giovedì 2 aprile 2009

Pasqua 2009. Nella Via Crucis al Colosseo le ingiustizie e le sofferenze di oggi, gli odi e le guerre. Nei testi Dante, Shakespeare e Newman

Un percorso lungo le vie dell'umanità, 14 stazioni dove si incontrano le ingiustizie e le sofferenze di oggi, gli odi e le guerre che distruggono intere nazioni: sarà tutto questo la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo presieduta dal Papa e meditata dall'arcivescovo di Guwahati, in India, mons. Thomas Menamparampil. I testi del presule indiano, salesiano, alla guida di una diocesi che conta 50 mila cattolici su 6 milioni di abitanti, arriveranno nei tre punti vendita della Libreria Editrice Vaticana, in Piazza San Pietro, Piazza Pio XII e via di Propaganda, il 6 aprile. Le meditazioni offrono un ampio sguardo sulla realtà di oggi, dove spesso il senso del sacro e lo slancio verso Dio sono soffocati dall'effimero e da scelte opportunistiche. "Tutto non è perduto nei momenti di difficoltà - si legge nelle meditazioni anticipate dalla Radio Vaticana -. Quando le cattive notizie si susseguono" e "siamo oppressi dall'ansia", quando la disgrazia scoraggia, le calamità fanno vittime e la "fede è messa alla prova". I testi di monsignor Menamparampil fanno riflettere sul mistero della sofferenza cristiana, sulla violenza che dilania gruppi etnici e religiosi e imperversa in alcune nazioni, sui conflitti tra interessi economici e politici. Mali che scaturiscono dall'avarizia, dall'orgoglio e dalla concupiscenza, dal nostro rincorrere "soddisfazioni effimere e idee indimostrate". C'è da farsi un esame di coscienza di fronte ad odio e guerre, scrive il presule, "quando la giustizia viene amministrata in modo distorto nei tribunali, quando la corruzione è radicata, le strutture ingiuste schiacciano i poveri, le minoranze sono soppresse, i rifugiati e i migranti maltrattati". Non c'è da puntare il dito verso gli altri "quando la persona umana è disonorata sullo schermo, le donne sono costrette ad umiliarsi" e "i bambini dei quartieri poveri vanno in giro per le strade a raccogliere i rifiuti", c'è invece da domandarsi quanta parte possiamo avere avuto in queste forme di disumanità. Nella realtà di oggi, osserva mons. Menamparampil, ci si "preoccupa di ciò che procura... soddisfazione immediata. Ci si accontenta di risposte superficiali. Si prendono decisioni non sulla base di principi di integrità, ma di considerazioni opportunistiche", non si scelgono "opzioni moralmente responsabili" e "si danneggiano gli interessi vitali della persona umana e della famiglia". Il cristiano, invece, deve avere una condotta giusta, integra e onesta, deve avere il "coraggio di assumere decisioni responsabili" quando rende "un servizio pubblico", deve combattere per la giustizia sfidando "il nemico con la giustezza della propria causa" e suscitando "la buona volontà dell'oppositore", perché "desista dall'ingiustizia con la persuasione e la conversione del cuore". Gli esempi ce li hanno offerti Gandhi e tanti "piccoli di Dio". Sono arricchite da citazioni di Dante, Shakespeare, Tagore, Newman, le 14 stazioni del vescovo indiano; hanno parole semplici, che colpiscono per la loro chiarezza, soprattutto quando propongono similitudini fra il Calvario di Gesù e il mondo contemporaneo. Così, le umiliazioni subite da Cristo oggi possono essere intraviste nella banalizzazione del sacro, nel riporre il sentimento religioso "tra i resti sgraditi dell'umanità". Eppure, medita mons. Menamparampil, i Simone di Cirene ci sono ancora. In quei "milioni di cristiani di umili origini con un profondo attaccamento a Cristo", in uomini e donne "d'Africa, d'Asia" e di lontane isole, terre dove fioriscono vocazioni, dove "piccole comunità e tribù" sono profondamente radicate nei valori etici e si aprono al Vangelo e dove si scopre "la grandezza di ciò che sembra piccolo", come ci ha mostrato Madre Teresa di Calcutta. E non dimentica, l'arcivescovo di Guwahati, di denunciare le iniquità che colpiscono l'universo femminile quando ricorda l'incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme. E il pianto per i propri figli oggi è ciò che aspetta le generazioni future in un ambiente degradato, dove si sprecano risorse e vi è noncuranza per il futuro, si abbandonano i valori familiari, le tradizioni religiose e non si rispettano norme etiche. Attraverso la figura di Maria, poi, il vescovo indiano cerca di far capire che il perdono va vissuto nella fede e nella speranza. La madre di Gesù non ha mostrato segni di risentimento sotto la croce, non ha avuto parole di amarezza; così, dinanzi alle "offese storiche che per secoli feriscono le memorie delle società", il perdono deve farci trasformare l'"ira collettiva in nuove energie d'amore". Quello del vescovo indiano è un continuo richiamo alla morte che conduce a vita. Morendo Cristo ci ha portato redenzione, sicché tragedie come uno tsunami ci dicono che "la vita va presa seriamente", e città come Hiroshima e Nagasaki sono da guardare come luoghi di pellegrinaggio. Poiché "quando la morte colpisce da vicino, un altro mondo ci si fa accanto. Allora ci liberiamo dalle illusioni ed abbiamo la percezione di una realtà più profonda".

E' morto il card. Betti. ll cordoglio di Benedetto XVI: benemerito servitore del Vangelo, grato al Signore per il ministero svolto con zelo

E' morto ieri a Fiesole (Fi), all'età di 87 anni il card. Umberto Betti (nella foto con Benedetto XVI), francescano minore. Nato a Pieve Santo Stefano (Ar) il 7 marzo 1922 era stato Rettore della Pontificia Università Lateranense. Papa Benedetto XVI lo aveva innalzato alla dignità cardinalizia nel concistoro del 24 novembre 2007. Il Papa esprime il suo "profondo dolore" per la morte del card. Betti ed esprime il suo cordoglio ai Frati minori in un telegramma a padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dell'ordine. "Ricordo con animo grato al Signore - scrive Benedetto XVI - il ministero svolto con zelo dal compianto porporato particolarmente quale illustre teologo perito del Concilio Vaticano secondo, apprezzato consultore della Congregazione della Dottrina della fede e della Segreteria di Stato e magnifico rettore della Pontificia Università Lateranense". Il Papa prega per "così benemerito servitore del Vangelo".

Il Papa ai vescovi argentini: si sente l'urgenza di un'evangelizzazione che porti a un rinascimento spirituale della società

Anche in Argentina si sente “l'urgenza” di “un'estesa ed incisiva azione di evangelizzazione” che, tenendo conto dei “valori cristiani che hanno caratterizzato la storia e la cultura” del Paese, “porti ad un rinascimento spirituale e morale delle vostre comunità, e di tutta la società”. Così Benedetto XVI, ricevendo oggi i vescovi argentini in visita "ad limina apostolorum". Tale urgenza è sentita ancora di più dopo “la V Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi, celebrata ad Aparecida” nel 2007. L’evangelizzazione, ha avvertito il Papa, non consiste solamente “nel trasmettere o insegnare una dottrina, bensì nell’annunciare Cristo, il mistero della sua persona ed il suo amore”. Anzi, “quest’annuncio chiaro ed esplicito di Cristo come salvatore degli uomini, s’inserisce in quella ricerca appassionante della verità, la bellezza ed il bene che caratterizza l'essere umano”. In questo senso, “l'annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono dare ad ogni persona e a tutto il genere umano”. Ogni impegno evangelizzatore, per il Pontefice, “germoglia da un triplice amore: alla Parola di Dio, alla Chiesa e al mondo”. Dal primo amore deve venire l’impegno dei vescovi a “facilitare l’accesso di tutti i fedeli alla Sacra Scrittura” affinché la luce di Cristo “illumini tutti gli ambiti dell’umanità”. È necessario anche, ha aggiunto Benedetto XVI, in considerazione del fatto che “la Parola di Dio non può comprendersi separata ed al margine della Chiesa”, promuovere “lo spirito di comunione e di fedeltà al Magistero, specialmente in coloro i quali hanno la missione di trasmettere nella sua interezza il messaggio del Vangelo”. L'evangelizzatore, dunque, “deve essere un figlio fedele della Chiesa e, inoltre, pieno di amore per gli uomini, per sapere offrire loro la grande speranza che portiamo nella nostra anima”. Ovviamente, la prima forma di evangelizzazione è “la testimonianza della propria vita”. “La santità di vita – ha chiarito il Papa - è un dono prezioso che potete offrire alle vostre comunità durante il cammino del vero rinnovamento della Chiesa. Oggi più che mai la santità è un'esigenza di perenne attualità, poiché l'uomo del nostro tempo sente necessità urgente di una testimonianza chiara e attraente di una vita coerente ed esemplare”. Di qui l’invito a prestare “particolare attenzione” alla formazione dei sacerdoti. Ma, “l’annuncio del Vangelo riguarda tutti nella Chiesa; anche i fedeli laici”, perciò il Santo Padre ha esortato i vescovi a far sì che “i laici siano sempre di più consapevoli della loro vocazione”: “Quanti benefici si possono auspicare, anche per la società civile, da una rinascita di un laicato” capace di essere “fermento evangelico nel mondo”.

Conclusa la riunione della commissione sulla Chiesa in Cina. Dolore per l'arresto di mons. Jia Zhiguo e vicinanza ai vescovi oppressi dal governo

La commissione vaticana voluta da Papa Benedetto XVI per approfondire la situazione e i problemi della Chiesa Cattolica in Cina denuncia i ''rapporti non facili'' delle autorità ecclesistiche con il governo di Pechino. La commissione si è incontrata per tre giorni in Vaticano, ed è stata ricevuta ieri pomeriggio dal Pontefice. A confermare i timori, proprio nei giorni in cui era in corso la riunione è arrivata la notizia che le autorità cinesi hanno arrestato un vescovo della Chiesa 'sotterranea'. ''I partecipanti - si legge nel comunicato finale dell'incontro -, facendo anche riferimento alla propria esperienza, a volte sofferta, hanno messo in risalto problematiche complesse dell'attuale situazione ecclesiale in Cina, che derivano non solamente dalle difficoltà all'interno della Chiesa ma anche dai rapporti non facili con le Autorita' civili. In questo contesto si è appresa con profondo dolore la notizia del nuovo arresto di S.E. Mons. Giulio Jia Zhiguo, Vescovo della diocesi di Zhengding''. La commissione vaticana denuncia che ''situazioni di questo genere creano ostacoli a quel clima di dialogo con le competenti Autorità che, com'è noto, il Santo Padre ha auspicato vivamente nella summenzionata Lettera. Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato: anche altri ecclesiastici sono privati della libertà o sono sottoposti a indebite pressioni e limitazioni nelle loro attività pastorali. A tutti costoro, i Partecipanti desiderano far giungere l'assicurazione della loro vicinanza fraterna e della costante preghiera, in questo tempo quaresimale, illuminato dal Mistero Pasquale''.