolto nel 20% dei casi e normalmente è stato celebrato nelle diocesi di provenienza - sempre sotto la nostra supervisione - e solo rarissimamente qui a Roma. Facciamo così anche per una maggiore speditezza dell'iter''. In un 60% dei casi, invece, per l'età avanzata degli accusati, non c'è stato processo, nei cui confronti sono stati emanati dei provvedimenti amministrativi e disciplinari, come l'obbligo a non celebrare Messa coi fedeli, a non confessare, a condurre una vita ritirata e di preghiera. ''E' bene ribadire - precisa mons. Scicluna - che in questi casi, tra i quali ce ne sono alcuni particolarmente eclatanti di cui si sono occupati i media'', come quello del fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel Degollado, ''non si tratta di assoluzioni. Certo non c'è stata una condanna formale, ma se si è obbligati al silenzio e alla preghiera qualche motivo ci sarà...''. In un 10% di casi particolarmente gravi e con prove schiaccianti,il Papa ha firmato la dimissione dallo stato clericale del prete accusato, ''un provvedimento gravissimo, preso per via amministrativa, ma inevitabile'', mentre nel restante 10% ''sono stati gli stessi chierici accusati a chiedere la dispensa dagli obblighi derivati dal sacerdozio'', ''prontamente accettata''. Quanto alla provenienza delle segnalazioni di abusi, negli anni 2003-2004 quelle proveniente dagli Usa rappresentavano circa l'80% del totale di casi, mentre nel 2009 lo 'share' statunitense è sceso a circa il 25% dei 223 nuovi casi segnalati da tutto il mondo. ''Negli ultimi anni (2007-2009), infatti, la media annuale dei casi segnalati alla Congregazione dal mondo è stata proprio di 250 casi'', spiega mons. Scicluna, a fronte di un numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi nel mondo è di 400mila. ''Questo dato statistico - aggiunge - non corrisponde alla percezione che si crea quando questi casi così tristi occupano le prime pagine dei giornali''. Nella maggior parte dei casi, i processi ''sono finiti con una condanna dell'accusato. Ma non sono mancati quelli dove il sacerdote è stato dichiarato innocente o dove le accuse non sono state ritenute sufficientemente provate''. Ingiusto, quindi, accusare la giustizia vaticana di lentezza: smaltita la valanga di segnalazioni arrivate dagli Usa nel 2003 e 2004, ''negli ultimi anni, grazie a Dio, il fenomeno si è di gran lunga ridotto. E quindi adesso cerchiamo di trattare i casi nuovi in tempo reale'', conclude Scicluna. ''In alcuni paesi di cultura giuridica anglosassone, ma anche in Francia - spiega il procuratore vaticano -, i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria''. Anche se è un ''dovere gravoso'', paragonabile a quello di un ''genitore che denuncia un proprio figlio'', ''la nostra indicazione in questi casi è di rispettare la legge''. Dove invece non c'è l'obbligo della denuncia, il Vaticano non impone ''ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime''. ''Inoltre - prosegue mons. Scicluna - li invitiamo a dare tutta l'assistenza spirituale, ma non solo spirituale, a queste vittime''. Il vescovo fa l'esempio di un ''recente caso riguardante un sacerdote condannato da un tribunale civile italiano'': ''E' stata proprio questa Congregazione a suggerire ai denunciatori, che si erano rivolti a noi per un processo canonico, di adire anche alle autorità civili nell'interesse delle vittime e per evitare altri reati''. Il 'procuratore vaticano' è favorevole all'abolizione della prescrizione di dieci anni per i reati più gravi commessi dai chierici, introdotta, dal Motu Proprio del 2001 ''Sacramentorum sanctitatis tutela''. Quello della prescrizione è, per mons. Scicluna, un ''punto dolente''. ''In passato - spiega -, cioè prima del 1898, quello della prescrizione dell'azione penale era un istituto estraneo al diritto canonico. E per i delitti più gravi solo con il Motu Proprio del 2001 è stata introdotta una prescrizione di dieci anni. In base a queste norme nei casi di abuso sessuale il decennio incomincia a decorrere dal giorno in cui il minore compie i diciotto anni''. Per il procuratore vaticano, la prassi indica oggi che ''il termine di dieci anni non è adeguato a questo tipo di casi e sarebbe auspicabile un ritorno al sistema precedente dell'imprescrittibilità dei delicta graviora''. ''Il 7 novembre 2002 - precisa - il Servo di Dio Venerabile Giovanni Paolo II ha concesso a questo dicastero la facoltà di derogare dalla prescrizione caso per caso su motivata domanda dei singoli vescovi. E la deroga viene normalmente concessa''.

Padre Lombardi: hanno cercato di coinvolgere personalmente nei casi di pedofilia il Papa, guida sicura nella tempesta. Da lui sempre rigore e coerenza

''E' piuttosto evidente che negli ultimi giorni vi è chi ha cercato - con un certo accanimento, a Regensburg e a Monaco - elementi per coinvolgere personalmente il Santo Padre nelle questioni degli abusi. Per ogni osservatore obiettivo, è chiaro che questi sforzi sono falliti''. Lo dichiara, in una nota alla Radio Vaticana, il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, commentando gli ultimi sviluppi dello scandalo pedofilia in Germania. ''Nonostante la tempesta, la Chiesa vede bene il cammino da seguire, sotto la guida sicura e rigorosa del Santo Padre''. ''Come abbiamo già avuto modo di osservare - aggiunge padre Lombardi -, speriamo che questo travaglio possa essere alla fine di aiuto alla società nel suo insieme per farsi carico sempre meglio della protezione e della formazione dell'infanzia e della gioventù''. La linea di Papa Benedetto XVI di fronte ai casi di pedofilia dei preti, sia da Pontefice che quando era alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, è ''stata sempre quella del rigore e della coerenza nell'affrontare le situazioni anche più difficili''. Il direttore della Sala Stampa vaticana evidenzia l'''importante e ampia intervista concessa dal promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Charles Scicluna'' ad Avvenire che ''spiega dettagliatamente il significato delle norme canoniche specifiche stabilite dalla Chiesa negli anni scorsi per giudicare i gravissimi delitti di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di ecclesiastici''. ''Diventa assolutamente chiaro - osserva Lombardi - che tali norme non hanno inteso e non hanno favorito alcuna copertura di tali delitti, ma anzi hanno messo in atto un'intensa attività per affrontare, giudicare e punire adeguatamente questi delitti nel quadro dell'ordinamento ecclesiastico''. ''E' giusto ricordare - conclude - che tutto ciò è stato impostato e avviato quando il cardinale Ratzinger era prefetto della Congregazione. La sua linea è stata sempre quella del rigore e della coerenza nell'affrontare le situazioni anche piu' difficili''. La linea adottata dai vescovi tedeschi di fronte alla crisi degli abusi sessuali dei preti è ''un modello molto utile e ispiratore per altre Conferenze episcopali che si trovino a fronteggiare analoghi problemi''. ''La linea presa dalla Conferenza Episcopale tedesca - afferma Lombardi - si è confermata la strada giusta per far fronte al problema nei suoi diversi aspetti. Le dichiarazioni del presidente della Conferenza, arcivescovo Zollitsch, dopo l'incontro con il Santo Padre, riprendono le linee stabilite nella recente assemblea della Conferenza e ne ribadiscono i punti operativi essenziali: riconoscere la verità e aiutare le vittime, rafforzare la prevenzione e collaborare costruttivamente con le autorità - comprese quelle giudiziarie statali - per il bene comune della società. Mons. Zollitsch ha anche ribadito senza incertezze l'opinione degli esperti secondo cui la questione del celibato non va in alcun modo confusa con quella della pedofilia''. ''Il Santo Padre - conclude il portavoce vaticano - ha incoraggiato la linea dei vescovi tedeschi, che - pur con le specificità del contesto del loro Paese - può ben essere considerata un modello molto utile e ispiratore per altre Conferenze episcopali che si trovino a fronteggiare analoghi problemi''.

Asca

'Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi...'

"...e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi" (Mt 5, 11-12).

Siamo al tuo fianco e lo saremo sempre, amato Papa Benedetto, perchè "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18). Ti vogliamo bene!
Scenron

Chi ha interesse a fermare la "tolleranza zero" e l'operazione pulizia portate avanti da Benedetto XVI?